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Il beccaccino, la saetta alata (parte seconda)

Il beccaccino, la saetta alata (parte seconda)

Parte II : la saetta alata.

Dicevamo che questo selvatico ama l’acqua bassissima, addirittura un velo, o anche il semplice motriglio; ed è vero. Le sue zampe gli consentono di posarsi con i piedi nel terreno pure in zone d’acqua di pochi centimetri, ma più l’acqua è bassa e più gli piace l’ambiente; più la vegetazione è abbastanza bassa e abbastanza rada più gli piace l’ambiente.

I grandi posti da beccaccini erano i "pantani", vale a dire quelle basse zone palustri frequentate da bufale o da vacche, oggi pressoché scomparse; gli zoccoli di questi animali tenevano sempre in movimento il terreno che, così forato si riempiva d’acqua ed ammorbidiva ulteriormente; allo stesso tempo lo sterco delle vacche fungeva da concime per la nascita di vermi sotto al di questo e nella fanghiglia; un minimo di osservazione dimostrava come queste "fatte" di vaccine fossero tutte forate dal becco dei beccaccini che le penetrava arrivando a carpire il verme che gli era arrivato sotto.

Il cacciatore esperto avrà notato come sovente, malgrado esteriormente l’ambiente appaia ottimo, non si rilevino beccaccini; perché? Questo dipende dalla grande siccità in molte zone del nostro grande Paese. Solo le grandi piogge autunnali portano un po’ di acqua in quelle località di pianura che lo consentono, e l’acqua, autunnale ed invernale, che cade sul terreno crepato dal sole non favorisce quell’humus morbido del quale ha necessità questa specie.

Così preferisce i granturcheti allagati, ma pure le rive dei fiumi e dei torrenti di alta montagna, dove la bassa vegetazione palustre denota grandi infiltrazioni d’acqua tanto da costituire un fondo fangoso e morbido. Insomma il beccaccino si può trovare dappertutto e chi lo conosce non potrà smentirmi.

Anche le risaie furono ricchissime di beccaccini, anche se oggi lo sono assai meno, per il cambiamento radicale che le coltivazioni di riso hanno visto in questi ultimi anni, con lo sfruttamento integrale del terreno che non consente più zone di alta resa agricola rispetto alle altre circostante, etc.

Occorre pure affrontare l’argomento…ghiaccio e beccaccino, che riguarda in particolare le zone di risaia e di marcite tipiche della Pianura Padana; come principio, il ghiaccio dovrebbe essere il nemico del beccaccino; oltre a ciò sta il fatto che in risaia l’acqua è appena un velo ed è pronta a ghiacciare al più modesto abbassamento della temperatura. Non bisogna però dimenticare che siamo dinnanzi ad uno degli uccelli più imprevedibili e possono bastare alcuni punti dove l’acqua non è arrivata a gelare, o il riparo di qualche cespuglio di paglia più alto degli altri, così come la lieve corrente di un canale che arriva in qualche punto del terreno ed ecco che all’improvviso si scaglia contro il cielo il terribile diavoletto, lasciandovi con un palmo di naso perché, pensando al ghiaccio tutt’intorno, non pensavate di trovarlo.

Stiamo parlando del "beccaccino d’inverno", e le caratteristiche dell’uccello sono le peggiori che possono richiedersi: leggerezza assoluta tanto da partire quasi sempre fuori tiro, silenziosità notevolissima nel frullo e appena percettibile anche se il selvatico parte a pochissimi metri. Mancanza assoluta del bacio, che può essere sempre un elemento che pone in allarme il cacciatore.

Leggerezza e silenziosità dunque come caratteristiche principali e dunque diventa molto difficile combattere contro questi fantasmi, a cui si aggiunge il solito stramaledettissimo schizzo.

Nidifica in tutta Europa, ma a nord delle Alpi enel volo di migrazione verso sud si spinge verso l’Africa settentrionale. Pur non essendo nidificante in Italia i primi beccaccini di passo si vedono nel nostro territorio piuttosto presto (luglio, agosto) a condizione che trovino, naturalmente, l’ambiente adatto.

La migrazione continua per tutto il settembre, ottobre; per raggiungere il suo apice nei giorni intorno i Santi (1 novembre), qualche giorno più, qualche giorno meno.

Durante il mese di novembre le presenze diminuiscono quasi di colpo, soprattutto ai primi freddi.

Alla prossima puntata

Un cordiale nel becco dell’anatra

Ciao

Vito

 

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