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L'ultimo weidmannsheil

Sono le  5 e 30: è ancora buio e passo dopo passo con la torcia in mano sto lentamente salendo su per il sentiero; è un sabato di metà ottobre e piccole gocce di pioggia mi accompagnano nel silenzio del mattino.
Dopo ben 60 licenze di caccia eccomi ancora qui su questo sentiero che si arrampica sul fianco della montagna. Sento la fatica degli anni, ma la passione per il camoscio, il signore delle vette, è sempre forte, e mentre continuo a camminare i pensieri corrono, i ricordi affiorano e con essi la nostalgia dei tempi ormai lontani, quando ancora inesperto accompagnavo i cacciatori più anziani cercando di far tesoro di tutti i loro consigli e di rubare loro le malizie…Quanti ricordi! Mentre continuo a salire la fatica si fa più intensa ad ogni passo e, come di incanto, mi torna in mente quella vecchia femmina di camoscio, fiera dei suoi anni e delle sue furbizie.
Durante quell’estate ero già salito molte volte su per quel sentiero per osservare i camosci e fu proprio in una di quelle volte che la vidi. Stava sempre più in alto rispetto al resto del branco ed era sempre vigile. Mi aveva colpito per via di un corno rotto, probabilmente per una caduta, e questo fece si che la tenessi d’occhio periodicamente

; nei ritagli di tempo tra il lavoro e gli impegni famigliari cercavo sempre di salire su per le cime per controllare se la vecchia femmina fosse sempre li. Ogni volta che arrivavo alla grossa roccia quasi alla cima del sentiero cominciavo a controllare con il cuore in gola la parete di fronte  ed il vallone sotto di me e la vedevo sempre, all’improvviso appariva sopra una roccia, orecchie tese, sempre all’erta , e per me era sempre un tuffo al cuore.
Le giornate estive lasciano velocemente spazio all’autunno, la stagione di caccia si avvicina e le mie aspettative crescono; quest’anno sono fortunato mi viene assegnato il prelievo di una femmina adulta e subito penso alla mia vecchia camozza.

Finalmente arriva il giorno dell’apertura, la sera prima come sempre preparo lo zaino controllando che ci sia tutto, la carabina è sicuramente a posto questa settimana sono stato al poligono per tarare l’ottica; ogni anno è sempre la stessa storia, il giorno dell’apertura è sempre una forte emozione.

La sveglia suona ben  prima dell’alba, mi alzo di scatto, mi preparo e via, un breve tragitto in macchina e poi zaino in spalla, fucile e alpenstock ,comincio a salire verso la baita col cuore in tumulto per l’emozione.

Quando arrivo alla roccia è ancora buio, il cielo è uno spettacolo fantastico e da qui pare di poter toccare le piccole luci

che brillano formando un mare di stelle; mi godo questo momento e mi sistemo in attesa che faccia giorno. Il tempo sembra essersi fermato e l’agitazione per la caccia si fa sempre più intensa, intanto l’alba comincia a farsi vedere, i primi raggi del sole timidamente rompono il buio e illuminano e cime; d’impulso prendo il binocolo e guardo la dove penso che i camosci stiano pascolando ma con mia grande sorpresa non vedo niente. Il sole intanto si alza maestoso in cielo, continuo a binocolare ma dei camosci, e soprattutto della vecchia femmina neanche l’ombra; il tempo passa, guardo nel vallone e non vedo niente, sulla cresta di fronte e ancora niente, niente da nessuna parte. Guardo l’ora: sono le 9 e 30 ,purtroppo devo rientrare e con una grande delusione nel cuore raccolgo le mie cose e comincio a scendere ancora sbalordito per il vuoto che c’era, mille congetture mi passano per la mente ma poi penso che in fondo è bello anche così, che la caccia è anche questo e che l’emozione di un’alba meravigliosa mi aveva ripagato della mancata cacciata.
Quell’autunno tornai molte volte su per quel sentiero a cercare in quei valloni la vecchia femmina dal corno rotto ma niente; i giorni passavano velocemente e la stagione venatoria stava per finire, non riuscivo a capire come mai in estate ogni qualvolta andavo a vedere lei era li e invece adesso niente così incominciai a chiedere agli altri cacciatori se qualcuno l’avesse vista ma invano, pareva che fosse svanita nel nulla. Un giorno un amico ,stufo della mia ossessione per quella femmina, mi  disse di chiedere ad un vecchio cacciatore che di camosci ne sapeva più del diavolo e che quelle montagne le conosceva meglio delle sue tasche, così un pomeriggio libero da impegni andai a trovarlo. Pietro, così si chiamava il vecchio cacciatore, era un tipo non molto alto, sempre allegro e con una lunga e folta barba bianca, la sua casa era l’ultima del paese e mentre mi avvicinavo lo vidi che trafficava fuori così lo chiamai e gli spiegai la faccenda della vecchia camoscia dal corno rotto. Pietro sorrise e senza dire una parola rientrò in casa; tornò subito dopo con un bottiglione di vino e due bicchieri, mi fece cenno di sedermi su una vecchia panca in giardino, riempì i bicchieri e tra una bevuta e l’altra mi raccontò di quella vecchia camoscia. Anche lui la conosceva bene e anche lui aveva corso parecchio per quel sentiero senza mai avere l’occasione giusta; l’unica volta che era riuscito ad arrivargli a tiro aveva sbagliato colpendola di striscio sul corno, finalmente capivo perché aveva il corno spezzato! Pietro mi disse che da quella volta non ci provò più, aveva cacciato tanti altri camosci ma per quella femmina c’era da quella volta un rispetto speciale. Salutai Pietro e tornai a casa pensando che Corno Spezzato,  il soprannome che avevo dato alla camozza nei mie pensieri fosse quanto mai azzeccato.
Ormai mancavano pochi giorni alla chiusura della stagione, le giornate si erano fatte grigie e buie e le cime erano già imbiancate dalla prima neve. Quel giorno decisi di provare ancora una volta l’appuntamento con Corno Spezzato, piovigginava e c’erano le nuvole basse, in cuor mio sapevo che non era il tempo migliore per andare in montagna ma nonostante questo eccomi su per il sentiero con zaino e fucile. Arrivato alla solita roccia mi sistemai cercando di ripararmi dalla pioggerellina con la mantella e aspettai che facesse giorno. L’alba arrivò ma un muro bianco mi divideva dal vallone, non si vedeva niente. Ero ormai rassegnato ad andarmene quando la nebbia si aprì improvvisamente rivelando un punto nero in lontananza, afferrai il binocolo e finalmente la vidi, sembrava guardare nella mia direzione. Presi il fucile e mi preparai al tiro, continuavo a guardare la camozza nel cannocchiale era sempre rivolta verso di me, mi mostrava il petto, non so quanto tempo passò ma non tirai il grilletto, pensai che ci sarebbe stata un'altra occasione e me ne tornai a casa con la gioia nel cuore per averla vista ancora una volta.
Con un sospiro  mi riscuoto dai ricordi e torno al presente, mi fermo un attimo a riprendere fiato, oggi questo sentiero percorso infinite volte mi sembra più lungo e più ripido, nell’oscurità si vedono ancora le ombre nere dei pini, un passo dopo l’altro ricomincio a salire col fiato sempre più corto e le gambe sempre più pesanti appoggiato al mio fedele alpenstock. La notte comincia a lasciare spazio ad un nuovo giorno, guardando in su vedo che gli alberi si fanno sempre più radi, ormai ci siamo quasi manca solo qualche tornante per arrivare alla roccia che in questi lunghi anni è stata testimone di tante avventure di caccia.
Dopo un tempo che mi è sembrato interminabile finalmente sono arrivato, mi sistemo dietro la roccia e con calma mi guardo in giro, ha smesso di piovere e piccoli timidi raggi di sole giocano a nascondino tra le nuvole nere. Fa freddo, mi avvolgo nella mantella e bevo un po’ di the caldo; sono ancora sfinito per la salita, giro la testa ed eccolo lì su una roccia non molto lontano da me un camoscio mi sta guardando….Penso che devo prendere il binocolo e il fucile ma non faccio niente , continuo a guardare il camoscio e il tempo passa, passa, passa ,poi chiudo gli occhi, questo è il mio ultimo , weidmannsheil.

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