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La dignità del Cacciatore

La dignità del Cacciatore

 

 

La Collega: "Marco, che belli i pettirossi che ho visto nelle tue foto!"

Io: "Erano piccoli di codirosso…"

La Collega: "Ah, e che differenza c’è? Comunque sono proprio carini!"

Io: "Già, sono nati la settimana scorsa. Ancora qualche giorno e spiccheranno il volo."

La Collega: "Che peccato! Perché non ne prendi uno e lo metti nella gabbia dei canarini?"

Io: "Sei matta? Lo trovo un gesto orribile. E poi è illegale, c’è da finir in galera."

La Collega: "Be’, e a te che importa? Sei un cacciatore, no?!"

 

Scusate. Avevo pensato ad altri argomenti per questo Pennino: volevo scrivere di arte, parlare di fotografia ed estetica. Volevo descrivere le sensazioni che sa trasmettere il bosco, i colori della montagna e il profumo dell’autunno. Portate pazienza, non mi è riuscito. Ho un groppo in gola che da qualche giorno mi rende difficile pensare ad altro e perciò ho deciso che verrà il tempo dell’arte e della letteratura, dei discorsi piacevoli e dei bei ricordi. Prima i cacciatori hanno problemi più pressanti da risolvere e io ho delle cose dentro che devo tirare fuori.

Tutto è nato durante uno scambio di battute presso la classica macchinetta del caffè, attaccata alla quale i dipendenti di tutte le aziende del mondo consumano la propria pausa a metà mattinata. Lo scambio di battute breve e coinciso che ho riportato in apertura di testo: nient’altro che i commenti ad alcune immagini che qualche giorno prima avevo postato su facebook. Poche parole, scambiate con l’amaro in bocca per la mancanza di zucchero, guardando fuori dal portone l’ennesima giornata di pioggia. Parole che in sé hanno poco valore, che non sono offensive, pronunciate quasi in tono di scherzo, ma che mi hanno colpito perché ancora una volta mettono in evidenza ciò che pensa la gente istintivamente di noi. Quando ho fatto notare a quella donna che la sua proposta di catturare una specie protetta conteneva un principio illegale, lei si è stupita innanzitutto che fossi proprio io a farglielo notare. "E a te che importa?" mi ha domandato e il suo sguardo parlava chiaro: reato più, reato meno! La cosa mi ha fatto andare su tutte le furie, ma la conclusione della pausa non mi ha concesso tempo ulteriore per spiegarmi. Non è un problema perché di discussioni così se ne trovano dietro ogni angolo, se solo uno ha voglia di stuzzicarle. Il fatto è che, come ho già scritto altre volte, non credo che serva dar la colpa all’ignoranza, alla superficialità o alla stupidità della gente. Noi esseri umani diamo fiato alla bocca con maggior frequenza di quanto usiamo il cervello. Lo facciamo tutti: dobbiamo dire la nostra, ci scandalizziamo, giochiamo continuamente a fare gli opinionisti. E quanto minore è la conoscenza che abbiamo di un argomento, tanto più inesatte saranno le idee che esprimeremo.

Perciò sulla caccia se ne dicono tante! Qualcuno scrive che il consenso nei confronti dei cacciatori è in ripresa. Ma dove? Dico io. Si facciano un giro a intervistare la gente per le strade di Torino e poi vedranno. Mentre politici e amministratori impiegano il loro tempo nell’elaborazione di una legge che faccia della caccia una risorsa economica, l’opinione pubblica resta disinformata e desensibilizzata al punto che ci spazzerebbero via in un solo giorno dalla faccia della terra se potessero. A costo di ripetermi io dico che la priorità, se i cacciatori vogliono sopravvivere in questo mondo sempre più strano, è quella di riconquistare dignità e autorevolezza in materia ambientale. I cacciatori devono tirare fuori la voce e parlare. La gente deve sapere di avere a che fare con persone competenti e corrette, con cittadini onesti che pagano le tasse e praticano un esercizio nel pieno rispetto della legge. Chi abita in città deve essere consapevole che è bello avere un amico cacciatore: uno con cui si può fare una sana e proficua passeggiata in montagna, uno a cui si può affidare un animale ferito che si vuole salvare, uno che sa cosa significa mangiare carne sana, che ha vera coscienza ecologica e che sa vivere a contatto con la Natura.

Finché i cacciatori non avranno riconquistato questa dignità che hanno perduta a causa dell’evoluzione della nostra società la strada per la sopravvivenza sarà sempre molto tortuosa.

 

 

 

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