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L'azione di caccia agli "uccelli neri"

 Riallacciandoci al precedente articolo, veniamo adesso alla vera e propria azione di caccia.

Prima di tutto ribadiamo la raccomandazione già fatta: non entrare in zone di uccelli neri al mattino presto, come fanno in molti, con una … sportività non certo onorevole, perché così facendo si massacra il cane. Risparmiare il cane da uccelli neri il più possibile, tenendo presente a quale pesantissimo impegno viene chiamato: lavorare con le zampe nell’acqua gelida, affrontare muraglie di canneggiato, di falaschi taglienti, di canne troncate a becco di flauto, etc, etc.

Esistono cani che affrontano coraggiosamente zone di vegetazione aspre ed impraticabili, che sono capaci di far mettere sulle ali gli uccelli neri, scovandoli dalle loro fortezze, entrando nei rovi come fossero dei veri e propri carri armati. A volte emettendo qualche latrato per avvertire i padroni di essere vicini alla risoluzione, e che il momento è cruciale, con una generosità della quale poi subiscono le dure conseguenze. Si vedono alcuni cani che quando hanno perduto la traccia annusano a pelo d’acqua per individuare il posto dell’eventuale tuffo; poi pongono sott’acqua la testa, accertandosi che l’uccello nero non sia lì sotto, magari attaccato con le zampe ad un cespuglio sommerso; personalmente ho visto qualche cane dare addirittura a questi cespugli violenti morsi sott’acqua per controllare, talvolta poi tirar fuori la testa dall’acqua con il selvatico, del tutto intatto, in bocca.

Ora, dinanzi a queste azioni che attengono alle vette più alte dell’impegno cinofilo non possiamo non dire che esse siano da meno di quelle svolte da altri cani su selvaggina più nobile, con guidate e con ferme. Credo che la "ruvidità" del luogo di caccia, le elevatissime doti naturali, la generosità all’ennesima potenza, non ultima, ma anzi prima, la grande intelligenza che fanno di questi cani da uccelli neri soggetti che possono competere con i più famosi Trialer!

E se qualcuno vorrà considerare questa mia affermazione una…bestemmia, beh, allora …pazienza! Ma coloro che ancora non conoscono questi cani vorremmo che li vedessero al lavoro.

Il cane da uccelli neri chiaramente deve essere pure un ottimo cane da recupero. Il selvatico ferito, così difficile da rintracciarsi, per questi cani abituati ad affrontare uccelli da un’astuzia impensabile quali sono questi, diventa un qualcosa per loro congeniale.

Di regola l’uccello ferito si porta all’asciutto, ai margini di un piccolo argine od altro; se poi è incalzato, riguadagna il suo ambiente naturale cercando il folto e tentando di raggiungerlo attraverso molteplici tuffi. Il cane specializzato in questo tipo di caccia la sua azione complessa, arriva anche a recuperarne molti.

Il cacciatore appassionato di uccelli neri sa quanto sia difficile questa caccia, non solo per il cane ma anche per lui. Perciò ponendo in disparte l’abbigliamento, sempre leggero anche se fa freddo, perché si tratta di una caccia di movimento, gli stivaloni devono essere molto robusti e tecnici. Per il resto non vi è da dire molto, e il fucile avrà una strozzatura media in quanto non è detto che si non possa incontrare qualche altro uccello palustre (ad esempio un’alzavola) che si leva sempre un po’ lungo. Il piombo da usarsi è il 9-10, ma poiché è da considerasi qualche altro incontro più … voluminoso, per maggior sicurezza si può usare l’ 8.

In questa caccia si raccomanda sempre la massima prudenza, perché il rallide non prende mai quota, e la sua massima altezza di volo è quella sopra le canneggiate; cautela perciò con lo sparo, perché i colpi partono piuttosto bassi ed in zone di scarse visibilità. Usare quindi anche l’udito che ci può denunciare la presenza di altri cacciatori nella zona. Nel dubbio vale la regola ….aurea: non sparare !

Accenno ad un’altra delle cacce più comuni, e che si effettua senza cane perché, normalmente, si effettua con la barca.

Il cacciatore si pone all’imbocco di un canale o di un fosso, restando del tutto silenzioso e immobile; il momento migliore è al mattino presto quando i rallidi cercano di entrare nei loro rifugi giornalieri, ma non si può escludere che nei periodi di minor disturbo della giornata essi non escano da tali rifugi, spostandosi in acque meno cespugliate. Il cacciatore dev’essere sempre pronto perché è un attimo e lo spazio è poco e, per quanto si possa esser veloci, la schioppettata (che deve aver pur un minimo di anticipo) arriverà sull’animale proprio nel momento in cui sta per sparire dalla vegetazione sull’altra sponda. I rallidi infatti attraversano in tale maniera solo i piccoli spazi aperti. È caccia di pazienza e tanta attenzione.

Più questi diventano astuti e più fanno voli corti senza dare neppure il tempo di sparare.

Un tempo si insegnava ai giovani, per evitare sparassero troppo vicino a questi uccelli facendo di quelle scoppiettate due buchi in aria, oppure fracassandoli, di tenere il fucile aperto e di chiuderlo solo al frullo, per poi sparare; questo consentiva al selvatico di portarsi al tiro giusto, un po’ come avviene anche per la quaglia.

Oggi questa accortezza non esiste più, sia perché la mentalità di chi va a caccia è cambiata e molti, purtroppo, non hanno acquisito nemmeno i minimi rudimenti di arte venatoria e neppure hanno accanto loro chi glieli possa insegnare.

Se il rallide si impegna nel suo volo normale, il "rito" diventa piuttosto facile perché il suo volo lento e dritto.

Ad ogni buon conto si sappia che, in zone fortemente cespugliate, se l’uccello cade ferito non vi è gran cane che tenga: è perduto. Potrà esserci qualche rara eccezione, ma la regola è questa.

Mi sono dilungato sul cane e sul suo lavoro, ma chi conosce queste cacce non potrà che darmi ragione, perché i risultati dipendono in gran parte dal impareggiabile amico.

Caccia agli uccelli neri…caccia minore? D’accordo, forse sarà così, ma caccia d’assoluto impegno.

Un cordiale nel" becco dell’anatra"

Vito

 

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