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Tordi alle becche

Tordi alle becche
Quando arriva l’inverno, le montagne ospitano solo sasselli e cesene, piuttosto rari, in questi anni a dire il vero, tordi e merli sono scendono a popolare le olivete di collina, le forre piene di arbusti fruttiferi e i boschi di pianura. 
Quando arriva la prima neve, i capanni più alti, quelli buoni per le cesene e i sasselli in Appennino sono inagibili. E’ il momento di scendere a quote più basse, dove gli uccelli possono fermarsi a svernare approfittando delle abbondanti pasture. Chi ha la fortuna di possedere capanni in queste zone si affretterà a usarli, ma anche chi non ha questa possibilità può approfittare della presenza dei tordi in pastura con qualche piccolo accorgimento. La prima condizione che dovremo verificare è senza dubbio la presenza di uccelli, il posto può essere anche il migliore, ma se non ci sono prede, potremo fare ben poco. Quindi il mio consiglio è di scegliere tre o quattro posti e di ispezionarli, nei giorni precedenti, con una breve scaccia, o più semplicemente provando ad insidiarli all’uscita o al rientro. Se registriamo un buon movimento allora possiamo cercare un buon posto dove installare la nostra tesa. Che caratteristiche dovrà avere? Dovrà essere in vicinanza dei luoghi di pastura, possibilmente nei pressi degli appolli notturni o lungo la linea tra i due siti. Gli uccelli al mattino si recano alle becche seguendo tragitti che, se non intervengono fattori di disturbo umani o meteorologici come nebbia o vento, restano pressoché immutati. Quindi con un po’ di ricerca potremo individuare il giusto affilo, su cui provare ad insidiarli. Nei giorni scorsi, caratterizzati da cielo sereno e assenza di nebbia e vento, abbiamo fatto un paio di tentativi sulle colline che sovrastano Pistoia, montando la nostra tesa in un boschetto  che sovrasta un grande oliveto. Il luogo era perfetto, una piccola altura sovrastante una forra piena di arbusti selvatici carichi di pasture. Sulla sommità c’era un piccolo boschetto di querce e castagni completamente circondati da olivi. Nelle immediate vicinanze, a un livello superiore, avevamo un bosco di cerri, con in mezzo alcuni grandissimi lecci e alcune piante molto vecchie ricoperte d’edera. Insomma, un sito ideale per il riposo notturno dei nostri amici. La stagione avanzata ci consente di sperare in qualche sassello e qualche cesena, ma i protagonisti indiscussi furono ancora tordi e merli. Raggiungiamo il nostro boschetto e trovammo un sito ottimo, una grande radura circondata da imponenti castagni e da una grande quercia, questi alberi ormai spogli, forniranno un buon attrattivo a quegli uccelli che, attirati dai richiami, si avvicineranno a curiosare. Per l’occasione abbiamo portato alcuni sasselli e cesene della nostra batteria, un paio di zirli di tordo e un merlo che ancora prova a fare qualche gorgheggio. Arriviamo sul posto alle prime luci, e predisponemmo un appostamento temporaneo con di fronte, un bel castagno e su un lato una quercia monumentale. Montammo la paratina scoperta, quella per le allodole per intendersi, e attaccammo i richiami sugli alberi intorno. La scelta del capanno scoperto è data da due motivi: gli uccelli, specialmente tordi e merli, non sono più i giovani creduloni delle prime giornate di passo, al contrario, le fucilate hanno insegnato loro ad essere molto diffidenti, quindi difficilmente verranno a buttarsi con la stessa facilità di inizio stagione. Il tetto scoperto, permetteva di intervenire su questi animali che soffermandosi a pena o solo sorvolandoci non sarebbero stati insidiabili col tiro a fermo. Inoltre, non trovandoci in un sito preparato ad hoc, ma in un bosco rimasto "al naturale", gli uccelli potevano buttarsi in qualunque posto e le piccole feritoie del capanno di tela non consentivano una visuale sufficiente. Arrivò l’alba, e i richiami cominciarono a fare il loro lavoro, le cesene riempirono l’aria di schiocchi, i sasselli attaccarono la loro litania che tanto piace a noi capannisti. Non restava che attendere, dopo pochi minuti quando ormai era già ben chiaro, cominciò a vedersi qualcosa. Alcune sagome nere, preannunciate da strisci, irruppero sulla scena ed un bel merlo nero scelse di fermarsi a osservare il posto. Nel giro di un paio d’ore anche qualche tordo venne a fargli compagnia, un paio credettero al gioco e si buttarono. Altri, invece, sorvolarono l’appostamento, come a volerci studiare, ma noi, messi in allarme dai tordi in gabbia, eravamo pronti a riceverli. Purtroppo di sasselli e cesene nemmeno l’ombra ma quest’anno è così…inutile arrabbiarsi. Abbiamo illustrato una situazione tipo, ma vi sono molte varianti possibili, che possono o meno prevedere l’uso dei richiami vivi. In questa forma di caccia la parte fondamentale è la scelta del posto. I turdidi escono al mattino dal bosco e trascorrono le giornate in pastura nelle olivete e nelle siepi. La cosa migliore è trovare un posto,  come quello descritto sopra, da cui si dominino le pasture e che ci consenta di stare celati agli occhi dei selvatici. Se si utilizzano richiami vivi o a bocca, raccomando sempre di piazzarsi nelle vicinanza di una pianta spoglia che possa fungere da albero di buttata.
Finora abbiamo parlato di questa forma di caccia in ambiente squisitamente mediterraneo, molto favorevole ai piccoli turdidi. Ma la caccia con appostamento temporaneo alle pasture raggiunge forse il suo livello più alto e spettacolare nella caccia alle cesene. Questi animali nei periodi di freddo intenso abbandonano in massa i Balcani per spostarsi nella nostra penisola. Uno dei luoghi migliori dove insidiarli è senza alcun dubbio la pianura padana, nello specifico, l’area del Ferrarese e del Ravennate, dove abbondano le coltivazioni di frutta. Questi animali, amano visitare queste coltivazioni, dove alcuni frutti, sfuggiti alla raccolta, garantiscono alimentazione nei mesi di passo. Per avere successo in questa caccia sono necessari, senza alcun dubbio, buoni richiami, buona conoscenza del territorio e un’attrezzatura adeguata. Le cesene, quando arrivano, sono riunite in enormi branchi ma, in brevissimo tempo, tendono a dividersi in piccoli gruppi disperdendosi sul territorio in cerca di cibo. Nel momento dell’"entratura" il gioco è facile e fare buoni carnieri, se ci troviamo nel posto giusto al momento giusto è sicuramente alla portata di tutti. Ma in breve tempo tutto cambia, gli uccelli imparano il giochino e scelgono itinerari sicuri, fuggendo per non tornare al minimo accenno di pericolo. Per questo dobbiamo metterci un po’ di mestiere per riuscire a fare qualche risultato. Partiamo innanzitutto dallo scegliere un sito ben frequentato, trovare un punto dove appostarci che ci consenta mimetismo e un buon campo di tiro, e allestire un bel gioco con richiami vivi e stampi (i nuovi modelli in penna con contrappeso sono letali), magari impreziosito da una giostra con stampi in penna. Ricordiamoci sempre di piazzarci in prossimità di un bell’albero isolato e vedrete che i risultati non tarderanno a venire.
Legislazione
Gli appostamenti temporanei sono appostamenti di caccia che da regolamento devono essere rimossi alla fine della giornata venatoria. Per realizzarli possiamo usare capanni montabili di tela o altro materiale o materiale erbaceo o arbustivo presente in loco, quest’ultimo però non deve essere vitale o appartenente a colture di pregio. Nel realizzarli dobbiamo sempre tenere presente il rispetto delle distanze previste dalla legge (possono esserci variazioni in base a regolamenti regionali, provinciali e di area), ad esempio possiamo appostarci a non meno di 200 metri da altri appostamenti fissi, a non meno di 100 metri dalle Oasi di Protezione, dalle Zone di ripopolamento e cattura e dai Centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica, a non meno di 100 metri da altro appostamento temporaneo, 200 se usa richiami vivi. A non meno di 100 metri da immobili abitativi o da lavoro, che diventano 150 nel caso lo sparo avvenga verso tali strutture. Non meno di 50 m da ferrovie e strade carrozzabili, distanza che si alza a 150 metri nel caso che lo sparo avvenga in direzione di queste. Il numero di richiami vivi utilizzabili varia da regione a regione ma generalmente si ferma a 10.
Attrezzatura
In questa caccia l’attrezzatura si limita al capanno, al fucile, alle cartucce e ai richiami vivi. Se vi costruite il capanno da soli, con materiale reperito in loco, cercate di rimanere più coperti possibile, magari sacrificando i tiri più bassi ad un miglior mimetismo. Se usate un capannino smontabile evitate quelli automontanti, altrimenti dovrete scegliere per forza di piazzarvi su un terreno piano, opterei invece per un capanno con aste telescopiche, come quello che si vede nelle foto, che consente di compensare le irregolarità del terreno.  Se siete particolarmente scoperti, alla tela mimetica del capannino sarebbe bene aggiungere delle applicazioni di vegetazione, in modo da aumentare l’uniformità con l’ambiente circostante. Dei richiami vivi abbiamo già parlato, quindi non mi dilungherò. Vista la stagione avanzata e gli ovvi problemi di esaurimento che possiamo avere con bottacci e merli di canto, la scelta cadrà sui bottacci di zirlo e su sasselli e cesene di canto, sperando che riescano a ingannare le nostre prede ormai smaliziate. Se vogliamo tentare le cesene, specialmente se scegliamo un frutteto di pianura, uno dei loro luoghi di elezione, potremo provare a utilizzare degli stampi. I più specializzati usano mettere perfino delle giostre con stampi ad ali aperte, ma dei buoni zimbelli magari in penna da collocare sulle piante di buttata sono più che sufficienti, state solo attenti a non sbagliarvi. Che dire di fucili e cartucce? Visto che il tiro si effettua generalmente al volo e che le distanze spesso sono al limite della portata, opteremo per un semiautomatico calibro 12, il terzo colpo può essere molto utile, caricato con una cartuccia bior come prima canna, una Freeshot di Cheddite o una Nova Bior di Fiocchi seguita da un paio di cartucce con contenitore con buona grammatura, come le F2 Long Range di Baschieri e Pellagri o le JK6 34 di Fiocchi.
Le pasture
Questo articolo fa riferimento alle "Becche" che nella mia Toscana sono appunto i siti di pastura. Nei mesi tardo-autunnali e di inizio inverno, le ultime olivete, ancora da raccogliere, e le siepi piene di arbusti fruttiferi offrono riparo e pastura a quei tordi che vogliono fermarsi dalle nostre parti. Andiamo a vedere alcuni dei più comuni.
Alloro: Si tratta di un vero e proprio albero che può raggiungere i 10 m di altezza. È una pianta perenne, con fusto eretto e corteccia verde nerastra. Le foglie, ovate, sono verde scuro, coriacee e lucide nella parte superiore e opache in quella inferiore e molto profumate. Si tratta di una pianta dioica che ha cioè sessi separati, questo vuol dire che solo le femmine hanno i frutti che sono bacche nere e lucide con dentro un solo seme. E’ diffuso lungo le zone costiere settentrionali del Mar Mediterraneo, dalla Spagna alla Grecia e nell'Asia Minore. In Italia cresce spontaneamente nelle zone centro-meridionali e lungo le coste. Si tratta quindi di un albero tipico della macchia mediterranea.
Fonte wikipedia
Rosa canina: È l'antenata delle rose coltivate, un arbusto spinoso, alto 100 - 300 cm, con fusti legnosi glabri, spesso arcuati e pendenti, e radici profonde con spine rosse robuste. E’ una pianta a foglie caduche ellittiche, con margine dentellato. La rosa canina fiorisce da maggio a luglio, coprendosi di grossi fiori bianchi. I frutti sono bacche carnose e colorate di un rosso vivace e raggiungono la maturazione nel tardo autunno. La specie è diffusa in una vasta area nelle zone temperate del Vecchio Mondo dall’Europa al Nord Africa, al sub continente Indiano. Il suo habitat preferito sono comunque i boschi di faggio, abete, pino e querce a foglie caduche, gli arbusteti e le siepi, fino ad una quota di 1900 m. Preferisce suoli abbastanza profondi, limosi e moderatamente aridi.
Fonte wikipedia
Ligustro: Si tratta di un arbusto a foglia caduca, alto da 0,5 a 2 m, con buon apparato radicale,  chioma densa, corteccia da grigio-verdastra a marrone chiara da giovane, che si scurisce con l’ età. Il legno è molto duro, le foglie sono piccole, opposte, di un color verde intenso lucido superiormente, un po' più chiare ed opache di sotto. Generalmente sono caduche, ma in alcuni casi, in ambiente a clima mediterraneo, sono persistenti. In primavera fiorisce con piccoli fiori bianchi, i frutti sono piccole bacche sferiche, molto appetite dagli uccelli. Si tratta di una specie mediterranea, con predilezione per i suoli calcarei e assolati. Frequenta l'orizzonte compreso tra il mediterraneo e il submontano (raramente raggiunge i 1300 m di quota); Si rinviene spesso consociato ad altre specie fruttifere come Corniolo, Sanguinella e Sambuco.

Testo e foto di Luca Gironi

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