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Caccia di Selezione:Prepariamo il trofeo

Caccia di Selezione:Prepariamo il trofeo

Quando finalmente nel lontano settantasei presi la licenza, gli insegnamenti di mio padre e di mio nonno si limitavano alle norme di sicurezza, all’uso delle armi, alle tecniche di caccia, alla gestione degli ausiliari e alle prime rudimentali operazioni di preparazione delle spoglie dei selvatici abbattuti. Imparai a spennare un tordo, a “starnare” un fagiano, a spellare una anatra e un rallide, ad eviscerare una lepre e a scuoiare volpi e cinghiali; oggi le cose sono cambiate, con l’avvento della caccia di Selezione; oltre alle suddette operazioni è stato necessario imparare a farne delle altre, più specialistiche e molto più delicate, come il recupero di campioni organici e il rilevamento dei dati biometrici. Inoltre, chi, come il sottoscritto, ha contratto la “febbre” del trofeo (come ricordo personale e mai come forma di competizione tra cacciatori), si è dovuto rimboccare le maniche per imparare ancora una cosa: come prepararlo. Esistono degli ottimi tassidermisti, alcuni veri e propri artisti, abilissimi a naturalizzare gli animali selvatici in varie pose ed espressioni, ma un trofeo di capriolo o di daino in “bianco”, con un minimo di pratica, ogni Selecontrollore dovrebbe essere in grado di prepararselo da sé. Vediamo quali sono le operazioni necessarie per ottenere un discreto risultato e con poca fatica. Per comodità prenderemo come esempio un trofeo di capriolo, selvaggina d’elezione della caccia a palla in Italia, ma se si ha a disposizione spazio e accessori adeguati, il procedimento che descriverò è idoneo per preparare il trofeo di qualsiasi ungulato. Nel mio distretto di caccia è obbligatorio presentare per il controllo, la testa del capo abbattuto munita di bollino di riconoscimento all’orecchio sinistro, con la mandibola separata e scarnificata. Se il capo è un maschio, dopo che ci verrà reso potremo iniziare la preparazione il trofeo. Occorre poca attrezzatura: un coltello di piccole dimensioni (max 10-12 cm di lama) ma molto affilato, una pentola adeguata, un fornello portatile a gas oppure elettrico (sconsiglio vivamente di fare queste operazioni nella cucina di casa pena un prematuro divorzio!!), una sega da macellaio, anche un normale seghetto a ferro va benissimo. Da qualche tempo nelle migliori armerie si trovano dei Kit completi di dima, molto pratici ma non certo indispensabili. Ci dobbiamo inoltre munire di una piccola mola o frullino, un recipiente di plastica, del cotone idrofilo e dell’acqua ossigenata al 33 % e 120 volumi. Chi ha la fortuna di possedere anche un piccolo compressore potrà contare su un prezioso aiuto in più. Dopo aver scuoiato completamente il cranio si procede con il taglio del trofeo secondo le direttive CIC. Qualcuno consiglia di eseguire il taglio dopo la bollitura, ma per esperienza personale ho potuto costatare che le ossa cotte sono troppo fragili e si rovinano con eccessiva facilità. Le linee di taglio ammesse sono sostanzialmente tre (vedi disegno) ma quella maggiormente in uso e più piacevole a vedersi è quella a “tre quarti di occhio” (Taglio A). Deve essere fatta “abbondante”, dall’occipite, di poco inferiore alla tangente dell’occhio e parallela al muso, facendo molta attenzione alle ossa del naso perché estremamente delicate. Dopodiché, sempre con cautela, onde evitare d’intaccare l’osso con la lama, provvederemo alla rimozione del cervello, degli occhi e di tutta la carme che si riuscirà a raschiare via. Sopra una superficie piana controlleremo se il taglio è stato eseguito correttamente, altrimenti lo possiamo riprendere ed aggiustare asportando il materiale in eccesso con una mola, con un frullino oppure con della semplice carta vetrata. Non dobbiamo dimenticare che anche le cavità ossee e le vene capillari contengono del sangue, per non parlare della carne che senz’altro non siamo riusciti a togliere. Se mettessimo subito a bollire il trofeo diventerebbe impossibile rimuoverlo completamente. Per cercare di ridurre al minimo il sangue rimasto nel nostro trofeo, è sufficiente immergerlo in acqua salata per mezza giornata. La soluzione salmastra macererà il tutto come se il cranio fosse stato abbandonato in mare.

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La cottura che segue deve protrarsi per almeno un’ ora e mezza - due, a seconda della mole e dell’età dell’animale; quando è finalmente completata, si eliminano gli ultimi residui di carne e tutte le cartilagini all’interno delle fosse nasali. Durante questa operazione l’aiuto del compressore è provvidenziale. L’aria compressa, oltre a togliere tutti i minuscoli pezzetti di carne, anche nei recessi più nascosti, che a lungo andare potrebbero emanare cattivi odori, provvede anche ad asciugare velocemente l’osso preparandolo al meglio per la fase successiva. A questo punto, se avremo operato bene, ci ritroveremo tra le mani un trofeo pronto all’ottanta per cento e, se non addirittura di colore bianco latte, sarà almeno grigio chiaro. Il trattamento con l’acqua ossigenata andrebbe fatto immergendo direttamente il cranio nella soluzione chimica fino a un centimetro e mezzo – due dalle rose per circa mezz’ora L’osso è spugnoso e di conseguenza tende ad assorbire i liquidi; se il livello sfiorasse le rose con molta probabilità potrebbe danneggiarle. Così facendo si risparmia tempo e il lavoro viene perfetto, ma vista la tendenza dell’acqua ossigenata a diluirsi facilmente e a perdere le sue proprietà una volta esposta all’aria, ne dovremmo consumare una buona quantità. Quindi, per risparmiare il prezioso liquido, useremo un piccolo stratagemma. Copriremo completamente il cranio con del cotone idrofilo e poi lo bagneremo versandogli sopra l’acqua ossigenata, facendo sempre molta attenzione alle rose e raccogliendo il sopravanzo in un recipiente per poi recuperarlo Non ci resta altro da fare che mettere il trofeo ad asciugare al sole. L’azione combinata tra il prodotto chimico e l’effetto fotogeno faranno il resto. Dopo che saranno trascorse un paio d’ore e prima che il cotone sia completamente asciutto, lo potremo rimuovere, ma non per gettarlo via. E’ conveniente inserirlo ancora umido nella cavità cranica, per completare il trattamento anche nella parte interna e lasciare asciugare definitivamente. Qualcuno si domanderà a cosa possa mai servire questa ultima operazione: a sfruttare l’azione corrosiva dell’acqua ossigenata per eliminare qualsiasi residuo possa essere rimasto all’interno del cranio, che col tempo potrebbe contribuire ad un suo prematuro “ingiallimento”. Cos’altro c’è rimasto da dire? Mi sembra di non aver dimenticato niente. Per fissare definitivamente il nostro trofeo sopra una tavoletta di legno, usate le apposite piastrine metalliche, evitando di riempirlo di stucco, resina od altro. Sono convinto che dopo aver preparato duo e tre trofei di capriolo non vi spaventerà neppure affrontare quelli di daino e cervo. Voglio e devo ringraziare due grandi maestri della Tassidermia: Ugo Sapetti di Ceva (CN) e Mirko Mazzone di Molina di Malo (VI), per avermi insegnato tanti piccoli ma preziosi segreti del mestiere. Spero che non me ne voglinoa se dopo questo articolo gli avrò tolto qualche cliente!!

 

Marco Benecchi

 

 

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