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INTERROGAZIONE ALLA CAMERA SULLA PROLIFERAZIONE DELLA FAUNA SELVATICA NEI TERRITORI DEL BOLOGNESE

INTERROGAZIONE ALLA CAMERA SULLA PROLIFERAZIONE DELLA FAUNA SELVATICA NEI TERRITORI DEL BOLOGNESE

Di seguito lo stenografico di seduta dell’interrogazione sulla proliferazione della fauna selvatica nei territori del bolognese, svolta dall’Aula della Camera giovedì 25 maggio scorso.

GAMBARO , BARANI , LANGELLA – Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. –

Premesso che:

l’esteso territorio agricolo di Castel San Pietro e Ozzano dell’Emilia, cittadine situate nei pressi di Bologna, ha un’importanza sostanziale nella vita quotidiana e nell’economia di gran parte dei cittadini di quelle comunità;

la politica attuale di contenimento contro la proliferazione incontrollata della fauna selvatica (caprioli, cervi, daini, lupi e soprattutto cinghiali) sembra non riuscire, in nessun modo, ad arginare il problema dell’assoluta devastazione di vigneti e delle terreni coltivati della zona;

secondo recentissime ricerche operate degli istituti zoologici del territorio, l’ultimo censimento faunistico fornisce un numero largamente minore circa la reale presenza di animali selvatici nella zona ed inoltre non tiene conto dei continui “sconfinamenti” di altri animali dal limitrofo parco della Badessa, proprio a ridosso dei 2 comuni citati;

considerato che la maggior parte degli agricoltori del territorio hanno lamentato la perdita di circa la metà del raccolto, a causa dell’invasione di animali selvatici durante tutto il 2015,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda studiare e promuovere forme di contrasto più incisive alla proliferazione incontrollata della fauna selvatica in territori dove l’economia sostanziale da tutelare è esclusivamente di stampo agricolo.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

ALFANO Gioacchino, sottosegretario di Stato per la difesa. Signora Presidente, onorevoli senatori, con riferimento all’interrogazione relativa al proliferare incontrollato di alcune specie faunistiche, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale del Ministero dell’ambiente, come già evidenziato in altre occasioni, si rappresenta quanto segue.

Occorre fin da subito evidenziare che sono ben noti al Ministero dell’ambiente i danni, di varia natura, arrecati in particolare alle produzioni agricole, sia in ambiti protetti così come nei territori liberi alla caccia, in particolare per quel che riguarda l’eccessivo numero di cinghiali presenti in gran parte del territorio nazionale (si stimano al momento circa un milione di individui).

Al fine di poter gestire in maniera ottimale questa specie e limitarne i relativi danni, il Ministero ha ritenuto opportuno aggiornare le linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette. L’aggiornamento è stato operato in collaborazione con gli enti gestori dei Parchi nazionali e regionali. Tali linee guida rappresentano al momento il riferimento per la gestione della specie all’interno degli ambienti protetti, ponendosi come supporto agli strumenti di programmazione e regolamentazione di cui gli stessi gestori si devono dotare.

Per quel che attiene il controllo numerico di fauna selvatica in esubero o problematica nelle aree protette, la legge n. 394 del lontano 1991 prevede che il regolamento del Parco stabilisca le eventuali deroghe ai divieti, prevedendo eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dallo stesso Ente parco. I prelievi e gli abbattimenti dovranno avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere attuati dal personale dell’ente o all’uopo espressamente autorizzato dallo stesso.

Giova inoltre ricordare che, ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157, l’attività venatoria e il controllo numerico di animali selvatici in esubero o che si rendessero responsabili di danni cagionati all’ambiente sono attività distinte e non assimilabili per quanto riguarda le motivazioni, le specie oggetto di controllo, il personale impiegato e autorizzato a effettuare i controlli, nonché i metodi e i periodi stabiliti per la loro realizzazione.

La stessa legge, in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente in materia, prevede che le Regioni possano provvedere al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone in cui vige il divieto di caccia per svariati motivi, tra cui la tutela della produzione zoo-agroforestale, e impone che tale controllo venga esercitato selettivamente e, in prima analisi, mediante il ricorso a metodi ecologici, previo parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Qualora l’Istituto verifichi l’inefficienza dei predetti metodi, le Regioni possono autorizzare piani di abbattimento sia in ambiti protetti di competenza regionale, che all’interno del territorio fruibile alla caccia. Pertanto, in presenza di gravi danni accertati alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica in ambienti protetti e territori liberi alla caccia, risulta coerente con la normativa vigente attuare interventi di controllo che prevedono la limitazione numerica di ungulati responsabili dei danni.

Inoltre, si fa presente che, a seguito di ripetute segnalazioni di proliferazione di cinghiali, con la legge 28 dicembre 2015, n. 221, sono state adottate modifiche alla citata legge n. 157 del 1992, che prevedono il divieto di immissione e foraggiamento artificiale di cinghiali in natura, nonché il divieto di allevamento degli stessi in alcuni ambiti contigui a quelli protetti, con un regime sanzionatorio di natura penale per i trasgressori.

Con la stessa legge è stato inoltre previsto che le Regioni e le Province autonome adeguino i piani faunistico-venatori, provvedendo all’individuazione, nel territorio di propria competenza, delle aree nelle quali, in relazione alla presenza o alla contiguità con aree naturali protette o con zone caratterizzate dalla localizzazione di produzioni agricole particolarmente vulnerabili, è fatto divieto di allevare e immettere la specie cinghiale. Alla luce delle informazioni esposte, si ritiene pertanto che l’attuale quadro normativo fornisca gli strumenti idonei affinché le Regioni e le aree protette intervengano efficacemente.

Ad ogni modo, per quanto di competenza, il Ministero monitora costantemente l’impatto regolatorio delle normative di settore, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina.

GAMBARO (ALA-SCCLP). Signora Presidente, ringrazio il Sottosegretario, che ha un po’ chiarito la questione a livello normativo.

L’interrogazione è stata presentata nel febbraio 2016 proprio con lo scopo di sensibilizzare il Governo su una situazione molto grave che riguarda l’agricoltura nel territorio emiliano di Castel San Pietro e Ozzano dell’Emilia. In questa zona l’economia è prevalentemente agricola e la metà dei proventi è andata distrutta nel 2015. Stiamo parlando di un intero settore.

Nel frattempo, proprio ieri, ho sottoscritto un disegno di legge a prima firma della senatrice Fasiolo (forse ne è già al corrente) sulla richiesta di nuove norme in materia di caccia al cinghiale che evidenziano come tale problema sia diventato enorme, con danni nell’ultimo anno che arrivano anche a 100 milioni di euro, non solo alle cose ma anche alle persone.

Quindi, invito il Sottosegretario a proseguire su questa strada e certamente a portare avanti l’iter di questo disegno di legge che mi sembra molto importante.

(www.ladeadellacaccia.it)

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