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Gestione faunistica: la lepre variabile

Gestione faunistica: la lepre variabile

GESTIRE LA LEPRE VARIABILE

Una sfida difficile, ma necessaria

 

 

Le nostre Alpi rappresentano un eccezionale scrigno di biodiversità, straordinario per numero di specie vegetali e animali di grandissimo pregio. La fauna delle nostre montagne è stata modellata, nel corso dei millenni, dal susseguirsi di periodi glaciali e interglaciali e presenta quindi specie dalle origine più diverse. Nelle Alpi Marittime si possono ritrovare taxon di origine pirenaica mentre sul Carso triestino elementi di derivazione dinarica (balcanica).

In poche aree xerotermiche (rifugi glaciali), si sono inoltre conservate alcune specie spiccatamente mediterranee (circa il 2% del totale della fauna alpina), che espansero il proprio areale nei periodi interglaciali per poi venire isolate un questi ・rifugi caldi・ dalle successive glaciazioni.

Infine la maggior parte delle specie alpine va ricondotta, ovviamente, a elementi tipici delle ragioni più fredde del continente europeo (faune mitteleuropee, euro-asiatiche ed euro-sibiriche). A questo gruppo appartengono come noto i mammiferi tipicamente alpini, così come la maggioranza delle specie ornitiche che si trovano sulle nostre montagne. Particolarmente interessanti risultano poi essere i cosiddetti ・relitti glaciali・, specie che presentano una distribuzione disgiunta che include l'arco alpino e le regioni nordiche come la Scandinavia o la Russia.

Fanno parte di queste specie, tra quelle d'interesse venatorio, la pernice bianca e la lepre variabile.

Entrambe sono da più parti considerate in declino sulle Alpi ma gli studi al proposito sono relativamente rari, soprattutto per via delle caratteristiche ecologiche delle specie: elusive e frequentatrici di habitat a dir poco impervi.

La lepre variabile in particolare risulta tra le specie meno studiate in assoluto tanto che, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni (si veda la bibliografia a fine articolo), non è finora stata messa a punto una metodica di censimento univoca in grado di fornire tendenze demografiche attendibili e confrontabili nei vari distretti di gestione.

Avere una stima delle consistenze di una specie venabile risulta di fondamentale importanza soprattutto al fine di una corretta e oculata formulazione dei piani di prelievo.

Nel caso della lepre variabile tale urgenza è ancora più stringente in considerazione della peculiarità della specie. Essendo strettamente legata all'ambiente alpino e ai climi rigidi, questo lagomorfo risulta essere un ottimo bioindicatore dello status dell'ecosistema nonché specie sentinella dell'effetto dei cambiamenti climatici in atto.

L'attento monitoraggio dei trend di popolazione appare quindi una sfida che vale la pena di intraprendere in tutti gli enti di gestione, non soltanto per le finalità strettamente venatorie ma anche per una più ampia gestione dell'intero ecosistema alpino, attraverso la conoscenza delle specie che a questi ambienti sono più strettamente legati.

In questo articolo verranno schematicamente esaminate le tecniche finora sperimentate ed utilizzate, si cercherà quindi di fornire una breve guida alla difficile gestione di questo affascinante lagomorfo.

 

QUALI ALTERNATIVE?

 

L'analisi dei carnieri di caccia.

L'analisi degli abbattimenti effettuati e dei relativi indici cinegetici delle precedenti stagioni venatorie è sicuramente un utile strumento, fondamentale per un'oculata gestione delle risorse faunistiche. Tuttavia, per quanto riguarda la lepre variabile, il semplice studio di questi dati non fornisce risultati soddisfacenti.

Conditio sine qua non per l'utilizzo di questi dati è infatti un significativo e rappresentativo numero di abbattimenti, in ragione di densità piuttosto elevate o semplicemente di un considerevole interesse dei cacciatori verso la specie. Ciò consente una valutazione seria di tali dati. Tuttavia in molte realtà alpine le basse densità, i piani di prelievo trascurabili (meno di 10 capi) o nulli, oltre allo scarso appeal esercitato, fanno sì che i dati siano del tutto irrilevanti quando non completamente indisponibili.

Questo è per esempio il caso di numerosi comprensori alpini piemontesi, dove la specie viene prevalentemente prelevata durante le uscite ai galliformi alpini, come preda occasionale.

Da qui la necessità di accoppiare a tali dati quelli forniti da altre metodiche, meno soggette a variazioni e quindi più attendibili.

L'elusività ed il comportamento della specie non consentono però l'utilizzo delle metodiche utilizzate per gli ungulati o per i galliformi alpini. Esistono tuttavia alcune possibilità; tali tecniche possono essere divise in due gruppi principali: gli indici di abbondanza e le stime di densità.

 

Gli indici di abbondanza.

Questi indici consentono di monitorare la presenza della specie principalmente attraverso il conteggio degli animali o dei loro segni di presenza lungo percorsi stabiliti. Il concetto

è quindi il medesimo di un censimento notturno con il faro.

Tuttavia l'elusività della specie (prevalentemente notturna), gli habitat spesso impervi, le densità tendenzialmente basse e il rispetto della sicurezza degli operatori consentono in poche realtà lo svolgimento standard di tale metodica (che prevede la percorrenza in macchina di transetti stabiliti, conteggiando il numero di animali individuati). Questa possibilità non va però scartata a priori: la presenza di un adeguato sviluppo stradale in quota, in ambienti idonei alla presenza della specie, potrebbe consentirne ugualmente una soddisfacente applicazione.

 

Nel caso in cui tali caratteristiche non fossero soddisfatte, un analogo indice di abbondanza può essere ottenuto tramite la ricerca di segni di presenza della specie. In questo caso la metodica più utilizzata consiste nel percorrere un adeguato numero di transetti a piedi (idealmente a velocità costante, quindi senza soffermarsi), ricercando segni di presenza della specie: tracce e feci.

Questa tecnica, perfezionata in principalmente in Valle d'Aosta e nelle Alpi centrali (Stelvio), consente di ottenere indici confrontabili ed attendibili, permettendo d'individuare le aree maggiormente frequentate. Questo Indice Kilometrico di Abbondanza indiretto (IKAi) può essere ottenuto con l'impiego di pochi operatori, non richiede particolari competenze tecniche ed è estremamente economico. Per contro i transetti vanno percorsi in inverno, così da aumentare la ・contattabilità・ dei segni di presenza: la scelta delle aree campione dovrà quindi essere effettuata anche in ragione della sicurezza degli operatori coinvolti nelle operazioni. La avanzata fase di sperimentazione, in aggiunta alle citate positive caratteristiche, fanno di tale tecnica un ottimo strumento gestionale.

 

L'ultima metodica disponibile in questo gruppo

è rappresentata dall'ottenimento di IKA grazie all'utilizzo di un visore notturno. Il crescente interesse verso questo tipo di strumenti ha consentito, negli ultimi tempi, la disponibilità di modelli facilmente trasportabili e relativamente economici.

Del tutto similarmente alle precedenti metodiche esposte, uno/due operatori percorrono una serie di transetti di notte, al fine di conteggiare gli animali avvistati nelle vicinanze del sentiero.

Quello che si ottiene è, anche in questo caso, un indice confrontabile di anno in anno, utile complemento per la gestione della specie.

Rimangono da verificare le potenzialità di questi strumenti su un animale di piccola taglia come la lepre, essendo spesso concepiti prevalentemente per il censimento degli ungulati.

Le stime di densità.

La maggior parte dei censimenti faunistici rientra nel gruppo delle stime di densità. Queste tecniche consentono di ottenere stime del numero di animali presenti in un'area, spesso accompagnate da un margine di errore conosciuto. Si configurano pertanto come lo strumento più importante nella gestione di popolazioni animali.

Le caratteristiche ecologiche della lepre variabile rendono inapplicabili la maggioranza delle tecniche utilizzate per altre specie (battute, osservazione diretta, ecc.). L'utilizzo di tecniche di stima indirette (basate sui segni di presenza) risulta quindi fondamentale.

 

A questo proposito una delle tecniche maggiormente utilizzata

è senza dubbio il faecal pellet count (FPC), metodica che stima la densità di animali in base al numero di gruppi fecali (o di feci singole) ritrovate allinterno di aree campione.

La tecnica, rivelatasi efficace anche applicata ai lagomorfi, può verosimilmente considerarsi valida anche per la lepre variabile.

Il FPC consente di convertire il numero di pellet fecali ritrovati in un tempo noto all'interno di un'area campione di dimensioni note (denominata plot), in un valore di densità di animali (lepri/100ha). I risultati ottenuti in una serie di aree campione adeguatamente selezionate potranno quindi essere utilizzati per la costituzione di serie storiche che descrivono la dinamica delle popolazioni nelle aree di studio.

La metodica può essere utilizzata in periodo estivo perché i plot vengono letteralmente setacciati alla ricerca delle feci. Tuttavia ciò fa sì che il lavoro risulti meno immediato rispetto all'esecuzione di un'IKAi. I costi sono allo stesso modo, estremamente limitati. La tecnica è stata sperimentata, tra gli altri, sulle Alpi Cozie (Valli Pellice, Chisone e Germanasca - CATO1), fornendo risultati interessanti ma piuttosto variabili. Ciò è probabilmente dovuto ad una scarsa precisione in aree a densità molto basse. Le densità ottenute, alla luce dei dati finora disponibili, vanno dunque trattati con una certa prudenza.

 

Tra le stime di densità dirette (quelle basate sull'avvistamento degli animali), la più impiegata e collaudata è sicuramente quella denominata Cattura-Marcatura-Ricattura (CMR).

In sostanza la tecnica consiste nel catturare una piccola parte della popolazione, marcarla opportunamente, rilasciarla e successivamente ricatturare, in una o più occasioni, nuovi campioni contando gli animali già marcati.

Per la cattura di lepri variabili sono utilizzate trappole a vivo, innescate in inverno con fieno di erba medica.

I metodi sviluppati sono numerosi, ma altrettanto numerose sono le condizioni che, se non soddisfatte, li possono invalidare. Inoltre le caratteristiche stesse del CMR fanno sì che sia molto costosa e che richieda uno sforzo di campionamento elevato.

I risultati ottenuti nelle diverse realtà alpine ed europee suggeriscono come la tecnica dia buoni risultati a patto che le densità siano elevate e le condizioni ambientali ottimali.

Non a caso i risultati migliori sono stati ottenuti nel Parco Nazionale dello Stelvio: elevatissime densità ed elevato e persistente innevamento. Sulle Alpi Occidentali (Valle d'Aosta e CATO1) a densità basse, il successo di cattura è risultato estremamente ridotto sconsigliandone l'applicazione.

Nel caso in cui le condizioni consentano un sufficiente numero di catture, la tecnica risulta di gran lunga la più esauriente e si presta a numerosissime analisi collaterali: radiotracking, monitoraggio genetico-sanitario, studi alimentari ecc....

Abbiamo parlato degli indici di abbondanza descrivendoli come tecniche di monitoraggio piuttosto semplici, economiche e con interessanti ricadute gestionali. Tuttavia un considerevole limite consiste nell'impossibilità di ottenere indici di densità, spesso componente fondamentale nella definizione degli obiettivi di gestione, dei piani di prelievo e della stessa conservazione del patrimonio faunistico.

Il Distance Sampling (DS)

è una metodica che consente di mantenere tutte le caratteristiche positive di un IKA per ottenere una stima di densità grazie alla sola misurazione della distanza perpendicolare dell'oggetto ricercato dal transetto che si sta percorrendo.

Il DS può essere diretto o indiretto, a seconda dell'obbiettivo del conteggio: l'animale vero e proprio (faro e visore notturno) o un segno di presenza (ricerca dei segni di presenza) rispettivamente.

In entrambi i casi, durante la percorrenza dei transetti individuati, l'operatore avrà cura di registrare la distanza perpendicolare dal transetto di ciascuna individuo osservato. Nel caso si tratti di DS diretto, questo potrebbe non essere possibile in ragione della reazione di fuga degli animali all'avvicinarsi dell'operatore. In questi casi è quindi necessario anche il rilevamento dell'angolo composto da osservatore-animale-transetto. Tale problema non si presenta applicando il DS ai segni di presenza.

I dati potranno poi essere inseriti in un Software gratuito (DISTANCE - http://www.ruwpa.st-and.ac.uk/distance/) che grazie ad un'elaborazione statistico/matematica calcola la densità degli animali nell'area di studio. La teoria che sta dietro la metodica è piuttosto complessa e non verrà trattata in questo articolo.

Finora la metodica è stata sperimentata prevalentemente nella ・versione・ indiretta, principalmente in ragione della maggiore economicità, delle difficoltà nell'individuare strade in ambienti idonei e nella relativamente recente apparizione sul mercato di visori notturni a prezzi abbordabili. I risultati finora conseguiti sono apparsi tuttavia incoraggianti sia in periodo invernale (Valle d'Aosta) sia in periodo estivo (Valli Pellice, Chisone e Germanasca - CATO1 ).

 

Ultima possibilità disponibile è il censimento con il segugio. Del tutto simile ad un classico censimento estivo ai galliformi alpini consiste nel battere alcune aree campione con l'ausilio di cani. La tecnica è utilizzata in alcuni distretti venatori ma richiede la disponibilità di ausiliari molto diligenti e bene addestrati.

Con questa tecnica può essere valutata non solo la densità di animali nell'area ma anche altri parametri quali, per esempio, quelli relativi al successo riproduttivo. Ciò grazie all'auspicabile individuazione delle nidiate.

 

CONCLUSIONI

 

Da questo breve elenco si evince come le metodologie per il monitoraggio della lepre variabile siano in realtà molteplici e anche molto diverse tra loro.

I risultati ottenuti finora non hanno consentito di definire univocamente e con sicurezza, quale di queste possa essere considerata come tecnica base per lo studio delle dinamiche popolazionali della lepre variabile.

Fino a quando tale tecnica ・perfetta・ (o, meglio, meno imperfetta) non sarà validata, la scelta della metodica di monitoraggio dovrà ricadere su quella che meglio si presta alle disponibilità economiche e di operatori, alle caratteristiche specifiche ed agli obiettivi del distretto di gestione.

Importanza cruciale riveste la scelta delle aree campione, soprattutto per quanto riguarda le metodiche indirette. Uno dei principali motivi di errore nelle stime consiste infatti nel confondere tracce e feci di lepre variabile, con quelle di lepre europea. Le due specie condividono infatti un'ampia fascia altitudinale e la possibilità d'incorrere in errori sono piuttosto elevate. Si evince pertanto come sia fondamentale selezionare aree in ambienti particolarmente idonei alla lepre variabile, riducendo al massimo la possibilità di sovrastime dovute al conteggio di lepri grigie.

La comprensione delle fluttuazioni della popolazione è fondamentale per un'adeguata gestione della stessa, soprattutto in realtà dove la specie è molto rara o apparentemente in declino.

In queste particolari realtà un serio monitoraggio della lepre variabile appare quanto mai auspicabile, così come una gestione molto conservativa dei piani di prelievo almeno fino a quando quest'ultimi non possano essere sostenuto da consistenti e tecnicamente validi dati di abbondanza.

 

Bibliografia

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Note biografiche su Mattia Bessone:

Sono nato a Saluzzo (CN) il 14 Gennaio 1985.

Fin da piccolo ho subito il fascino della natura, dei boschi, delle montagne e degli animali selvatici, tanto che a cinque anni sognavo di diventare Guardia Forestale.

Crescendo la componente "animale" ha avuto la meglio e mi sono laureato presso l'Università di Torino in "Produzioni Animali, Gestione e Conservazione della Fauna", seguendo l'indirizzo faunistico, nel 2008; quindi ho conseguito la Laurea Magistrale in Biologia dell'Ambiente nel 2011.

Attualmente sono biologo e tecnico faunistico libero professionista.

Collaboro da anni con il Comprensorio Alpino e l'Ambito Territoriale Biellesi, presso i quali sono responsabile del controllo dei capi ungulati e di tipica fauna alpina prelevati.

Ho partecipato a diversi progetti di studio relativi al camoscio alpino, la lepre variabile e, in ultimo, l'ecologia evolutiva nella cinciallegra presso l'Università di Berna.

 

 

 

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