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Caccia al cinghiale in montagna

Caccia al cinghiale in montagna

Dato che il cinghiale frequenta tutti gli ambienti adattandosi facilmente alle risorse alimentari presenti, lo possiamo incontrare dovunque, dalle zone paludose dei grandi delta alle aree montuose più impervie. Essendo un selvatico che ha necessità, come altri ungulati, di acqua per gli insogli, pastura e nascondigli sicuri, pur avendo un innato senso di vagabondaggio alimentare, lo si trova di frequente nei territori in cui questi elementi indispensabili per sopravvivere non distano molto l'uno dall'altro. Ciò nonostante in autunno le scrofe che accompagnano i giovani sono capaci, in genere di notte, di percorrere lunghe distanze, a volte superiori ai 20-30 km, quando la pressione venatoria si fa pesante o diminuisce la tranquillità dei luoghi frequentati abitualmente.

Considerato che Madre Natura ha dotato questo animale di sensi straordinari quali olfatto ed udito, fin dall'antichità la sua caccia si è sempre rivelata impegnativa, aleatoria e talvolta rischiosa. Inoltre, se a queste doti aggiungiamo un'intelligenza, non istinto badiamo bene, probabilmente superiore a quella del cane, come dimostrato da studi di Istituti Veterinari, si ottiene un quadro obiettivo delle sue difese classificabili come superlative. A conferma di quanto asserito, in alta montagna mi è capitato più volte di osservare col binocolo dei cinghiali solitari che, spinti dai cani al di fuori dei larici, si fermavano immancabilmente in punti strategici dove, sfruttando al massimo il vento, alzavano il muso per raccogliere ogni odore sospetto e roteavano le orecchie ritte come periscopi di un sottomarino per individuare lievi rumori lontani. Già millenni fa i cacciatori sapevano che il sistema di caccia più fruttuoso era la battuta, e fu così che i progenitori dei nostri cani furono addestrati fin da cuccioli ad accompagnare l'uomo per stanare i selvatici.

Anche oggi la battuta o la più silenziosa ed ugualmente fruttuosa girata sono i metodi di caccia preferiti per una lunga serie di motivi, non da ultimo per il coinvolgimento emotivo e sonoro causato dalla “voce” della muta o del singolo soggetto che lavorano incessantemente per concretizzare la nostra passione. La caccia al cinghiale, in qualsiasi forma si effettui, si pratica con l'uso del fucile a canna liscia o con l'arma a canna rigata.

L'uso della palla nei fucili a canna liscia, cal. 12, 16 e 20, è efficace fino a 35-40 m su soggetti di peso medio, mentre con i grossi esemplari è meglio ridurre le distanze. Le palle usate sono molte e, senz'ombra di dubbio, le migliori sono le Gualandi, le Sauvestre, le Brenneke e le Sluga campana tipo Foster di piombo morbido proposte da Remington, Winchester, Federal e da altri produttori. Diversamente le palle a “sabot”, formate da due tronchi dicono uniti per le facce minori, sono precise fino a circa 70-80 m solo se adoperate in canne a rigatura leggera, le cosiddette “micro-groove” dei semiautomatici americani. Queste palle, come tutte le altre per canna liscia, hanno però due gravissimi difetti: rimbalzano pericolosamente su fusti di alberi, pietre ed acqua fino a distanze molto elevate. Ricordiamo per inciso che una palla di 30-32 g in canna liscia, con un'inclinazione di 25-30°, raggiunge e supera talvolta distanze di 900 -1000 m e, più di quanto si creda, può produrre gravi ferite nell'uomo e nei cinghiali anche a distanze molto elevate. Con l'arma rigata, però, la musica cambia del tutto e l'alto numero degli animali feriti con la canna liscia diminuisce drasticamente. Sia usando carabine che fucili combinati, billing e drilling soprattutto, potremo far fronte a qualsiasi cinghiale con una palla di alta lesività da 130 a 200 gr in calibri da 6,5 ad 8 mm che da oltre un secolo, potendo contare anche su una o due palle di riserva nelle canne lisce, sono i preferiti da coloro che amano l'emozionante caccia alla cerca. Le palle per canna rigata più adatte sono le RWS Uni Classic, le BRENNEKE Tig, Tog, Tug, le NOSLER Partition, le WINCHESTER Fail-Safe, le REMINGTON e le FEDERAL Accubond, le NORMA Oryx, le SWIFT A-Frame e molte altre, basta che siano di struttura robusta, piuttosto dure e a deformazione controllata di ultima generazione, ma in assenza di queste anche una palla Core-Lokt Ultra della REMINGTON od una NORMA Vulkan, Alaska o Plastic Point vi trarranno d'impaccio da ogni situazione difficile. Se i cinghiali che bazzicano nei nostri territori non raggiungono le dimensioni di un furgoncino Ape, un calibro di 6,5 mm è ottimo con palle RWS Ks da 127 o Dk da 140 gr, oppure con una NORMA Nosler Partition da 140 gr. In caso contrario è meglio affidarsi ad un classico 7 mm con palle da160-175 gr o ad un 8 mm con palle a partire da 180 gr, sempre della migliore qualità e della tipologia poc'anzi indicata. Si potrebbe però optare anche per palle a profilo “Round-Nose” capaci di spezzare rametti senza deviare e attraversare il sottobosco meno fitto penetrando profondamente nel corpo del selvatico con cessione massima di energia e sfondamento di grosse ossa senza difficoltà.

I calibri europei più diffusi nelle carabine bolt-action sono i sempre amati 6.5x57(R), 7x57(R), 7x64, 7x65 R, 8x57 JS(JRS) e 9,3x62, mentre tra i calibri americani primeggiano“i tre moschettieri”, 308 Winchester, 30.06 Springfield e 270 Winchester, assieme al vecchio e dimenticato 35Weehlen. Sono validi anche tutti i calibri Magnum: 7 mm Remington Magnum, 300 Winchester Magnum, i calibri Weatherby Magnum dal 257 al 300, i Winchester WSM, dal 270 al 325, i 7 mm e 300 Remington SAUM (Short Action Ultra Magnum), i Remington 7 mm e 300 ULTRA MAGNUM, oltre ai quasi dimenticati 308 Norma Magnum e 300 H&H Magnum, ed al granitico 8x68 S, sopravvissuto a 70 anni di rivalità con i Magnum americani.

Anche per questi calibri di altissime prestazioni vale la stessa regola applicata ai calibri standard, ossia l'uso di palle pesanti e di struttura molto robusta come le Partition a doppio nucleo, le Accubond con mantello di spessore maggiore verso la coda e le Monolitiche in rame con foro apicale per facilitare la quadruplice apertura a petali. Inoltre i 3-4 anelli paralleli incavati trasversalmente riducono la superficie di attrito della palla nella canna, elevandone velocità ed energia. Per le armi basculanti sono sempre ottimi i calibri europei con collarino “R”, quali i noti 6,5x57R, 7x57R, 7x65R e 8x57JRS, assieme ai rari 7x75R SE vom Hofe ed all'8x75RS, per arrivare fino al 9,3x74R, più adatto forse per orsi ed alci, ma usato spesso in battute miste a grossi ungulati. Relativamente recente, anche il 30 R Blaser è un calibro medio di buone caratteristiche che da circa vent'anni sta cercando di imporsi in un mercato saturo, una battaglia commerciale strenue per l'impianto tedesco. Situazione di stallo che la Blaser cerca di superare proponendo una propria linea di nuovi calibri “Magnum” dotati di ottime caratteristiche balistiche, come i vari 7 mm- 300 - 338 e 375BLASER MAGNUM, tutti dotati di palle straordinarie tipo BARNES TSX, BLASER Cdp e NOSLER. Grazie alla fama raggiunta dalle munizioni BLASER, le Magnum della Casa di Isny potrebbero affermarsi, ma la battaglia con i calibri Magnum tradizionali per il predominio commerciale si prospetta lunga e di esito incerto. Vedremo in futuro chi saprà imporsi. Tornando al cinghiale, dato che uno degli aspetti fondamentali delle battute è costituito dal tempo di riarmo per doppiare il colpo, non possiamo affermare che le carabine bolt-action siano molto rapide sotto questo aspetto. I drilling, ad esempio, consentono sempre due colpi serrati con le canne lisce o in alternativa un colpo con canna rigata ed uno con canna liscia, a seconda della posizione del selettore; inoltre il drilling, se di calibro compreso tra 6,5 ed 8 mm e provvisto di ottica a medio ingrandimento come un tradizionale 1,5-6x42 od un 2-8x42, permette tiri efficaci e precisi a distanze medio-alte. Anche il billing o “combinato” è un'arma ottima per la caccia mista e decisamente più leggero del drilling, ma conta solamente su due colpi: uno incanna liscia e l'altro in canna rigata. Tutti i fucili combinati a tre canne e specialmente i“ Doppelbuschsdrilling”, i “non plus ultra” nelle battute, in genere offrono due canne rigate di calibro uguale, europeo od americano, compreso tra 7 e 9,3 mm, ed una canna liscia cal. 16 o cal. 20-20 Mag. per colpire volpi ed altri “animali opportunisti”. Questi basculanti con ottiche a basso ingrandimento sono senza dubbio le armi migliori per tutte le cacce al cinghiale. Purtroppo hanno un difetto gravissimo: costano molto, ma sono fucili di grande efficacia ed affascinanti. “Dulcis in fundo” i basculanti express, doppiette o sovrapposti, che, a differenza delle moderne “Straightpull” o delle classiche carabine bolt-action, sono molto, ma molto più veloci nell'esecuzione del secondo colpo. Quando la ripetizione del colpo è decisiva, poter disporre di un fucile a doppia canna rigata, bigrillo o monogrillo, risulta di grande vantaggio rispetto a tutte le altre armi.

Oggi, però, parecchi cacciatori si affidano alle carabine rigate semiautomatiche Remington, F.N., Winchester e Benelli, ma nei Comprensori Alpini sono giustamente vietate. Le più recenti carabine “straight-pull” a più colpi, di resa sicura e di costo accessibile, possono essere dotate, come le semiautomatiche, di mirini con croci o punti illuminabili molto visibili con luce scarsa, sistemi ottici che stanno ottenendo notevole successo. Queste armi, però, per il sottoscritto non sono altro che macchine da fuoco, precise fin che si vuole, efficacissime, ammettiamolo, ma belle non molto. Tornando al cinghiale, se ci troviamo alla posta in luoghi boscosi con limitata visuale, l'uso dell'ottica è controindicato, mentre in zone aperte prossime ad aree boscose un cannocchiale variabile di elevata qualità (Zeiss, Swarovski, Schmidt & Bender, Leica, Kahles, Docter, Kaps) e con bassi ingrandimenti (1-4x24, 1-6x24, 1,5-6x42) sarà di grande aiuto, sia dotato di reticolo illuminabile che senza. Non dobbiamo avere alcun timore anche con grossi esemplari di cinghiale che non ricordano affatto i peluche della “Trudi” e possono farci trattenere il respiro se appaiono a pochi passi: una palla da 160 a 175 gr di un 7 mm, ben piazzata nella parte più bassa della spalla per interessare l'area cardiaca, o diretta all'attaccatura mediana del collo per spezzarne le vertebre, risolverà positivamente ogni situazione se sapremo controllare il nostro inevitabile picco di adrenalina. Evitiamo comunque di tentare tiri su grossi soggetti posti a grande distanza, sopra i 150-180 m, a meno di non disporre di un 8x68S o di un calibro 300 Magnum con palle pesanti e non troppo veloci. I cinghiali, infatti, incassano spesso colpi letali con indifferenza, lasciando il cacciatore nell'incertezza sull'esito del tiro. Capita che vadano a morire magari a poche decine di metri dall' “Anschuss” o che, nel peggiore dei casi, percorrano chilometri, mettendo a dura prova l'abilità del cane da traccia e l'esperienza del conduttore. Senza cane da sangue, giunti in prossimità del cinghiale o di qualsiasi altro ungulato con palchi pericolosi, assicuriamoci sempre che sia morto e, se non ne abbiamo la certezza, attendiamo qualche minuto stando attenti ad eventuali tremori del corpo ed alle contrazioni degli arti. Se i dubbi persistessero non perdiamo tempo e piazziamo subito con cura una palla quattro dita sotto l'orecchio o nella zona centrale del collo. Qualora presumessimo invece che l'animale sia morto avviciniamolo da dietro con precauzione e sfioriamo nel'occhio usando l'alpenstock od un ramo. Anche in caso di reazione minima, con la canna del fucile già posizionata in direzione di un punto vitale, spariamo subito ritraendoci immediatamente e comportandoci con la massima diffidenza. Un volo in aria e qualche punto di sutura, pur dolorosi, sono sopportabili, ma una stoccata inferta dai pugnali di un cervo o un fendente di un cinghiale nell'area inguinale o nella parte interna delle cosce possono rivelarsi fatali, come purtroppo è già successo in alcune occasioni quando un verro ferito, messo alle strette, è stato obbligato a transitare in un passaggio angusto senza altre possibili vie di fuga. Quindi sempre massima circospezione con i cinghiali che, tra l'altro, posseggono un morso poderoso di cui talvolta si servono per triturare con la massima facilità ginocchi di vacca o grosse ossa di cervi, come più volte osservato da guardacaccia e cacciatori. Con i cinghiali possiamo usare il miglior fucile ed essere tiratori provetti, ma le armi vincenti sono l'assoluto silenzio, l'immobilità statuaria ed abiti di colori tenui, condizioni favorevoli che si vanificano se, senza saperlo, ci troviamo sopravvento o se usiamo dopobarba profumati percepibili dal selvatico a grande distanza. Dobbiamo comunque rispetto a questo ungulato perché, oltre ad essere diffidente e molto intelligente, è anche coraggiosissimo. Vorrei ricordare, a proposito, un episodio di diversi anni fa. Un giorno fui testimone diretto di un fatto perlomeno insolito. Un grosso cinghiale maschio di oltre 80 kg, incalzato dai cani dei miei compagni di caccia, fu costretto ad inerpicarsi fino all'area superiore di una vigna incolta, alla base di una parete di roccia insuperabile. Vistosi perduto, piuttosto di tornare sui propri passi e rassegnarsi al destino, il cinghiale, dopo un breve scatto, si gettò nel vuoto con un balzo, precipitando dall'alto della rupe per una trentina di metri. Il tonfo che ne seguì, preceduto dallo schianto di alcune piante e dalla caduta di grosse pietre, accelerò la morte del verro che, prima di spiccare il salto, aveva già incassato due palle Brenneke nel fianco destro.

Temetti allora per la sorte di Berto, il caro amico che si trovava proprio alle falde di quel dirupo, ma rassicurato dalla sua voce dopo quel frastuono inaspettato, tirai un sospiro di sollievo.

Fu un'esperienza emozionante ed indimenticabile. Da quel giorno infatti non considerai più il cinghiale al pari di un selvatico comune, ma come un impavido avversario degno del massimo rispetto.

 

 

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