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Il Presidente Nazionale Arci Caccia Maffei scrive a Michele Serra per complimentarsi per l’articolo scritto “in memoria” del cane Uno

Nello scorso mese di Giugno, nella Rassegna Stampa del proprio sito, Arci Caccia ha segnalato un bell’articolo scritto da Michele Serra su Repubblica. L’articolo che potete trovare a questo link, https://www.arcicaccianazionale.it/rassegna-stampa-da-repubblica-in-memoria-di-uno-il-cane-ucciso-dai-lupi-per-salvare-il-gregge/, racconta la storia di Uno, un cane pastore morto nel tentativo di difendere il gregge dall’attacco dei lupi. Colpito dal contenuto dell’articolo che apre una riflessione, mettendo al centro, una volta tanto, il cane anziché il lupo, il Presidente Nazionale Arci Caccia ha inviato al giornalista una lettera di apprezzamento a cui sono seguiti i ringraziamenti di Michele Serra:

Gentile Serra,
le esprimiamo il convinto compiacimento per il ricordo di “UNO” nel suo articolo su La Repubblica del 17 giugno. Altri da Lei, non ne dubitiamo, vorranno leggere la mia come strumentale tentativo a sostegno della caccia al Lupo quale prospettiva alla quale guarda un dirigente del mondo venatorio, ancorché di nuova generazione. FALSO. Il bracconaggio lo contrasto senza remore, perplessità o retropensieri. Tantomeno il mio amore per il cane e il dispiacere per la cruenta morte, tra i tanti amici fedeli, di “UNO” mi spingono a non fare il tifo per i lupi. W il Lupo! Le esprimo l’apprezzamento per il suo articolo essendo convintamente un seguace dell’arte di Diana. Non vedo contraddizioni. Chi pensa che il diritto di parola sia riservato ad una élite ristretta di titolati … se ne farà una ragione. Necessita agevolare una riflessione di merito, pubblica e senza veti pregiudiziali e fare. Indispensabile è l’operatività per affrontare, con rapidità, pacatezza e ragionevolezza nello specifico, il tema. La valorizzazione della biodiversità e con essa la necessaria conservazione dell’attuale patrimonio dei lupi è da contestualizzare alla tutela della attività zootecniche degli uomini, dei cani e degli altri animali, anche allevati, che sono attori indispensabili del nostro “bel Paese”. L’Italia dell’ARTE dei centri urbani piccoli e grandi, ma anche quella delle campagne, la qualità della vita con la Pandemia – e Lei ne ha scritto – è da ripensare profondamente e non sarà da ricercare solo nelle grandi metropoli. “Decongestionare” le presenze nei grandi centri urbani è anche il trasferimento libero e consapevole di donne e uomini nei borghi più o meno piccoli. La “convivenza condivisa” tra specie selvatiche, allevate e uomo sapiente, è questione di “conciliazione”, di rapporti. Questa è responsabilità politica di governo della cosa pubblica, del bene comune. Sarà utile che le “proteine” sane e non inquinanti di animali vissuti in libertà e allo stato brado integrino l’alimentazione, magari a chilometro zero, dei nuovi, futuri cittadini di campagna in sostituzione degli allevamenti intensivi (abolendo quelli fuori legge), togliendo così qualche boccone selvatico ai lupi, sostituendolo con una “alimentazione” organizzata e “servita” dall’uomo che non derivi dall’aggressività del lupo cattivo che c’è solo nella favola di Cappuccetto Rosso. Potrà concorrere l’attività degli Enti gestori della fauna selvatica in Aree Protette e non con un maggiore presidio preventivo, “comandati dalla scienza”. Parte della tassazione nazionale anche quella dei cacciatori e non solo, potrebbe tornare agli enti per prevenire i danni, anche quelli mortali che hanno portato via UNO. Quell’uomo che cacciava, caccia e caccerà per alimentarsi ma che, superando errori, dovrà farsi carico – anche nella predazione – della vita degli esseri viventi tutti. Odio, scontri che contraddistinguono oggi qualsiasi approccio al “diverso”, sia immigrato, sia altra specie, o sia cacciatore, che pensi in altro modo dalla cultura fondamentalista dominante, hanno aggravato una politica ambientale che è in un vicolo cieco. Sindaci che volevano sparare agli immigrati come lepri, protezionismo antiumano o “killer”, delinquenti che propongono di sparare ai lupi dagli elicotteri. Sempre odio, quello che offusca la ragione che sempre più pare una parola astratta. Quel convincimento ironico del contagio tra uomini rissosi e guerrafondai e animali selvatici che potrebbe far presagire che cinghiali e gabbiani abbiano più titoli della specie “politici” di candidarsi Sindaci, non sarà poi così incredibile!! Se ci sarà politica della ragione questa sarà progressista oppure la povertà potrebbe crescere ulteriormente e, in particolare per i giovani, ma non sarà un problema dell’uomo lupo di ieri, di oggi e, peggio ancora, di domani.
Cordialmente
Christian Maffei

IMMAGINE LIBRO MICHELE SERRA 211x300Consigli di lettura:

Per gli amanti delle storie a sfondo naturalistico, segnaliamo questo bel libro di Michele Serra dedicato ai più giovani e ne lasciamo la descrizione alla recensione fatta dall’agenzia ANSA:

E poi la stupefacente potenza dei sentimenti, che possono sorprenderci a ogni età e la cui semplicità è un valore da riscoprire. Sta tutto in una carezza il senso di “Osso”, la favola per ragazzi, ma in fondo senza età, scritta da Michele Serra per Feltrinelli e impreziosita dalle illustrazioni di Alessandro Sanna. Al centro della storia c’è un vecchio solo e stanco che un giorno, nel giardino della sua casa situata vicino a un bosco, vede apparire un cane denutrito e affamato. Il vecchio, che ormai si emoziona solo quando trascorre del tempo con la sua nipotina, non ha mai avuto un cane e non sa come comportarsi: segue l’istinto e gli dà da mangiare, poi coltiva con pazienza e un po’ di speranza la possibilità di prendersene cura. Ma il cane, a cui la nipotina dà il nome di Osso, appare e scompare: forse deciderà di restare, ma non prima di aver riscoperto la fiducia verso gli uomini. Breve e intensa, questa storia per piccoli lettori non ha colpi di scena né grandi avventure, ma è un condensato di emozioni forti: “La solitudine di un uomo e di un cane trovano un incastro casuale: è vero, è un libro immobile in cui accade pochissimo, ma in realtà un piccolo movimento c’è, quello di una carezza. Mi ha emozionato scrivere proprio pensando alla carezza che il vecchio dà al cane, un grande avvenimento che chiude un cerchio”, dice Michele Serra intervistato dall’ANSA. Al suo esordio nella narrativa per ragazzi, l’autore ammette di esser stato all’inizio “spaventato da questa esperienza inedita perché avevo paura di scrivere concetti troppo complessi, poi però mi ha stimolato l’idea del libro illustrato, con un artista che desse colori e fisionomia alle parole”. Nel libro la natura è vibrante, con il bosco che è protagonista accanto al vecchio, alla nipote e al cane. C’è un pensiero ecologista dietro a questa scelta? “L’ecologia è troppo di moda, solo per questo risponderei di no”, dice con una battuta, “di certo c’è però una riflessione sulla natura: l’ho raccontata non come idillio o acquerello ma come qualcosa che è molto più potente dell’uomo.
La natura è vita ma anche morte, caccia e predazione: ho cercato di dirlo in modo non respingente, ma non bisogna sottovalutare i ragazzi: ho voluto trasmettere l’idea di un bosco che è insieme luci e ombre, un luogo attraente e pauroso al tempo stesso, proprio come appare negli archetipi delle fiabe. Noi siamo dentro alla natura, ne siamo parte, godiamo della sua meraviglia ma patiamo della sua durezza e la pandemia in questi ultimi mesi ce lo ha dimostrato”. Nel libro sceglie un cane forse poco attraente, molto malridotto e denutrito, ma che con il suo comportamento “animale” dimostra da un lato l’appartenenza alla natura dall’altro l’elemento cardine che, da tempi immemori, lega i cani all’uomo, ossia la fiducia. “Il marketing del pet certo non parla di Osso, che non sarebbe mai scelto come testimonial di articoli per cani. Ma è per questo che mi piace: io ho cani e gatti e amo il fatto che siano bestie”, afferma, “la bambinizzazione degli animali domestici, sostitutivi dei bambini che non si fanno più, non mi piace. Le bestie sono bestie ed è il motivo per cui le trovo straordinarie. Dovremmo riscoprire il contatto con il mistero, cani e gatti sono eredi del lupo e della tigre”. Ma nel libro c’è anche la figura di un uomo anziano innamorato di sua nipote: un rapporto che lei descrive con grande delicatezza e nessuna retorica. “Quello tra nonni e nipoti è un rapporto speciale, semplice e ingenuo, alleggerito dal carico simbolico che invece c’è in quello tra figli e genitori. I nonni e i nipoti sono gli estremi della vita che si toccano e si tengono per mano: anagraficamente, non retoricamente, è davvero il cerchio della vita”, dice ancora, “in questa storia mi sono proiettato anche io: vivo in un modo non troppo dissimile dal protagonista, soprattutto nel mio legame con il bosco. Ho scelto un protagonista vecchio per dare un’immagine di stanchezza non fisica ma piscologica. Quest’uomo pensava di non dover scoprire più niente, e invece il bosco è carico di sorprese”. (ansa)

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