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Magie di palude (prima parte)

Magie di palude (prima parte)

L’Italia, con i suoi chilometri di coste, con numerosi delta di fiume, era un territorio di elezione per tutta la selvaggina acquatica. Dopo le grandi opere di bonifica, il patrimonio delle zone umide italiane ha subito una forte regressione. Solo nell’ultimo decennio si è compresa l’importanza che hanno questi territori per l’intero ecosistema.

 

Ma se da una parte è impossibile ipotizzare il ripristino completo di laghi e paludi, ormai cancellati dalla mano dell’uomo per far spazio alla coltivazione, dall’altro si può prevedere un intervento mirato al ripristino di piccoli paduli ancora esistenti e marcite che possono agevolare la sosta e la riproduzione degli uccelli acquatici.

L’importanza delle tese (appostamenti fissi per acquatici)

Per molti di essi non sono necessari ampi spazi, enormi distensioni di terreno allagato, ma una buona distribuzione di zone di acqua perenne, magari arricchite da una microfauna palustre e da una flora che garantiscono una buona pastura.

 

Sotto quest’aspetto, decine di tese (laghetti artificiali per creare gli acquatici) presenti nelle zone del basso vercellese e del novarese, così come in tutte le province interessate dal fenomeno del passo, garantivano (purtroppo sono costretto a parlare al passato) in primavera un’ottima distribuzione d’acqua perenne, determinanti per la sosta e la riproduzione di molte specie.

 

Oltretutto la cura maniacale con cui i tesisti curavano la qualità e la quantità delle piante palustri rendeva l’habitat perfetto per la sosta dei migratori durante il periodo del ripasso. La maggioranza delle anatre che finivano in carniere erano uccelli di superficie; i tuffatori (morette e moriglioni) facevano solo rare comparse. Per questo la tendenza era quella di agevolare, mantenendo il livello dell’acqua molto basso, la sosta e la pastura delle anatre di superficie.

 

Centinaia di ore di lavoro per arginare con il taglio sistematico l’avanzata delle canne di palude che, inevitabilmente, se lasciate crescere, riescono a chiudere i chiari. Oltre al taglio delle canne, eseguite a mano con la falce sotto il pelo d’acqua, in modo che perlomeno qualcuna marcisse, andava tenuta molto bassa la vegetazione delle sponde per evitare "l’effetto catino" così poco gradito dagli uccelli.

 

Anno dopo anno, con l’esperienza accumulata, si privilegiava la crescita delle piante acquatiche, appetite dagli uccelli, tipo quadrello e pesarone. Il livello basso dell’acqua, oltre ad agevolare la pastura di anatre e trampolieri, rendeva più semplice tenere il chiaro sgombro dal ghiaccio d’inverno, creando una leggera corrente con apposita deviazione di fosse, ottenuta mediante chiuse. In pratica un appostamento fisso (non più previsto dalla legge regionale del Piemonte ormai da molti anni) comportava una cura e un impegno costante con una presenza sul territorio settimanale, anche e soprattutto nel periodo di chiusura della caccia.

 

E questo è in assoluta sintonia con la corretta interpretazione della caccia moderna che vede il legame cacciatore-territorio come obiettivo principale da raggiungere. In realtà già molto prima, in applicazione della L.R. 157, molti suoi principi venivano da noi tesisti del vercellese (e non solo) concretizzati in modo non ufficiale, ma altrettanto efficace.

 

Ripristino ambientale, stretti legami con le realtà territoriali e conseguente successo, sia venatorio che d’immagine, in molte annate i numero dei germani era così alto da causare danni alla coltivazione del riso. Ecco che creare dei posti alternativi di pastura, con distribuzione di quintali di granaglia ogni anno, limitava di molto, nelle zone limitrofe agli appostamenti i danni alle coltivazioni.

 

Le tese erano quindi anche ben viste dagli agricoltori, molti dei quali anche cacciatori, che garantivano su di esse un ottimo controllo al costo di qualche…schioppettata tirata in compagnia. Ovviamente il quadro non era sempre così idilliaco e dispetti e visite sgradite all’interno delle "baracche" erano frequenti. Ma in linea di massima un atteggiamento rispettoso e corretto portava ad un’ottima accettazione da parte dei coltivatori.

 

Oltretutto i carnieri, anche quelli dell’apertura in cui si tirava su uccelli "nuovi" e non ancora smaliziati, non erano mai così abbondati. In particolar modo i germani, dopo la prima settimana di caccia diventavano molto sospettosi ed "entravano" a notte fonda per poi ripartire molto prima dell’alba.

 

Le numerose nidiate di germani, folaghe, gallinelle, che venivano accuratamente agevolate e custodite durante tutta l’estate pagavano un tributo non proporzionato alle cure (ottenendo quindi un ottimo successo riproduttivo per la specie). E per questo che affermo che la presenza delle tese, degli appostamenti fisso crea un serbatoio continuo di animali, oltre a fornire condizioni ottimali per la sosta degli uccelli di passo.

 

Un "nel becco dell’anatra".

 

Vito

 

(continua)

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