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CACCIA IN APPENNINO: MUFLONI IN TOSCANA

CACCIA IN APPENNINO: MUFLONI IN TOSCANA
Articolo pubblicato da Weidmannsheil n.1/2015
testo e foto di Marco Fabbri
 
La Toscana, oltre ad essere la regione italiana con il maggior numero di ungulati è uno dei migliori luoghi per la caccia al muflone. Caccia che avviene in spettacolari scenari della tipica e unica macchia mediterranea, soprattutto sulle isole toscane, fino ai piedi della Alpi Apuane dove sembra di essere a caccia di camosci. 
Questo è in paradiso al quale tutti possono accedere liberamente tramite una semplice domanda, via mail, all’ATC di competenza senza sborsare un euro. Se la vostra richiesta viene accettata, dovrete pagare i diritti di abbattimento che variano da un ATC all’altro. Ma non raggiungono mai il costo del capo assegnato come avviene in altre regioni italiane. Fatto ciò, vi accorderete con i responsabili per le date e gli accompagnatori. Ricordatevi che gli accompagnatori sono dei cacciatori come voi, molto esperti in questo tipo di caccia, ma non vengono retribuiti. Gentilmente, si prestano senza chiedere nessuna contropartita, esclusivamente per la loro soddisfazione personale e la vostra. Quindi, non fate i fenomeni e neppure i maleducati. Alcuni ATC richiedono la prova di tiro e, un consiglio, portatevi dietro anche la fotocopia della denuncia del fucile. Potrebbe tornare utile. In ogni caso, sono regole che vi verranno inviate prima di arrivare in loco.
Quest’anno, per la caccia al muflone, ero in compagnia di Massimo Giovini di Modena. Colgo l’occasione per fare gli auguri a Massimo perché da qualche giorno si trova a letto ingessato a causa della rottura del tendine di Achille. 
Arriviamo un sabato pomeriggio del mese di gennaio. La giornata è bella, così decidiamo di fare la prima uscita serale. Entrambi abbiamo un ariete assegnato. Per questa uscita ho impiegato una nuova arma preparata dalla Bignami di Ora in Alto Adige. Dopo aver completato le pratiche “burocratiche” tipiche del nostro Paese siamo partiti alla volta di una postazione ai piedi della montagna dove, qualche giorno prima Carlo, il nostro amico accompagnatore, aveva visto alcuni mufloni. Decidiamo di fare una sosta, solo di qualche minuto, per poi divederci in due postazioni. Dopo aver parcheggiato l’auto, senza troppa fretta, raggiungiamo il punto di sparo situato sopra ad un terrazzino di rocce che domina una grande valle veramente suggestiva. Iniziamo a “sbinocolare” e, incredibile, individuiamo tre mufloni, in pieno giorno, che brucano tranquillamente. Tre maschi di cui uno molto interessante. La distanza è piuttosto elevata e anche la sistemazione a terra non è delle migliori, ma Carlo mi chiede se me la sento di provare perché gli animali sono in movimento. Accetto. Rilevo subito la distanza “corretta” con il mio piccolo telemetro della Leica, prezioso gioiello donatomi dagli amici della Forest Italia. Quindi preparo lo zaino, i sacchetti e in pochi istanti sono pronto al tiro. Gli arieti si muovono lentamente brucando sempre dietro a qualche ostacolo naturale. Grazie ai miei 20 ingrandimenti e alle chiarissime lenti del mio nuovo Zeiss Victory V8 2.8-20x56 ,ottica che adotta un tubo del diametro di 36 mm per aumentare al massimo le regolazioni che, pensate, arriva fino a 100 click, riesco a seguire la scena perfettamente. Scelgo l’ariete più bello e, appena scopre il fianco, sparo. Il potente colpo del mio 300 Weatherby viene assorbito quasi completamente dalla valle. L’ariete, però, non cade e scende lentamente verso il basso. Massimo è sicuro che ho colpito l’animale. Carlo è convinto che il colpo sia andato alto, Antonio non si esprime. Andiamo bene. Nasce la solita piccola discussione tra amici. Analizziamo la scena. I due arieti ai quali non ho sparato sono fuggiti sulla nostra destra mentre quello “colpito” è sceso in basso dentro un boschetto. Nessuno ha visto andare via niente. Invece di discutere, l’unica cosa sensata è aspettare una ventina di minuti e poi andare a vedere cosa sia successo. Carlo, però, nel frattempo riesce a vedere il muflone accovacciato dentro le piante, ancora vivo. Probabilmente, ha un colpo al fegato che lo porterà a morire tra molte ore. 
La sera sta calando così decidiamo di accelerare i tempi. Massimo raggiunge la cima della montagna e scende verso il muflone ferito per farlo muovere, io rimango in postazione per finire il lavoro. Mentre gli amici salgono, mi sistemo perfettamente e aspetto. Una volta arrivati, Massimo, scende sul boschetto facendo muovere l’ariete che esce allo scoperto strisciando tutta la parte posteriore. Non perdo tempo, inquadro e gli spedisco la mia Nosler in pieno petto a questa distanza. Carlo mi dice che ho avuto un gran cu…, io non commento, ma bacio la mia ottica e il fucile! Il recupero è di mia competenza e sudo sette camice, ma sono felice. Un bellissimo ariete che andrà ad aggiungersi alla mia modesta e piccola Trophy Room: mi servirebbe un capannone per sistemare tutti i miei trofei, così ho scelto di appendere solo i ricordi più belli come i primi orsi, le prime prede africane, alcuni caprioli, il primo cervo, il gallo cedrone, il forcello e tutti i camosci, che sono un discreto numero, ma per me sono le prede più importanti. 
La sera, si festeggia in un caratteristico locale alla toscana. Vino “bono”, pane “bono”, ciccia “bona”, olio “bono”, da favola!! In toscana si mangia divinamente! La mattina successiva fa un freddo boia. Dovrei andare con Massimo, ma un cacciatore, per problemi di salute, ha rinunciato ad una fascetta di una femmina, così ne approfitto. Una lunga camminata mi conduce su una cresta di montagna dove il vento gelido mi ha mezzo paralizzato. Sono congelato, così mi stringo dentro la giacca calda della Brunel e mi riparo dietro un muretto.
Suggerisco al mio accompagnatore di rinunciare. Lui mi guarda e dice se sto dando i numeri: ha ragione! In ogni caso, non credo che vedremo qualcosa con questo vento e freddo polare. Così mi stringo nella giacca e cerco di ripararmi alla meglio. Invece Andrea mi indica qualcosa di fronte a noi.
Porca miseria, una femmina a meno di duecento metri bruca in questo freddo polare! 
Veloce, mi appoggio sullo zaino e sparo. 
La femmina se ne va via come se nulla fosse. Padella clamorosa. Chiedo scusa al mio accompagnatore e mi ributto dietro al muretto. Lui, però, non è dello stesso avviso e mi indica la femmina accovacciata dietro un cespuglio chiaramente colpita non bene. Si vede solo la testa e il collo, così provo a tirare un altro colpo e chiudo la partita. Mentre saliamo per il recupero, sentiamo un fucilata. Massimo ha catturato il suo ariete, meglio di così non poteva andare. Massimo ha impiegato una carabina Tikka calibro 300 preparata da Ermes Beseghini di Grosio con compensatore di traiettoria, la stessa con la quale in Ungheria mi ha fatto vedere dei numeri incredibili. Certo, è un tiratore eccezionale sia con la carabina che con la semiautomatica a pallini, è un talento naturale. 
Verso mezzogiorno siamo tutti alle macchine. Scattiamo ancora qualche foto ricordo e poi ripartiamo verso casa. Tutto è andato molto bene. La Toscana ed i toscani, ancora una volta, sono stati molto generosi e professionali. 
A questo punto va fatta una considerazione. Nonostante io sia un grande viaggiatore venatorio - pensate che sto redigendo questo articolo mentre sono a caccia e pesca in Canada - credo che l’Appennino, oggigiorno, possa offrire tutto al cacciatore appassionato di carabina. Cinghiali, caprioli, cervi, daini, mufloni sono abbondantissimi ovunque. Se si potessero cacciare anche i camosci appenninici sarebbe l’Eden della caccia terrestre.
 
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