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Mario e Franco Giachino, i Signori della Cinofilia- seconda parte.

Mario e Franco Giachino, i Signori della Cinofilia- seconda parte.
Segue da prima parte...
 
Siamo ormai alla fine degli anni sessanta, e Franco cresciuto a fianco di un padre simile ne ha appreso tutti i segreti, copiandone lo stile fatto di garbo, serietà e molto lavoro, caratteristiche queste che, mi piace ricordarlo, sono piuttosto… torinesi, ma certamente anche figlie di un tempo nel quale la gente viveva più serena e disponibile, senza troppi grilli per la testa.
Or 1
Franco Giachino con Or del Cecina e i suoi figli
 
Anche lui è diventato dresseur, e conduce i cani in gara, ma è anche un cacciatore, forse è specialmente questo, e dopo aver seguito il padre sui campi di gara si dedica alla sua autentica passione: la caccia di montagna. 
Anche qui c’entrano i cani, pointer e setter inglesi ovviamente, perché lassù tra praterie alpine che s’aprono sino a perdersi in pendii da brivido, o pericolosi salti di rocce, vivono le coturnici, le “gaie” come le chiamano Franco Giachino e tutti i cacciatori alpini del Piemonte, selvatici che sanno regalare emozioni a raffica.
Appena può Franco sale lassù, in Val Pellice o in Val Germanasca, in Cialancia, con il fucile o senza poco importa perché quello che serve sono venti chilogrammi di muscoli scattanti, rivestiti di pelo corto o pelofrangiati, ma con un motore potente sotto e un naso buono per cogliere effluvi che muovono nell’aria, ora da monte a valle e subito dopo in senso contrario; capaci di bloccare un cotorno o una pernice bianca a distanze iperboliche, piuttosto che inchiodare un vecchio gallo tra rododendri e ontani intricati come serpi.
In montagna servono cani eccezionali e ben educati, corretti, e Franco quelli li ha, li conosce perfettamente e sa tirare fuori il meglio delle loro qualità naturali.
Come già il padre anni prima, pure lui gareggia in Grande Cerca, e come lui è quotidianamente impegnato a regalare soddisfazioni ai suoi clienti, quelli che se vogliono avere un buon cane da caccia lo portano in Strada Rebaude a Moncalieri, perché sanno che lì te lo addestrano davvero, lo prendono che ancora deve capire cosa sia un selvatico e te lo riconsegnano quando ormai ha….imparato a leggere e scrivere di caccia pure lui.
La cinofilia è un’arte, bene si sappia, e non è alla portata di tutti; ora poi è stata “mercificata” da un commercio senza senso, con allevatori improvvisati e campioni nati su Facebook più che sui campi di gara, ma a quei tempi era molto diverso, e i gentleman come Franco facevano la differenza..
Giachino 2
Franco con Flay allo sgancio (Coppa Europa 1983)
 
Con la sua inseparabile squadra, Franco Sirombo, detto “Franchino” proprio per distinguerlo da lui, e il fedele Bruno Contatto, oltre naturalmente al figlio Roberto, Franco continua a gestire il canile aperto dal padre e addestra i cani da ferma; non solo gli inglesi che erano nel suo cuore da sempre, ma pure i continentali, e tra questi in particolare i korthals, grifoni francesi che a pochi chilometri da lì hanno nel cinofilo e allevatore Enrico Faja uno dei massimo esponenti di razza, nonché il vero e proprio trait d’union tra Italia e Francia.
Duro lavoro e serietà, due ingredienti essenziali per ottenere il successo e quelli ai Giachino non mancano di certo.
Innumerevoli sono le sue vittorie sui campi di gara, e lui stesso le ricordò in un’intervista d’una ventina d’anni fa: Settevene, Cipollara, Mezzano, Cigliano e Borgo d’Ale in Piemonte solo per restare all’Italia; all’estero, in Belgio, a Waterloo, nelle stesse campagne Napoleone Bonaparte fu definitivamente sconfitto dal Duca di Wellington.
A tutto questo s’aggiunge l’affermazione in prestigiose manifestazioni internazionali quali il Championnat français centrale canine, e la Boulomme, già vinta dal padre; ma partecipò anche a due edizioni di Coppa Europa, selezionato per la squadra italiana.
Scrivevamo prima della montagna, e della sua…passionaccia per la caccia alpina, ed è proprio a quella che Franco dedicò l’ultima parte della sua straordinaria vita di dresseur-conduttore-cacciatore.
Giachino 1Due sono i successi al Trofeo Saladini Pilastri, la prova voluta dal conte Romano Saladini Pilastri per valorizzare ed esaltare le doti dei cani inglesi su selvaggina d’alta montagna, coturnici in primis.
Franco le coturnici le conosce bene, cacciate in memorabili giornate sulle aspre montagne della Val Pellice, in posti dove il cane dev’essere davvero fornito da Madre Natura di doti superiori, a partire da un fondo inesauribile e dalla potenza di naso, ma senza dimenticare la saldezza nella ferma, dovendo spesso andare a servire il cane magari lontano solo cento o duecento metri, ma tutti di salita, e con un terreno infido e aspro.
In realtà il Saladini, nato sulle coturnici d’Abruzzo, presto si trasferì sulle Alpi, e selvaggina d’elezione per queste straordinarie prove divennero i forcelli, altro selvatico che Franco conosceva benissimo e cacciava con profitto.
E se poi la Grande Cerca è l’esaltazione di galoppo e stile, potenza e velocità, le prove di montagna richiedono cani che sappiano davvero cos’è la caccia, esplorino ogni anfratto o avvallamento del terreno, non trascurino quell’ultimo rododendro dove potrebbe nascondersi il gallo, o quella pietraia arroventata dal sole ove si celano i cotorni.
Franco vinse il Saladini con Magia del Tirso, una straordinaria femmina pointer di proprietà di Cristiana Barbero, ma anche con Asso, formidabile setter inglese maschio appartenente al sig. Vaglio di Courmayeur.
Con questo fortissimo cane s’aggiudicò anche la vittoria al Campionato Europeo su Selvaggina d’Alta Montagna nel 1994.
Magia invece era sorella dell’altro campione Mack del Tirso, figlia di Tip della Cisa (proprietà Germano Ricciardone) e Linda, tutti cani condotti da Franco Giachino.
Impossibile ricordare tutti gli altri, perché tra le mani di questo grandissimo signore della cinofilia italiana passarono alcuni tra i migliori cani dell’ultimo trentennio del secolo passato; alcuni però ci vengono subito in mente come il pointer Clastidium Mirco, o i setter inglesi Aris, Orazio del Lago Girondo, Reno, Sainz, Ambo del Varo, Zaro del Baldin e infine Flay, dei fratelli Casiraghi, che fu selezionata due volte per Coppa Europa.
Uno però merita una menzione particolare, ed è Kroll, anche lui setter inglese, ma che rimase nel cuore di Franco per sempre, essendo l’ultimo cane con cui Franco cacciò in alta montagna.
Setter inglesi e pointer dunque, ausiliari che forniscono grandissime emozioni con le loro morbide filate o con staccate rabbiose e prese  di punto da brivido, ma certamente più setter anche perché, volere o volare, rispetto al cugino a pelo raso quest’ultimo ha indubbi vantaggi in quei climi che spesso diventano gelidi nel volgere di poche ore, e dove nulla va mai lasciato al caso.
Franco come il padre fu sempre corretto e benvoluto da tutti, non era geloso o invidioso degli altri, e non negò mai a nessuno un suo prezioso consiglio; insomma un uomo d’altri tempi, garbato nei modi e felpato nei movimenti.
 
Quell’intervista promessa nel settembre 2017 non ci fu più, perché il 3 febbraio 2018 Franco Giachino si è spento serenamente tra l’affetto dei suoi, all’età di 83 anni compiuti.
Roberto, gran signore come nello stile della famiglia, però non s’era dimenticato di quella nostra amichevole chiacchierata sui monti, ed acconsentì a raccontarmi qualcosa in più di quanto avevo già letto del padre e del nonno, invitandomi a casa sua, sulle colline di Moncalieri.
Lui ha continuato l’attività di famiglia, e chiaramente s’occupa di cani, anche se a differenza loro non dressa e nemmeno conduce in gara; come suo papà Franco però ha l’immensa passione per la caccia alpina, per galli, pernici bianche e, ovviamente, le…gaie!
F.Giachino
Franco e Roberto Giachino, a galli in Val Germanasca
 
Ad accogliermi quel tardo pomeriggio di fine febbraio c’erano anche la mamma Franca Nosenzo, una gentilissima signora che, ne sono certo, è stata un’assoluta colonna portante di quella bella famiglia, e “Franchino”, per Roberto un fratello. 
Lì, in quella elegante ma semplice casa che sovrasta i box dove furono ospitati Or, Magia, Asso, Lut, Kroll e tanti altri straordinari campioni, ho davvero percepito l’ambiente sereno che già m’ero immaginato, ma in più ho colto molti degli aspetti che avevano reso la storia dei due Giachino una vera e propria leggenda nel mondo della grande cinofilia agonistico-venatoria italiana.
Avrei voluto conoscere Franco, parlargli, raccogliere la sua testimonianza di un tempo che non c’è più, o dei racconti del suo mitico papà; non ci sono riuscito ma sono comunque certo d’aver capitomolto di quei due grandi Signori della Cinofilia.
Prima di congedarmi, tra l’affettuoso e grato sorriso di mamma Franca, e il pudore molto torinese di Roberto, ho buttato un’ultima occhiata ad un quadro che fa bella mostra sopra il tavolo del soggiorno, dipinto con colori che ti restano impressi per sempre nella mente, perché sono il…bianco fegato di Or del Cecina pennellato per sempre sulla tela in una delle sue proverbiali ferme. Anche questo vale un CACIT!
Or
 
 
 
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