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Il cane e la nascita della cinofilia venatoria- prima parte

Il cane e la nascita della cinofilia venatoria- prima parte
È il migliore amico dell’uomo, questo è quanto ci viene insegnato sul cane sin da quando siamo piccoli, spiegando la magia di quel rapporto che ci lega al più affezionato degli animali domestici.
Volendo risalire al giorno in cui l’uomo e il cane si allearono per cacciare insieme si torna indietro di almeno dieci o dodicimila anni fa, anche se resti datati con il carbonio-14 sposterebbero a ritroso le lancette di altri ventimila anni, e comunque sempre molto prima della fondazione di Roma o della costruzione della Sfinge e delle piramidi di Giza.
Era il Canis Familiaris Palustris (cane delle torbiere) e lo si vede ancora raffigurato in graffiti rupestri, utilizzato per la caccia; in quelle antichissime pitture è stilizzata la sua sagoma mentre spinge un cervo verso il cacciatore. 
cane preistoriaUtilizzato nelle lande del Nord Europa, fu in seguito diffuso in Russia, Asia, Medio oriente, Spagna ed Africa dove (4.000 a.C.) venne poi incrociato con esemplari addomesticati dagli Egizi.
Un po’ ovunque appaiono i segni dell’addomesticamento del cane, e di certo ce ne raccontano greci e romani: si pensi solo ad Argo, cane che seppe riconoscere Ulisse, il padrone con cui cacciava, dopo molti anni d’assenza. 
CinegeticoL’atenese Senofonte in un piccolo trattato, il Cinegetico, ne scrisse abbondantemente, e specialmente dei cani da caccia. 
La cattura della selvaggina con l’aiuto dei cani è d’istituzione divina...”: questo è l’incipit del Cinegetico di Senofonte, autentico manuale sulla caccia scritto tra il V° ed il IV° secolo avanti Cristo.
L’opera è notissima per l’importanza è si può definire il primo testo nella storia della cinofilia venatoria.
Va precisato come a quell’epoca l’attività cinofilo-venatoria fosse quasi esclusivamente rivolta alla lepre con l’utilizzo di segugi. Ma l’emozione che suscita un testo di 25 secoli orsono merita ogni attenzione perchè a tutti gli effetti quella è la radice culturale della nostra passione. 
Scrisse di cani anche lo stesso filosofo Aristotele, 384-322 a.C, indicando sette razze, mentre il latino Varrone nel suo De Rustica ne indica solo quattro. 
È poi il sommo Virgilio, nelle Georgiche, a raccontarci di come i Romani tagliassero coda e orecchie ai cani per renderli meno vulnerabili nei combattimenti di questi contro animali selvatici come lupi e volpi.
I cani furono raffigurati in mosaici e dipinti, mummificati come nella più autentica tradizione egizia, scolpiti in statue di vari materiali, e tutto questo a testimoniare l’antico legame che sempre ha legato l’uomo a questo amico quattro zampe.
Anche nel Medio Evo assunsero una grande importanza, utilizzati come furono per caccia, guardia, combattimento o compagnia. 
Vennero introdotte norme che punivano sia l'uccisione che il furto di cani da caccia, prevedendo sanzioni salatissime per l’epoca, sei soldi, per chi avesse ucciso un capo-muta, quello che era il prezzo di una mucca. 
Curioso ciò che capitò in Borgogna dove una legge puniva il ladro del cane da caccia obbligandolo a baciargli…il posteriore avanti a tutto il popolo!
Per tutti i secoli seguenti Fido ebbe sempre un posto di rilievo nella società umana, che si trattasse di tener compagnia a dame e nobildonne, difendere la proprietà o armenti, cacciare cervi, orsi e lupi per vassalli, principi o re.
 Cominciarono anche ad essere selezionati cani sempre più specializzati, come fecero i monaci dell'abbazia di Sant'Uberto capaci di creare cani di grossa taglia, con lunghe orecchie pendule, molto bravi nella corsa. Di questi cani, ottimi per la caccia alla grande selvaggina, ogni anno donavano una muta di sei soggetti al re. 
Le livreNel 1387 Gaston Phoebus, nel famoso “Livre de la chasse”, scriveva riferendosi al cane: “credo che sia l'animale più nobile, più intelligente, più ragionevole che Dio abbia mai fatto ...” 
Nei secoli seguenti il cane da caccia divenne oggetto di sempre più accurata selezione e, specialmente in Francia, i re spesero somme elevatissime per mantenere le loro mute.
Nel 1600 il re Sole promulgò una legge sulla caccia, mentre uno dei suoi più famosi tecnici scriveva che è vero cacciatore solo chi sa “addestrare bene i suoi cani, tanto quelli da ferma che da seguita”
In questo periodo cominciarono a diversificarsi i vari tipi di cani: alcuni utilizzati come soggetti da seguita, altri, per la caccia agli uccelli, in special modo quaglie e pernici. 
Sono moltissime le raffigurazioni artistiche in cui vengono ritratti cani in atteggiamento venatorio, soggetti simili a bracchi o epagnuel, altri a grossi segugi o limieri utilizzati per la caccia alla grossa selvaggina.
Ma è l’Ottocento il secolo durante il quale si sviluppò davvero la cinofilia, e molte delle razze attuali verranno fissate con quei caratteri che ancor oggi le distinguono.
Accadde in Gran Bretagna, dove Lord e ricchi borghesi si impegnarono nel fissare i caratteri di razze da ferma come fece William Arkwright con il pointer, oppure Sir Edward Lawerack che lavorò per uniformare le diverse razze di setter presenti nella nazione, o del Duca di Gordon che invece fu il padre del suo cugino nerofocato.  Francia e Germania non furono da meno, e pure lì ci fu un grande fermento intorno alla cinofilia, tanto che moltissimi di quei cani che ancora ammiriamo per le strade o in esposizione nacquero in quelle nazioni proprio in quel periodo. 
In Italia all’inizio dell’Ottocento la caccia era ancora appannaggio di pochi, e quelli  che potevano permetterselo usavano quelle razze che s’erano già sviluppate nei secoli precedenti, come bracchi e spinoni; tutto cambiò con l’Unità, perché il Paese si ammodernò, industrializzandosi e incrementando i contatti con le altre nazioni europee, i commerci furono non si limitarono più solo alle merci tradizionali e si cominciarono ad importare cani dall’estero, specialmente dall’Inghilterra, tanto che si ricorda di come Vittorio Emanuele II gradisse cacciare accompagnandosi a splendidi setter gordon. Questo nuovo clima creò le condizioni per la nascita della moderna cinofilia.
L'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI), riconosciuto dallo Stato, venne fondato nel 1882e da allora la cinofilia tricolore è cresciuta così tanto da assurgere ai vertici continentali e mondiali.
ENCIFu in quell’anno che alcuni influenti personaggi dell’epoca, nobili e ricchi borghesi come capitava a quei tempi, si riunirono per dare vita ad una “Società per il miglioramento delle razze canine in Italia” 
Tra questi gentiluomini dell’Ottocento vi erano il Conte Carlo Borromeo, il Principe Emilio Belgioioso d'Este, il Cav. Ferdinando Delor, Carlo Biffi e Luigi Radice, è così nacque il Kennel Club Italiano, inizialmente composto da 31 soci.
Sul Libro delle Orgini (LOI), quello dal quale si trae il famoso “pedigree”, venne iscritto il primo cane, che fu un esemplare da caccia, un bracco italiano di nome Falco nato nel 1875.
 
Fine della prima parte.
 
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