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L'Erica e la Calluna: due piante di casa nostra

L'Erica e la Calluna: due piante di casa nostra
Una prima differenza che permette di riconoscere subito le due specie è il fatto che la Calluna vulgaris fiorisce da agosto a novembre mentre l’Erica carnea da febbraio a giugno.
Si fa sempre un po’ di confusione nei confronti di due piante presenti in Ticino: l’Erica (Erica carnea) e la Calluna (Calluna vulgaris). Molti libri in commercio, infatti, le presentano come se fossero la stessa pianta. Ambedue appartengono alla famiglia delle Ericaceae che comprende piante arbustive perenni. Questa famiglia comprende circa 100 generi con oltre 3'300 specie. In Ticino si trovano sia l’Erica carnea che la Calluna vulgaris; siccome sono piante molto comuni e dunque facili da incontrare, voglio presentarle in modo da conoscerle meglio. 
In Ticino è molto facile trovare ogni genere di Erica nei giardini in quanto è una pianta usata per decorarli nella stagione fredda, ma queste eriche sono cultivar da giardino e non si tratta della stessa specie presente in natura, l’Erica carnea. La particolarità della pianta è data dai fiori rosa o bianchi, che nella stagione invernale spuntano dalla neve, per annunciare l’arrivo imminente della bella stagione. La Calluna vulgaris, volgarmente detta Brugo, è l’unica specie del genere Calluna nella famiglia delle Ericacee. Nel solo Regno Unito sono presenti oltre 400 specie di culvivar della Calluna, ma in natura esiste solo la Calluna vulgaris.
Dell’Erica carnea esistono oltre 700 specie diverse la maggioranza delle quali è originaria del Sud Africa, mentre un piccolo numero è presente in Europa e in altre parti dell’Africa. Il genere Calluna si distingue dal genere affine Erica per la corolla e il calice divisi in quattro parti (tetramero e non pentamero come l’Erica). Spesso viene comunque confusa con le specie di questo genere; infatti, a volte è chiamata “Falsa erica” o “Erica selvatica”. Il nome generico Calluna deriva da una parola greca (kalluno o kallynein – secondo la grafia) che vuol dire “spazzare”: infatti, anticamente il brugo veniva usato per fare scope. Questo avveniva sia per l’Erica sia per la Calluna. In Ticino, oltre a usarle come scope rustiche, venivano adoperate come spazzole per allestire la lettiera del bestiame, come foraggio e come combustibile. Alla Calluna la tradizione popolare ha dato diversi altri nomi volgari come Scopetta, Scopa meschina e Pipetta: infatti, le sue radici servivano per costruire le pipe.
È una componente comune nell’habitat della brughiera e dei cespuglieti. Il nome specifico vulgaris deriva dall’aggettivo latino “comune”, “conosciuto da tutti”. È un arbusto sempreverde che domina le brughiere delle zone piú fredde dell’Europa settentrionale. Una prima differenza che permette di riconoscere subito le due specie è il fatto che la Calluna vulgaris fiorisce da agosto a novembre, mentre l’Erica carnea da febbraio a giugno ed è uno dei primi fiori ad apparire prima della primavera. In Europa alcune specie, strettamente correlate al genere Calluna, caratterizzano la vegetazione delle brughiere. La brughiera è un tipo particolare di landa (chiamato, infatti, anche landa a brugo), caratterizzata dalla presenza di suoli acidi e da vegetazione a crescita bassa. In Gran Bretagna le lande poste su territori collinari si chiamano moorland e hanno una vegetazione simile alle brughiere dell'Italia settentrionale. Le specie piú frequenti sono anche qui le eriche e il brugo. Il termine Erica deriva dal greco Eréiko che significa “frangere” perché si credeva fosse utile per spezzare i calcoli renali; altre fonti dicono che sia perché i rami sono molto fragili, e secondo altri ancora per la proprietà di rompere la roccia con le sue radici. Il termine carnea è per il colore rosa dei fiori.
Ma come avviene la miracolosa fioritura dell’Erica quando tutta la natura dorme ancora sotto la neve? Verso la fine dell’estate e in autunno i ramoscelli portano già i fiori dell’anno seguente allo stadio di bottoni verdi, destinati a passar l’inverno sotto la neve. Appena la neve fonde, le campanule diventano rosse e si dischiudono per attirare gli insetti con il vivace colore delle loro corolle. Nelle regioni alpine però l’Erica non può contare che sulla visita delle farfalle, non disponendo gli altri insetti di una proboscide sufficientemente sviluppata per attingere il nettare dai suoi fiorellini dal calice angusto e sbarrato da numerose antere. Questo potrebbe essere un grande problema quando fiorisce precocemente, in periodi in cui le sue visitatrici sono ancora nei rifugi invernali se non addirittura nel bozzolo, se l’infinita saggezza della natura non avesse previsto il pericolo ed escogitato il rimedio. I fiorellini dell’Erica, infatti, prima di appassire allungano e sporgono dalle corolle i filamenti con le antere per affidare al vento il polline che gli insetti avrebbero dovuto portare ad altri fiori. Corolla e calice sono dello stesso rosso vivacissimo che colora il peduncolo e il lungo pistillo sporgente, mentre foglioline aghiformi, di un verde intenso, fanno contrasto con il bruno oscuro dei rami e delle antere. Queste note di colore lo rendono un miracolo artistico della natura.
Proprietà medicinali dell’Erica e della Calluna
Le sommità fiorite dell’Erica sono ricche di tannino e contribuiscono, pertanto, all’azione restringente ed antisettica a livello delle vie urinarie. Nei rametti verdi della pianta sono stati isolati dei proantociani, di cui il leucocianidolo risulta essere il principale costituente. Per l’attività diuretica e sudorifera viene prescritta nelle forme reumatiche, nella gotta e nella nefrolitiasi. Il suo uso permette all’organismo di eliminare residui nocivi come urea, acido urico ed acido ossalico. L’Erica avrebbe inoltre proprietà blandamente sedative per cui se ne consiglia la somministrazione nell’insonnia che accompagna ad esempio l’influenza. L’Erica conosce anche un uso esterno in balneoterapia: un bagno completo caldo aumenta il tono muscolare per cui risulta particolarmente indicato agli sportivi ed ai convalescenti resi astenici da un lungo allettamento. In Gemmoterapia la prescrizione delle gemme di Calluna vulgaris è mirata per ogni affezione d’organo, in particolare del fegato, della milza e dei reni. Come sempre, prima di mettersi ad utilizzare queste erbe è consigliato parlarne con il proprio medico!
Calluna vulgaris (Brugo)
In botanica la denominazione “Calluna” è stata introdotta nel 1802 ad opera dell’inglese Richard Anthony Salisbury (2 maggio 1761 - 1829). Il Brugo è una fonte di nutrimento importante per diversi animali come pecore o cervi, che possono disporre degli apici delle piante quando la neve copre la vegetazione bassa. Le pernici si cibano di giovani germogli e dei semi. Sia l’adulto sia la larva del coleottero Lochmaea suturalis se ne nutrono e possono provocare la morte della pianta. Anche le larve di numerose specie di lepidotteri traggono nutrimento dal Brugo. In cucina può essere utilizzato come condimento. Dalle foglie si ricava del tè. L’industria dalla pianta ricava tannino e coloranti; l’artigianato utilizza i fusti legnosi e flessibili per la preparazione di scope rustiche. Il Brugo è anche una pianta ornamentale comunemente coltivata nei giardini e a scopo paesaggistico. È anche un’ottima pianta mellifera come l’Erica. 
Habitat
La pianta è comune, in Europa, in Siberia occidentale, in Asia minore e nell’America settentrionale; nelle zone fredde e temperato fredde di questi continenti. Cresce nei pascoli aridi, boschi (conifere), cespuglieti, brughiere e luoghi rocciosi, sempre su terreno acido dal piano sin oltre i 2’500 metri di altitudine. Si trova abbastanza facilmente in quasi tutto il Ticino.
Caratteristiche
La Calluna vulgaris ha il fusto legnoso, tenace, glabro ad andamento prostrato, molto ramificato e intrecciato per cui a volte la copertura del terreno circostante è compatta e densa. Le foglie sono aghiformi sempreverdi (non caduche), opposte e alterne a coppia (ossia ogni coppia si presenta in posizione alterna rispetto alla precedente), densamente embricate in quattro file longitudinali a sezione triangolare e di forma lanceolato–squamiforme. Sono sessili e alla base presentano due piccole orecchiette. L’infiorescenza è un racemo apicale unilaterale (i vari fiori sono tutti rivolti dallo stesso lato). Sempre in posizione apicale insieme ai fiori, sono presenti alcune foglie. La spiga florale è lunga dai 20 fino ai 90 cm e i fiori nelle piante selvatiche sono solitamente di tonalità viola o colore malva ma anche rosei (raramente bianchi) e sono un po’ penduli. Alla base dei fiori sono presenti 4 – 8 piccole bratteole lineari. I fiori sono ermafroditi, attinomorfi e tetrameri (corolla e calice quadripartiti). Il calice è membranoso ed è formato da quattro lobi non saldati interamente. Il colore è lo stesso della corolla. I petali sono la metà dei sepali e sono saldati per due terzi. La corolla è campanulata e fuoriesce solo in parte dal calice. Gli stami sono otto con antere acuminate e due appendici riflesse L’ovario è supero con un solo stilo molto lungo che fuoriesce vistosamente dal fiore. Fiorisce alla fine dell’estate; ma a quote basse può fiorire fino a novembre. Il frutto è una capsula tetraloculare (a quattro loculi) contenente piccoli semi ovoidi (uno per ogni loculo). 
Erica carnea (Erica carnicina)
In Ticino si trova solo la Carnea. L’Erica carnea non è da confondere con la Calluna vulgaris. Per il meno esperto basta sapere che la prima fiorisce in primavera mentre la seconda in autunno! È una delle prime piante a fiorire in primavera sbucando spesso dalla neve. L’Erica carnea è una pianta colonizzatrice e in molti Paesi viene coltivata per la rinaturalizzazione di ambienti degradati. Esiste anche una mutazione naturale dai fiori molto chiari, a volte totalmente bianchi, e classificata come Erica carnea var. albina. Si trova molto spesso nei giardini a scopo ornamentale. È anche un’ottima pianta mellifera che dà un miele particolarmente pregiato. 
Habitat
Si tratta di una pianta diffusa in Europa, che cresce nelle brughiere, boschi di conifere (soprattutto Pinus), prati e pascoli aridi e soleggiati, prediligendo un terreno calcareo, dal piano sin oltre i 2’400 metri di altitudine (massimo 2’650 metri). In Ticino si trova un po’ ovunque.
Caratteristiche
Si tratta di una pianta erbacea perenne, prostrata, con i fusti striscianti a livello del terreno lunga fino a 30 centimetri. Dal fusto sottile e legnoso spuntano foglioline aghiformi dal colore verde vivo, che lo ricoprono per la sua totalità. Possono presentarsi anche di color bronzeo o giallo scuro, in particolari condizioni di esposizione alla luce. I fiori riuniti in grappoli (o racemi) di colore rosa piú o meno intenso, hanno una corolla a forma di botte, formata dalla fusione dei singoli petali. Dalla sommità della corolla sporgono otto stami scuri con antere brunastre e lo stilo ancor piú lungo, il che favorisce l’impollinazione a mezzo degli insetti costretti a ad urtarlo quando fanno scorta del nettare. Esiste anche una mutazione naturale dai fiori molto chiari, a volte totalmente bianchi, e classificata come Erica carnea var. albina. Fiorisce da febbraio a giugno ancora sotto la neve.
Fonti:
Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Enrica Campana, Tecniche nuove.
Flora Helvetica, Konrad Lauber e Gerhart Wagner, 4 édition 2012, Haupt.
Il libro completo delle erbe, De Agostini, di Deni Bown.
Fiori e Giardino, Ippolito Pizzetti, Garzanti Editore.
Piante officinali italiane, Giuseppe Lodi, Edizioni dagricole, 2001.
Segreti e virtú delle piante medicinali, Selezione dal Reader’s Digest.
La Malva tücc i maa i a calma, Giulia Poretti.
Botanica”, Gribaudo/Könemann.
Fiori delle nostre montagne, Meierhofer/Baumberger, Edizioni Silva.
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