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LE DUE REGINE favola vera di un braccofilo beccacciaio

Il tempo asciutto di ottobre non faceva presagire nulla di buono ed il bosco non offriva leccornie alla beccaccia, ma il mio pensiero correva già da tempo all'inseguimento della misteriosa regina, lungo fossi infrattati, pendici boscose,attraverso vallate erbose.

Ma la gioiosa attesa quell'anno era turbata da una ben triste circostanza:un improvviso malore costringeva la mia donna in ospedale dove avrebbe dovuto sottostare ad un intervento chirurgico. Il mio cuore era quindi sdoppiato:come poteva rispondere al richiamo della tanto attesa beccaccia lasciando la mia compagna sola con la sua malinconia?

Passò del tempo e l'aria si fece più fredda: giornate di pioggia in pianura e di neve in montagna, con perturbazioni balcaniche in arrivo, facevano pensare che di lì a poco i primi avvistamenti ci sarebbero stati. Una telefonata amica mi confermò quel che supponevo.

L'ansia cominciò a pervadermi, cullando la speranza che il grave problema di famiglia si risolvesse in tempi brevi, ovviamente per il bene della mia compagna ma, onestamente, con in fondo al cuore anche un pensiero alle beccacce,in una delle quotidiane visite in ospedale alla mia debole consorte, mi venne data la magnifica notizia: la domenica successiva sarebbe stata dimessa!

Emisi un sospiro di sollievo e decisi che quella domenica mattina, prima di andare a riprenderla per riportarla finalmente a casa, avrei fatto un giro con la mia cagna, così tanto per una spiata nelle vicinanze e chissà che non ce l' avrei trovata?!

Non partii di buon ora anche perchè nella notte era caduta molta pioggia e raggiunsi il canale boscoso verso le otto. La cagna mi precedeva spedita ma al tempo stesso guardinga e mentre mi chiedevo il perchè di quel comportamento, d'improvviso vidi sfarfallare la maliarda prima ancora che la cagna - che dimostrava d'averla avvertita col forte dimenio di coda - le fosse abbastanza d'appresso per fermarla.

Lesta la regina si intrufolò nei pressi di una macchia, al cospetto di arbusti ramificati,al di là di un ciuffo di canne bruciate, vicino ad uno stagno. Accelerai il passo, un po’ per starle più vicino e poterla guardare così bella nell’involata e un po’ per star dietro alla cagna che si era accorta di quel giocare a nascondino. Si levò silenziosa al mio rumoroso incedere e si parò per un attimo, quasi a guardarmi sull’argine del torrente. Un lampo di fuoco, poi più nulla. Tentai invano di scalare quella parete di fango che mi separava da lei. Cercai più volte di incitare la cagna che nel frattempo si era portata in alto, nella ricerca di quella spavalda.

Tornai quindi sui mie passi alla ricerca di un varco più comodo, incerto se l’avessi trovata o se si fosse presa beffa di me.

Nel primo andare non trovai nulla, né la cagna riuscì a percepire emanazione alcuna. Ormai il tempo si faceva tiranno, dovevo rientrare per andare all’altro felice incontro, ma nel ripassare nuovamente là dove l’avevo intravista per l’ultima volta, il mio sguardo si posò su di lei. La raccolsi come un frutto di terra, chiamai la cagna e ringraziai la buona sorte per i due doni che mi aveva concesso. Accarezzai le piume e riposi nel carniere la regina del bosco.

Adesso dovevo correre dalla regina del cuore.

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