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Una storia di successi, una storia con i...FIOCCHI

Una storia di successi, una storia con i...FIOCCHI

In tutto il mondo esistono delle aziende che hanno legato talmente bene il loro nome al prodotto realizzato da identificarsene completamente, quasi fossero un tutt’uno: una di queste è la Fiocchi.

Fiocchi Munizioni SpA è una realtà industriale attiva nel settore delle munizioni che in quasi centocinquant’anni di storia ha saputo creare un marchio molto conosciuto a livello internazionale, e anche al di fuori dello specifico settore merceologico.

Non c’è cacciatore italiano che non conosca l’azienda di Lecco, o che non abbia sparato almeno una volta nella vita le sue eccellenti cartucce, ma anche tutti coloro che solo abbiano avuto un qualche contatto sporadico con un’arma o una munizione l’hanno spesso sentita nominare; se poi si pensa a quando ancora i maschietti italici facevano il servizio obbligatorio di leva, soppresso a partire dal 1 gennaio 2005, allora si capisce subito quale possa essere la diffusione della conoscenza di quell’importante nome.

Fiocchi è ormai un’azienda internazionale conosciuta in tutto il mondo per le sue munizioni civili, militari o sportive, prodotte in una vasta gamma di calibri, e rivaleggia alla pari con colossi quali Remington o Winchester, che però sono anche produttori d’armi.

Con un fatturato in costante crescita, e che nel 2013 è stato di 88 milioni di euro per il solo stabilimento di Lecco, l’attività dell’azienda risulta fortemente vocata all’export, cui destina oltre il 70% del totale, e caratterizzata dall’alta qualità dei propri prodotti.

Si tratta di numeri importanti, e che la dicono lunga sullo stato di salute d’un Gruppo che ancor oggi appare in netta controtendenza rispetto ad un mercato asfittico e debole quale quello italiano, tanto che negli ultimi anni Fiocchi ha potuto assumere nuovi dipendenti arrivando così al significativo numero di 550 addetti.

Ma se è l’esportazione a fare da traino alla crescita dell’azienda lecchese, una cinquantina i paesi ove vende i suoi prodotti, bisogna ricordare come la produzione avvenga, dal 1983, anche nell’unità di Ozark, negli USA uno dei principali mercati di Fiocchi; nei vari stabilimenti del Gruppo ogni anno migliaia di tonnellate di ottone, acciaioe di plastica vengono lavorate e trasformate per realizzare cartucce che fanno la gioia di milioni di appassionati.

Sparando cartucce Fiocchi atleti di mezzo mondo hanno vinto decine di titoli nelle varie discipline di tiro, dalla fossa olimpica allo skeet, al double trap al tiro di precisione: campionati nazionali, europei o mondiali, persino Olimpiadi, e non c’è competizione sportiva ove non siano presenti le munizioni lecchesi.

Un azienda modello dunque, da sempre controllata e gestita dalla stessa famiglia: ora siamo alla quarta generazione e al comando del Gruppo vi sono sempre gli eredi di Giulio Fiocchi che la fondò nel lontano 1876.

Giulio Fiocchi

Attualmente alla Presidenza del Gruppo c’è Stefano Fiocchi, coadiuvato da Costantino Fiocchi e Pietro Fiocchi, Presidente della Fiocchi of America; un “board aziendale” …tutto Fiocchi, composto da cugini primi, figli di tre fratelli e tutti accomunati, oltre che dall’importante cognome, da una grande passione per il loro lavoro, a garanzia della continuità di grandi tradizioni famigliari.

Stefano Fiocchi

La storia della Fiocchi è davvero affascinante, come sempre lo sono quelle di dinastie industriali che intrecciano la loro attività e le loro vicende con lo sviluppo delle nazioni ove sono state create; è anche la storia d’un territorio e d’una Comunità, perché l’azienda Fiocchi fu sempre molto vicina ai propri collaboratori e dipendenti, creando strutture d’accoglienza, costruendo case, sviluppando iniziative a sostegno di tutti loro.

Costantino Fiocchi

Un capitalismo antico, e forse ormai scomparso, ricco di valori etici e simile in tutto e per tutto a quello che fecero in Piemonte industriali come Adriano Olivetti o Ermenegildo Zegna, in Lombardia Giovanni Battista Pirelli, in Veneto Gaetano Marzotto e così in molte altre regioni del Bel Paese; un vero e proprio sistema welfare aziendale, utile a creare un forte legame tra l’impresa e i dipendenti.

Cercherò quindi di raccontarvi qualcosa della Fiocchi, dagli albori sino ai giorni nostri, fruendo dello straordinario lavoro di ricerca effettuato dalla Dr.ssa Elisabetta Pozzi per la sua brillante tesi di laurea in Lettere Moderne presso l’Università di Milano.

La Fiocchi fu fondata appena tre lustri dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, e quando il nostro Paese si stava velocemente trasformando in potenza industriale.

Accadeva in terra lombarda il 3 luglio del 1876, tempi che paiono vicini ma sono invece molto lontani; e accadeva nei giorni in cui in Italia la Sinistra storica guidata da Agostino Depetris governava sotto la vigile osservazione di Vittorio Emanuele II, definito “Padre della Patria” e pure “Re Cacciatore”, e in America Sioux e Cheyenne, guidati da Toro Seduto e Cavallo Pazzo, massacravano a Little Big Horn il ten. col. Custer e il suo Settimo Cavalleggeri.

Di fronte al notaio De Simoni s’incontrarono i signori Giulio Fiocchi di Melegnano, esponente della nascente borghesia lombarda, ed Eugenio Ferrari, negoziante in pellami e articoli per selleria, con lo scopo di creare una “Associazione commerciale in partecipazione”, con sede a Lecco e che avrebbe portato il nome del primo dei due.

Fiocchi poco prima aveva rilevato un’azienda esistente, la “Micheloni e C” che produceva cartucce per pistole, fucili a retrocarica, floberts e pure capsulame.

Furono conferiti dei fondi e la “Giulio Fiocchi” nacque con un capitale sociale di 40.000 lire, versate in misura uguale dai due soci. In verità Giulio Fiocchi non disponeva di tutte le risorse necessarie e così s’impegnò a pagare un interesse del 6% annuo al suo socio, che pure avrebbe partecipato alla ripartizione degli utili.

I due soci avevano interessi e finalità differenti, e se ad Eugenio Ferrari interessava ottenere remunerazione dal denaro investito, Fiocchi credeva nello sviluppo dell’azienda e in quello che oggi chiameremo…il suo business!

Fatto sta che il lavoro crebbe sin dal primo giorno, e ben presto l’azienda si trovò subito a registrare cospicui utili; Giulio Fiocchi, da imprenditore capace quale fu sempre in vita, capì che bisognava nuovamente apportare liquidità per aumentare la produttività degli impianti e così riuscì a convincere il Cav. Giuseppe Nappi ad entrare in compartecipazione con altre 20.000 lire.

Nel frattempo in azienda era entrato anche il fratello Giacomo, ma l’associazione in compartecipazione ebbe vita breve perché nel 1878 fu sciolta per essere sostituita da un nuovo soggetto, la “Fiocchi & C”, Società in accomandita semplice; la nuova società partì con un capitale sociale di 52.000 lire, raggiunto con conferimenti da parte di nuovi soci.

Sono questi anni di sviluppo, e mentre l’Italia cresce sotto la spinta del nuovo monarca Umberto I di Savoia, succeduto al padre Vittorio Emanuele II morto nel 1878, anche la Fiocchi amplia la sua attività affiancandovi prima lo spaccio e poi direttamente la produzione di polvere pirica. Nel 1885 l’azienda può dichiarare un utile di ben 18.143,05 lire, elevando il capitale sociale a 102.241,12 lire, quasi il doppio di quando era stata costituita la società.

Giacomo, che aveva condotto l’azienda insieme al fratello, l’abbandonò trasferendosi in Sicilia dove divenne il gestore della “Società Privilegiata per la fusione e il commercio degli zolfi” sotto la ragione sociale “Giacomo Fiocchi & C.”.

Alla fine del secolo, nel 1899, venne acquistato lo stabilimento di Castello sopra Lecco, pagato l’importante cifra di 100.000 lire; qualche anno dopo la necessità di concentrare i passaggi più pericolosi del processo produttivo, dalla produzione del fulminato di mercurio al caricamento delle capsule, indusse all’ acquisto di appezzamenti e terreni in zone piuttosto isolate, tra Belledo e Gaggianico, nel comune di Maggianico, dove verranno poi realizzati nuovi stabilimenti.

Ma l’industriosità e l’ingegno di Giulio Fiocchi erano proverbiali, e lo portarono ad affrontare il problema degli ingenti “sfridi” di lavorazione che s’ottenevano producendo i bossoli. Questi scarti di ottone furono la materia prima con cui la Fiocchi divenne ancor più famosa di quanto già fosse, realizzando a partire dal 1903 bottoni automatici, quelli che si chiudono a pressione, premendoli uno sull’altro, e che ebbero sin da subito un grandissimo successo. Per far tutto ciò Giulio Fiocchi aprì una nuova fabbrica sempre a Castello sopra Lecco (il Caroncino) che iniziò la sua produzione nel 1907: questa attività nel 1979 verrà poi scorporata, dando vita a due distinte società: Fiocchi Munizioni e Fiocchi Snaps, entrambe controllate dalla nuova holding “Giulio Fiocchi SpA”. Nel 1992 Fiocchi Snaps venne venduta ad un gruppo tedesco, la Prym Fashion, consentendo a Fiocchi Munizioni di concentrarsi sul proprio core business.

Bisogna qui ricordare come in Europa la fine dell’ottocento e i primi del novecento fossero pervasi da un rinnovato clima di fiducia ed euforia, con innovazioni tecnologiche in ogni campo dello scibile umano e delle arti, dalla chimica alla medicina, dalla meccanica alla metallurgia; con la scoperta del motore a scoppio nascono le prime auto e di lì a poco gli aerei (nel 1909 ci sarà il primo volo sul canale della Manica), le telecomunicazioni consentono alle notizie di viaggiare veloci le notizie e le esposizioni universali fanno conoscere il mondo e i territori colonizzati; s’inventa il cinema e vengono ripristinate le Olimpiadi. E’ la Belle Époque e durerà sino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

In questo periodo aumentano consumi e gli svaghi e la caccia diventa popolare dopo essere stata per secoli appannaggio di regnanti o nobili; tutto questo fornisce un forte impulso alla Fiocchi che sin dai suoi primi anni di vita ha dedicato molte attenzioni alla produzione di cartucce da caccia, basti pensare che già nel 1881 ne realizza ben 30.000 al giorno.

E non solo al prodotto finito si dedica l’azienda, ma mette in commercio anche i singoli componenti (inneschi, bossoli, borre e polvere pirica) vista l’abitudine di molti cacciatori di fabbricare in casa propria le munizioni.

Sono proprio i residui della lavorazione del fondello delle cartucce da caccia, più spessi di quelli delle capsule, che consentiranno a Giulio Fiocchi di dare il via alla produzione dei bottoni a pressione, e questa sarà solo una delle tante idee che caratterizzarono sin da subito la vita dell’azienda; altrettanto importante fu la decisione di realizzare al proprio interno i macchinari e le attrezzature con cui produrre le munizioni, rendendo di fatto la Fiocchi un’azienda in possesso di un importante, e forse unico, know how tecnologico.

Per incentivare la fedeltà al proprio marchio le cartucce da caccia vengono personalizzate a mezzo della marcatura sul tubo cartone d’un particolare disegno, generalmente la testa di un cane da caccia, ma se i clienti richiedevano invece la stampatura del proprio logo, allora il nome Fiocchi appariva comunque inciso sul fondello in ottone.

Il 20 giugno 1916, a 65 anni, morirà Giulio Fiocchi e al fondatore succedettero i figli, otto, sei maschi e due femmine; già negli ultimi tempi la cattiva salute aveva costretto il fondatore a ridurre gli impegni e la ditta, trasformata in società di fatto, era amministrata congiuntamente da due di questi, l’Ing. Piero Angelo e il Dr. Carlo Fiocchi, con il concorso di Eugenio Ceppi e di Francesco Gattini.

Due anni prima era scoppiata la Prima Guerra Mondiale e la Fiocchi aveva ottenuto il riconoscimento di stabilimento ausiliario (24 dicembre 1916), per il quale ottenne importanti commesse militari, destinate a cessare con la conclusione delle operazioni belliche, con l’immediata conseguenza di una forte contrazione dell'attività produttiva.

A queste difficoltà s’aggiunsero anche quelle legate alle restrizioni imposte alla caccia dal nuovo Testo Unico della legge sulla caccia, entrato in vigore nel 1923, con l’aumento delle tasse passate da 12,5 lire dell’anteguerra alle 25 lire nel 1921 e che divennero addirittura 123 lire nel 1931; di concerto diminuì anche il numero dei cacciatori, che scesero da 852 mila scesero a 250 mila provocando dissesti presso le fabbriche di armi nonché fallimenti di commercianti.

Il lavoro crollò per tutte le aziende del settore, e molti “operai armieri” emigrarono da tutta l’Italia verso la Francia, dove invece l’industria armiera, considerata strategica dalle autorità statali, veniva tenuta in piena efficienza (anche allora, come adesso, i cugini francesi dimostravano maggior attenzione verso le aziende nazionali!)

Nel 1932 venne costituita la “Società Anonima Giulio Fiocchi” il cui capitale sociale, determinato in 60.000 lire, era stato suddiviso in 600 azioni del valore di 100 lire cadauna, intestate in parti uguali ai sei fratelli Fiocchi (Pietro Angelo, Carlo, Giulio, Giacomo, Lodovico, Costante), tutti ammessi nel consiglio di amministrazione. La carica di Presidente fu assunta da Carlo Fiocchi, mentre Piero Angelo e Lodovico vennero nominati consiglieri delegati.

L'azienda continuava con tutte le sue attività di produzione di armi e munizioni, di bottoni automatici e di “produzione di macchine o parti di macchine”, utilizzate all’interno degli stabilimenti.

Nel 1933 la “Società Anonima Giulio Fiocchi” assorbì la società di fatto “Giulio Fiocchi”, che aveva continuato ad esistere, mentre il capitale sociale, versato a sostegno dello sviluppo dell’azienda, venne rapidamente elevato prima a 3.000.000 di lire e poi a 6.000.000.

Nello stesso anno furono acquisiti anche i reparti cartucce e cariche della concorrente lecchese “Ditta
Piloni Bernardo Società in Accomandita semplice” in compartecipazione con la milanese “Società Anonima Léon Beaux e C.”; con entrambe le aziende erano già operative convenzioni e accordi di collaborazione.

In quegli anni la crisi, partita dagli Stati Uniti nel 1929 con il “crollo di Wall Street”, aveva colpito con violenza tutta l’Europa e anche l’Italia era nel pieno della “Grande Depressione”.

La difficile congiuntura economica, caratterizzata dalla forte crescita del costo delle materie prime, e aggravata tanto dal deprezzamento della lira (all’epoca valuta di riferimento per gli scambi era, più ancora che il dollaro USA, la sterlina inglese) che dall'indirizzo autarchico imposto all'economia, incisero profondamente sull'andamento dell'azienda lecchese, così come avvenne per molti alti gruppi industriali.

Sono gli anni in cui i fallimenti a catena costringeranno le autorità ad intervenire, salvando numerose banche coinvolte nel dissesto finanziario dei loro clienti; fu lo stesso Mussolini a volere l’IRI, Istituto di Ricostruzione Industriale, che doveva essere un ente…temporaneo ma rimarrà in vita per decenni, diventando un immenso “carrozzone statale” in grado di bruciare immense risorse economiche!

Quando sembrava che la situazione migliorasse la Fiocchi si trovò a far fronte, nel dicembre del 1936, all’improvvisa morte in un incidente stradale dell’Ing. Lodovico, “Vico”, che a capo della Direzione Tecnica aveva avviato importanti processi di ristrutturazione produttiva, utilizzando innovative leghe leggere e lavorazioni in serie. Fu un colpo durissimo per tutta la famiglia, oltre che per l’azienda.

Vico Fiocchi

Vico, come molti altri esponenti della famiglia Fiocchi, era un amante della caccia, tanto da fare della sua passione quasi un culto, e trasmise al figlio Riccardo la sua…malattia; proprio Riccardo scriverà molti anni dopo parole che fanno ancora palpitare il cuore ad ogni cacciatore: “Andare a caccia che bello! Ma è già bello sognare durante i mesi che precedono l’apertura, mentre si predispongono i programmi con i relativi castelli in aria, si comincia a girare la montagna per vedere cosa c’è, per scoprire segni e tracce che rilevino la presenza del selvatico e la sua consistenza…” e poi continuava descrivendo le ansie dell’apertura con le insonnie della vigilia, e chiudeva con la più grande delle gioie per un cacciatore: condividere queste emozioni con il proprio figlio! A rileggere queste parole, la commozione cresce forte anche in me.

Ma torniamo all’azienda Fiocchi che con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale riprese a crescere vistosamente, coinvolta com’era nella forniture belliche di munizioni e armamenti per lo Stato; l’intero stabilimento di Belledo fu destinato a questo tipo di produzioni.

Ma il fato era nuovamente in agguato, e nel 1942 la famiglia e la ditta subirono un’altra gravissima perdita con la scomparsa di Piero Angelo Fiocchi, avvenuta il 13 agosto. Veniva così a mancare il capo della Direzione Generale che verrà sostituito dal cognato, l’Ing. Filippo Cesaris, marito di Teresa Fiocchi.

Come evolse il conflitto lo sappiamo bene, e dopo l’8 settembre nel Nord Italia nacque la Repubblica di Salò con le truppe tedesche varcarono il Brennero, per occupare il Nord e contrastare gli Angloamericani che risalivano la penisola per liberarla dai nazifascisti.

La ditta Fiocchi ne fu coinvolta, soggetta nell'autunno del 1943 all’'Autorità Militare germanica, con la requisizione e il controllo dello stabilimento di Belledo; i tedeschi nutrivano massimo interesse per un’azienda produttrice d’armi da guerra, e poi, vox populi, si raccontava che Fiocchi vendesse munizioni ai privati, cosa vietata dalle leggi di quel periodo.

Nel frattempo i fratelli Carlo e Giulio Fiocchi si erano avvicinati agli ambienti della Resistenza, cercando di rallentare la capacità produttiva della loro fabbrica, e ottenendo l'esonero delle maestranze dalla chiamata alle armi; in questo modo riuscirono ad agevolare la fornitura di armi ai partigiani.

Carlo venne convocato due volte presso il Comando Tedesco di Lecco e poi fu arrestato, ma le accuse mosse contro di lui caddero quasi subito e fu rilasciato; Giulio, invece, accusato di comportamento anti-fascista e anti-tedesco e d’aver fornito ai partigiani del monte Grigna armi, munizioni, soldi, venne arrestato a Bellagio dalle SS.

Fu condannato a tre anni di reclusione e portato nel carcere di San Benigno, a Bergamo. Da lì nel dicembre dello stesso anno fu tradotto alla Casa di rieducazione (Zuchthaus) di Kaisheim, in Bassa Baviera, dove rimase fino alla Liberazione.

I tedeschi, ormai invasori, usarono il pugno di ferro, tanto da occupare nella primavera del 1944 la villa di Carlo Fiocchi a Mandello; nel settembre poi ordinarono il trasferimento dello stabilimento di Belledo a Lana d'Adige. Il “trasloco forzato”, che più che altro sarebbe stata una deportazione di massa, venne scongiurato dalla ferma opposizione del Presidente, minacciato di morte dalle SS.

L’atto coraggioso del Dr. Carlo Fiocchi non bastò a salvare l'officina che fu gravemente danneggiata dai bombardamenti alleati tra il 12 e il 15 marzo 1945; sotto le macerie restarono anche i corpi di quattro operai.

Nel dopoguerra, e fino al 31 dicembre 1964, l'azienda fu guidata ancora da Carlo Fiocchi che poi cedette la presidenza al figlio Giuseppe; negli stessi anni veniva intrapresa la riorganizzazione della produzione, con il progressivo smantellamento dello stabilimento di Castello sopra Lecco, poi venduto nel 1982, e la concentrazione delle lavorazioni a Belledo, stabilimento ancora in attività ai giorni nostri.

Numerose sono le innovazioni di prodotto che Fiocchi ha sviluppato al proprio interno a partire dal dopoguerra.

Nei primi anni ’50 inizia a compiere studi per prestazioni e fattibilità, all'interno dell'azienda, dei tubi in plastica per i bossoli delle cartucce da caccia trovando il riscontro del mercato italiano una decina di anni dopo. Dopo la crisi degli anni settanta l’azienda ha imboccato decisamente la via dello sviluppo internazionale, espandendosi in tutto il mondo e ampliando notevolmente le proprie produzioni con fatturati e utili in crescita.

Ad un secolo dalla fondazione la produzione era così diversificata: 13 tipi di cartucce a pallini, 9 tipi di bossoli vuoti innescati, 8 tipi di Flobert, 13 tipi di cartucce per pistola, 17 tipi di cartucce per revolver, pallini per armi ad aria compressa, un'estesa gamma di cartucce per usi speciali (industria, caccia subacquea, macellazione), un'estesa serie di inneschi. Il tutto distribuito su 27 linee di produzione.

Oggi la gamma è molto più ampia e raggruppa le munizioni di picco calibro fino al calibro .50 Browning che ha visto la nascita pochi anni fa.

Parlando di quantità, solo per citare un dato, la produzione annua di inneschi dello stabilimento di Lecco raggiunge 1 miliardo di pezzi.

Il 1985 vede la nascita del primo innesco privo di piombo mentre 4 anni dopo Fiocchi ottiene la Qualificazione NATO della munizione cal. 9mm. La qualifica NATO significa il superamento di severissimi test qualitativi che consentono l’utilizzo del prodotto da parte delle forze NATO. La stessa qualifica sarà ottenuta nel 1999 dal cal. 5.56mm e più recentemente, nel 2012, con il cal. 7.62.

Da qualche anno a questa parte poi la Fiocchi, sempre attenta all’evoluzione del mercato, ha messo in commercio delle munizioni per carabina, a supportare la massiccia richiesta degli amanti della canna rigata e della caccia di selezione, in forte aumento in tutt’Italia, prodotta da Fiocchi of America.

In casa Fiocchi al munizionamento civile e militare è sempre stato affiancato quello sportivo, e in quel campo le cartucce con il logo lecchese hanno saputo cogliere allori d’ogni genere; ma anche la caccia è restata sempre tra i cavalli di battaglia dell’azienda, con prodotti ogni volta più innovativi e performanti, sia per quanto riguarda la classica munizione spezzata (tubo di plastica ma anche di cartone) che per quelli a palla unica, da cinghiale.

Negli archivi dell’azienda, e tra più cari ricordi di tutti i successori di Giulio Fiocchi, è conservata una vecchia foto in bianconero, scattata sotto il portico di casa e vergata poi a Natale 1936 poco dopo la tragica scomparsa di Vico; raffigura tutti i fratelli e sotto c’è scritto: Otto eravamo, poi mille saremo e +.

Da quel momento sono passati quasi settantotto anni, l’azienda esiste ancora e i Fiocchi…pure!

Otto erano i fratelli della seconda generazione, mentre adesso i discendenti della famiglia sono quasi duecento; e questa è una garanzia per tutti i cacciatori.

E non solo quelli!

Articolo scritto da Alessandro Bassignana e apparso su DIANA nel novembre 2014

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