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Boschi, Picchi &....

Boschi, Picchi &....

Picchio nero con piccoli

 

Non esiste ambiente le cui caratteristiche siano immutabili, nemmeno nelle condizioni estreme. Gli stessi deserti non sono stati sempre tali, né così inospitali.

Questo accade anche al bosco, in particolare ai nostri boschi, nei confronti dei quali l'uomo è sempre intervenuto. In una prima fase esso ha costituito una sorta di riserva alimentare, offrendo cibo di ogni sorta, basti pensare all'uomo cacciatore dell'antichità, oppure all'importanza della caccia nel medioevo, la cui pratica, per le specie più importanti, era riservata esclusivamente alla nobiltà, mentre la povera gente si dedicava alla cattura di specie minori.

In termini ecologici possiamo dire che l'uomo ha sempre esercitato, anche se inconsciamente, una pressione, a volte esagerata, nei confronti di alcune specie che lo interessavano, sia nei confronti delle specie che rappresentavano importanti risorse alimentari, in questo caso senza prendere coscienza dell’importanza della rinnovabilità delle risorse e della sostenibilità del suo intervento, sia nei confronti delle specie che rappresentavano seri pericoli per i suoi beni e la stessa sua incolumità, come nel caso di orsi e lupi, finendo con il modificare anche in maniera sostanziale gli equilibri naturali.

Ciò ha modificato gli equilibri intraspecifici, sia in termini orizzontali tra specie dai costumi simili, favorendo alcune specie meno importanti per l’economia umana e determinando la quasi estinzione di altre, sia in termini verticali ai vari livelli della piramide alimentare, mettendo addirittura in crisi, a volte, l’articolato sistema.

Abbiamo così visto, con il graduale aumento dell'antropizzazione, scomparire prima i grandi mammiferi, e quasi contestualmente i grandi predatori.

In una seconda fase, pian piano ma in maniera sempre più massiccia, la pressione dell'uomo nei confronti di questo ambiente complesso si è rivolta al bosco stesso, interessandosi a quanto poteva offrire, in termini di utilizzo diretto e commerciale, la massa arborea, una fonte ritenuta quasi inesauribile e rinnovabile. Se per la gestione diretta dell’utilizzo delle risorse arboree per la popolazione si è intervenuti con regolamentazioni "sostenibili", la forte pressione del periodo industriale, con richieste di carbone sempre più pressanti, ha in parte intaccato questo equilibrio, in nome del progresso, a volte in maniera irreversibile.

Il paesaggio montano, attorno ai paesi e ai borghi delle vallate, aveva così gradualmente assunto un aspetto nuovo, ricercato, che per secoli e fino a qualche decennio fa, dal punto di vista estetico, potevamo definire quasi poetico, bucolico, con le sue terrazze verdi, i pendii erbosi lavorati, in cui l'allevamento e la cura del verde avevano assunto un valore quasi assoluto, e un equilibrio tutto sommato sostenibile tra necessità obiettive della popolazione e risorse disponibili.

Oggi viviamo una fase delicatissima di passaggio da una condizione di massimo utilizzo e sfruttamento equilibrato ad una condizione di abbandono quasi totale, una sorta di ritorno alle "origini", disordinato, casuale, dove le specie animali più intraprendenti, come è successo a fine anni novanta per il capriolo, ma anche per il camoscio e oggi per il cervo, per limitarci alle specie più visibili, hanno avuto un’espansione molto significativa, così come il cinghiale, e in parte con loro, il lupo.

Esistono, per cogliere gli aspetti delle mutazioni in questa fase di transizione, alcune chiavi di lettura, dentro le maglie più fitte e intrecciate di un sistema assai complesso qual è il bosco, che si possono mettere a fuoco.

Tra queste, assai interessante è quella del piccolo popolo degli uccelli che il bosco gelosamente nutre e protegge, in particolare di alcuni ospiti con quali vive un'intensa e profonda intimità.

Sono pagine semplici di ecologia del bosco, che sembrano piccole tessere del gioco della vita, che soddisfa e stimola la nostra voglia di scoprire altri segreti e che accende e tiene viva la nostra curiosità.

Picchi, cince e civette ci guidano a scoprirne gli intrecci, una maglia i cui tempi di tessitura ricordano la tela di Penelope, e ci lasciano il tempo di osservarne, qua e là, il magico ordito.

Da alcuni anni i Picchi sono tornati ad essere ospiti speciali; essi lasciano in ogni stagione tracce inconfondibili della loro presenza, e lanciano in ogni stagione, in particolare in primavera, segnali sonori tambureggianti, quasi frenetici quando la stagione degli amori incalza. Dal grande Picchio nero, in deciso aumento, al piccolo Picchio rosso maggiore, che non manca di catturare il nostro sguardo con il suo volo sfarfallante.

Basterebbe fare qualche passeggiata sulle nostre montagne all'inizio della primavera, quando ancora la neve copre a chiazze il sottobosco, per sentirne il sommesso e frenetico tambureggiare. Un richiamo interspecifico che sembra voler dire "questo è il mio territorio", e allo stesso tempo intraspecifico, rivolto alla compagna per invogliarla a decidersi a "mettere su casa".

Il bosco, un tempo serbatoio di combustibile e di legname da opera per la gente del posto, anni addietro assai numerosa e meno oppressa da vincoli troppo restrittivi, torna ad essere lasciato a sé stesso. Può finalmente invecchiare in pace!

Le condizioni non sono più, naturalmente, quelle antiche, prima delle "cure" a cui per secoli è stato sottoposto, ma la direzione è quella, anche se per ristabilire un equilibrio "naturale", sempre se sarà possibile e comunque diverso per specie arboree e caratteristiche distributive, quindi nuovo, di anni ne dovranno trascorrere ancora chissà quanti. Troppi fattori sono definitivamente cambiati; non esiste nemmeno il ricordo di come poteva essere l’equilibrio "naturale" prima della colonizzazione umana.

La grande quantità di massa legnosa, che un tempo era sistematicamente prelevata e sfruttata prima che si estinguesse da sola, torna ad essere elemento vitale per lo sviluppo di larve di ogni specie, e il mondo degli insetti, i primi veri abitatori di questo mondo verde, torna a farla da padrone, mente gli alberi si arricchiscono di nuovi spazi da occupare: una marcia che sembra inarrestabile.

Di questa nuova situazione ne traggono beneficio ovviamente molte specie, tra le quali proprio i picchi, per i quali è indispensabile che il bosco sia un bosco "maturo", con molti alberi vecchi e secchi, dove trovare casa e cibo. Nessuna specie sembra essere così strettamente legata agli alberi come loro.

L'evoluzione li ha dotati di strumenti eccezionali per aggredire anche i tronchi più coriacei. Un becco che perfora come uno scalpello, difeso, per il duro lavoro che deve compiere, da una struttura ossea del capo spugnosa, per meglio attutire i colpi, e sostenuto da una muscolatura forte e armato di una lingua lunghissima. Con questa riesce ad entrare fino nelle gallerie più profonde, e le larve del legno hanno difficoltà a sfuggire alla sua minuziosa ricerca.

Per la sua casa vengono sistematicamente scavati, con arte e maestria, vecchi tronchi maturi, per ricavarne un rifugio sicuro e quasi inaccessibile dove i loro piccoli possano crescere e raggiungere l'età dell'involo.

Ma non basta. L'intreccio delle vite degli abitatori del bosco non ha confini. Esso è fatto di rapporti diversi e spesso contrastanti. Dal mutualismo, dove una specie è di aiuto ad un'altra, alla competizione, in cui i rapporti sono conflittuali, fino alla predazione, dove qualcuno ne fa sempre le spese a beneficio di altri.

Questi intrecci rispecchiano un po' i rapporti che legano i picchi alle cince, e le cince alle civette.

I vecchi nidi dei picchi non restano abbandonati a lungo. Le cince sono solitamente le prime a beneficiarne, ma ben presto la nuova nicchia si arricchisce, diventando terreno di caccia per altri predatori, e lo stesso nido dei picchi viene ad essere utilizzato dalle civette capogrosso, che da questa mutata realtà trovano di che vivere più comodamente.

Quanti misteri ancora aspettano di essere scoperti! Ogni ambiente che si modifica diventa teatro di nuove compagnie, in un vortice di rapporti sempre nuovi, in una continua alternanza di equilibri, spesso delicati e talmente complessi da sembrare inventati da una fantasia che non ha confini.

La fantasia della vita e dei suoi eterni cicli.

Picchio Rosso. Foto Ivano Pura

 

FLAVIO GALIZZI

 

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