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La caccia al prato

La caccia al prato


Più che per conoscenza diretta, il cacciatore moderno conosce questa importante forma di caccia per i racconti dei padri o dei grandi autori venatori. Infatti, la grande varietà di trampolieri e caradridi formi, un tempo cacciabili, si è ridotta alle sole pavoncelle e al combattente. Certo che a immaginare le scene evocate dalle splendide parole del Niccolini, quando nei suoi libri evoca la caccia ai trampolieri nelle paludi della maremma o della pianura pisana c’è da deprimersi. Quegli splendidi territori che nella stagione invernale diventavano prati allagati, aree con acqua da 0 a 20 cm, erano l’ambiente ideale per pavoncelle, beccaccini, combattenti, pittime, pivieri e ogni sorta di piccolo o grande trampoliere, sono solo un ricordo. Bonifiche, agricoltura industriale e urbanizzazione selvaggia hanno distrutto l’habitat di queste specie, tanto che oggi, molte di queste, si sono rarefatte fino al punto di rendere ogni avvistamento un avvenimento da celebrare. E dove non è arrivata la distruzione della natura è arrivato il legislatore che ha chiuso la caccia a quasi tutte le specie di trampolieri e scolopacidi e tabellato con divieti di caccia i migliori terreni tra quelli scampati alla distruzione. Ma veniamo all’argomento caccia, questi uccelli si cacciano essenzialmente da appostamento, realizzando un capanno, fisso o temporaneo, in un’area di pastura frequentata dalle pavoncelle. Il mimetismo è fondamentale ed in un ambiente di prati umidi, allagati o stoppie in cui ristagna l’acqua piovana non abbondano i nascondigli. Spesso come sito di costruzione si cerca una fossa di scolo, che consente di fare l’appostamento più basso rispetto al livello del suolo. Le giostre, gli stampi o per i pochi che ancora le hanno, le pavoncelle vive, vanno piazzati attorno al capanno, concentrati dal lato da cui presumibilmente arriveranno i selvatici. Ricordatevi sempre di piazzare gli stampi col becco al vento e di orientare il capanno in modo che venga investito dai venti di traverso, mai di fronte o dal retro. Tra i cacciatori Emiliano-romagnoli, è in uso l’abitudine di piazzare una giostra lontano dal capanno, fuori dalla tesa. Spesso, infatti, gli uccelli, una volta sorvolato l’appostamento gli girano attorno per poi rientrare nel gioco. In questo caso molto contano il mimetismo e la capacità di rimanere immobili. Se vogliamo usare i richiami vivi, possiamo utilizzarli principalmente in due modi: imbracandoli o con la bresciana. Il primo metodo è indubbiamente il più tradizionale e spettacolare; consiste nell’applicare agli animali delle piccole imbracature che consentono, tramite un sistema di fili collegati col capanno di costringerle a svolazzare al comparire dei loro consimili. La bresciana, invece, è un tunnel di rete morbida in cui inserire gli animali liberi, che possono muoversi liberamente, con grande potere attrattivo. I richiami vivi, oltre ad essere maggiormente attrattivi, danno anche una grossa mano ad avvistare i selvatici anche in condizioni di visibilità scarsa. I richiami vivi, dovranno essere posizionati a una ventina di metri dal capanno, subito oltre e alla fine della stampata formata da una cinquantina di stampi della foggia che preferite. All’inizio della, tesa dal lato da cui spira il vento, avremo posto una giostra con stampi in penna ad ali aperte. Oltre alle pavoncelle, un altro ospite di questi ambienti è il combattente, unico esponente dei trampolieri rimasto tra le specie cacciabili, questo splendido animale è un integrazione di grande rilievo nel carniere del cacciatore da prato. Nello stesso tipo di ambiente troviamo anche un altro tipo di animali cacciabili, i piccoli scolopacidi: beccaccino e frullino. Questi animali si cacciano, per legge, nella maniera più bella e etica, cioè con il cane, da cerca o da ferma. Sparargli da appostamento, infatti è severamente vietato però non c’è paragone tra lo sparargli mentre ti sorvola per caso o sfidarlo insieme al tuo fido ausiliare. Questi scaltri avversari, infatti, sono in grado di dare filo da torcere a cani e cacciatori, mettendo in campo tutte le astuzie necessarie per farci rimanere con un palmo di naso, nascondendosi, pedinando e solo se costretti da cause di forza maggiore, involandosi con quella loro andatura a zig-zag che mette in difficoltà più di un cacciatore.

Gli uccelli del prato

Pavoncella


La pavoncella (Vanellus vanellus, Linnaeus 1758) è un uccello di media grandezza diffuso in buona parte dell'Europa. Frequenta le pianure, i vasti territori coltivati a campi e zone parzialmente umide, ma la si incontra anche nei pascoli, fino a quote medio alte, nella stagione invernale e durante il passo. L'habitat, molto vasto, comprende l'Eurasia settentrionale, il Giappone e il Nordafrica. Particolarmente comune nei Paesi Bassi dove nidifica in gran numero. Si riproduce normalmente nell'europa centrale e orientale, mentre sverna nell'Europa occidentale e meridionale e in Nordafrica. Altezza: da 28 a 31 cm; Apertura alare: da 70 a 76 cm; Peso: da 150 a 300 g Le piume del dorso sono nere con riflessi bronzei, rosso-verdi. Bianca nella parte inferiore, con il sotto coda marrone e petto nero. Le gambe sono rosa pallido. La testa molto elegante con il lungo ciuffo (10 cm), largo sopracciglio bianco e becco nero. In volo le ali presentano una caratteristica forma arcuata. Il nido è un semplice buco nella terra, spesso un poco rialzato per permettere un controllo della zona circostante. Il maschio scava vari nidi la femmina ne sceglierà il migliore. La femmina depone circa 4 uova di colore marrone chiaro, striati e macchiettati di marrone scuro, tra la metà di marzo e aprile, raramente fa seguito una seconda covata. La cova dura circa 4 settimane assicurata dalla femmina e dal maschio. Alla nascita i piccoli abbandonano immediatamente il nido. Sono accuditi da entrambi i genitori e dopo 35-40 giorni raggiungono il piumaggio definitivo e l'indipendenza. La pavoncella si nutre essenzialmente di coleotteri, di mosche e altri insetti, ma anche di ragni, lombrichi e altri invertebrati. Non disdegna nella dieta anche qualche seme di pino o di graminacee.
Fonte wikipedia

Il Beccaccino (Gallinago gallinago Linnaeus, 1758) è un uccello della famiglia delle Scolopacidae.
Ha un becco lungo e sottile, raggiunge in media una lunghezza di 28 cm ed un peso di 250 g, con una apertura alare di 49 cm. Ha un piumaggio variegato con tinte brune, rossicce e crema. Il capo è compresso lateralmente, gli occhi molto spostati indietro. Zampe lunghe e verdastre. Coda con poco bianco ai lati. È visibile praticamente in tutto il mondo tranne che in Oceania, in Italia ci sono rari casi di nidificazione in ambienti palustri, durante la migrazione e lo svernamento gli habitat sono diversi, tranne che nei boschi si adatta dovunque, anche se predilige paludi, prati umidi, praterie e risaie. Volo di levata a zig zag. Sfugge al pericolo acquattandosi sul terreno e mimetizzandosi perfettamente con la vegetazione e con il suolo. La specie ha un'ampia area di distribuzione, valutata in oltre 10.000.000 km², con una popolazione stimata di 5.400.000 - 7.500.000 individui. In base ai criteri della IUCN Red List è considerata a basso rischio.
Fonte wikipedia

Il Combattente (Philomachus pugnax, Linnaeus,1758) è un uccello della famiglia delle Scolopacidae. Nidifica nelle regioni settentrionali dalla Scandinavia alla Siberia. Migratore per eccellenza, attraversa tutta l’Europa per svernare nelle regioni mediterranee, soprattutto in Africa.
La lunghezza varia dai 23 cm della femmina ai 29 del maschio, con un peso rispettivamente di 130 e 200 g. Ha il becco sottile ed appuntito, di colore bruno nerastro, coda rotonda e zampe giallastre. Il maschio in livrea nuziale ha caratteristici ciuffi auricolari erettili e un grande collare colorato. La femmina e il maschio in livrea eclissale presentano dorso brunastro con scaglie scure, petto fulvo e addome biancastro. Italia è di doppio passo in agosto-settembre e da metà febbraio all’inizio di maggio. Durante la migrazione forma stormi divisi per età e per sesso. Ricerca il cibo di giorno e di notte, per lo più insetti, molluschi, germogli o semi di graminacee. Gregario, diventa solitario ed estremamente combattivo durante l’epoca degli amori. E’ una specie poligama, in cui la femmina depone, una sola volta l’anno, 3-4 uova incubate circa 3 settimane. I piccoli, nidifughi, diventano indipendenti dopo solo pochi giorni dalla nascita. In base ai criteri della IUCN Red List è considerata a basso rischio.
Fonte Paolo Casanova et Al 1993
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