Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

Grande Cerca: l'equivoco

Grande Cerca: l'equivoco
Affrontare l’argomento "grande cerca" supponendo di avere la capacità di dire cose nuove e magari sensate, è una sciocca pretesa. Al massimo è lecito ritenere che qualcuno, gravato da anni di esperienze passate e presenti, tenti di approfondire o sviscerare alcune argomentazioni che, nella generalizzata foga di discutere di risultati e dei cani che questi ottengono, spesso restano nel dimenticatoio.
Ciò è già molto presuntuoso, partendo da un concetto: se chi tratta il tema non copre una posizione che permetta interventi realistici, il tutto assomiglia molto all’aria fritta. Le moderne diavolerie sono  eccezionali mezzi di comunicazione, purtroppo, però, permettono a chiunque di diffondere il proprio parere, fondato spesso su basi traballanti in fatto di conoscenze specifiche, parere che, appunto perché diffuso su larga scala, viene inteso come degno di attenzione e magari di condivisione. Frequentemente si tratta solo di un mucchio di sonore corbellerie.
Quando sulla scena cinofila prese corpo una teoria che avrebbe permesso l’applicazione di una nota di concorso specificatamente dedicata ed adatta alla selezione dei migliori riproduttori delle razze inglesi da ferma, io ero poco più che un bambino, ma in casa mia c’erano  setters parenti stretti di quelli selezionati da Giulio Colombo per le prime edizioni di Coppa Europa.
Mio padre buonanima cacciava con quelli e, vi garantisco, erano ben diversi da quelli di oggigiorno! Ho detto diversi; né migliori, né peggiori. Diversi. Lasciamo subito da parte la dietrologia e veniamo ai tempi nostri.
Nel momento in cui sto scrivendo ciò che, bontà vostra, leggerete sono tornato, fresco fresco, dalla Francia, dove anche stavolta ho avuto modo di giudicare qualche prova a grande cerca primaverile. Molti conoscono o hanno sentito parlare, ma non è la stessa cosa, dei terreni francesi,  indubbiamente affascinanti, estesissimi, molto scenografici, qualora si voglia enfatizzare ed estremizzare il concetto della "grande cerca". E’ a questo punto che nasce l’equivoco: questo modello di prova di lavoro non può, anzi non deve, sganciarsi dalla realtà operativa di un cane che svolge un lavoro utile e razionale, sorretto dal possesso di mezzi, fisici e mentali, che gli permettono prestazioni fuori dalla portata di un normale cane da caccia, per bravo che sia.
Dall’altro canto  dovremmo stare attenti a non scivolare nel trabocchetto teso da un moltitudine di soggetti i quali, sorretti da mezzi fisici di rilievo – e ben vengano – e da caratteri solidi e disposti ad imparare lezioni impartite con sistemi…vari – benvenuti anche loro – i caratteri, non i sistemi, alla fine dei giri della giostra offrono prestazioni superficialmente aderenti alla nota del concorso in discussione.
Grande cerca non è sinonimo di  diagonali infinite, senza ragioni apparenti, magari chiuse in prossimità di probabile ricetto, o sparate al di fuori di ogni ragionata esplorazione, con la scusa "del vento".
Il trailer non è una barca a vela senza timoniere, che si lascia trascinare fuori da tutte le rotte controllabili, ma un animale, raro, che ragiona in grande, che legge il terreno da esplorare e lo esplora utilizzando il vento, unico mezzo per intercettare l’ emanazione della selvaggina. Il concetto francese della grande cerca propende a giustificare prestazioni piuttosto avventurose, di poco metodo, purchè portino all’incontro.
Spesso fortuito, aggiungo io. Il nostro concetto nazionale, al contrario, si adagia su ciò che viene definito "ordine". Sbagliato. L’ordine – chi ha fatto il militare lo sa – è imposto, è regola dalla quale non è ammesso transigere; cozza, evidentemente, con l’autonomia e l’inventiva che un cane " da grande cerca" deve dimostrare, per potersi fregiare di tal titolo.
Necessario, invece, il metodo, che altro non è che il sistema che ognuno usa per svolgere un lavoro, che porti, si badi bene, ad una risultato utile.
Osservare e valutare un metodo è ben più difficile che controllare la corretta esecuzione di un lavoro ordinato. Questo è ciò che dovrebbe saper fare chi ha il compito di verificare chi è veramente  trialer.
Semplice, no? Da dire si, da vedere un po’ meno. Da capire ancora meno. Oltre  questo non saprei che dire.
PIERO FRANGINI
 
Torna su

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura