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Il coltello da caccia in damasco a lama fissa

Il coltello da caccia in damasco a lama fissa

Sulla manutenzione del coltello ho già parlato. Va trattato con grande cura, come l’arma che si possiede per cacciare, canna liscia o rigata che sia, preziosa o meno preziosa, artigianale o industriale. L’arma va rispettata. E il coltello, anch’esso un’arma propria, almeno per chi la deve usare su ogni preda, come il cacciatore di ungulati, va trattato con lo stesso riguardo.

Qui mi riferirò esclusivamente ad un tipo di coltello: a lama fissa, quello che ogni cacciatore di ungulati porta con sé e tiene nel fodero. Ve ne sono di diverse forme, che per ragioni di semplicità, evitando quindi di usare termini tecnici da esperti, ricondurrei a tre fondamentali tipologie di lama: a punta rialzata, come per esempio lo è il coltello "bergamasco" o il "persian", a punta diritta, in cui il dorso della lama è perfettamente diritto fino alla punta, come lo sono i coltello nordici, e a punta ribassata, come i classici "drop point" americani, ma anche quasi tutti i coltelli regionali tascabili, il cui uso era "misto", da lavoro contadino ma anche da scuoio.

La prima forma, quella a punta rialzata, non è sempre gradita a chi deve eviscerare, per il pericolo che la punta, nella fase di apertura del ventre, incida lo stomaco o l’intestino, imbrattando le carni, anche se con qualche accortezza la si può ovviamente impiegare tranquillamente anche per questo uso, mentre è ottima per scuoiare. La seconda è ottimale quando si rende necessario "servire" il colpo di grazia all’animale, o comunque si deve incidere. La terza forma, la più usata, si presta a tutti gli impieghi venatori.

Affrontiamo qui il tema dell’impiego dell’acciaio damasco nella lama. Intendo qui il damasco forgiato da un artigiano esperto, non quello inox di tipo industriale, tutto uguale, pur nelle diverse tipologie di disegno, e naturalmente perfetto per l’uso venatorio. Chi sceglie di portare a caccia un coltello "custom", forgiato nella forma e nelle caratteristiche del disegno del damasco realizzato per lui, è già su un altro pianeta. Un po’ come un’arma industriale e una artigianale: sono due cose diverse. A me piace pensare che solo una ha veramente un’anima, naturalmente quella forgiata, a condizione che il forgiatore sia anche lui competente, abile e preparato. E mi fermo qui.

Se si ha la possibilità di fare questa scelta, no sia mai che il coltello non lo si usi! E’ come avere una carabina di eccellente fattura artigianale e lasciarla sempre nella rastrelliera: è un insulto. Ognuno poi faccia come crede.

Il coltello da caccia in damasco artigianale forgiato, come tutte le cose preziose e belle, richiede cure e attenzioni particolari.

Innanzitutto perché l’acciaio impiegato non è inox, e quindi potrebbe essere intaccato da acidi o da altre sostanze con cui viene e a contatto durante l’uso: anche solo lasciarlo per mesi nel fodero di cuoio, senza coprirlo con un velo d’olio, lo espone, a causa dei sali e acidi usati per la concia, a possibile corrosione. Ciò che vale per il coltello vale per la carabina o il fucile.

Molti amano portare il coltello alla cintura, per un suo più rapido impiego, ma anche perché piace sentirselo al fianco. In caso di giornata piovosa è però necessario, al rientro, toglierlo dal fodero, asciugarlo accuratamente e lasciare che anche il fodero asciughi prima di riporlo, sempre dopo averlo passato con uno straccetto oliato.

Se però lo abbiamo usato per eviscerare una animale, allora lo dobbiamo lavare bene, pulirlo da ogni traccia di sangue e di grasso, che si appiccica alla lama, perché risulta essere corrosivo, e riporlo pulito e asciugato nel fodero, affinché il grasso non venga trascinato nel fodero e vi rimanga, continuando la sua aggressione. Quindi massima cura va dedicata al coltello già sul posto di caccia: il tempo in realtà, a caccia, salvo casi particolari, l’abbiamo, e lo dobbiamo impiegare bene.

La lama in "damasco" non richiede altro: attenzione e cura. Direi quasi affetto.

Non dimentichiamoci di tenere ravvivato il filo, e quando vediamo che lo sta perdendo va rifatto; è un po’ come per la taratura dell’arma: ogni tanto è meglio fare un giro al poligono per un controllo, e se serve si procede ad una aggiustatina. Anche il manico del coltello, come il calcio dell’arma, richiede la sua cura, ci sono oli specifici.

Come dicevo sopra, le lame in damasco, forgiate da un bravo artigiano, hanno un’anima, l’anima che ci mette il forgiatore col suo lavoro, e che il coltellinaio poi, quando le impiega per farne un coltello, le nobilita con quel "di più" di artistico che la sua abilità sa metterci.

I tipi di damasco che i forgiatori preferiscono realizzare sono composti da Ferro e Acciaio al carbonio, dei migliori, oppure meglio da due Acciai al carbonio con caratteristiche diverse, così che combinati e forgiati esprimano, una volta rivelati con l’acido, le eleganti linee frutto del progetto iniziale e dei diversi passaggi e pieghe effettuati nelle fasi di forgiatura: stratificato semplice, ritorto, fresato, esploso, fino al mosaico.

Si tratta di tecniche antiche, che richiedono grande manualità e progettazione, passione e ricerca, oltre che finezza esecutiva. Molti coltellinai utilizzano questo materiale, richiedendo le lame ai pochi forgiatori esperti che oggi operano sul mercato; un materiale perfetto e straordinario se trattato correttamente, oltre che bellissimo nelle linee e nei disegni che rivelano.

Le lame in damasco hanno un’anima, impressa dal forgiatore, e mi piace pensare che il cacciatore che le usa le sappia apprezzare sia per la bellezza che esprimono, sia per la qualità intrinseca, sia per la loro unicità.

Come dice Bertold Brecht in una sua poesia riguardo agli oggetti che l’uomo si costruisce ed usa, e lasciano traccia nel tempo: "codesti sono oggetti felici".

Mi piace pensare che anche questi coltelli lo siano.

Flavio Galizzi

 

 

 

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