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Caccia al daino alla cerca

Caccia al daino alla cerca
Racconto di un week-end di caccia con l’arco al daino in una delle aziende sicuramente più indicate sia per la bellezza del territorio sia per la qualità della selvaggina.
 
 
Un’attività difficile
In Umbria in uno stupendo scenario naturale, tra boschi intervallati da ampie radure, ospiti dell’agriturismo AGRINCONTRI abbiamo cacciato daini per un intero fine settimana di full-immersion utilizzando arco e frecce.
 
 
 
Dopo aver cacciato con arco e frecce gli ungulati utilizzando il  CAPANNO INVISIBILE e il TREE-STAND non potevamo non provare ad effettuare la caccia con l’arco applicando la tecnica della CACCIA ALLA CERCA.
Tra tutte le tecniche di caccia con l’antico attrezzo venatorio, la CACCIA ALLA CERCA è senza alcun dubbio, la caccia più impegnativa ed emozionante. E’ questa una tecnica venatoria che pone l’arciere-cacciatore a parità della selvaggina in quanto per poter sorprendere la potenziale preda nel suo ambiente naturale è necessario sviluppare un istinto venatorio non indifferente ma più che sviluppare direi ritrovare quell’istinto di caccia che alla fine è dentro di noi ma che per ovvi motivi legati alla vita moderna è ormai da secoli assopito.
Oltre a questo dobbiamo rispettare un corretto comportamento venatorio che in altre tecniche di caccia spesso siamo portati a trascurare se non ignorare del tutto. L’abbigliamento per esempio riveste un ruolo importante nella caccia alla cerca con l’arco, ricordiamoci sempre che affrontiamo il selvatico nel suo habitat naturale e pertanto indosseremo indumenti camo nelle diverse colorazioni della vegetazione a seconda del territorio di caccia dove andremo a cacciare. Una cosa è cacciare con arma da fuoco sparando anche oltre i cento metri, ben altro discorso è dover portarsi a tiro utile venatorio intorno ai venti-trenta metri dal bersaglio. A queste condizioni ogni parte del corpo dell’arciere deve essere occultata dalla vista della selvaggina, mani e volto sono chiaramente le parti più esposte e quindi sarà necessario indossare guanti camo e reti di protezione della faccia. Ritornando al discorso di un corretto comportamento venatorio sarà utile per il bow-hunter saper sfruttare ogni riparo naturale presente sul terreno di caccia, cercheremo quindi di avanzare sfruttando il riparo degli alberi, di massi, di grossi cespugli, avvallamenti del terreno, canaloni fino a portarsi, nel più assoluto silenzio a distanza di tiro utile venatorio.
Nella caccia con l’arco la distanza di tiro utile venatorio è determinante, ricordiamoci che abbiamo una sola possibilità di mettere a segno una freccia nell’area vitale del selvatico pertanto minore sarà la distanza dal bersaglio maggiore sarà l’azione letale del nostro dardo e più preciso sarà il tiro procurando quella emorragia necessaria a fermare il più velocemente possibile la nostra preda.
 Anche la nostra attrezzatura avrà un ruolo importante nella corretta azione di caccia alla cerca. La faretra per esempio non solo ostacolerà un fluido e silenzioso movimento tra la vegetazione ma le frecce in essa contenute potrebbero impigliarsi ai rami bassi facendo una confusione incredibile e anche danneggiandosi nell’impennaggio. Esistono in commercio delle faretre da applicare sia al corpo dell’arco compound che su l’arco tradizionale arrivando a contenere 4-5 frecce, facili e silenziose da estrarre e veloci da incoccare sulla corda dell’arco. Cacciando in boschi dalla fitta vegetazione cespugliosa è da evitare di indossare abbigliamento ad effetto foglia, sicuramente molto efficace nella mimetizzazione dell’intera figura  ma poco pratico tra la bassa vegetazione, il rischio di impigliarlo ad ogni movimento è altissimo. Altri indumenti da evitare di indossare nel bosco sono quelli in PVC, lo sfregamento tra le vegetazione creerà un rumore tale da allarmare la selvaggina.
Una cosa ovvia ed importante è chiaramente quella di non fumare durante l’avvicinamento alla selvaggina evitando anche magari di spruzzarsi profumi forti avvertibili dalla selvaggina.
Dopo questa premessa possiamo passare alla nostra battuta di caccia, un intero week-end tra le verdi colline Umbre.
Su invito di Carletto, gestore di AGRINCONTRI abbiamo organizzato un fine settimana a Doglio a pochi chilometri da Todi con la speranza di riuscire a cacciare un fusone di daino. Oltre al sottoscritto, ormai più documentarista di giornate di caccia che cacciatore è presente da qualche giorno in agriturismo anche l’amico MATTEO di Lecco, quale migliore occasione quindi di un fine settimana tra amici per condividere la nostra comune passione di cacciatori con l’arco?
Pura adrenalina
 
Matteo già presente sul posto da due giorni ha avuto modo di esplorare il territorio riuscendo a localizzare alcuni punti del grande recinto particolarmente frequentati dalla selvaggina in particolare dai daini.
Iniziamo a cacciare alle prime luci dell’alba esplorando la parte bassa del recinto che è anche quella più faticosa ed impegnativa per la presenza di lunghi e profondi canaloni. La tecnica che utilizziamo in questi casi, già sperimentata in quindici anni di caccia con l’arco, è quella di cacciare in coppia cercando di coprire una buona parte di territorio avanzando ad una distanza di circa una cinquantina di metri l’uno dall’altro. Costeggiando il piccolo laghetto dell’azienda cominciamo a scendere verso la parte più bassa del bosco, un luogo veramente affascinante ma molto faticoso e ripido. Avanziamo molto lentamente in parallelo seguendo uno stretto torrente, asciutto nel periodo estivo, che si insinua tra grosse rocce formando di tanto in tanto piccole pozze, tracce del passaggio della selvaggina sono la testimonianza della presenza anche di cinghiali di tutto rispetto oltre che dei daini. Non passa molto tempo prima che una tozza figura sfrecci tra gli alberi, parzialmente nascosta tra i massi, si tratta di un bel muflone che con grande disinvoltura si allontana dalla nostra vista in un lampo con una agilità sorprendente per un animale simile. Ci fermiamo nascosti tra gli alberi in tempo per osservare altri tre mufloni, un maschio e due femmine mentre si allontanano dalla nostra vista.
Faticosamente arriviamo alla fine del canalone in prossimità della recinzione che comunque non è visibile tanto è nascosta dalla vegetazione. La cosa bella di questa azienda è anche questa, il non riuscire a vedere chiaramente la fine del recinto dando l’impressione di cacciare in territorio libero!
Ci spostiamo adesso sulla sinistra su un tratto relativamente pianeggiante prendendo un po’ di respiro, cominciando presto a risalire il crinale. Un grande avvallamento del terreno ci offre la possibilità di sorprendere la selvaggina e così è, riparandoci tra gli alberi e i massi presenti riusciamo a guardare al di là dell’avvallamento scorgendo due femmine di daino, le osserviamo per qualche minuto fin quando i due animali si allontanano lentamente sparendo dietro un dosso del terreno. I due daini erano al limite della distanza di tiro utile venatorio ma Matteo ha rinunciato al tiro in quanto abbiamo deciso di lasciare in pace le femmine  cercando di abbattere un fusone. La risalita verso la cima del crinale risulta più impegnativa del previsto ma alla fine arriviamo ai margini del bosco dove inizia una bella radura con sulla destra un’ampia pozza d’acqua. Restiamo un attimo immobili tra gli alberi del bosco sperando di sorprendere un daino ma l’unico selvatico che riusciamo a vedere è un germano reale che appena ci avvista si invola dallo stagno.
Mentre siamo seduti su una grossa roccia a prendere fiato osserviamo dalla parte opposta della radura alcuni daini ai margini della boscaglia, osservando più attentamente con in binocolo scorgiamo anche due fusoni, gli animali sono tranquilli segno che non ci hanno ancora avvistati, decidiamo quindi un avvicinamento. Sono ormai più di due ore che “sgambettiamo” per il bosco e la stanchezza si comincia a sentire ma decidiamo comunque di tentare la fortuna cercando di aggirare gli animali circondandoli. Inizia la fase delicata dell’avvicinamento allargandoci  quel tanto che basta per passare, forse, inosservati. Senza perdere di vista, nel limite del possibile i daini, riusciamo a portarci a circa una cinquantina di metri, adesso comincia il bello!!
 
 
Tentiamo di allargarci ancora di più avanzando  nascondendoci tra gli alberi e, sfruttando ogni riparo naturale che il bosco ci offre, riusciamo ad arrivare a circa trenta metri dagli animali che ancora sembrano non avvertire la nostra presenza. I daini si trovano in basso rispetto a Matteo e questo potrebbe essere un vantaggio per l’arciere anche se scoccare dall’alto verso il basso richiede esperienza e perizia. Vedo Matteo avvicinarsi, quasi strisciando a terra, ai daini ancora tranquilli. Ancora una decina di metri e l’arciere si ferma, calcola la distanza con il telemetro prima di entrare in carica con il suo arco compound, una mira accurata e la freccia vola silenziosa verso uno dei due fusoni più vicini. L’impatto è violento e scatena l’immediata fuga dei daini compreso quello raggiunto dalla freccia. Il fusone raggiunto dal dardo sembra tenere il passo con il gruppo ma dopo pochi metri  si piega sulle zampe anteriori e crolla a terra, la freccia ha raggiunto in pieno l’area vitale fermando quasi immediatamente il selvatico. Il giorno seguente riusciamo a portare a termine un altro abbattimento sempre di un fusone anche in questo caso dopo un lungo e difficile avvicinamento su un territorio impegnativo per la caccia alla cerca.
 
Info: 
AGRITURISMO AGRINCONTRI località Doglio
06057 MONTE CASTELLO DI VIBIO
SOCIETA’ AGRICOLA AGRIMONTANA
Caccia agli Ungulati alla cerca e da appostamento 
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Pubblicato su DIANA 12/16
 
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