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Come nacque il Barolo

Iniziamo questo nostro viaggio nel mondo dei vini da abbinare alla selvaggina partendo dal nord, e da quella che forse è una delle più importanti regioni italiane in termini di produzione vinicola, tanto dal punto di vista quantitativo quanto qualitativo: il Piemonte, patria di grandi vini rossi corposi.
E sì perché i nostri selvatici, tanto di piuma quanto di pelo, si sposano bene proprio con questo nettare di bacco dal colore rosso scuro, che ha nella regione subalpina uno dei suoi prediletti luoghi di produzione.

Fu nell’ottocento che il Piemonte dette una fisionomia moderna al proprio vino.
Sino a quel momento la coltivazione della vite era residuale rispetto al frumento e lasciata all’improvvisazione del contadino; la vinificazione poco attenta, con le viti che venivano lasciate crescere liberamente tra i campi d’orzo e grano, sino ad arrampicarsi sugli alberi.
I vini che finivano sulla tavola, buoni per produrre vermouth ma assolutamente inadatti all’ uso quotidiano per accompagnare il pasto, erano di cattiva qualità bruschi e allo stesso tempo dolci, e non reggevano il confronto con quelli francesi, importati da Borgogna e Bordeaux per essere consumati dall’aristocrazia sabauda e dalla nascente ricca borghesia industriale.
Furono le vicende risorgimentali ad accelerare quel processo che portò il Piemonte, in pochi anni, a diventare uno dei principali produttori vinicoli d’Italia.
La Francia così vicina fu d’esempio, e la marchesa Giulia Falletti di Barolo prima, e il conte Cavour successivamente, diedero la svolta definitiva chiamando al loro servizio il celebre enologo Louis Oudard che si trasferì nelle Langhe, a Grinzane, nel castello di proprietà del conte immerso tra i vigneti.
Il francese si rese subito conto che i piemontesi disponevano di uve meravigliose, con frutti saporiti e ricchi di tannini e quindi, Nebbiolo in primis, adatte al lungo invecchiamento.
Il problema risiedeva nelle tecniche di vinificazioni e nella pulizia di botti e cantine che impedivano ai lieviti del vino di portare a perfetta fermentazione le uve, lasciando nel liquido ancora molti zuccheri che invece avrebbero dovuto invece trasformarsi in alcol.
Nacque così il moderno Barolo, vino rosso scuro, forte, ricco di profumi, secco ed asciutto e perciò adatto ad un lungo invecchiamento.
Oudard si stabilì poi a Neive, vicino a Barbaresco, a produrre vino in una zona ove trent’anni dopo nascerà un altro grande dell’enologia piemontese che proprio da quel paese prese il nome.
Tutte queste innovazioni vennero apportate anche agli altri vitigni della zona: Dolcetto, Barbera, Grignolino, facendo del territorio piemontese una delle culle del vino rosso.

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