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Non facciamo anche noi come Tafazzi!

Non facciamo anche noi come Tafazzi!
Quando inizia la stagione venatoria i così detti media, che l’hanno ignorata per mesi, tornano ad occuparsi di caccia.
Come lo facciano è cosa nota a  tutti, e molti appassionati s’indignano per un trattamento che sembra discriminarli, spesso bollandoli come delinquenti a piede libero, o violenti che debbano scaricare loro perverse pulsioni sparando a qualche inerme uccelletto o ad un pacifico mammifero.
E così per giorni e settimane, sfogliando le pagine di noti quotidiani nazionali piuttosto che quelle dei più…pettegoli giornali locali, i lettori si fanno un’idea sbagliata del nostro mondo credendo che dietro ogni cacciatore vi sia un disadattato della Società, relitto d’un passato che andrebbe seppellito e dimenticato in fretta; insomma un pericolo per chiunque osi avventurarsi ove sono in azione dei cacciatori.
All’estero, fortunati loro, non è così, e sebbene pure lì fioriscano movimenti animalisti o ambientalisti, di caccia e cacciatori v’è una certa considerazione e rispetto anche da parte di media, autorità e classe politica.
Sappiamo perfettamente come tutto ciò dipenda in parte da colpe nostre, incapaci come siamo stati in passato di gestire una comunicazione corretta, raccontando di cosa sia davvero l’attività venatoria, chi il cacciatore e cosa esso debba fare per arrivare a fregiarsi di quel titolo, che noi reputiamo onorevole e non disdicevole.
 
Chi scrive si è impegnato attivamente nell’associazionismo venatorio in una regione difficile e tribolata per la nostra passione qual è il Piemonte, ed ogni giorno combatte contro la politica per riaffermare i diritti dei nembrottini subalpini; s’espone pubblicamente per raccontare a chi lo voglia ascoltare ciò che pochi di loro sanno, e cioè, ad esempio, come il cacciatore per diventare tale debba superare una serie di ostacoli burocratici o giudiziari in una misura che in Italia risulta sconosciuta o imporoponibile per ogni altra categoria professionale, sportiva o culturale che sia.
Molte volte noi l’abbiamo raccontato, ed anche su quei quotidiani che erano soliti…massacrarci, orgogliosi di rappresentare un mondo che, forse, rispetto a molti altri è ancor sano perché fonda le sue ragioni sulla passione.
L’omologazione ad un cliché preconfezionato ad arte, e che vorrebbe accostare il cacciatore al bracconiere è uno schema che noi respingiamo al mittente, senza indugio o pentimento, pur sapendo e conoscendo bene quali siano i vizi oltre alle virtù, i difetti o le pecche che alcuni nostri colleghi manifestano e praticano, per la gioia di detrattori che non aspettavano che quello per poterci attaccare nuovamente, e sempre più violentemente.
“I cacciatori?” sentirete loro dire ogni volta, “tutti bracconieri se solo ne hanno la possibilità!”
E invece non è vero, così come non lo è che tutti i politici siano ladri o corrotti, gli automobilisti pirati della strada, i commercianti evasori fiscali e così via, continuando con questo festival dell’ovvietà e del luogo comune che tanti padri ha nella nostra nazione, un po’ come la mamma dei cretini che a volte ci pare sia sempre gravida.
Noi lo sappiamo bene chi siano i nostri detrattori o quali i nostri acerrimi nemici, ed ormai abbiamo imparato a difenderci da loro, ad opporre argomenti e ragionamenti a sostegno della nostra attività, a raccontare quali valori conservi ancora in sé la caccia, ad indirizzare il nostro impegno per rendere sostenibile e tollerabile la nostra passione.
 
Quello che però non riusciamo a capire è perché il mondo venatorio, al di là di una sana e giusta autocritica, e cui nemmeno noi vogliamo sottrarci, talvolta arrivi a stracciarsi le vesti per giustificare la sua esistenza, quasi dovesse scusarsi anzitempo per colpe che ancora non ha.
Leggiamo, anche qui troppo spesso, e specialmente da quando Facebook e i social hanno preso il posto dell’ordinaria comunicazione, messaggi o post di chi pur essendo cacciatore pure lui, altro non fa altro che bacchettare il nostro mondo, ergendosi a censore dei comportamenti altrui nemmeno fosse una mosca bianca, o appartenesse ad una schiera di eletti.  
E così ogni notizia negativa, già normalmente amplificata da stampa e media generalisti, viene vivisezionata ed esposta al pubblico vociante dei social, in un gioco al massacro nel quale potrebbe sembrare che tutto il popolo dei cacciatori sia come quei bracconieri beccati in fallo con un bottino illegale, o quegli altri incoscienti che hanno sparato verso un’abitazione o il compagno di caccia se non addirittura a qualche contadino al lavoro nei campi.
Ogni cinghialaio, migratorista o cacciatore di penna viene rappresentato come quei maleducati che hanno violata la proprietà privata di qualche persona, danneggiato qualche coltivazione, offeso o vilipeso pacifici bikers incontrati nei boschi.
 
Invece nulla si dice o scrive mai di quegli altri sei o settecentomila appassionati corretti ed onesti che cacciano almeno venti o trenta volte l’anno, per un numero infinito di uscite sul territorio, senza mai macchiarsi di colpe o combinando guai, e nemmeno creando pericolosi incidenti tali da meritare gli onori della cronaca.
Sia beninteso che questa non deve, e nemmeno vuole, essere una difesa a prescindere della nostra categoria piuttosto una presa d’atto di come l’attività venatoria, la caccia e i cacciatori, meritino  d’essere tutelati, senza distinzioni di sorta ed ovviamente con le peculiarità delle diverse specializzazioni venatiche, ma evitando tutte quelle odiose graduatorie o classifiche di merito tra l’uno e l’altro che invece si fanno spesso.
C’è chi ci racconta come sia etico sparare verso un cervo o un camoscio una monolitica in rame a 900 m/s, mentre non lo più indirizzare uno sciame di pallini in piombo (o acciaio quando diverrà obbligatorio!) del 9 o 10 verso un tordo od una cesena; pochi grammi contro decine di chili si potrà forse dire, nemmeno se la caccia andasse pesata e venduta al chilo. Altri che poi sembrano disprezzare tutti coloro che, non potendo fare altro, e nemmeno avendo il portafoglio a fisarmonica, cercano la loro piccola soddisfazione sparando ad un fagiano rilasciato pochi giorni prima dell’apertura, piuttosto che ad un capriolo telemetrato ed insidiato da una comoda altana (magari…pure riscaldata!).
 
Quando si scomodano termini come “etica”, e poi si tira il grilletto togliendo delle vite, nulla cambia che dalla parte opposta al vivo di volata delle nostre bocche da fuoco vi sia un misero spiedo di carne piumata piuttosto che filetti e lombi di gran qualità, perché la caccia non è questo, ma semmai la si deve valutare in funzione della sua attuale sostenibilità e capacità di contribuire a difesa di ambiente e biodiversità.
Noi certo siamo schierati, di parte se preferite leggere così le nostre parole, ma crediamo d’essere intellettualmente onesti se raccontiamo a tutti come l’attività venatoria significhi anche uccidere, portare a casa un selvatico, mangiarlo o ricavarne un trofeo. Da esibire con rispetto e senza sfoggio, ma pure senza vergogna, o il timore d'essere accusati da qualche benpensante della domenica, ma pur questi con carabina o doppietta, di...esporre cadaveri!
Teniamo d’occhio la scienza, e ben vengano le recenti indicazioni europee sulla “cacciabilità” di migratori o anatidi, così come le continue richieste di politica e mondo agricolo per mantenere sotto controllo le crescenti popolazioni di ungulati, ma ricordiamo sempre d'essere cacciatori, e non "missionari" chiamati ad educare altri.
La caccia dev’essere praticata da persone per bene e corrette, e certo deve essere spiegata a chi non la conosce senza favorire il pregiudizio nei nostri confronti, ma di nemici noi ne abbiamo già abbastanza senza dover per forza trovare al nostro interno qualche aspirante…Tafazzi, quel noto personaggio tv che era noto per...martellarsi da solo i gioielli di famiglia!
Anche perché così facendo, inevitabilmente, si vanno solo a frantumare quelli di molti altri che solo vorrebbero esercitare in la loro passione senza dare fastidio a nessuno, alimentando inutili e sterili polemiche che alla fine non portano da nessuna parte.
 
Alessandro Bassignana
 
 
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