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Re di Pietra

foto di Ivano Pura

Lacrime fresche gli scavan il viso,

acque sorgive del grande narciso,

d’un nobil monte che s’erge isolato

e svetta nel cielo del nostro creato.

 

Dell’Alpi Cozie è il primo campione,

come  piramide d’un  faraone,

nell’arco alpino tra le più belle,

la punta aguzza lusinga le stelle.

 

Le sue pareti son ritte mura

tra neve e ghiaccio dell’aspra natura,

ardite guglie sul ripid pendio

qual chiese gotiche nascan a Dio.

 

Il fiero Monviso, monarca di pietra,

sembra cupido con arco e faretra,

fa innamorar chi l’osa guardare,

come l’Ulisse  si fece legare.

 

Sull’erte rupi delle sue cime

s’incova l’aquila dal volo sublime,

scalan camosci e stambecchi potenti,

corron tra sassi e quarzi taglienti.

 

Sbocciano i fiori dai mille colori

spandendo attorno balsamici odori,

genziane azzurre e ranuncoli gialli

le stelle alpine con gli astri fratelli.

 

I verdi prati son da cornice,

larici e cirmoli lo rendon felice,

vicino al ciel, in punta al Monviso,

par d’essere proprio in Paradiso.

 

Da sempre veglia come soldato,

del piemontese miglior alleato,

dietro la Francia, ora sorella,

mira pur lei la gran sentinella

 

Al pian reale delle sue rocce

nasce il gran fiume a piccole gocce,

dalla provincia che chiaman La Granda

scende impetuoso in quella landa.

 

Padus latino, Po cisalpino,

rapido scorre sino a Torino,

civita Augusta dei celti Taurini

col Sacro Tel nello splendor del Guarini.

 

La città magica, e di molti mestieri,

dove poetò il celebre Alfieri,

lì il regno piccol della Savoia

fece l’Italia tra pianti e gioia.

 

Si gonfia d’acque l’alveo piatto,

percorre placido un’ampio tratto,

sfiora colline, mammelle ubertose,

che nutrono bimbi di mamme orgogliose.

 

Il Grande Fiume, figlio del monte,

arriva al piano e lascia il Piemonte,

rallenta il corso e fa un bel sorriso,

lontano ancor vede, suo padre Monviso.

foto di Sillvano Camandona

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