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Il GPS A CACCIA

Il GPS A CACCIA
Articolo pubblicato su DIANA n.16 del 2015
testo e foto di Alessandro Bassignana
 
Global Positioning System, questo è il nome di un dispositivo di derivazione gestito dal Governo degli Stati Uniti d’America e ormai…pane quotidiano per tutti noi.
Il gps, questa la sigla che lo identifica, attraverso una rete di satelliti artificiali consente l’individuazione del posizionamento e quindi viene utilizzato per favorire la navigazione e tutti gli spostamenti, con l’approssimazione di pochi metri; un segnale radio viene inviato da un satellite al ricevitore, che lo elabora e fornisce indicazioni sulla posizione dello stesso.
Le applicazioni sono molteplici e da quando il sistema è stato reso libero all’uso civile gli utenti hanno preso confidenza con lo strumento, facendosi guidare in città o cercando indirizzi sconosciuti, individuando locali o scegliendo i percorsi più brevi per giungere a destinazione. 
 
Il gps ormai lo si trova integrato in telefonini o smartphone, in orologi o palmari, lo usano ciclisti, podisti e alpinisti, ma da qualche anno è diventato anche popolare tra cacciatori e cinofili.
I primi evitano di perdersi aggiungendo sicurezza alle loro uscite di caccia, i secondi, che spesso sono anche cacciatori, lo mettono ai loro cani a mo’ di collare, tracciandone il percorso e segnalandone importanti azioni come la ferma, o l’abbaio a fermo, tipico del segugio che si trova a ridosso del cinghiale.
Ma vediamo un po’ come si è arrivati a portare questa tecnologia militare anche tra campi e boschi, sostituendo campani o beeper al collo degli ausiliari e per un’attività, la caccia ove il fascino della tradizione è ancora forte, unitamente ad alcune considerazioni di ordine etico per coloro che sono poco avvezzi alle modernità applicate all’arte di Diana e Sant’Uberto: gps sì o gps no?
 
E’ un po’ la stessa questione che riguardò altri prodotti, e comunque tutta la moderna tecnologia, spaccando in due il mondo degli appassionati: da una parte coloro che li acquistano sempre e comunque tutti, sostituendoli non appena esce l’ultimo modello, dall’altra quelli che al contrario li avversano ferocemente.
La questione è delicata, e ciascuno libero di mantenere la propria opinione, anche se talune considerazioni vanno fatte.
Chi dice che il gps renda poco sportiva la caccia perché la facilita, dimentica come la stessa sia molto mutata negli ultimi decenni.
 
A parte il fatto che questa non è…specializzazione sportiva, semmai una passione, a partire dall’ultimo dopoguerra l’attività venatoria divenne popolare e il numero dei cacciatori, favoriti da un nuovo benessere, aumentò sino a toccare il numero di quasi due milioni intorno agli anni ottanta del secolo passato. 
 
Il nembrottino italiano in quegli anni percorreva campi e colline con setter, spinoni e segugi alla ricerca di fagiani, starne e lepri, mentre molti si dedicavano alla migratoria, ma globalmente si può affermare che tutti avessero a disposizione un maggior numero selvatici cacciabili di adesso; non c’erano, e questo è dato incontrovertibile, le popolazioni di ungulati cui siamo ormai abituati (in molti casi questi non c’erano proprio, introdotti con ripetute immissioni un po’ dovunque), ma globalmente la situazione era percepita come migliore.
 
Anni fa nessuno sentiva la necessità di conoscere la posizione esatta del proprio cane, i cacciatori di penna perché i loro cani non avevano necessità di effettuare aperture di centinaia di metri per reperire gli uccelli, e cosa analoga capitava a coloro che utilizzavano i cani da seguita, anche perché il selvatico d’elezione per quella pratica venatoria era l’orecchiona, la lepre, e non certo il cinghiale, preda che ormai viene cacciata ovunque in Italia.
In ogni caso sarebbe meglio sgombrare il campo da facili ipocrisie, perché se è vero che il gps rappresenta un’innovazione tecnologica, è pur vero che a queste nessuno riesce più a rinunciare. Alzi la mano chi non ha un cellulare! 
 
Certo magari qualcuno rimpiangerà il fascino del telefono a disco, o il trillo di quell’apparecchio nero che faceva bella mostra nelle nostre case sino ad un paio di decenni fa, ma difficilmente anche lui potrà fare a meno del suo iphone ultimo modello, o della comodità d’essere raggiunto ovunque. 
E discorso analogo si potrebbe fare per quelle mille altre invenzioni che hanno facilitato la vita di tutti, dal computer a quelle trovano applicazione sui nostri autoveicoli; pure la caccia ne beneficia, basti pensare ai telemetri laser, le ottiche ultra potenti, armi sempre più perfezionate e così via, sino ai sistemi di localizzazione satellitare.
 
Da qualche anno il gps è uscito da quella sua fase…pioneristica che l’aveva inizialmente caratterizzato per imporsi come uno dei prodotti più richiesti dai cacciatori con il cane.
 
Bisogna intanto precisare come ai primordi della diffusione dei collari controllati da satelliti, chi voleva acquistare questi prodotti aveva già la possibilità di trovarne di omologati, costruiti in Italia e autorizzati all’uso, ma più spesso si rivolgeva a prodotti esteri, specialmente sul mercato USA dove alcuni colossi industriali, attivi in questo settore per usi civili e militari, avevano avviato la produzione di navigatori satellitari per uso cinofilo o venatorio.
 
Il problema era rappresentato dalla banda d’utilizzo delle radiofrequenze, non consentite e addirittura “fuorilegge” perché assegnate al Ministero della Difesa e riservate ad uso militare e non civile; l’elevata potenza dallo strumento, 2 watt in antenna capaci di coprire un raggio di 20 km, lo mettevano in condizione di poter generare interferenze con la rete dello Stato.
In più, ai sensi della normativa vigente, avrebbe dovuto essere soggetto al “regime di autorizzazione generale”, subordinato quindi al pagamento di una tassa annuale di circa mille euro e ad una richiesta al Ministero dello Sviluppo Economico del “diritto individuale d’uso”.
 
Tale autorizzazione è per l’appunto individuale, ma valida solo per una zona ben definita e non per tutto il territorio nazionale; pesanti sanzioni amministrative sono previste per chi violasse la norma.
Com’è o come non è, ma resta il fatto che questo pesante retaggio avrebbe dovuto impedire la diffusione di questi apparecchi, a meno di non acquistare solo quelli autorizzati; in realtà al mercato “ufficiale” si è affiancato quello parallelo, favorito anche qui dalla tecnologia, perché attraverso internet, e siti di commercio elettronico molti cacciatori s’approvvigionavano del prodotto sul mercato USA o quello del Regno Unito.
 
Fioccarono i primi verbali, e quando ci si accorse che la violazione poteva essere anche penale, ecco che le grandi aziende pensarono di produrne di utilizzabili anche in Italia, usando le radiofrequenze autorizzate da noi, e questo per non rinunciare ad un mercato piuttosto interessante.
 
Quindi chi acquistava ancora un prodotto non omologato avrebbe potuto usarlo all’estero ma non da noi, oltre a dover rinunciare a garanzia ed assistenza, piuttosto essenziale su prodotti di questo genere e con costo abbastanza elevato.
Attualmente si possono acquistare tanto collari satellitari “made in Italy”, quanto quelli importati e distribuiti sul territorio nazionale; tra i più conosciuti e venduti i BS Planet tra quelli nazionali, e con una vasta gamma di collari a disposizione, mentre tra quelli esteri la fanno ormai da padrone i colossi d’ oltreoceano, la Garmin conosciuta da tutti anche per satellitari da auto e gps palmari, e famosa per i modelli serie Astro, e la Sportdog, con i prodotti Tek 1.0 e Tek 2.0, attualmente importati da Canicom.
 
Vediamo un po’ come funziona questo strumento, e quali sono i vantaggi relativi al suo uso.
 
Il sistema è composto da un palmare, che fa da strumento ricevente, e da uno o più collari, che sono i terminali, dotati di una piccola antenna e da fissare all’animali, nè più e nè meno di come si fa con un normale beeper.
In primo luogo bisogna impostare il tutto, personalizzando a seconda delle proprie esigenze, e questo perché ormai il gps è stato talmente perfezionato da prevedere diverse opzioni adatte ad ogni uso.
Si potrà intervenire sui tempi, prevedendo che l’invio del segnale abbia una differente cadenza, e quindi incidendo sulla precisione della localizzazione, così come sulla funzione di fermo, in modo da inviare l’impulso che segnala a cacciatore o conduttore che il suo cane è fermo, magari a ridosso del selvatico. Questo è un elemento molto importante, ma all’inizio serve un po’ d’esperienza per evitare…falsi allarmi: il gps infatti, a differenza del beeper che rileva i movimenti del cane, seppur minimi come lo scuotimento della testa, ne traccia la posizione sul terreno e quindi potrebbe vederlo fermo quando in realtà lui si sta spostando di poco, o muove nello stesso spazio. 
 
Allo stesso modo se si prevedono tempi troppo lunghi il rischio è quello di non avere la posizione effettiva, perché tutti noi sappiamo bene quanta strada possano fare i nostri cani in poche decine di secondi quando sono in azione di cerca.
Al di là di queste considerazione va tenuto presente che queste operazioni risultino molto dispendiose per la batteria (alcuni tipi utilizzano pile “usa e getta”, ovviamente da smaltire in maniera corretta, mentre altri l’hanno interna, al litio e ricaricabile) e bisogna evitare di restare a secco durante l’azione di caccia.
Esistono poi gps che prevedono anche la funzione di “abbaio a fermo”, segnalando al conduttore come il suo cane stia abbaiando, magari perché a ridosso d’un selvatico come il cinghiale.
Una funzione che può rendersi molto utile è invece quella che consente di inviare ”segnali ”al cane, al fine di correggerne il comportamento, questi possono essere acustici, vibrazioni oppure lievi impulsi elettrostatici che il nostro sensibile ausiliare è in grado di avvertire.
 
Una volta accesi entrambi gli apparecchi comincia la “comunicazione” tra l’uno e l’altro, attraverso una radiofrequenza che raggiunge il palmare dopo essere stata inviata dal collare che emette il segnale, captato dal satellite e ritrasmesso.
La copertura è davvero notevole, arrivando ai 15 o 20 km, più che sufficienti per individuare qualunque cane, persino quei segugi che incalzano senza sosta cinghiali o ad altri ungulati, e che prima dell’avvento del gps costringevano cacciatori o conduttori a faticosissime ricerche; ma anche la precisione è più che buona, avendo uno scarto di pochi metri, più che sufficienti per individuare un cane fermo nel folto d’un intricato bosco. Fantastica, ed estremamente utile, la possibilità di cacciare in assoluto silenzio, cosa estremamente utile quando si cercano selvatici particolarmente difficili, pronti ad involarsi, o darsela a gambe levate, al primo rumore sospetto.
 
Allo stesso palmare possono essere collegati più collari, il TEK 2.0 ad esempio ne prevede sino a 27, rendendolo dunque adatto a chi possiede grandi mute, e segnalare i movimenti del cane anche in maniera vocale, esattamente come avviene in auto con i diffusissimi navigatori. Più normalmente il cacciatore userà la funzione silenziosa, che attraverso una vibrazione o un suono segnala l’arresto del cane, consentendo a questi di raggiungerlo senza rumori o schiamazzi. In ogni caso sullo schermo del palmare viene tracciata la posizione del cane e il percorso effettuato, così come quella del cacciatore, e dunque vi saranno delle frecce o delle linee di diverso colore che ne segnalano i movimenti; quando poi il cane si ferma compare un pallino che ne evidenzia la posizione. La distanza viene indicata con buona precisione, e così uno sa sempre dove sia l’ausiliare, potendo anche prevedere dei “recinti virtuali” e cioè una distanza limite, o un’area ben precisa, superata la quale scattano segnali di avvertimento, consentendo al cacciatore/conduttore di capire che il cane potrebbe allontanarsi troppo.
 
Il sistema così concepito risulta utilissimo, anche perché consente di visualizzare tutti i dati, scaricabili su pc, tracciando delle mappe che dettagliano su quanta strada abbia fatta il cane, quanta il conduttore, durata, velocità e così via, informazioni tutte queste molto utili per chi sia interessato alle prestazioni del proprio ausiliare, e al miglioramento delle sue performance cino-venatorie. Alcuni prevedono poi il collegamento ad altri apparecchi, e così ogni cacciatore può tenere il contatto con il compagno.
I vantaggi sono evidenti, partendo dal fatto che aumenta la sicurezza per il proprio ausiliare ma pure per il cacciatore o conduttore, consentendo a lui di conoscere in tempo reale la posizione, il percorso effettuato, i punti da raggiungere o quelli memorizzati, come l’auto da cui si è partiti, e davvero mille altre informazioni.
Chi scrive l’usa da quando smarrì i suoi setter in alta montagna durante un censimento estivo a cotorni; i cani furono recuperati solo al terzo giorno con le immaginabili ansie e problemi per chi dovette cercarli. Ora non capita più.
 
Il gps è dunque una meravigliosa diavoleria moderna, certo non indispensabile o necessaria per tutti i cacciatori, ma sicuramente utile per coloro che cacciano in posti difficili o pericolosi, con cani da ferma che effettuano grandi aperture, con cani da seguita o grandi mute.
La tecnologia non va demonizzata, e il fascino dell’attività venatoria non risulta certo compromesso da questi moderni strumenti: gambe e naso servono comunque!
 
 
 
 
 
 
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