Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

Marcello Villa, una vita per la cinofilia

Marcello Villa, una vita per la cinofilia

Marcello Villa, 72 anni, genovese doc, è medico veterinario e giudice ENCI per prove di lavoro. Da anni punto di riferimento della cinofilia del nord ovest e non solo, è conosciuto e stimato da molti per la sua esperienza e disponibilità, soprattutto quando si parla di cani, di selezione, di prove e manifestazioni cinofile.

Da sempre appassionato della razza pointer, che alleva con l’affisso dei Ligusticus e che utilizza a caccia in montagna, è un personaggio dalla grande umanità e straordinaria cortesia. Ha fatto dell’approfondimento dei legami tra l’uomo e gli animali, nel comune percorso evolutivo, una sua ragione di studio e ricerca meticolosa. Lo abbiamo incontrato in Valle Varaita, dove trascorre da anni l’estate con la sua famiglia in una gradevole casa con giardino, circondato dai suoi cani e dove ha creato una sorta di cenacolo, di luogo di discussione e confronto sulla cinofilia, l’allevamento e più in generale sulla natura, coinvolgendo i numerosi amici che vengono a trovarlo in Valle.

Dottor Villa, partiamo da una frase dell’etologo Konrad Lorenz che sicuramente conosce: "Quando ci sentiamo toccati emotivamente dal comportamento di un animale, ciò è sicuro indicatore del fatto che abbiamo scoperto intuitivamente una somiglianza tra comportamento umano ed animale". E’ d’accordo?

Certamente – sorride Villa. Primo, perché lo ha detto Lorenz, un autore di valore indiscutibile.

Poi perché le 15 specie animali più importanti che l’uomo ha domesticato hanno la sua stessa organizzazione sociale e, spesso senza rendercene conto, vediamo nel loro comportamento qualcosa che ci appartiene, oppure lo avvertiamo con quella consapevolezza che ci coinvolge emotivamente. Inoltre tra le ipotesi proposte per spiegare l’affermazione dell’Homo Sapiens sul Neaderthal, riscuote sempre maggiori consensi quella che annette il successo all’organizzazione sociale che il l Sapiens ha saputo mutuare dal lupo, dove le tribù formate dall’unione di molte famiglie, sono costituite da un grande numero d’individui e, dove è ammessa la presenza di più maschi fertili.

In ultimo - conclude il giudice - perché attraverso lo studio del DNA molecolare, è stato scoperto che il Canis Famigliaris esiste da circa 100.000 anni. Questo passaggio dal Canis Lupus al Canis Famigliaris indica un’evoluzione genetica determinante, anche se per la domesticazione vera e propria è stato necessario attendere ancora per oltre 80 mila anni, la presenza di questo progenitore costituisce l’inizio di un rapporto di utilità tra le due specie, con evidenti significati coevolutivi possibili proprio per l’affinità dei rispettivi comportamenti.

Quali sono stati i suoi maestri in gioventù?

Per la caccia mio padre, i miei zii e l’ambiente rurale dove sono nato – afferma Villa - in cui negli anni della mia adolescenza ho fatto con piacere tutta la trafila del cacciatore.

Per la cinofilia Cajelli è certamente il fulcro di quella che si può definire la scuola genovese.

Di essa facevano parte Fondelli, Ferrari, Romoli, Benedetto, Dainelli, Rocca ed altri, che già prima della mia entrata nel Gruppo Cinofilo avevano partecipato ad un impegnativo corso di formazione, tenuto da Cajelli, concluso da un esame il cui commissario unico era Colombo.

Ho imparato da loro, prima ascoltando, poi studiando gli autori del settore, quindi sperimentando ed aprendo, sugli argomenti approfonditi, discussioni proficue e interminabili con gli altri appassionati.

Mi ha parlato spesso del dottor Caielli, insigne cinofilo e grande giudice. Di lui cosa le resta nel giudizio di un soggetto in prova?

Molto – afferma il giudice. In primis la sua incrollabile moralità, il rigore verso se stessi e verso il giudizio, molti elementi tecnici riguardanti specifici momenti dell’azione del cane, ma soprattutto l’importanza della finalità delle prove e quindi dell’attribuzione delle qualifiche, e poi la domanda introspettiva diretta e rivelatrice: da questo cane a cui sto per dare il CAC farei coprire la mia cagna? Ho l’entusiasmo per chiedere al proprietario il numero di telefono per poterlo contattare al momento opportuno?

In lei è nato prima il cinofilo o prima il cacciatore?

Sono nato in campagna, abbastanza lontano dalla città, sia in termini chilometrici che culturali – afferma il dottor Villa – e il primo cane da ferma l’ho avuto prima del porto d’armi.

Andavo a caccia con un amico a cui il padre aveva dato il consenso per avere il porto d’armi a 16 anni, lui portava il fucile ed io il cane. E’ stato un bellissimo periodo della mia vita di cacciatore.

Quando sono entrato in cinofilia avevo già un discreto bagaglio di esperienze venatorie, avevo allevato due cucciolate, una frutto di un incrocio di setter con cocher, l’altra di una pointer con un meticcio e avevo tentato l’addestramento di due loro prodotti con risultati pressoché nulli.

Meglio è andata con una pointer che, evidentemente abbandonata, si è accasata nel fienile della famiglia. Aveva una passione travolgente, una cerca intelligente e generosa, ma non fermava affatto. Andavo a rosse in Val Trebbia e in valle Staffora con mio padre o con un mio carissimo cugino molto più grande di me, se sentiva cantare le pernici, allora cacciavamo le rosse, sembrava impazzire e tassativamente riusciva a metterle in volo e inseguirle per farle di nuovo volare.

E’ stato il primo cane che ho addestrato e reso utile alla caccia. Cacciando per me aveva perso un po’ del suo naturale entusiasmo, ma era sempre un’eccellente scovatrice.

Quanto a me, credo di essere diventato cinofilo proprio con lei, per necessità.

Soltanto dopo, incuriosito dal mito dei cani del momento sono andato a vedere prove importanti, la grande cerca a Borgo D’Ale, la classica a quaglie che il Gruppo Cinofilo Genovese organizzava alla Marinona a Tortona, le gare su quaglie dei Piani di Praglia.

Quando ha deciso di diventare giudice ENCI?

Nel 1967 e conclusi l’iter due anni dopo – afferma Villa.

Quali sono stati in suoi risultati in tanti anni di selezione ed allevamento?

Dal 1968 ad oggi, ho allevato 29 cucciolate per poco meno di 200 soggetti – sorride il Giudice.

Pochi di essi hanno avuto una carriera nell’ambito delle prove, dove peraltro i soggetti presentati se la sono cavata dignitosamente. Tre di essi sono diventati campioni di lavoro, gli altri sono andati con maggiori o minori performances, a caccia. In un solo caso un cacciatore che aveva preso una cucciola da me ha dovuto scartarla, aveva paura della fucilata. Non di rado ho goduto dell’amicizia scaturita dalla cessione di un cucciolo. Il mio credo selettivo è stato, ed ancora è, quello di mirare alla produzione di cani cacciatori nel senso più pieno del termine, è normale che non tutti nascano tali, ma è importante che la scala dei valori espressi non scenda sotto la sufficienza. Il soggetto eccezionale, proprio perchè tale, nasce di rado e – sorride Villa - per gioco della sorte a volte finisce in mani poco adatte da cui non è mai facile rimuovere, rimanendo conosciuto solo dai pochi fortunati che hanno avuto l’occasione di apprezzarlo, ma fatalmente escluso da un utilizzo riproduttivo proporzionato alle sue qualità.

 

Come è avvenuto il passaggio dalle rosse dell’Oltre Po Pavese, e del Trebbia, alle bianche ed ai galli sulle cime alpine all’ombra del Monviso?

Dal 1960 ho lavorato come venditore alla Olivetti- dichiara Villa. La mia zona era costituita da una parte dell’ambito portuale dove ho conosciuto un produttore e importatore di sugheri ed uno spedizioniere che andavano insieme in Valle Stura per Camosci. Le mie visite ai loro uffici s’infittirono e diventammo amici. Le loro descrizioni dell’ambiente alpino, allora a me sconosciuto, erano straordinariamente affascinanti. Anche se cacciavano soprattutto il camoscio possedevano il drilling per poter sparare anche alla tipica. Finalmente m’invitarono e ne rimasi profondamente contagiato. Non andavano molto spesso e non sempre ero invitato. Ma ormai mi ero innamorato di quei luogh,i dei loro profumi e, soprattutto, di quei selvatici e negli anni successivi trovai anche altre soluzioni. Tuttavia, fino a che la legge lo ha consentito, ho cacciato anche in collina, con mio padre, mio zio ed un mio cugino, perché condividere le emozioni della caccia con la propria gente scava nei sentimenti ancor più profondamente e amplifica le emozioni.

Dottore, in uno dei nostri primi incontri, ricordo che mi disse che: "Un buon cane è come un vero amico, che ti conosce e ti comprende e che a caccia trovi in ferma proprio dove avresti pensato di trovarlo…" A lei è successo quindi di avere un cane così, immagino…

Direi di si- afferma il Giudice. Non solo nei cani, la dote che maggiormente apprezzo è l’intelligenza. E’ quella la dote che esigo nei riproduttori che utilizzo – afferma convinto Villa.

E’ il cervello che permette al cane la razionalità nella cerca, l’associazione degli eventi con l’ambiente in cui si sono realizzati che, unita alla memoria, costituisce la sagacia.

Che cosa pensa dell’attuale situazione della cinofilia in Italia? Dopo Solaro e Colombo che cosa c’è oggi?

Dal modo come lei mi pone la domanda si evince il suo pensiero – sorride.

Dopo Solaro e Colombo… siamo sempre a Solaro e Colombo! A parer mio non si è fatta ricerca, non c’è stato aggiornamento, quindi i riferimenti sono ancora loro.

L’ENCI, sembra aver paura di chi studia e approfondisce gli argomenti.

Gli argomenti da indagare sarebbero tanti e tutti interessanti, ma la storia insegna che chi cavalca il potere non gradisce né studiosi intorno a sé, né il progresso scientifico.

E’ vero che sta pensando ad una riedizione del suo testo sul pointer?

Si, ci sto lavorando.

Il Master voluto dall’ENCI e dall’ANMVI ha avuto un grandissimo successo di partecipazione. Credo sia un segnale di "voglia di fare", di partecipare da parte degli appassionati che parte dalla base… E’ d’accordo?

Il mio pensiero sul Master è molto ben espresso nella relazione che ho tenuto al 1°Convegno

"ANOMALIE EREDITARIE IN CINOTECNIA" – afferma il dottor Villa - organizzato dall’ENCI in collaborazione con il CNR nei giorni 23-24 Febbraio 1991 a Firenze.

In quell’occasione auspicavo una maggiore ed omogenea preparazione degli allevatori allargata ad esperti giudici, o semplici appassionati ansiosi di saperne di più. Ci sono voluti oltre vent’anni e una serie di commissariamenti!

Tuttavia lo considero un importante passo avanti.

Ritengo però che la cinofila debba crescere dalla base, nei Gruppi Cinofili locali, è lì che si devono allestire le fucine per forgiare tutte le figure necessarie alle attività cinofile.

Che cosa pensa delle critiche ad un certo modo di partecipare alle prove di lavoro da parte di alcuni concorrenti? Crede ci sia un timore reverenziale di qualche giudice verso certe scuderie, un po’ come nel mondo del calcio?

Quella per i cani è una passione e la voglia di vincere è fisiologica, ma come nel gioco delle carte è ipotizzabile che ci siano dei bari. Ritengo siano così facili da scoprire che non accorgersi dei loro trucchi potrebbe essere inteso un elemento di complicità.

 

Mi dica per favore il nome di un pointer e di un setter, insieme ai loro conduttori, di cui sentiremo ancora parlare nei giorni a venire…

Per il pointer direi Mosè del Sargiade presentato al Derby di quest’anno da Girandola.

Per il setter inglese al derby non ho avuto occasione di vederne, inoltre a starne le prove giovani sono veramente poche e, solo raramente mi capita di giudicarle, per cui ricordo tanti bravi cani che però non sono una novità.

In conclusione, ci regali per favore il suo più bel ricordo di una giornata di caccia in montagna.

La mia prima giornata di caccia alpina.

In un piccolo foglietto gli amici che mi avevano invitato avevano disegnato una sommaria mappa, indicandomi il sentiero che mi avrebbe portato nel punto dove la settimana precedente avevano visto un volo di bianche. Partii nella notte, dopo due ore di salita mi trovai sull’albeggiare dietro alla grossa pietra rettangolare indicata. Sentivo lo zirlo dei tordi che passavano, ma ad un tratto udii un canto strano che associai, solo per istinto alle bianche. Rimasi impietrito mentre, ormai nella piena luce, le vedevo pascolare ad un centinaio di metri da me. Mi mossi e partirono. Le alzai altre due volte ma sempre lontanissime. Le incalzai ancora ma questa volta caddi nella trappola che mi avevano teso e rimasi arroccato su un balcone di roccia da cui non avevo il coraggio di andar via. Il tintinnio interminabile dei sassolini che ad ogni mio movimento cadevano nell’attigua fenditura mi terrorizzava. Dopo qualche ora, grazie al contatto radio con Pucci, il caro amico che dall’altra parte della valle mi osservava, riuscii a tornare indietro e salire oltre. Da quel momento cambiò tutto: incontrai Pucci, ed insieme risalimmo il tratto di dislivello che ci divideva dalla sommità. Ritrovammo le bianche e con le prodezze di un pointer di appena un anno, chiudemmo la giornata con quattro trofei.

E’ dolce per me perdermi in questi ricordi, mi avvicinano alle emozioni della mia gioventù ed alla compagnia intelligente ed arguta, consapevole e al tempo stesso curiosa, che Pucci sapeva dare.

Giovanni DAMIANO per Cacciando.com

 

 

Torna su

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura