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Vini del Trentino Alto Adige

Quando io bevo penso,

Quando io penso bevo

Rabelais

 

 

 

Il Trentino Alto Adige pur essendo una Regione caratterizzata da territorio tipicamente montano, è molto importante dal punto di vista vitivinicolo. Nota per la produzione di ottimi bianchi, eccelle anche nella produzione di rossi. Le zone maggiormente vocate alla produzione sono l’alto Garda (o Valle Sacra), la Valle dell’Adige, la Vallagarina, la zona di Trento, tra Merano e Salorno, la zona di Bolzano, la Valle Venosta e la Valle di Cembra.

La gastronomia ovviamente risente dell’influenza delle montagne, con piatti sostanziosi in cui è molto presente la carne di maiale, con insaccati famosi e salumi tra cui la fa da padrone lo spek, le carni di selvaggina da pelo (cervo, camoscio, capriolo), i formaggi, le zuppe.

Caldaro, Lagrein, Marzemino, Santa Maddalena, Teroldego, Pinot nero sono i principali vini rossi di cui parleremo e che si sposano ottimamente con la ricca cucina regionale.

Quanto alla storia vinicola di questa Regione anche qui le prime viti pare siano state portate dai Romani, anche se da ritrovamenti archeologici si direbbe che una tribù locale (i Reti) già coltivasse la vite. Il primo vero salto di qualità nella produzione del vino si deve al Monachesimo che intorno all’anno 1.000 cominciò a dettare le prime Regole per la vendemmia a cui seguirono gli Statuti di Trento, che avevano come fine di vietare l’importazione di vino da altre zona limitrofe. Lunga fu poi la contesa tra Trento e Bolzano per la vendita del vino prodotto verso il nord, questione che ci mise quasi due secoli ad essere risolta con un compromesso. Il cronista Michelangelo Marani nel 1670, in occasione del Concilio di Trento, decanta le qualità degli ottimi vini locali: i famosi "vini muti che fanno parlare".

Il XIX fu per il vino un secolo d'oro: interi territori basavano al loro economia sulla viticoltura. Verso la seconda metà del secolo però si abbatterono sull'economia vitivinicola europea e trentina i flagelli dell'oidio e della fillossera, che arrivarono in Europa con le importazioni di viti americane. Il primo, un fungo patogeno osservato per la prima volta in Inghilterra nel 1845, causò gravissimi danni in tutta Europa e, dopo accurati studi, venne debellato con l'uso dello zolfo. Appena ripresasi dall'odio la vite venne attaccata dalla fillossera, un parassita che colpisce le radici della vite europea: si diffuse rapidamente e causò gravi danni quando non la totale distruzione di gran parte delle coltivazioni di viticole in Trentino. Bisognò insomma ricominciare da zero, con nuovi impianti basati su portainnesti derivati da viti americane, resistenti al parassita.

Queste esperienze traumatiche costrinsero a passare dalle tecniche di coltivazione che nulla avevano di scientifico e solamente tramandate da padre in figlio, ad un'organizzazione basata su moderne conoscenze scientifiche. In questo quadro fu di estrema importanza, nella rinascita e nel successivo sviluppo della viticoltura trentina il ruolo dell’Istituto Agrario San Michele fondato nel 1874 come Scuola Agraria, con annessa Stazione Sperimentale e ancora oggi importante centro di studi e sperimentazione in particolare nel settore vitivinicolo. Oggi ben oltre 100 comuni trentini contano la viticoltura fra le principali risorse economiche e ben 50 di essi hanno la vite come principale risorsa dell'agricoltura. Più di 9.000 ettari di vigneto producono circa un milione di quintali di uve, per un totale di oltre 50 milioni di bottiglie, per la maggior parte di vini DOC.
Anche se, rispetto alla situazione italiana, la produzione trentina risulta quantitativamente modesta, il raccolto di uva si è attestato, infatti, intorno all'1% rispetto alla produzione italiana, i vini trentini hanno conquistato i mercati mondiali grazie all'ottima qualità del prodotto locale.

 

La figura del Saltner

Se attraverso il vino si può conoscere la storia delle genti, con le tradizioni ed i riti a volte anche antichissimi che l’accompagnano, non possiamo non dedicare un po’ di spazio ad una figura della tradizione vinicola di queste valli: il Saltner.

Il Saltner era il guardiano delle vigne, istituzione tanto remota il cui nome si fa derivare dal saltuarius custode di boschi e di vigne ai tempi dei Romani. La sua professione richiedeva coraggio e dignità virile ed il suo aspetto doveva incutere rispetto e timore nelle genti locali. Le sue mansioni di custode di beni e di insonne sorvegliante della notte gli conferiva virtù arcane e magiche, tanto che il suo costume visto oggi ben potrebbe essere quello di uno sciamano o di un santone indiano: interamente vestito di pelle di capra, ornato di piume colorate, portava al collo denti di cinghiale, con un cappellaccio imbottito di pelle di martora e di scoiattolo. Armato di una pistola e di una croce di ferro, che scagliava contro quelle creature della notte che non era stato capace di identificare, portava sempre con sé un lungo bastone ornato di segni misteriosi. Gli aspiranti Saltner dovevano presentarsi ai vignaioli il 10 di agosto, mentre la nomina – se il giovane era riconosciuto di provata virtù – avveniva il giorno dell’Assunzione.

Subito dopo i nuovi Saltner dovevano iniziare un servizio lungo ed impegnativo sino alla imminente vendemmia e guai a farsi sorprendere impreparati dalle ronde notturne dei vignaioli! Si veniva immediatamente radiati e la fiducia era persa definitivamente.

Caldaro

Ottenuto da uve Schiave, tra cui prevale la varietà denominata grossa, proviene da una zona geografica caratterizzata da uno straordinario clima, che ben potremmo definire mediterraneo. Il colore è rosso granato chiaro, tendente al mattone con l’invecchiamento (di solito breve di 2-3 anni). Il profumo è delicato, con sentore di mandorla e frutta cotta, il sapore è asciutto non ricco di corpo, anche se sapido ed armonico. Il grado alcoolico si aggira sui 12°, mentre l’acidità attorno al 4-5 per mille. La zona di produzione è in Provincia di Bolzano, prossima al lago che da il nome a questo vino chiamato in tedesco Kalterer- see. Avvantaggiandosi di un moderato invecchiamento – come dicevamo di 2 o 3 anni – diventa un ottimo vino da arrosti.

Lagrein

Ottenuto dall’omonima uva, ha colore rosso rubino, tendente sino al granato chiaro, sino al rosè. Lagrein – Kretzer è il suo nome in tedesco. Ha profumo tra la vaniglia e la viola ed il sapore è sempre asciutto, fresco e gradito. L’alcoolicità si aggira sui 12° e l’acidità è bassa. Può essere vinificato in modi leggermente diversi: se sarà "in rosso" vorrà dire che la fermentazione del mosto sarà avvenuta in presenza delle bucce e quindi il suo colore sarà maggiormente intenso, con profumi di mora ed in bocca una piacevole sensazione vellutata . E’ un vino che va consumato comunque giovane proprio per la sua freschezza, abbinandosi egregiamente a piatti della tradizione: un tagliere di affettati o di formaggi, come con carni di minore impegno.

Marzemino

Il vino deve una certa notorietà anche grazie al fatto di essere stato citato dal compositore Mozart nella sua opera Don Giovanni, segno che alla corte d’Asburgo il Marzemino era ben noto ed apprezzato. Ottenuto dall’omonima uva, ha colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento. Ha profumo particolarissimo di mirtilli e more di rovo. Ha sapore asciutto nei tipi più invecchiati, o amabile in quelli più giovani che sono a tratti vivaci, sapido, di corpo, a volte con una punta di tannicità, aromatico come al profumo. Alcoolicità 11-12° e bassa acidità (5 per mille). Luoghi di maggiore produzione sono i Comuni di Isera in Provincia di Trento, Ala, Avio, Nomi, Mori, Volano e nella Val Lagarina.

 

 

Santa Maddalena

E’ un rosso importante, ottenuto dalla vinificazione di uve Schiava (grossa, gentile e grigia). Dal colore rosso rubino, cambia verso il granato con l’invecchiamento. Ha profumo tipico delle uve da cui deriva e cioè quello caratteristico di mandorle. Dal sapore asciutto e vellutato, nel sapore richiama fortemente il profumo, con gradevole retrogusto amarognolo. Visto il suo corpo, che come gradazione alcoolica raggiunge tranquillamente i 13° è molto apprezzato come vino da arrosti e con gli impegnativi piatti della tradizione.

Blauburgunder

Deriva dal vitigno pinot nero, molto diffuso ed apprezzato in tutto il mondo. In Trentino Alto Adige, per quanto le produzioni siano limitate a certe zone (Egna, Appiano), il Blauburgunder ha raggiunto livelli qualitativi eccellenti. Dal punto di vista organolettico esso si presenta di color rubino con lievi sfumature granate, ha il profumo fresco e accattivante dei piccoli frutti di bosco. Al gusto è molto armonico, con una bella struttura tannica fruttata, ricca di gusto e fine al palato. Vino di corpo, è molto apprezzato con la cacciagione.

 

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