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Barba Teresio

E' la passione che muove la ruota ciclica della vita

Dedicato al mio mentore "Barba Teresio"

Mi si stringe il cuore  ogni volta che  faccio visita a mio zio nonché maestro di caccia " Barba Teresio".

Il vederlo ora in un letto con il vigoroso corpo piegato dalla malattia e dalla vecchiaia mi sa di assurdità inaccettabile.

Quanti ricordi della mia infanzia si materializzano nella mia mente quasi a rifiuto di quella immagine che ora è al mio cospetto.

Una su tutte la sua possente figura davanti a me, bambinetto moccioso  di 6 anni  di città con il tarlo genetico della caccia,  mentre con il suo passo silenzioso e attento sale su per la collina tra i filari della vigna.

Ogni tanto rivedo il suo sguardo di allora abbassarsi severo sul mio  viso con tutto il significato di un rimprovero per la impazienza o per l'imperizia di un mio movimento.

Quante cose mi hanno insegnato quegli sguardi, nella maniera rude e dolce che solo un  cacciatore e contadino sa trasmettere in modo indelebile nella mente di un fanciullo.

Non aveva figli maschi "barba Teresio", solo femmine.

Io, per mia fortuna,  ero l'erede universale della sua passione e della cosa ne andavo consapevolmente e orgogliosamente fiero come un piccolo uomo.

Rivedo le notti insonni nel temer di non esser pronto.

Rivedo la sua immagine in compiaciuta attesa con una tazza sul tavolo di latte buono fumante accostata alla cartucciera di cuoio, quasi sento come allora i loro distinti profumi lontani anni luce da quelli conosciuti in città.

Rivivo in un flash le giornate  insieme con lui, cacciatore "causagnin" ovvero alla cerca silenziosa della lepre tra le vigne  come in uso in quel di Asti, ed io piccolo fuori luogo  con tutti i difetti annessi e connessi della giovane età ma spugna nell'arte dell'apprendere.

Rivedo la lepre , quella famosa tanto cercata nella vigna di Cichin,  finalmente vinta.

Rivedo il rito della colazione tra i campi, lo spezzare del panino estratto dalla sua cacciatora con fare semplice.

Rivedo più di un ritorno serale stremato sulle sue spalle allora vigorose,  cullato dal ciondolar del fucile.

Rivedo il mio primo colpo appoggiato alle sue gambe tirato ad una gazza su un ramo, e rivedo il sangue che mi sgorga dal naso per il contraccolpo.

Che bei ricordi, che momenti fantastici mi ha saputo regalare in un momento della vita bellissimo come l'infanzia.

Non riuscirò mai a dirgli quanto gli devo , ma lui lo sa e lo ha sempre saputo nella la sua complicità silenziosa che fa intendere più di un qualsiasi articolato discorso.

Ora,in un letto, il suo sguardo mi sembra diverso quasi assente e mi si stringe il cuore nel vederlo così.

Dopo il saluto di rito dovuto,  provo un approccio, un discorso.

E su quel momento che mia zia dolcemente avverte: " porta pazienza se non ti risponde,  la mente non è più quella di una volta ".

Ci voglio provare lo stesso, testardo come allora nella consapevole fiducia che sono con lui.

Prendo il cellulare e mi avvicino facendogli scorrere innanzi al viso le foto delle mie prede.

"Varda si Barba... varda bin...guarda bene".

Un attimo di silenzio sotto l'amorevole ma pessimistico sguardo della zia ma poi .. i suoi occhi si illuminano in un sorriso, qualcosa si accende  e con voce flebile ma ferma dice : " che bela fasana (fagiana)" , " si ..si a sun anie (sono anitre) " … e sempre in dialetto " c'è anche una di quelle piccole..quelle che vanno forte (alzavola) ".

Le immagini scorrono  ritmicamente e semplicemente egli le commenta correttamente.

Visualizzo l'ultima fotografia dei due galli  forcelli da me incarnierati ed un senso di pentimento mi pervade.

Di certo non li può conoscere!! Non sono mai stati oggetto della sua caccia.

Ma mi sbagliavo!! 

E' con mio grande stupore che egli in un soffio di parole, come preso dall'eccitazione, scandisce  :    " A sun gai!! Cui ed muntagna....che bei!!! " .

Ma come ha fatto?? Come poteva saperlo??

Non sono mai stati oggetto della sua caccia!!

Rimango interdetto e meravigliato, spiazzato, ora io vorrei darmi una spiegazione.

Ricordi veloci nella mente mi portano a rivisitare i  racconti della sua gioventù e di quando per guadagnarsi la giornata lasciava la cascina e la famiglia per guadagnarsi il pane a spaccar legna lontano sulle montagne dell'Alta Langa. Certamente li ha visti li, non può esser altrimenti!!!

Di sicuro li ha solo visti, ma non certo cacciati dato che era li per guadagnarsi un sacchetto di castagne e qualche forma di toma come molti a quei tempi eran costretti a fare.

Ma si sa un cacciatore che si rispetti, e lui lo era, è un grande osservatore e mai e poi mai non avrebbe potuto non memorizzare all'occasione quei magnifici selvatici.

Certamente è così,  ed il mio sguardo compiaciuto si  volge alla zia  che con fare incredulo ed emozionato mi porge una tazza di caffè.

Non servono commenti sulla cosa, in quella realtà contadina le parole non servono quando parlano chiaro i fatti, sono inutili.

Mi congedo e mi avvio verso casa con quel senso di stupefatta tristezza data dal caso.

Chissà se un giorno capiterà anche a me, è logico pensare.

Poi, di soprassalto mi appare chiara una realtà nella mente....ho due figlie femmine anch'io!!! 

Chissà se mai un giorno avrò pure io un marmocchio da portare sulle spalle?

Sarebbe per me una cosa bellissima,un prosieguo del ciclo, una continuità di vita nel nome di quella cosa che si chiama "passione".

Grazie "Barba Teresio", grazie per questo  ultimo insegnamento e spero che il Signore mi dia modo di praticare anche questo tuo  sentiero, riparlandone un giorno magari lassù nella Sua vigna dividendoci come sempre il solito panino.

Entro in casa e lo sguardo è immediato verso il  "Benelli 121" suo ultimo schioppo, ora nostro e domani chissà , lucido in rastrelliera …  in attesa di un ulteriore possibile passaggio.

Ciao "Barba", a presto.

Con affetto ed infinita riconoscenza.

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