La ricarica casalinga delle munizioni metalliche I parte
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di Marco Benecchi
Anni fa pubblicai uno speciale per il canale digitale Caccia & Pesca sulla Ricarica “casalinga” delle munizioni per carabina e, visto il successo che riscosse (meritato o immeritato poi me lo direte voi), ho deciso che forse non era male trattare l’argomento anche sul Nostro sito. Vorrei subito precisare una cosa: ben vengano tutti i ricaricatori, sia principianti sia espertissimi, ma dobbiamo da fare subito una netta distinzione tra la Ricarica e l’Alchimia! Con la ricarica si possono assemblare buone cartucce, a volte ottime e raramente anche eccezionali, ma non si può trasformare “il piombo in oro”! Vorrei poi fare anche una netta distinzione tra un cacciatore serio (di quelli che a caccia ci vanno davvero!) ed un normalissimo titolare di porto d’armi, cacciatore occasionale ma fervido tiratore di poligono della domenica. Anche se ambedue possiedono delle carabine e si dilettano al tiro a lunga distanza, credetemi, non si assomigliano affatto. Perché al primo interesserà soltanto che la sua arma abbia la precisione necessaria per colpire un animale selvatico dove e quando vorrà, mentre al secondo interesserà maggiormente che la sua carabina sia “più precisa” di quella dei vicini di “piazzola” e che sia in grado di ricamare delle splendide rosate da poter esibire a parenti, amici e a tutti quelli che hanno voglia di vederle. Tempo fa al poligono, mentre stavo ricontrollando la taratura di una CZ calibro 222 Remington, un tizio, che a mia insaputa stava controllando con lo Spotting Scope il “mio” bersaglio, cominciò a darmi consigli, assolutamente non richiesti, su come migliorare la precisione della 222 a duecento metri. Il buon uomo si era visto costretto ad intervenire perché, secondo lui, rosate di quattro – cinque centimetri (per altrettanti colpi con palle da caccia!) a duecento metri di distanza erano ridicole. Il sapientone cominciò una tirata alla Vittorio Gassman che stroncai subito sul nascere: “Scusi? Ma Lei qualche volta va anche a caccia oppure sforacchia soltanto cartelli di carta?” A quel punto, forse dal tono della voce o dal mio sguardo assassino, il grandissimo esperto (un po’ offeso perché alla fine lui desiderava soltanto gratificare il prossimo col suo immenso sapere) girò i tacchi e si allontanò per cercare un’altra vittima più disponibile.
Quel che è peggio è che i poligoni pullulano di gente come quella! Persone intossicate dalle riviste americane, che sono tutto tranne che cacciatori. Per praticare la caccia a palla in Italia, in Europa e nel Mondo intero è indiscutibile che occorre un’arma sufficientemente potente, affidabile e precisa, ma di certo non è richiesta l’accuratezza di tiro che invece dovrebbe avere una carabina destinata alle competizioni sportive. Tanti anni fa il novanta per cento dei cacciatori italiani taravano e ricontrollavano le loro carabine sparando nelle cave in disuso, appoggiati sul cofano della macchina. Oggi i poligoni abilitati almeno fino a duecento metri sono dappertutto. In pochi anni sono spuntati come i funghi e le gare tra cacciatori – tiratori si sprecano. Tre selecontrollori su cinque acquistano armi in 308 Winchester, 6,5 x 55 e 222 Remington (calibri notoriamente molti precisi) in modo che con un’unica arma possono cacciare caprioli e daini e gareggiare e confrontarsi a destra e a manca. Sono rimasti in pochi quelli che sanno che una carabina camerata in un calibro dai 6 ai 7 mm, che riesce a piazzare facilmente quattro colpi in un cerchio di 5 – 6 cm, a duecento metri di distanza, è più che sufficiente per poter cacciare selvatici dalla mole di una volpe a quella di un grosso cervo. Una precisione maggiore è sempre ben accetta (sarebbe da ipocriti non ammetterlo), ma non indispensabile. Poi c’è il discorso RICARICA! Ormai la praticano tutti, nessuno escluso. Continua....
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