Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

Il beccaccino, ultima parte

Il beccaccino, ultima parte

LA SAETTA ALATA parte terza

Il beccaccino non è un semplice capo da porre nel carniere, ma un simbolo, un emblema; non consente pomposo tableaux da fotografie, ma è e resta solo lui: il beccaccino, con tutto quanto questo significa.

Subito dopo la beccaccia, regina dei boschi, ecco apparire lui come simbolo d’ una caccia nobilissima, impegnativa, difficile, poiché un solo capo riesce, sebbene abbattuto, a riempire una giornata intera di caccia; esperienza, tenacia, spirito di sacrificio, chilometri e chilometri con gli stivaloni alti sino alla coscia nel fango, ritorno all’indietro lunghissimi per attraversare un canale e per raccattare il selvatico caduto al di là dello stesso. Tutta la poesia, tutte le sofferenze, tutte le delusioni che…sono tante! Tutti i trionfi, pochissimi … della caccia vera, nobile, direi "alta".

Il suo peso è di circa 150 grammi, e l’uccello ha una spiccata facilità nell’involarsi; ecco dunque il problema: la necessità di far meno rumore possibile quando si caccia il beccaccino. Cosa davvero non semplice, ma assai più facile in certe località rispetto ad altre. Mi spiego; ho detto negli articoli precedenti che il beccaccino si può rinvenire ovunque, ma è ovvio che una caccia specifica si effettua solo in risaia o in zone palustri con pochissima acqua o parzialmente allagate.

Mentre in risaia, l’altezza del fondo è pressoché ovunque identica, proprio per ragioni di produzione agricola, essa è pertanto rappresentata da quasi un velo, con piccole zone all’asciutto qua e là nelle quali i rumori degli stivaloni naturalmente si attenua; il discorso cambia completamente nelle zone palustri: qui spesso, salvo eccezioni, si alternano acque di qualche profondità a "colmi" ottimi per i beccaccini; ma anche per arrivare a questi non si può volare e dunque si deve far attenzione ad evitare un bagno.

Per transitare in queste, e raggiungerne altre, lo sciacquio degli stivaloni risulta inevitabile, con il rumore della vegetazione attraverso la quale si passa. Reggeranno gli eventuali beccaccini, a tale rumore, ove siano presenti nelle zona che vogliamo raggiungere? Qui si innestano nuovi argomenti: il vento e il…controvento, la presenza del cane o la sua mancanza. Come si può intuire certi principi si pongono fra loro in contrasto, e non è assolutamente possibile farli coincidere.

A proposito della leggendaria leggerezza del beccaccino dobbiamo accennare alla situazione del beccaccino "di rimessa". Il beccaccino di rimessa va trattato ancor di più con i guanti bianchi, prima di tutto sotto il profilo del rumore anche perché in questo caso siamo sicuri della sua presenza in un determinato punto. In realtà chiamarlo "punto", se vogliamo tradurre in pratica uno spazio di pochi metri quadri appare fuori luogo: la piattezza delle zone adatte a questa specie non garantisce mai, e dico mai, una individuazione adatta della rimessa bensì approssimata.

Il beccaccino dunque si è rimesso; abbiamo marcato in maniera abbastanza concreta il "punto" (a volte la fortuna ci assiste e l’uccello si posa vicino ad un ciuffo palustre più alto degli altri, o di colore diverso, e ci fa da guida sicura…)e possiamo nuovamente insidiare il piccolo scolopacide; occorre però attendere alcuni minuti perché l’uccello si tranquillizzi, principio fondamentale su tutti i selvatici di rimessa.

Un minimo di osservazione è sufficiente per notare come un qualsiasi selvatico non appena rimessosi o posatosi, anche se su un albero, resti subito del tutto immobile, a testa ritta, sospettosissimo; soltanto dopo un po’ assume un comportamento di …maggior tranquillità, naturalmente diverso da specie a specie; il beccaccino non appena rimessosi resta all’in piedi, in tutta la sua altezza, assolutamente immobile; madre natura garantisce così a mezzo di questa istintiva sospettosità la conservazione della specie.

Dopo vari secondi in questo atteggiamento guardingo il selvatico comincia a muoversi con qualche passo effettuato con lentezza, dando inoltre, se si tratta di un beccaccino, la dimostrazione di dedicarsi al reperimento del cibo.

Al cacciatore che ha avuto la fortuna di veder piombare come un sasso dal cielo un beccaccino, lo ha visto con precisione rimettersi, ed è rimasto, obbligatoriamente, del tutto immobile e silenzioso per qualche minuto dopo la rimessa, è rimasto questo breve periodo di tempo per predisporre un piano strategico: come arrivare alla …zona facendo il minor rumore possibile? Se il percorso predisposto coincide poi con lo spirare del vento, vale a dire con l’aria che soffia in faccia, tanto meglio perché è certo che muovendosi controvento s’attutisce il rumore prodotto dal cacciatore che s’ avvicina; questo risulta molto utile con un selvatico come il beccaccino…sempre in ascolto. Tanto più è cauta, lenta e silenziosa la marcia di avvicinamento e tanto più il selvatico si tranquillizza.

Poi, finalmente, il selvatico sfrulla e vedere il vento biancheggiare sulla schioppettata è una delle più grandi soddisfazioni che un cacciatore possa provare; altre volte invece il beccaccino beffa il cacciatore lasciandolo passare per poi involarsi alle sue spalle, "schiacciando un bacio" che suona quasi come una sarcastica risata.

Quando questo avviene il successo diviene molto più problematico e a vincere è il beccaccino, la…SAETTA ALATA!

Alla prossima

Un cordiale nel becco dell’anatra

Vito

 

Torna su

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura