Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

L'IGIENE DELLA SELVAGGINA

L'IGIENE DELLA SELVAGGINA
Articolo apparso su Weidmannsheil n.6/2015
 
 
UN FORUM INTERNAZIONALE PER LA RICERCA SULL’IGIENE DELLA SELVAGGINA
Chiara Donazzolo, Sara Turchetto, Rosaria Lucchini
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie
 
Quasi tutti gli Appassionati e i Lettori di riviste venatorie ormai sanno che le carni di selvaggina stanno suscitando un crescente interesse sia nel mondo della ricerca, vista la “novità” dell’argomento, sia dell’effettivo consumo come valido alimento da introdurre in una dieta varia. Probabilmente non tutti, invece, sanno che da alcuni anni su questo argomento è nato, con base in Europa, un forum internazionale di esperti, l’International Research Forum on Game Meat Hygiene (IRFGMH – www.irfgmh.org), del quale nello scorso Settembre si è tenuto a Edimburgo (Scozia, UK) il terzo congresso internazionale. Come già per le precedenti edizioni in Repubblica Ceca (Brno, 2009) e in Austria (Vienna, 2012), anche quest’anno l’IZSVe ha partecipato all’evento con alcuni contributi di ricerca. Scopo di questo breve articolo è quello di fornire ai Lettori una panoramica dei principali argomenti che sono stati trattati in quella sede.
Il convegno si è aperto con una breve introduzione sul mondo venatorio scozzese, che ha mostrato attraverso concreti numeri il valore economico che questo sta acquistando con il tempo: basti pensare, ad esempio, che ogni anno la Scozia produce 3000-3500 tonnellate di cacciagione, di cui solo il 2% deriva da allevamenti.
 
Il dott. John Fletcher, attuale presidente della “British Deer Farm” e veterinario allevatore di cervi, ha illustrato l’evoluzione di questo tipo di allevamento nella realtà scozzese a partire dagli anni ottanta, evidenziando come l’interesse verso queste carni da parte del pubblico sia in effetti aumentato sensibilmente solo negli ultimi anni: dal 2012 ad oggi, infatti, le vendite sono cresciute del 25%, tanto che è possibile acquistare carne di cervo in molti supermercati. Tale tendenza si sta diffondendo anche in altri Paesi Europei, e non solo. Su queste basi, l’obiettivo dichiarato dal dott. Fletcher è quello di incentivare nel futuro l’allevamento di animali selvatici per promuovere l’industria delle carni di selvaggina, anche attraverso la realizzazione di macelli autorizzati e controllati da veterinari ufficiali, al pari dei macelli per gli animali domestici. La struttura di questi macelli, come anche i partecipanti al congresso hanno potuto verificare durante una visita ad un allevamento immerso nella campagna scozzese (foto 1), è stata quindi pianificata per ridurre il più possibile le cause di stress per l’animale prima della macellazione, allo scopo di salvaguardare la composizione e la qualità delle carni che potrebbero essere danneggiate dai processi innescati dallo stress. Non si intende assolutamente, in questa sede, entrare nel merito della sostenibilità tecnica ed ecologica degli allevamenti di selvaggina, ma piuttosto evidenziare un aspetto della comunicazione del dott. Fletcher che può interessare anche i Cacciatori e chi si occupa di igiene in selvaggina a vita libera abbattuta a caccia, ovvero quello della cura del benessere animale. Quanto sopra esposto, infatti, ribadisce l’importanza di un corretto abbattimento che eviti o comunque riduca al minimo qualunque sofferenza all’animale: in questo senso, un prelievo selettivo di ungulati eseguito con un corretto appostamento e un tiro preciso rende lo stress praticamente assente.
La conferenza ha offerto un ampio spettro di argomenti, dalle malattie infettive che possono colpire gli animali selvatici alle malattie trasmissibili dalla fauna all’uomo e al bestiame. Si sono approfonditi inoltre alcuni temi più specifici inerenti tra l’altro le buone pratiche igienico-sanitarie durante la manipolazione delle carcasse, aspetti più tecnici di sicurezza alimentare, il rischio di contaminazione da metalli pesanti (piombo e rame) e il valore nutrizionale delle carni. 
Scendendo nel dettaglio di alcune comunicazioni, un gruppo di ricerca finlandese ha presentato un lavoro condotto su 100 carcasse di alce, in cui è stata valutata la presenza di microrganismi contaminanti e ambientali, alcuni dei quali importanti patogeni per l’uomo. La crescita batterica è stata inoltre verificata in relazione al pH delle carcasse, a sua volta correlato al tempo trascorso dopo l’abbattimento, e alla temperatura. Come osservato anche in altri studi, alcuni dei quali condotti dall’IZSVe, da questo lavoro è emerso che i cacciatori il più delle volte riescono a mantenere bassi i valori di carica microbica, contenendo la frequenza di eventuali patogeni. Inoltre, anche questo studio ha confermato che all’aumentare delle temperature ambientali corrisponde un aumento della carica microbica, evidenziando quindi una possibile stagionalità del rischio.
Per investigare la qualità microbiologica delle carcasse di ungulati selvatici, Louwrens Hoffman, professore all’Università di Stellenbosch in Sud Africa, ha tenuto sotto controllo il processo di manipolazione e trasporto dall’abbattimento all’arrivo al centro di raccolta-macello, fino al disosso, proprio per individuare le fasi cruciali per la contaminazione delle carni (foto 2). Questo studio ha evidenziato innanzitutto la bassa frequenza di patogeni nelle carni di selvaggina anche in un contesto così lontano dal nostro, tanto che ad esempio Salmonella (nota responsabile di gastroenterite) non è mai stata riscontrata. Dai risultati ottenuti misurando la carica batterica in diversi punti della carcassa (coscia, fianco, petto e collo), subito dopo la spellatura e dopo refrigerazione, è stato comunque osservato che la superficie esterna delle carcasse di animali cacciati può presentare elevati livelli di microrganismi (foto 3). Un doppio campionamento, eseguito nel punto di taglio di eviscerazione prima e dopo spellatura, ha permesso di collegare le operazioni di spellatura con un aumento della carica microbica, a ribadire ancora come questa fase sia particolarmente delicata e debba essere eseguita con molta cura, al fine di ridurre al minimo la contaminazione (foto 4).
Non è mancato un intervento su un altro problema di sicurezza alimentare specifico delle carni di selvaggina, ovvero la presenza di residui di piombo, derivati dalle munizioni, nelle carni di animali cacciati. E’ infatti chiaro che la carne di selvaggina rappresenta uno degli alimenti potenzialmente a rischio per questa contaminazione, e sono stati condotti molti studi sia nell’ambiente, sia nelle carni degli animali selvatici. Il gruppo del dott. Andreas Hensel dell’Istituto Federale della Valutazione del Rischio di Berlino ha sottolineato a tale proposito l’importanza di raccogliere nuove evidenze scientifiche relative alla contaminazione della filiera alimentare non solo da piombo, ma anche da parte di altri metalli pesanti. 
Le malattie trasmissibili nell’interfaccia “selvatici-animali-uomo” e le malattie emergenti sono state abbondantemente trattate da molti relatori. Tra questi il dott. Paul Duff, Direttore dell’Animal and Plant Health Agency (APHA)-settore Malattie della Fauna Selvatica della Gran Bretagna, ha presentato un quadro generale sulle malattie nuove ed emergenti degli animali selvatici, zoonosiche e non, con una valutazione dei rischi e possibili soluzioni per mitigarli. L’intervento ha posto l’accento sulla necessità della sorveglianza sanitaria negli animali selvatici e su come i cacciatori siano parte integrante e fondamentale di queste attività: essi infatti sono i primi, e talvolta gli unici, osservatori dell’animale e, pertanto, la loro formazione è di primaria importanza. Ancora, il professor Hoffman si è focalizzato anche sul ruolo della selvaggina come potenziale fonte di zoonosi e di infezioni per il bestiame domestico, sottolineando quali possano essere le conseguenze sull’ecosistema di introduzioni di specie selvatiche con lo scopo di essere cacciate e consumate, dimostrando come anche in contesti apparentemente molto lontani il problema degli effetti deleteri che possono derivare dall’introduzione a vario titolo di specie alloctone sia all’ordine del giorno.
Molto apprezzato è stato anche l’intervento della prof.ssa Teresa G. Valencak dell’Università di Vienna che ha confermato, con i suoi recenti studi, l’elevato valore nutrizionale delle carni di cervo per la presenza di acidi grassi omega 6 e omega 3 in rapporto ottimale superiore a 5:1, così come raccomandato dai nutrizionisti (“buon” profilo di acidi grassi insaturi). 
Infine sono stati trattati altri aspetti, tra cui l’igiene delle carni di piccola selvaggina, come alcune specie aviarie, e la presenza negli animali selvatici di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, tema di sanità pubblica di grande attualità, dove gli animali selvatici possono fungere da “sentinelle ambientali”. Proprio su questo argomento è stato incentrato il contributo dell’IZSVe, che ha presentato alcuni dati sulla resistenza di alcuni ceppi di Salmonella isolati nel cinghiale. 
Oltre alla varietà degli argomenti, della quale quanto sopra rappresenta solo un piccolo saggio, è stato particolarmente interessante notare la varia tipologia dei partecipanti a questo forum, che comprende sia rappresentanti del mondo della ricerca e della sanità pubblica, sia associazioni venatorie, sia rappresentanti di filiere alimentari, a sottolineare le potenzialità di una caccia sostenibile come risorsa per il territorio e occasione di sviluppo economico, come già avviene in diversi paesi esteri. Spazi di informazione, confronto e discussione come il forum IRFGMH sono sicuramente utili alla diffusione, oltre che di una cultura dell’igiene, anche di una mentalità più pronta a cogliere queste opportunità, e speriamo con questo breve contributo di avere “incuriosito” su questi temi anche qualcuno dei nostri lettori. 
 
 
Si ringraziano la Riserva Alpina di Caccia di San Vito di Cadore (BL) e l’International Research Forum for Game Meat Hygiene per la gentile concessione delle immagini
Torna su

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura