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Stupore bambino

 

 

 

 

 

Chissà se lo spirito può scegliersi il corpo ove abitare. Se fosse così in lui aveva trovato accogliente dimora. Il suo era un andare in dimensione diversa, non già perché zoppo, ma perché capace nel sentir dentro ciò che fuori lo catturava. Parlava di cacce solitarie, anche di frodo, dove, per non far torto a nessuno, su quei monti, dava qualcosa a ciascuno, ché le bestie sono della montagna e di tutti. Metteva passione in ciò che faceva, e ben si capiva. Così, più di una volta, a tavola invitato, diceva ai miei figli di pascoli e prati, vacche, giovenche e capre, di boschi e baite abitate, di una natura selvaggia e vicina e di quella addomesticata, di campanacci dai suoni diversi: dolci, robusti, delicati, acuti, sempre speciali, a conferma di tanto attento sentire. Sapeva raccontare quel minimo e far sognare il più grande. Creava la magìa del monte con parole solo sue, poche e precise di ritmo e sapere. Un camminare tra ricordi e nostalgie.

I ragazzi lo facevan per me, chiedendo ancora e ancora, di sapere di lui, di quel mondo ormai perso, per affidare all’uomo e non solo all’oblìo, quella storia per noi antica e ora forse soltanto veicolo di vita e d’avventura.

Campava solo. La solitudine uno se la cerca, ma talvolta è variante di destino imposta da sentieri di vita su percorsi tra cenge e dirupi, dove il cammino nel luogo e nel tempo è quello e nessun altro mai. Viaggiare col tempo a compagno è arduo, ma non impossibile, mi faceva capire. Impossibile è fermarsi, trascinati sempre dalle correnti impetuose del caso, verso luoghi che più di tutti quelli vissuti non si possono descrivere, quelli che non conoscono ancor forma. I nostri pensieri li hanno popolati di luci ed oscurità, fate mostri ed eroi, bellezza ed arroganze. Così, penso io, potremo attenderlo, quel tempo, averne timore, o semplicemente lasciare che ci scorra addosso, ma non riusciremo mai a non pensarci; perché, che sia roseo o nero, prossimo o anteriore, il futuro è il luogo dove passeremo il resto dei nostri giorni. E questo, lui per sé, negli ultimi suoi anni, di certo l’aveva capito, anche se a dirlo con sì tante parole non gli era gradito.

La morte l’ha incontrato così com’era, uomo attore, cresciuto e plasmato da quel cosmo montano, forse minore, un granello di sabbia, come tutto a ben pensare ci pare, intento però a coniugare tanta voglia di capire con la magìa di un certo infinito.

E sempre ci capita, malgrado la nostra pochezza, di interrogare uomo e destino, su come fare a saziare quel fuoco di mistero che dentro ci arde e consuma.

La verità, o la pace, è forse e soltanto nell’innocenza dello stupore bambino. Nulla più.

 

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