Caccia: passione e ricordi
- Scritto da Cacciando
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In questo mio racconto di esperienze di vita e di caccia ho voluto dare risalto ad alcuni ricordi di battute di caccia e ad alcuni aspetti della vita quotidiana. Una delle cose più sgradevoli a mio parere è constatare, soprattutto se lo si fa personalmente, quante persone non solo miei coetanei ma adulti e quindi persone che potrebbero essere i miei genitori sono profondamente ignoranti per quanto riguarda il tema della caccia in tutti i suoi aspetti(dalle forme ai luoghi in cui si pratica, dai metodi alle specie cacciabili) trascurando e spesso non volendo neanche ascoltare i racconti e le emozioni che si provano durante una giornata di caccia, catalogandoti nelle loro menti come un assassino e come una persona che dalla vita non si merita nulla. Tutto questo perché loro pensano che un cacciatore sia ad esempio al capanno solo per sparare agli uccelli che curano ad una tesa ed uccidere qualsiasi cosa passi. Beh va detto che se una persona facesse questo non si potrebbe più definire cacciatore ma bracconiere o killer. La differenza è sostanziale!!! Di conseguenza queste persone, a mio modesto giudizio, non hanno capito nulla di ciò che accade invece nella realtà perché sono testimone diretto di un'esperienza di caccia vissuta quest'anno: mi vidi arrivare sopra al capanno un branco di colombi formato circa da 400 unità che curavano alla tesa e rimasi talmente tanto emozionato da non riuscire a sparare e da rimanere invece li buono, buono a guardare e sentire un battito di ali che all'interno del mio cuore sembrava una melodia e più sentivo il battito di queste ali e più apparivano sulla mia pelle brividi di freddo dall'emozione, nonostante sia stata una calda giornata di ottobre. Oppure quando da bambino in una battuta di caccia al fagiano appena sceso dall'auto mio padre mi disse per la prima volta(avevo 7 anni) conduci tu Chico(Epagneul Breton di 6 anni) per l'inizio della cacciata. Gli altri si avviarono ed io rimasi indietro con lui che sembrava essere ancora più felice di quanto non lo fossi io che dentro di me sentivo essere diventato un po più grande. In un batter d'occhio mentre gli altri
erano a circa 200 metri di distanza il mio compagno di caccia rimase fermo a fianco di una siepe di rovi di dimensioni enormi. Beh, non avendo il fucile ed essendo distaccato dal gruppo non mi rimase altro che ammirare quella ferma, sicura e ammiccante che faceva presagire qualcosa di buono e far si che gli altri si accorgessero della mia mancanza. Ciò avvene circa 5 minuti dopo ed aspettai mio padre in modo che si concludesse il lavoro di Chico. Il lavoro si concluse nel migliore dei modi, con eccellente riporto di un fagiano maschio adulto(uno di quelli che sapeva il fatto suo). Beh, da quel giorno il mio rapporto con Chico fu sempre più intenso, pieno di sguardi e complimenti che gli rivolgevo e pur non essendo stato un cane molto affettuoso imparò a ricambiarli. Queste emozioni non si costruiscono in nessun videogames, ma semplicemente in un bosco fiancheggiato da campi coltivati a grano o girasole o sorgo o qualsiasi altro tipo di arbusto. Questo significa sensibilità, amore, rispetto della natura, complicità e non ignoranza o arroganza e ne tantomeno voglia di uccidere o distruggere la prima cosa che passa
. Un'altra cosa molto sgradevole che mi è capitato di constatare parlando con delle persone o ascoltando discussioni ecc è che molte persone non sanno riconoscere le specie arboree che li circondano. La domanda che mi pongo sempre è: <<come fanno quelle persone a vivere circondati da piante, arbusti dei quali non sanno ne il nome e ne tantomeno che odore hanno, o dove, o come crescono? Non si rendono conto che vivono in questo mondo, insieme a loro?>> Molto spesso queste persone sono coloro che tendono ad odiare i cacciatori perché pensano che essi distruggano la natura che li circonda non sapendo che essi se non ci fosse questa cosa chiamata natura ma soprattutto ambiente non inquinato(cosa che nel mondo di oggi è difficile trovare) non sarebbero a caccia; non dimentichiamoci l'importante lavoro che buona parte dei cacciatori svolge con l’impegno anche degli agricoltori per i cosiddetti miglioramenti ambientali e le gestioni dei ripopolamenti. Potremo chiamarli primi salva ambiente, dato il loro contributo per la salvaguardia dell'ambiente.
erano a circa 200 metri di distanza il mio compagno di caccia rimase fermo a fianco di una siepe di rovi di dimensioni enormi. Beh, non avendo il fucile ed essendo distaccato dal gruppo non mi rimase altro che ammirare quella ferma, sicura e ammiccante che faceva presagire qualcosa di buono e far si che gli altri si accorgessero della mia mancanza. Ciò avvene circa 5 minuti dopo ed aspettai mio padre in modo che si concludesse il lavoro di Chico. Il lavoro si concluse nel migliore dei modi, con eccellente riporto di un fagiano maschio adulto(uno di quelli che sapeva il fatto suo). Beh, da quel giorno il mio rapporto con Chico fu sempre più intenso, pieno di sguardi e complimenti che gli rivolgevo e pur non essendo stato un cane molto affettuoso imparò a ricambiarli. Queste emozioni non si costruiscono in nessun videogames, ma semplicemente in un bosco fiancheggiato da campi coltivati a grano o girasole o sorgo o qualsiasi altro tipo di arbusto. Questo significa sensibilità, amore, rispetto della natura, complicità e non ignoranza o arroganza e ne tantomeno voglia di uccidere o distruggere la prima cosa che passa
. Un'altra cosa molto sgradevole che mi è capitato di constatare parlando con delle persone o ascoltando discussioni ecc è che molte persone non sanno riconoscere le specie arboree che li circondano. La domanda che mi pongo sempre è: <<come fanno quelle persone a vivere circondati da piante, arbusti dei quali non sanno ne il nome e ne tantomeno che odore hanno, o dove, o come crescono? Non si rendono conto che vivono in questo mondo, insieme a loro?>> Molto spesso queste persone sono coloro che tendono ad odiare i cacciatori perché pensano che essi distruggano la natura che li circonda non sapendo che essi se non ci fosse questa cosa chiamata natura ma soprattutto ambiente non inquinato(cosa che nel mondo di oggi è difficile trovare) non sarebbero a caccia; non dimentichiamoci l'importante lavoro che buona parte dei cacciatori svolge con l’impegno anche degli agricoltori per i cosiddetti miglioramenti ambientali e le gestioni dei ripopolamenti. Potremo chiamarli primi salva ambiente, dato il loro contributo per la salvaguardia dell'ambiente.
Per questo molte volte i cacciatori si sentono aggrediti dal mondo ambientalista poiché la caccia non è ne odio, ne violenza ma una semplice ed unica grande passione. Confrontandomi con chi mi è vicino(amici, parenti, conoscenti) siamo giunti alla conclusione che molto spesso, soprattutto a causa delle costruzioni edilizie, nel nostro paese il carniere delle giornate di caccia è vuoto. Io personalmente non sono molto devoto al carniere ma bensì alle lunghe giornate e avventure di caccia passate per boschi e campi con i compagni di caccia, ma soprattutto con la mia cucciola di Epagneul Breton, Laika. Per questo motivo a me non manca il contatto con la natura, cosa che vedo vorrebbero avere molte persone che abitano in una città, le quali sono sempre alla ricerca di uno spazio verde(giardini pubblici ecc) per far correre il loro cane o semplicemente per leggere un libro o fare una passeggiata in tranquillità. Quando mi capita di sentire o di vedere queste cose penso a quanto sono fortunato ad aver avuto dei nonni e dei genitori i quali mi hanno sempre insegnato ad avere rispetto della natura e del mondo che mi circonda ma soprattutto di capire cosa mi sta intorno e di assaporare con cautela le emozioni che ci regala l'attività venatoria senza ambire a grandi carnieri e migliaia di cartucce sparate ma pur incontrando nella vita carnieri modesti che sappiano trasmettere grandi emozioni. Devo dire che hanno avuto pienamente ragione e me ne sono reso conto dall'inizio dell'anno venatorio 2013/2014, il mio primo anno di porto d'armi e di licenza di caccia. Mio nonno mi avrebbe definito cosi: <<Ventenne alla prima licenza, tanta passione e poco grano>>. Purtroppo non avendo amici coetanei appassionati di caccia frequentemente mi trovo a dialogare con persone dell'età dei miei genitori o dei miei nonni. In alcuni di loro si vede dallo sguardo che hanno perso quella passione necessaria per affrontare una annata intera di caccia. Si nota dalle parole da loro pronunciate il desiderio di avere carnieri abbondanti ed è sempre colpa delle istituzioni o di altre persone se le risorse sul territorio vengono gestite in modo non opportuno oppure se ci sono sempre dei problemi a livello burocratico; questo credo
che sia profondamente sbagliato ma ancor più sbagliato è il fatto di non mettersi mai in gioco per cambiarle. Se devo essere sincero per questa mia grande passione, cioè la caccia, affronterei qualsiasi problema burocratico o di gestione agro-faunistica del territorio. Una domanda che mi sono posto un anno fa in questo periodo e che iniziava ad essere un problema da affrontare era:<<io che vorrei andare a caccia una volta presa la licenza, che tipo di fucile scelgo? Doppietta, sovrapposto o semiautomatico?>> Ovviamente la prima cosa che ho pensato è stata che è una questione di gusti e preferenze personali, oltre al tipo di caccia che avrei esercitato. Però credo che una delle cose più difficili del mondo sia l’obbiettività di giudizio. Rispondere cioè, semplicemente e veracemente alla domanda: che cos’è, per davvero, il fucile? Quando poi di mezzo ci vanno ideologie, realizzazione, sentimenti, ecco che le cose si complicano addirittura in maniera inverosimile; Cos’è infatti un fucile da caccia? Lo strumento che ha permesso alla civiltà occidentale di vincere le barbarie e conquistare il mondo, potrebbe dirmi uno storico. Una macchina più o meno evoluta di metallo, legno e/o polimeri, atta a compiere un determinato lavoro potrebbe invece dirmi un’ingegnere. Un attrezzo infernale addirittura, diabolico sterminatore di uccellini, un fanatico ambientale animalista. E nella loro ottica limitata avrebbero ragione quasi tutti, almeno quanto ho ragione io dato che giuro, convinto che un fucile da caccia è molto, molto, molto più di tutto quanto appena nominato. Esso è un sogno, un compagno di vita, un "essere vivente dotato di una propria anima", un prodigio, una sorta di bastone incantato cui sia propria la capacità di condurci lo spirito in altre dimensioni e che mai, mai potrà sperare di capire chi non sa cosa sia un’alba vista nel verso "giusto". Cioè, dopo una o più notti d’attesa passate molte volte senza dormire oppure a dormire emozionato; un’alba meditata da una sveglia, il cui apice è quando fatta colazione, messi su i soliti abiti da caccia finalmente giro la chiave per aprire ancora quel forziere"l’armadio proibito" dove ogni cacciatore custodisce con passione le proprie armi. E ogni volta, come
quando compiva lo stesso gesto mio nonno, mi sorprende il profumo di tutte le cose buone del mondo. Una fragranza composita d’olio, d’alberi, di polveri, di fatica. Finalmente quando lo stringo tra le mani, e sto per riporlo in custodia indugio un poco perché rivedo nella mia mente un passato pieno di ricordi ed un futuro ricco di speranze. Tutto questo grazie a lui, il mio fucile da caccia, quella sorta di talismano di cui sono enormemente geloso e dentro di me lo stringo al cuore, come a proteggere il segreto di questa mia passione senza fine, la caccia. La mia scelta l’ho fatta. Il mio "talismano" l’ho scelto! Ovviamente seguendo tutti i buoni consigli di mio nonno poiché egli mi diceva sempre: <<non esiste un unico fucile adatto ad ogni forma di caccia e in futuro a lui rimetterai molto di quel che attiene alla tua soddisfazione ma non solo>>. C’è infatti, secondo me, qualcosa di assai simile all’amore fra l’arma da caccia e il cacciatore. Non "rapporto occasionale" ma scambio duraturo d’emozioni finché la "morte" di uno dei due non giunga a separarli. Insomma, seguendo questi saggi consigli io ho scelto proprio il fucile che mio nonno era riuscito ad acquistare nel lontano 1979 dopo tanti sacrifici, un sovrapposto S.55 Beretta, rinunciando alle numerose offerte dei miei genitori i quali mi avrebbero regalato un fucile nuovo, con canna magnum e dotato di altre piccole accortezze che i fucili moderni possiedono. Io non l’ho mai voluto e non ho mai esitato a rifiutare l’offerta perché sono troppo legato al fucile di mio nonno, il quale sarebbe orgoglioso di vedere che uso quell’arma per andare a caccia e la custodisco con cura. Lo sento mio e per lui provo affetto, soddisfazione, estasi e questi sono i valori affettivi ai quali non riesco a fare a meno e che nessun’altro fucile pur bello o costoso che sia può e potrà regalarmi. Ritengo che non sia sufficiente possedere qualche fucile, spararci e considerarsi "oplofili" (dal greco: oplon=arma, filéin=amare)bensì possederne anche uno solo ma curarlo in modo minuzioso, trattandolo ogni giorno come se fosse l’ultimo del proprio percorso insieme.
che sia profondamente sbagliato ma ancor più sbagliato è il fatto di non mettersi mai in gioco per cambiarle. Se devo essere sincero per questa mia grande passione, cioè la caccia, affronterei qualsiasi problema burocratico o di gestione agro-faunistica del territorio. Una domanda che mi sono posto un anno fa in questo periodo e che iniziava ad essere un problema da affrontare era:<<io che vorrei andare a caccia una volta presa la licenza, che tipo di fucile scelgo? Doppietta, sovrapposto o semiautomatico?>> Ovviamente la prima cosa che ho pensato è stata che è una questione di gusti e preferenze personali, oltre al tipo di caccia che avrei esercitato. Però credo che una delle cose più difficili del mondo sia l’obbiettività di giudizio. Rispondere cioè, semplicemente e veracemente alla domanda: che cos’è, per davvero, il fucile? Quando poi di mezzo ci vanno ideologie, realizzazione, sentimenti, ecco che le cose si complicano addirittura in maniera inverosimile; Cos’è infatti un fucile da caccia? Lo strumento che ha permesso alla civiltà occidentale di vincere le barbarie e conquistare il mondo, potrebbe dirmi uno storico. Una macchina più o meno evoluta di metallo, legno e/o polimeri, atta a compiere un determinato lavoro potrebbe invece dirmi un’ingegnere. Un attrezzo infernale addirittura, diabolico sterminatore di uccellini, un fanatico ambientale animalista. E nella loro ottica limitata avrebbero ragione quasi tutti, almeno quanto ho ragione io dato che giuro, convinto che un fucile da caccia è molto, molto, molto più di tutto quanto appena nominato. Esso è un sogno, un compagno di vita, un "essere vivente dotato di una propria anima", un prodigio, una sorta di bastone incantato cui sia propria la capacità di condurci lo spirito in altre dimensioni e che mai, mai potrà sperare di capire chi non sa cosa sia un’alba vista nel verso "giusto". Cioè, dopo una o più notti d’attesa passate molte volte senza dormire oppure a dormire emozionato; un’alba meditata da una sveglia, il cui apice è quando fatta colazione, messi su i soliti abiti da caccia finalmente giro la chiave per aprire ancora quel forziere"l’armadio proibito" dove ogni cacciatore custodisce con passione le proprie armi. E ogni volta, come
quando compiva lo stesso gesto mio nonno, mi sorprende il profumo di tutte le cose buone del mondo. Una fragranza composita d’olio, d’alberi, di polveri, di fatica. Finalmente quando lo stringo tra le mani, e sto per riporlo in custodia indugio un poco perché rivedo nella mia mente un passato pieno di ricordi ed un futuro ricco di speranze. Tutto questo grazie a lui, il mio fucile da caccia, quella sorta di talismano di cui sono enormemente geloso e dentro di me lo stringo al cuore, come a proteggere il segreto di questa mia passione senza fine, la caccia. La mia scelta l’ho fatta. Il mio "talismano" l’ho scelto! Ovviamente seguendo tutti i buoni consigli di mio nonno poiché egli mi diceva sempre: <<non esiste un unico fucile adatto ad ogni forma di caccia e in futuro a lui rimetterai molto di quel che attiene alla tua soddisfazione ma non solo>>. C’è infatti, secondo me, qualcosa di assai simile all’amore fra l’arma da caccia e il cacciatore. Non "rapporto occasionale" ma scambio duraturo d’emozioni finché la "morte" di uno dei due non giunga a separarli. Insomma, seguendo questi saggi consigli io ho scelto proprio il fucile che mio nonno era riuscito ad acquistare nel lontano 1979 dopo tanti sacrifici, un sovrapposto S.55 Beretta, rinunciando alle numerose offerte dei miei genitori i quali mi avrebbero regalato un fucile nuovo, con canna magnum e dotato di altre piccole accortezze che i fucili moderni possiedono. Io non l’ho mai voluto e non ho mai esitato a rifiutare l’offerta perché sono troppo legato al fucile di mio nonno, il quale sarebbe orgoglioso di vedere che uso quell’arma per andare a caccia e la custodisco con cura. Lo sento mio e per lui provo affetto, soddisfazione, estasi e questi sono i valori affettivi ai quali non riesco a fare a meno e che nessun’altro fucile pur bello o costoso che sia può e potrà regalarmi. Ritengo che non sia sufficiente possedere qualche fucile, spararci e considerarsi "oplofili" (dal greco: oplon=arma, filéin=amare)bensì possederne anche uno solo ma curarlo in modo minuzioso, trattandolo ogni giorno come se fosse l’ultimo del proprio percorso insieme.