Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

L'ultima Pitarra

La suoneria della sveglia mi annuncia che un nuovo giorno di caccia stà per avere inizio.
Anche se leggermente contrariato per la brusca interruzione di quel sonno meritato, mi preparo una frugale colazione e dopo averla consumata e aver sorbito il rituale caffè, ricontrollo l’attrezzatura per la caccia imminente.
Fucile, cartucce, borraccia, un panino, mi pare ci sia tutto !
Armiamoci e via !
La mattinata è abbastanza fredda, si intende quel freddo che si può percepire in Sicilia, le nuvole minacciose che "salgono" da levante mi danno la certezza che pioverà, però niente problemi, in macchina c’è quanto occorre, impermeabile, stivali e indumenti di ricambio, qualora occorressero. In questo modo ha inizio la giornata per un appassionato di quell’antico sublime sport che Diana protegge.
Certo, molte stagioni sono passate da quando, ancora ragazzo, andavo a caccia con mio padre, ormai passato a ben altri verdi territori di caccia, vecchio, autentico Cacciatore con la "C" maiuscola, grande conoscitore dei segreti della fauna, esperto di balistica, raffinato preparatore di munizionamento per uso venatorio, nonché studioso delle polveri da sparo, che impiegava in puro o miscelava e dosava opportunamente, ottenendo sempre straordinari risultati.
Con la sua doppietta Field, calibro 12, canne 75 e cani esterni, non sparò mai una cartuccia che non fosse stata "caricata" con le sue stesse mani.
E’ stupefacente constatare come certi eventi vissuti mezzo secolo addietro, rimangano scolpiti nella memoria così chiaramente definiti, mentre, al contrario, fatti accaduti da recente ci appaiono offuscati e confusi.
A conferma di ciò, ricordo una battuta di caccia in una lontana stagione venatoria, sul finire degli anni 50, sempre con il mio caro vecchio, nel mese di dicembre : ci trovavamo a cacciare alle anatre in una zona dell’immensa piana a sud-ovest di Catania. Terreno argilloso con acquitrini, pantani ed una vegetazione ricca di cespugli tipici di palude, giunchi, canne e "arughe" (dial. siciliano ).
Le prime luci dell’alba ci consentivano di distinguere l’acquitrino, sembrava dipinto con argento vivo, e nonostante il terreno fosse sommerso da un palmo e più di acqua, era comunque praticabile grazie all’erba molto compatta.
Ad ogni buon conto, indossavamo stivali a coscia.
C’era da percorrere una buona mezz’ora di strada per giungere nella nostra postazione per l’aspetto alle anatre, e nonostante il cielo fosse pieno di nuvole, la luce fievole bastava per farci ammirare uno scenario indescrivibilmente fantastico; una vasta distesa di acqua decorata con una vegetazione tale da sembrare un pregiato ricamo di sublime ricercata bellezza.
Passo dopo passo si avanzava nell’acquitrino, immersi fino ai polpacci, già da tempo, nel buio, sentivamo frullare i beccaccini ( gallinago gallinago ) – ( accirotta, dial. sic. ), adesso, alle prime luci, potevamo scorgerli alzarsi in volo con l’inconfondibile andatura a zig-zag, con il loro tipico verso "gnash gnash".
Io non portavo il fucile, non avendo l’età per il porto d’armi, e fremendo dal desiderio di cacciare, invitavo mio padre a tirare a qualche "accirotta", giacchè "partivano" tutte a tiro molto utile.
Il vecchio rispondeva perentorio : siamo a caccia di anatre, perciò silenzio !
E frullavano gallinelle ( gallinula chloropus ) – ( iadduzzu, dial. sic. ), e frullavano folaghe ( fulica atra ) – ( iaddinedda, dial. sic. ), ma noi siamo a caccia di anatre !
Giunti alla meta prefissa, ci siamo sistemati e messi all’aspetto. L’attesa di qualsiasi cosa è di per se logorante, ma l’attesa alle anatre, in quel contesto, è pura poesia; perfetta simbiosi fra uomo e natura.
La mattinata di caccia era andata bene, il prelievo : quattro germani reali, due maschi  ( anas platyrhynchos ) - ( coddu viddi, dial. sic. ) e due femmine ( anas platyrhynchos ) - ( anitra, dial. sic. ), un codone ( anas acuta ) - ( carrubbaru, dial. sic. ), da quella volta non ho più visto un codone.
Ritornando dalla battuta, prima di metterci in viaggio di ritorno, mio padre volle provare delle cartucce che aveva scrupolosamente caricato il giorno prima; prese dallo zaino un foglio di cartoncino ripiegato in un sedicesimo, e dopo averlo disteso, lo abbiamo sistemato alla meglio aiutandoci con qualche canna e ramo secco, in modo tale da formare un bersaglio, dietro al quale abbiamo sistemato dei frammenti di tegole.
Il vecchio misurò quarantacinque passi, che corrispondono a trentacinque metri circa, e caricata la prima canna, sparò il primo colpo : risultato ottimo, la rosata appariva ben distribuita e raccogliendo i frammenti di tegole, abbiamo constatato che i pallini avevano esercitato una notevole forza di penetrazione. Abbiamo preparato altri due fogli di cartoncino e lui tirò anche su questi, risultato buonissimo !
Dissi a mio padre : con queste munizioni possiamo fare una strage ! Il vecchio non mi rispose, però, mi diede uno sguardo che mi raggelò; io capì quanto fu contrariato nel sentirmi pronunciare quella parola "strage", poi, con aria calma, mi disse : la caccia si deve praticare con grande sportività, il cacciatore non può e non deve seminare distruzione;  quindi aggiunse : per fare le stragi bastano il progresso, la civiltà, le tecniche moderne dell’agricoltura, le bonifiche, le cementificazioni selvagge delle campagne;
tutto ciò procurerà in futuro grosse diminuizioni di specie di uccelli, sia stanziali che migratorie, e sempre con tono pacato ma accorato, continuò : l’uomo, con il miraggio del progresso, distruggerà le campagne e le sue creature, e a ciò si somma il fatto che le specie, a causa del naturale istinto di conservazione, sono sempre in continua evoluzione, e tu stesso, aggiunse, ti accorgerai che cambieranno.
Quelle parole rimasero scolpite nella mia memoria in modo indelebile.
Quasi mezzo secolo è passato da quando ascoltai quel rimprovero, nonché quel monito, anzi direi quelle parole profetiche del vecchio saggio cacciatore.
Charles R. Darwin, naturalista inglese ( 1809-1882 ), formulò la teoria dell’evoluzione, io non speravo che la mia generazione potesse testimoniare quanto la teoria fosse vera, infatti, proprio a causa del naturale istinto di conservazione, le specie sono in continuo cambiamento comportamentale, cioè, in perenne stato evolutivo.
Cito come primo esempio il comportamento dell’allodola ( Alauda Arvenzis ) – ( lodula, dial. sic. ), che fino agli anni ottanta era abbondante nella nostra piana di Catania, e dal quindici ottobre circa a gennaio inoltrato, si potevano organizzare delle belle allodolate, il normale prelievo era assicurato, magari con l’ausilio della civetta o specchietto.
Già da parecchi anni, il comportamento del simpatico volatile è cambiato, al punto da poter affermare che l’allodola non vola più ! Anzi, vola, ma il minimo necessario, tanto da renderne il prelievo difficile.
Traggo la conclusione che l’allodola è destinata a non estinguersi.
Altro fenomeno che la mia generazione può testimoniare è il cambiamento comportamentale del beccaccino, che fino agli anni sessanta / settanta negli acquitrini e lungo i corsi d’acqua si cacciava frequentemente, anche con l’ausilio del cane, quasi sempre volava entro il tiro utile, magari ci scappava una "padella", ma faceva parte dello stesso sport, si soleva dire "accirotta è arrobba cartocci" ( dial. sic. ), cioè che il beccaccino è un volatile che ruba le cartucce, non in senso letterario ma nel senso che ci scappavano molte padelle.
Ai tempi recenti, il bellissimo volatile, si invola spesso oltre i sessanta metri e forse più, ebbene, il beccaccino si è evoluto.
Nell’anno 1964, alla piana di Catania, durante una battuta a quaglie ( coturnix coturnix ) – ( quagghia, dial. sic. ), nel mese di settembre, a circa duecento metri da dove mi trovavo, ho assistito all’abbattimento di una gallina prataiola ( otis tetrax ) – ( pitarra, dial. sic. ).
Non ne ho più viste, ne ho avuto notizie di prelievi o avvistamenti, credo, a testimonianza della selezione naturale delle specie, che quella fosse realmente l’ultima Pitarra.
Torna su

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura