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Vini della Valle d’Aosta

Les Valdotains
sont pas si fous
de se quitter
sans boire un coup
De boire un coup
c’est agreable :
d’en boire deux
c’est encore mieux


Lasciato il Piemonte alle spalle diretti a nord si entra in Valle d’Aosta, dove la rigidità del clima montano richiede piatti sostanziosi (zuppe, carni di maiale e di selvaggina, formaggi, insaccati) e vini adeguati. Ma il bere in Valle non è un semplice dialogo tra bottiglia e bicchiere: l’antica fratellanza dei montanari lo trasforma in rito, in una festa conviviale, in una sorta di inno alla sacralità della famiglia e dell’amicizia. Si beve non da solitari, ma à la ronde, spesso in un unico recipiente, che per la sua forma presuppone un buon numero di convitati. Si chiama grolla e tale termine deriva certo dal germanico graal, il sacro calice usato da Cristo nell’ultima cena, al quale i Cavalieri medioevali potevano accostare le proprie labbra solo se il loro cuore  era puro. La grolla valdostana è in genere in legno e dotata di diversi beccucci: occorre una certa perizia nell’accostarla alle labbra, in un delicato equilibrio tra livello del liquido ed inclinazione, in modo da non fare uscire della bevanda dagli altri fori.
Attorno alla grolla o alla bottiglia di buon vino un’antica poesia popolare beneaugurante voleva che tutti ripetessero insieme:
Après la polenta il faut una brenta
Après lo fromadso incò davantadso
Après la soupe il faut la coupe
Après la rave descendons en cave
Après la figue sois en prodigue
Après la pomme c’est tout comme
Après la poire il faut boire
Après la cerise de soif je grise
Après la salade je suis malade
Après l’eau il faut le tonneau
Après le diner ne pas lesiner
Après le suoper il faut en gouter
(dopo la polenta che ne vuole una brenta; dopo il formaggio ancora di più; dopo la zuppa, la minestra, ci vuole una coppa; dopo la rapa scendiamo in cantina; dopo il fico sii prodigo; dopo la mela idem come detto; dopo la pera bisogna bere; dopo la ciliegia ardo di sete; dopo l’insalata sono ammalato; dopo l’acqua ci vuole il tino; dopo il pranzo non si deve lesinare; dopo cena bisogna assaggiare). 
L’Abate Amè Gorret, che per primo scalò il versante italiano del monte Cervino nel 1865, grande sacerdote di cui ancora oggi le comunità locali serbano ricordo, ma anche grande cacciatore e bevitore, conosceva perfettamente i vini della sua Valle. Ricevuto dal proprio Vescovo l’ordine di non bere che un bicchiere al giorno obbedì alle superiori disposizioni procurandosi una coppa della capacità di due litri.
 
I vini della Valle d’Aosta, in particolare i rossi che qui tratteremo, hanno caratteristiche simili. Derivando dal frutto della stessa terra, spesso aspra e difficile da coltivare, hanno qualità organolettiche e possibilità di abbinamento ad un po’ tutti gli stessi piatti della tradizione alpina. Derivando in gran parte da uve Nebbiolo, ricordano spesso da vicino alcuni Rossi del Piemonte (Colline Pinerolesi, Saluzzese, Ormeasco).
Per la loro connotazione molto legata al territorio i vini Valdostani spesso non sono molto facili da reperire, ma lo sforzo è ripagato dalla qualità del prodotto e da un buon rapporto qualità prezzo (dai 10 ai 15 euro nelle versioni base).
Il Donnas è un vino che deriva dalle uve nebbiolo coltivate nell’omonimo Comune (oltre a Pont S. Martin e Perloz) ed ha colore rosso rubino brillante. Ottenuto il DOC negli anni ’70 esso ha profumo squisito e fresco, di lampone, mentre al sapore risulta asciutto e armonico, con un piacevole fondo amarognolo. Attorno ai 12 gradi come alcolicità ha un’acidità piuttosto bassa, richiedendo un periodo di affinamento su per giù di tre anni. Va servito ad una temperatura di 18- 20° sposandolo con gli arrosti di carne rossa e selvaggina (camoscio e cervo in particolare). Del Donnas esiste anche una versione aromatizzata da dessert e meditazione, più indicata per i dolci e fine pasto dunque. Di questo vino esiste una Cooperativa di produttori che con caparbietà mantengono viva questa perla della viticoltura Valligiana, pur a fronte delle oggettive difficoltà di coltivazione dati i versanti montani.
Il Torrette, rosso doc, è tra i più noti vini della Valle. Prodotto secondo un rigido disciplinare in undici Comuni, ha una certa notorietà ben oltre i confini della Regione. Vino da tutto pasto, può raggiungere i 13 gradi alcolici nelle versioni superiori (quelle derivanti da vigneti particolarmente esposti al sole, con bassa resa per ettaro). Inevitabile degustarlo in occasione di una gita in zona, davanti ad un bel tagliere di salumi locali, o ad un bel piatto di polenta e camoscio.
Enfer Arvier è un rosso piuttosto noto. Anch’esso dotato di marchio Doc, è coltivato in un sito del tutto particolare nel Comune di Arvier, una sorta di anfiteatro alpino molto soleggiato che consente alle uve Petit Rouge (80%), Pinot Nero, Vien de Nus e Dolcetto di maturare ottimamente, raggiungendo buone gradazioni alcooliche di 12 – 12,5°.
Vien de Nus è un rosso molto simile al primo, ottenuto dall’omonimo vitigno per una metà e per l’altra da Petit Rouge, secondo un rigido disciplinare. Più secco del precedente, con delicate note tanniche e sentori di more e frutta cotta, si adatta molto bene alla mocetta ed agli arrosti di carne rossa. Nus, Verrayes, Fenis e Quart sono i quattro principali Comuni in cui il Vien de Nus viene prodotto. Ricordo, ormai tanti anni fa, una gita proprio a Nus dove - ospite di un amico -  ebbi modo di assaggiare delle fantastiche salsicce secche fatte con sangue di maiale, cipolle e spezie che, tagliate a fette, si accompagnavano egregiamente al Vien de Nus ed al locale pane nero.
Arnad- Montjovet. E’ un rosso importante capace di raggiungere gradazioni sino a 13 °, soprattutto nella versione superieur. Ha sentori di cuoio e frutta cotta. Ricavato da uve Nebbiolo, Dolcetto e Pinot nero. Arnad, Verres, Issogne , Challand – Sant Victor, Champdepraz, sono i principali Comuni in cui è prodotto. La versione superieur è affinata in botti di legno e per questo ha sentori di morbida vaniglia. Da stappare qualche ora prima di essere servito, allo scopo di favorire processi di ossigenazione capaci di esaltarne i profumi.
Vin de la Sabla. Il più “nuovo” nel panorama dei vini della Valle d’Aosta, deriva da uve Fumin e Petit rouge in eguali proporzioni, è stato riscoperto dalla caparbietà di un enologo valligiano. Privo della Doc è prodotto nel Comune di Aymavilles; il nome deriva dalla particolarità del sito che, per la sua natura silicea e sabbiosa, mette le viti nella condizione di risentire meno dell’umidità delle piogge.

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