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Assalto al Re nero

Assalto al Re nero
NELLE BRACCATE IL BOSCO DIVENTA UNA GRANDE SCACCHIERA, DOVE OGNI PARTECIPANTE DEVE DARE IL SUO PREZIOSO CONTRIBUTO. TRACCIATORI, POSTAIOLI, BATTITORI E SEGUGI: TUTTI UNITI PER IL RISULTATO FINALE. MA È UN'AZIONE CHE COMBINA UN PERFETTO GIOCO DI SQUADRA A MOMENTI DI VERA SOLITUDINE E TENSIONE. COME GESTIRE LE FASI DELLA CACCIA.
"Anche il più pigro dei Re è costretto a fuggire a tutta birra davanti ad un doppio attacco". Questa è una tecnica degli scacchi, spiegata con ironia da un grande maestro del secolo scorso, Aaron Nimzowitsch. Bene, prendiamola in prestito, spostiamola dal quadrato di legno alla macchia, sostituiamo alfieri e torri con segugi e postaioli e abbiamo ottenuto la prima regola della braccata: la sinergia perfetta tra le varie pedine per stanare, indirizzare e abbattere il sovrano della selva.  
Un'azione congiunta che parte in realtà da molto lontano, con gli occhi esperti dei tracciatori aiutati dal fiuto del limiere per individuare i segnali del passaggio (fatte, trottoi, grufolate). Prosegue con una serie di passaggi di vario genere: lo studio del territorio dove effettuare la battuta, il disbrigo delle pratiche burocratiche, la disposizione delle poste, la valutazione delle condizioni atmosferiche, il lavoro indispensabile dei battitori e della muta. È importante sciogliere al punto giusto per evitare di perdere tempo: chi parte bene è a metà dell'opera, visto che tanto più la traccia è fresca, tanto più l’accostamento sarà rapido. In effetti, seguendo un'emanazione incrociata nelle prime ore del mattino nei pressi della lestra, una muta allenata ed omogenea può riuscire a prendere in canizza la passata, senza disperdersi. 
A questo punto sarà compito dei canai (circa un quarto della squadra) riuscire a tenerli compatti, mentre i battitori con urla e schiamazzi (ma soprattutto con il loro odore) chiuderanno ogni pertugio per spingere in avanti il branco ed evitare il dietrofront. Tutto deve filare liscio, perché la caccia al cinghiale non ammette errori né tantomeno distrazioni. E, se questo vale anche per la cerca, l'aspetto e la girata, qui le attenzioni vanno raddoppiate in quanto si agisce su uno spazio maggiore e con un numero elevato di cacciatori.
Per questo le squadre hanno una divisione ferrea dei compiti e spetta al capocaccia calibrare la strategia più appropriata a seconda delle situazioni, stabilire il metodo dell'assegnazione delle poste e la loro distanza, oltreché sancire l'inizio e la fine dell'attività. La sicurezza viene al primo posto, quindi è essenziale indossare giubbotti ad alta visibilità, rispettare l'angolo di tiro previsto e non azzardare mai.    
Un aspetto interessante è la doppia anima che nasconde questa tipologia di caccia: da un lato é quella collettiva per eccellenza con gruppi numerosi di amici che non perdono occasione di manifestare spirito fraterno, condivisione e convivialità. Dall'altro ci sono momenti in cui i compagni sono lontani e si deve fare i conti con una lunga attesa che mina la concentrazione. Allora senti il brusio della radiolina, i suoni del bosco e nient'altro. Poi la seguita prende vigore, il latrato dei cani è sullo scovo e sale di intensità. L'adrenalina cresce, diventa tensione e non si può far affidamento che su se stessi. Sono istanti che si ripetono sempre uguali, eppure unici perché si rinnovano continuamente e sono molte le variabili da calcolare. Così, con il vento che soffia lieve sulla faccia, controlli per l'ennesima volta il fucile. 
Sai che forse l'animale sbucherà dove meno te lo aspetti, a velocità folle, coperto dalla vegetazione intricata e ci sarà solo una frazione di secondo per valutare le possibilità di tiro. Spesso non si presenta una seconda occasione e, in questo, la tecnologia delle moderne armi ad anima rigata aiuta fino ad un certo punto, perché l'emozione che pulsa nelle vene gioca un ruolo fondamentale. Sei da solo in una battaglia di nervi, una sfida anche psicologica che si perpetua dall'alba dei tempi preservando immutata il suo fascino. Ad esempio, il celebre scrittore Guy De Maupassant descriveva così una concitata battuta in Normandia: "Il tumulto della caccia si andava avvicinando; i cespugli parevano fremere e, ad un tratto, spezzando i rami, tutto coperto di sangue e, scuotendo i cani che gli si attaccavano addosso, finalmente passò il cinghiale". 
Era il 1880, c'erano i cavalli al posto delle jeep e gli archibugi invece delle carabine. Per il resto, cos'è cambiato?
 
 
MUTE: RAZZE E COMPOSIZIONE
 
I cani da seguita possono essere impiegati su tutti i mammiferi, ma potenzialmente sono grandi specialisti. L'importante è costruire una muta omogenea e non troppo numerosa, in grado di lavorare insieme e di rientrare presto. Ecco le razze principali: il segugio italiano, il segugio maremmano, il segugio istriano, il segugio svizzero, il grifone vandeano, il grifone nivernese, il grifone fulvo di Bretagna, il beagle, il dachsbrake e i bassotti francesi (fonte F. Nobile. "Il cinghiale e i cani per cacciarlo", Habitat Editori). I primi due sono il vanto della cinofilia nazionale: cani robusti, dal carattere espansivo e vivace, ottimi abbaiatori a fermo e inseguitori tenaci. Si differenziano soprattutto per caratteristiche estetiche, mentre il segugio istriano è più piccolo ed è ottimo su terreni aspri e scomodi. Grande abbaiatore proprio come il suo cugino svizzero, che rappresenta la scelta migliore per gli ambienti di alta montagna. Tutti i segugi hanno spiccato spirito di muta, mentre i grifoni si muovono bene anche in solitaria o in coppia, dimostrandosi assai resistenti, intelligenti e dotati di andatura veloce ed incalzante. Il punto forte del piccolo beagle è invece proprio l'attitudine gregaria, unita ad una grande coraggio. Predilige le piccole mute il bassotto francese: il cane ideale per cacciare da soli, perché modulando la voce informa di ogni cambio di direzione dell’animale, mentre la sua scarsa velocità lascia tutto il tempo per piazzarsi con anticipo alla posta.
 
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