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Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria

Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria

Il cane, aveva appena riportato, che si sentì il rombo di una jepp militare. Mise velocemente alcune foglie nel campano, spense il beeper e tenendolo per la collottola si nascosero e con loro Badoglio. Di lì a poco slittando sulla strada erosa dal tempo la jepp si arrestò. Due giovani militari della Folgore aguzzarono invano la vista nella remota speranza di individuarli. Loro ben nascosti dalla ramaglia, trattenevano il respiro e il cane.

“Cavolo, ma che fine hanno fatto, eppure hanno sparato proprio qui.”
Vedevano i loro volti distintamente e notarono che non erano quelli della volta scorsa, segno che li cambiavano ad ogni missione. Dopo un po’ ripartirono e subito si rifermarono. Non riuscivano a spiegarselo. Lui più ardito e sempre più nascosto cercò di avvicinarsi finquanto potè. Fu così che svelò l’arcano. I due baldi militare della brigata Garibaldi, non facevano altro che liberare la strada dalla ramaglia e alberi vari che la burrasca della notte aveva spezzati. Liberarono di nuovo il cane, rilanciandolo verso il fondo della valle. Per un po’ continuarono a sentire il rombo della jepp, poi esso cessò del tutto, segno che si erano allontanati abbastanza. Poco tempo passò che Argo era in ferma. Accorsero lui e Badoglio, che come al solito se la faceva sotto.

“Che facciamo,spariamo?” L’occhiataccia dell’amico bastò a tranquillizzarlo. Abbatterono la beccaccia con fuoco sincrono.
“Meno male che avevi paura di sparare.” Vomitò Nello nei confronti di Badoglio, seccato dal fatto, che la beccaccia era un po’ maltrattata, perché s’era beccata due botte.
“A pensarci bene, ora sono troppo impegnati a rimuovere la ramaglia dalla strada, e visto le soste che dovranno fare, ne avranno di sicuro fino all’una e mezzo.” Si giustificò Badoglio. Un centinaio di metri più avanti attraversarono il pianoro e cacciarono sotto la strada, il vento lì, in quelle depressioni non aveva fatto soverchi danni. Argo fermò subito una nuova beccaccia. Lui non sparò, per non fare tanto casino, Badoglio abbattè facile di prima, anche perché Nello gliel’aveva fatta andare in bocca.

S’alzò un vento freddo che non lasciava presagire niente di buono, spediti arrivarono in fondo alla valle. Come al solito Argo li aveva mollati sul più bello; segno che nei paraggi non c’erano beccacce.
Costeggiarono il colle di Pergola e tesero l’orecchio, ma di Argo nessuna traccia. Badoglio rimase a cercarlo dal lato di Pergola lui iniziò a scendere di nuovo verso Mandranello, e finalmente udì il beeper.
Chissà da quanto tempo è in ferma pensò. Scese a rompicollo per il ripido pendio di faggi, ogni tanto scivolava su qualche ramo nascosco dalle foglie, prima di arrivare lì nel fondovalle, finì due volte con le chiappe per terra. Poco importava tanto il suo fedele “sous bois” era scarico. Giunse sulla strada asfaltata, il cane era un po’ più giu, nella riposta fra le due strade. Non fece in tempo ad attraversarla, che un enorme macchia bianca gli fu al fianco. Cazzo, era la macchina del Maresciallo. L’auto, silenziosa, aveva l’impianto a gas; col frusciare del vento fra i faggi, ogni tanto se la trovavano dietro. Sceso che fu dall’auto il Maresciallo gli intimò di andare via immediatamente. Gli chiese che era quello strano rumore che proveniva da là sotto (beeper in ferma), lui glielo spiegò e quando chiese il permesso di sparare quella beccaccia ottenne un deciso diniego.

“Bene” disse. Vado là, lego il cane e ritorno verso Pergola. Non fece un passo, che la beccaccia passò proprio sulle loro teste. Argo sopraggiunse e fu facile mettergli il guinzaglio. Salutò il Maresciallo e s’avviò spedito, tanto in cuor suo sapeva che da lì a qualche ora avrebbe potuto ribatterla tranquillamente. Risalì il crinale col cane al guinzaglio, e riuscì a ritrovare quel sordo di Badoglio, che dall’alto aveva visto la macchina arrivare e per questo, immaginato quello che era successo. In compenso aveva intravisto la beccaccia rimettersi proprio nell’ultimo lembo di faggi, prima della valletta che divideva le due province. Slegò Argo che avendo ancora nelle narici l’odore della beccaccia la ritrovò dopo pochi minuti. E come sempre succedeva quando erano in due sul cane la beccaccia non ebbe scampo. Lui ricordandosi che prima aveva favorito l’amico, questa volta l’anticipò con una stoccata.

Il sole a pensarci bene quella mattina non lo avevano mai visto. Ora il cielo s’era fatto grigio cenere e ogni tanto s’udiva il brontolio lontano del tuono. Passò altro tempo oramai per quell’ora i Marescialli erano andati via. Tranquilli presero la strada del ritorno costeggiando la valle dall’altro lato. I primi fiocchi di neve, in poco tempo s’infittirono, si alzarono i baveri, si coprirono le orecchie e con i fucili in giu affrettarono il passo. In un forteto Argo fermò. Lui stette a ridosso dei ginepri per proteggersi dalla neve, sentiva solo il beeper e Badoglio lamentarsi per quel momento difficile. La beccaccia, partì bassa alla quaglina. Lui, con gli occhi ora nettati dal vento gelido e col naso che sembrava un rubinetto mal riparato, la sbagliò di prima e appena la colse di seconda. Dopo qualche colpo d’ala, si lasciò trasportare dal vento a un metro da terra. Si scansò appena in tempo per non essere investito dal cane, che, lancia in resta, partì alla sua rincorsa; come un ciclista a cui stessero tirando la volata. Proprio mentre la beccaccia con l’ultimo fiato stava per farsi inghiottire dai bassi cespugli d’agrifoglio già coperti di neve, Argo, con un balzo l’afferrò al volo dal di dietro. Così come fanno i cani quando lanciano loro frisbee. Si pulì gli occhi e si accese l’immancabile Marlboro, che bagnò tutta col naso che gli gocciolava, fu così che decise di pulirsi anche il naso. Senza chiamare il cane, aspettava compiaciuto i sviluppi della situazione. Argo, forse meravigliato da quel silenzio ovattato con la beccaccia ancora viva in bocca, che teneva da tergo, tanto che le timoniere non si vedevano, veniva nella sua direzione lentamente quasi voler far durare di più quei momenti.
Arrivato che fu a pochi metri da lui, depose la beccaccia per terra e diversamente dalle altre volte, non ripartì alla ricerca di altre beccacce. Diavolo di un cane, forse aspettava compiaciuto che anche Badoglio facesse capolino. Badoglio si materializzò come per incanto, ma stranamente quella volta s’era rimirato la scena in religioso silenzio, ma poi di getto come fanno i balbuzienti quando iniziano a parlare, battezzò il momento a modo suo, con un deciso “Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria.”

Sembravano tre pupazzetti, di quelli che stanno nelle bocce di vetro, che se le agiti si mette a nevicare. Lui a casa ne aveva una con la natività, col carillon che suonava Astro del ciel. All’esclamazione di Badoglio non seppe far altro che abbracciarlo dicendo:
“Buon Natale, amico mio”.

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