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Capanno: Un'annata anomala 1 parte

Capanno: Un'annata anomala 1 parte

Mentre mi accingo a scrivervi, ottobre sta volgendo al termine. Un ottobre strano quello 2018, con temperature più settembrine che veramente autunnali, tanto che anche nella mia Toscana la stagione balneare si è protratta ben più del consueto. Un clima, quindi, di sicuro non propizio per il transito dei migratori, che infatti hanno fatto disperare tutti gli appassionati.
Gli esordi della stagione
I miei posti di caccia sono relativamente vicino alla mia abitazione. Non sono uno a cui piace fare chilometri e chilometri per andare a caccia, ogni tanto va bene, magari per fare una zingarata fra amici ma, nel continuo, sono piuttosto abitudinario. Questo, essenzialmente per due motivi: punto primo perché penso che migliore è la conoscenza del territorio e migliori sono le opportunità che avremo di cacciare con soddisfazione e, secondo, a me piace molto cacciare nei luoghi in cui mi sono sempre mosso fin dall'infanzia. Luoghi che per me hanno una storia, in cui mi sono successe, mille cose, dove ogni albero e ogni pietra sono capaci di evocare ricordi. Questo tipo di atteggiamento sottintende che il cacciatore sia disponibile ad accettare quello che gli riserva la sorte, comprese le bizzarrie climatiche come quelle di questo ottobre.
Le mie prime uscite al capanno, come sempre, sono state accompagnate dall'entusiasmo per la nuova stagione e da una cronistoria favorevole che, negli scorsi anni, anche in un periodo acerbo per la migrazione aveva regalato qualche piccola soddisfazione. Anche perché cacciando sull'Appennino tosco-emiliano ad un’altitudine di 7-800 metri si poteva contare fu un discreto tesoretto di tordi e merli diciamo stanziali. Purtroppo, quest'anno è stato così, infatti, degli uccelli locali nemmeno l’ombra e, complici le elevate temperature presenti sulla nostra penisola e anche sul resto d'Europa, la migrazione e risultata pressoché assente. Tanto è vero che il primo weekend di passo vero, almeno dalle mie parti, si è avuto attorno al 20 di ottobre, in un’epoca in cui i tordi bottacci dovevano essere ormai agli sgoccioli.

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Roba da mettere alla prova anche il più convinto degli appassionati. Prova comunque superata a pieni voti dalla maggior parte di capannisti che conosco, perché, per smontarci, ci vuole ben altro. Questo perché, i due mesi scarsi a cui si riduce il passo, volendo metterci, oltre a quello di tordi i merli, anche quello di sasselli e cesene non sono che una minima parte di questa caccia. Per il capannista, infatti, il lavoro non finisce mai: i richiami, infatti, vogliono essere accuditi 365 giorni all'anno e anche la cura dell’appostamento non si ferma mai, regolata com’è dal ciclo delle stagioni. La “piazza” al cui centro sorge il nostro capanno, infatti, è un piccolo giardino dove convivono essenze arboree e arbustive diverse che devono essere piegate da una mano sapiente in modo che risultino massimamente attrattive per gli uccelli, consentendo la massima visibilità al cacciatore. Per questo, finita la caccia, prima che le piante si risveglino, occorre intervenire con le necessarie potature, che poi potranno essere rifinite subito prima dell’apertura. Questo perché dovremo raggiungere il giusto compromesso tra una buona visibilità, che consenta di individuare immediatamente gli uccelli buttati e una pianta sufficientemente “infogliata” da risultare ancora attrattiva. Spesso, negli appostamenti vengono piantate essenze fruttifere a maturazione autunnale, i cachi per esempio, e anche queste hanno bisogno della giusta manutenzione. Anche l’erba del prato deve essere ben curata, per consentire un agevole recupero dei capi abbattuti e di individuare agevolmente gli uccelli che eventualmente decidessero di posarcisi. Tutto questo, richiede una cura costante durante il corso dell’anno, una bella fatica, ricompensata però dalla soddisfazione di vedere la tesa migliorare anno dopo anno. Anche i richiami hanno bisogno delle medesime attenzioni, infatti, dalla loro corretta detenzione dipende la loro salute, condizione basilare perché emettano il canto. Potrete tentare ogni tipo di accorgimento, ma se gli uccelli non saranno in perfetta forma sarà molto difficile che vadano in estro e che quindi emettano il canto di primavera. Quindi andranno puliti con frequenza, alimentati adeguatamente e tenuti in un luogo protetto, non troppo caldo in estate e non troppo freddo d’inverno, arieggiato ma privo di correnti d’aria e con un giusto tasso di umidità.
Un’agenda fitta, in grado di tenere occupato anche il più irrequieto dei cacciatori. Un lavoro che dà soddisfazione già di per sé, quando osserviamo l’appostamento finito e pronto per la battaglia o quando dal suo interno sentiamo, finalmente, i richiami emettere il loro canto melodioso. Queste sono le cose che riescono a mettere un capannista in pace col mondo. Certo, se poi si riuscisse anche a fare un po’ di carniere…

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