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Rambo

Rambo era un Griffon Briquet Vendeen, un bellissimo cane da seguita al cinghiale, bianco chiazzato di arancione. Aveva un musetto simpatico, ma lui era testardo, temerario e anche un po’ aggressivo con chi non stava al suo posto e gli andava a ronzare intorno.
Il padrone gli aveva insegnato il suo lavoro, aveva ormai sei anni di esperienza alle spalle e non sbagliava più, sapeva esattamente dietro quale animale doveva dare il meglio di sé…
Anche l’insegnamento del padre, Dodo, con il quale Rambo era cresciuto e condivideva il box loro riservato, era stato un valido aiuto. Le lunghe seguite del padre che non mollava il bersaglio per tutto il giorno avevano incrementato la sua testardaggine. Era ormai diventato infallibile.
Quel mattino faceva molto freddo. Si erano svegliati molto presto i suoi padroni per andare a caccia. Come al solito, l’avevano fatto correre a lungo nell’enorme cortile per scaldarsi un po’ i muscoli e fare i suoi bisogni prima di caricarlo in macchina.
I suoi padroni erano in tre, il padre e i suoi due figli.
Uno di loro due era il suo amico specialissimo, quello che lo accompagnava sempre nelle sue lunghe corse in montagna, quello che gli aveva insegnato che traccia doveva seguire per andare a scovare quei grossi animali neri-grigi, che puzzavano terribilmente.
Il padre e l’altro figlio li ritrovava ogni tanto ed erano loro, insieme ad altri, che in genere mettevano la parola fine alla sua lunga corsa dietro al cinghiale, anche se a volte non andava così e questo l’aveva portato a capire una cosa: lui aveva imparato e non commettere errori, ma gli esseri umani sbagliavano eccome! Anche al suo amico specialissimo succedeva e questo anche se da una parte lo dispiaceva, dall’altra lo faceva sentire leggermente più superiore.
Ecco il richiamo, era ora di salire in macchina. Lui e Dodo ubbidienti saltarono dentro la gabbia e si accucciarono. La macchina partì e Rambo fremeva già dall’attesa. Dodo, più pacifico e ormai non più molto giovane, gli leccò il muso, lo faceva ogni volta che partivano, una specie di abitudine ormai, come fosse un augurio, un gesto di scaramanzia.
La macchina si fermò, la gabbia si aprì e Rambo saltò giù. Le sue zampe affondarono nella gelida neve, fece un breve giro nell’attesa che il suo amico si accordasse con gli altri sull’organizzazione della giornata.
Dodo non sembrava molto entusiasta, soprattutto della neve. La annusava e leccava leggermente schifato e Rambo capì immediatamente il perché: la neve era una fedele alleata perché rendeva il tutto molto più facile, ma anche una tremenda traditrice, che ostacolava la fuga quando i grossi cinghiali si fermavano e li caricavano per picchiarli e ferirli con i loro affilati ed enormi denti.
Più volte non avevano avuto scampo ed erano rimasti fregati intrappolati nella fredda neve.
_" Rambo, Dodo, alè forza"-.
Si partiva! Una scarica adrenalinica attraversò entrambi dalla punta del naso alla punta della coda, erano prontissimi.
Iniziò la salita attraverso i boschi, gli alberi caduti, i rovi e le rocce, finchè il naso di Rambo non confermò la presenza del cinghiale: ne era sicuro! Quella notte era passato lì! Iniziò ad abbaiare e Dodo arrivò subito. Arrivò anche il suo amico specialissimo, che si chinò sulla traccia, lo accarezzò sulla testa e lo incitò ad andare. Rambo non se lo fece ripetere due volte e si gettò subito dietro la traccia seguito a ruota da Dodo.
In lontananza udì che il suo amico avvertiva i suoi compagni: -" i cani sono sul buono, fate attenzione!"- e poi sentì che anche lui riprese a camminare dietro la traccia. Sì, in fondo se l’aspettava: non andava di certo veloce come loro due, ma di sicuro non gli abbandonava da soli dietro al cinghiale.
Arrivarono sotto un’enorme roccia e per un attimo alzò lo sguardo da terra. Eccoli! Erano lì coricati, ce n’erano tre, uno di loro era veramente grosso, e i denti…pure quelli erano grossi! Fulminei si alzarono e si gettarono giù nelle rocce, costeggiando un vallone.
Dodo cercò di tagliargli la strada da sotto, lui era rimasto leggermente più indietro, ma la sua non fu una brillante idea: nonostante il suo abbaio forte, il più grosso non si fece di certo intimorire, gli andò incontro e con una nasata lo gettò giù dalle rocce, nel vallone.
Rambo sgranò gli occhi. A quella scena gli si strinse il cuore. In lontananza vide il suo amico speciale, aveva visto la scena anche lui, c’era anche lui! Non doveva più preoccuparsi e ripartì ancora più inferocito dietro a quegli animali: -"ma come si era permesso! Scaraventarlo giù dal vallone e chissà che taglio!"- Pensava che poteva anche essere morto, ma continuò la sua caccia ora aveva una ragione in più per fargliela pagare.
La corsa fu lunga e passarono in diversi punti dove c’erano i compagni del suo amico, sentiva quei botti tremendi che gli facevano un po’ di paura, ma sapeva che erano alleati e in effetti vide uno dei cinghiali cadere e non rialzarsi più. Ma non era quello che voleva lui, ed andò oltre. Passò altri posti in cui senti quei tremendi botti, ma non buttarono per terra più nessuno. Continuò lo stesso a correre, ma si accorse che ormai era fuori dalla zona circondata dai cacciatori loro amici.
-Non importa!- pensò –"non posso lasciarlo andare dopo quello che ha fatto a mio padre!"- e sperò fortemente che il suo amico specialissimo fosse riuscito a fare qualcosa per salvarlo.
Abbaiava a più non posso per segnalare la sua posizione, in continuazione.
Finchè il cinghiale grosso si fermò mentre l’altro continuò a correre. Si girò e aspettò il cane.
Rambo si fermò a sua volta, sapeva bene quale erano le intenzioni di quel grosso animale e questo lo fece abbaiare ancora più forte, cambiò anche il ritmo, come diceva il suo amico specialissimo: abbaiò al fermo! E si fece sentire in ogni angolo di quella montagna, da ogni qualsiasi cacciatore che si trovasse in quella zona. Non importava, voleva solo fargliela pagare!
Il cinghiale lo caricò e lui cerco di azzannarlo sulla schiena, ma si prese una bella botta sul muso che lo lasciò mezzo tramortito. Sapeva che contro quella bestia non aveva possibilità, ma non importava, sta volta sarebbe andato fino alla fine.
Stranamente il cinghiale lo guardò poi si girò e se ne andò via, al trotto. Non passò nemmeno un secondo e sentì un colpo di fucile e il cinghiale stramazzò a terra.
Rambo non capiva cosa fosse successo, poi vide un uomo avvicinarsi alla bestia, ma non lo conosceva, non era dei suoi compagni. Non gli importò molto, si alzò e si avvicinò anche lui al cinghiale, non vedeva l’ora di affondare i denti nella sua carne e sentire il suo sangue ancora caldo sulla lingua. Ma quell’uomo iniziò ad inveire contro di lui, tirandogli calci e colpendolo con il calcio del suo fucile, facendo di tutto per mandarlo via. Arrivarono altri uomini che Rambo non aveva mai visto e anche loro gridarono per scacciarlo via.
Non c’era niente da fare, a malincuore decise di tornare indietro, sapeva che si era allontanato parecchio da zona battuta dai suoi amici che la notte si avvicinava ed era ora di rientrare.
Lanciò un ultimo sguardo alla preda tanto ambita che purtroppo aveva perso e si incamminò.
Ripensava alla scena di suo padre  scaraventato giù dalle rocce ed era sicuro che i suoi compagni lo stavano cercando. Aveva ancora la testa mezza tramortita e riusciva a malapena ad orientarsi. Camminò parecchio era troppo stanco per correre, era scesa la notte ed orientarsi era diventato più difficile. Sapeva che i suoi amici erano ormai a casa, ma che lo avevano cercato parecchio e sapeva esattamente che doveva arrivare dove erano partiti stamattina. Lì c’era una coperta che il suo amico gli lasciava quando spingeva lungo e non riusciva a rientrare in tempo e lì doveva aspettare il mattino quando sarebbero tornati a prenderlo.
Era già successo altre volte.
Ma la testa gli bruciava e non riusciva molto bene a fiutare, la botta era stata terribile. Camminò tutta la notte. Senza rendersi conto scese giù per la montagna e arrivo nel paese, su una statale molto trafficata. Decise di camminare lungo la strada, lì certamente qualcuno  lo avrebbe notato e si sarebbe fermato. Era successo anche questo alcune volte quando arrivava dove c’erano delle case. Leggendo il numero sul collare chiamavano i suoi amici che si precipitavano a recuperarli, ringraziando e lasciando una lauta mancia a chi l’aveva recuperato.
Immerso in quei pensieri Rambo non si accorse neanche del camion che sopraggiungeva…non si accorse di nulla. Non sentì più niente, nessun odore, nessun rumore, nemmeno più la stanchezza, né la fame! Non pensò più a nulla, né a suo padre, né al cinghiale, nemmeno al suo amico specialissimo! Fu travolto in pieno, sul ciglio della strada. Senza che nessuno  di fermasse, a nemmeno due chilometri da casa, in un lunedì mattino di dicembre, a una settimana dalla chiusura ufficiale della caccia.
Non seppe più che il padre se l’era cavata, ma con una brutta ferita nella pancia, che fu la causa probabile dello sviluppo del tumore al fegato che durante quell’inverno se lo portò via per sempre….
Non seppe nemmeno delle lacrime che versarono tutti per lui. Dei rimorsi che tormentano il suo amico speciale e suo padre che quel mattino partirono prestissimo per andarlo a cercare lassù nei boschi, mentre lui era a pochissima distanza da casa loro. Del vuoto lasciato nei giorni di caccia successivi e ancora adesso quando il suo amico specialissimo guarda quei cuccioli voglioso di imparare, ma ancora acerbi e troppo avventati. –"Se solo ci fosse ancora lui a insegnarli, se solo fosse ancora qua fianco a fianco a divertirci, se solo fosse andata diversamente, se solo potessi ancora accarezzarlo…se solo…-".
Rambo resterà per sempre il migliore per tutti nei ricordi dei suoi compagni e in quella foto che lo ritrae con Dodo e il suo amico speciale, sulla mensola del caminetto. Infallibile amico e compagno d’avventura, protagonista assoluto e indiscusso!
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