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Luca Gironi

Luca Gironi

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GIUSEPPE RUMERIO, il Maestro Scultore della Val Gardena

Giuseppe Rumerio lavora il legno. Dalle sue mani escono delle opere d’arte talmente belle che è difficile immaginare che provengano da un semplice blocco di legno. Giuseppe è timido, schivo, ma al contempo disponibile, gentilissimo e, a modo suo, anche aggressivo quando impugna mazzuolo e scalpello. Dopo aver visto di cosa è capace, mi sono sentito in dovere di approfittare delle nostre pagine per presentarvi un’artista tanto bravo quanto unico nel suo genere, che merita veramente di essere conosciuto meglio. Giuseppe Rumerio è nato il 1 giugno del 1949 a Cittiglio in provincia di Varese da padre muratore e madre cuoca. Una famigliola normale, se non fosse stato per il fatto che la mamma, nativa di Ortisei, era una diretta discendente della prima stirpe di scultori di tutta la Val Gardena. A soli quattro anni Giuseppe giunge finalmente nella terra che gli è più congeniale, dove inizia ad amare uno dei suoi prodotti più caratteristici: il legno di cirmolo. Chiunque dimostra tanta abilità nell’arte è perché è nato con un dono della natura. Al piccolo Giuseppe infatti, veniva più facile ricavare un angioletto o un capriolo da un pezzo di legno che dare quattro calci ad un pallone.

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Dopo aver imparato tutti i trucchi del mestiere ed aver acquisito padronanza e maestria nel maneggio degli utensili, Giuseppe Rumerio decise che era ora di mettersi a lavorare seriamente e di dedicarsi alla difficile ed esclusiva creazione di oggetti sacri, come statue di santi e crocifissi, oggetti molto richiesti dai turisti di tutta Europa, che ogni anno a migliaia visitano la splendida valle altoatesina e che difficilmente la lasciano senza aver preso un bellissimo e profumato souvenir in legno. Rumerio col tempo consegue anche il diploma di Maestro Artigiano che sapientemente riesce ad abbinare all’esperienza ed al suo irresistibile estro per creare sempre opere nuove sia in legno sia in bronzo. Oggi tutte le sue sculture sono esclusivamente ed integralmente fatte a mano e tutelate da un marchio e da un certificato di garanzia. Chi lo conosce bene, sa che ormai nelle vene di Giuseppe non scorre più il sangue, ma trucioli e resina! Artisticamente parlando, è completamente autodidatta e tutto quello che sa fare e la magica ed insuperabile arte che esprime l’ha imparata da solo nel piccolo laboratorio che suo papà gli aveva costruito tanti anni addietro nella loro bella casa tra i monti.

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Giuseppe Rumerio si definisce un uomo felice e sereno, perché oltre ad avere una meravigliosa famiglia la sua unica attività è sempre coincisa con la sua grande passione: la scultura in legno. Basta recarsi nella sua casa ad Ortisei, oppure visitare il suo sito su internet, per rendersi conto se ciò che dico è vero. Credetemi, la sua arte è insuperabile, indipendentemente dal soggetto scelto. Se ti trovi davanti ad una sua scultura, capisci al volo che l’ha fatta lui. Possiede una genialità ed una cura dei dettagli difficilmente riscontrabile in altri artisti. Giuseppe le sue opere in legno, ma anche in bronzo, le crea di sana pianta, le modifica le rifinisce e le abbellisce a suo piacimento o su richiesta del committente sempre con le proprie mani. Alcune sue sculture riescono veramente a toglierti il fiato. Giuseppe, a differenza di molti altri scultori ed artisti, non ha un atelier vero e proprio dove espone le sue opere. Lui lavora in casa, in un piccolo locale profumato di legno e resina arredato spartanamente e con le pareti arricchite da tanti trofei di caccia. Si, perché Giuseppe è anche un appassionato e bravissimo cacciatore di montagna. Visitando dove opera abbiamo visto pochissime sculture finite, ma molte ancora in fase d’ultimazione ed altre ancora che risalgono addirittura a quando, giovanissimo, scoprì il suo innaturale talento. Per Giuseppe il legno non ha praticamente segreti e lavorarlo è una sfida a cui non sa resistere. Dalle sue mani è uscito e può uscire di tutto. Ritratti, statue con sembianze umane e di animali, paesaggi, scene di caccia e scene sacre come crocifissi, vie crucis e natività. Come si possono descrivere le sue opere? Personalmente definirei Rumerio come un moderno Michelangelo che invece di lavorare il marmo ha scelto il legno pregiato. Giuseppe è forse noto più all’estero che in patria. Ha partecipato a moltissime mostre a Treviso, Firenze, Milano, Torino, Monaco di Baviera, Francoforte, Amburgo, Parigi, Lione, Innsbruk, ed anche in America, dove ha suscitato un grandissimo interesse sia di critica sia di pubblico. Alle normali incisioni, intagli, intarsi ecc, Giuseppe sa coniugare la conoscenza e l’abilità della semplice lavorazione del legno con l’originalità dell’invenzione e dell’arte. Crea personaggi possenti nella struttura tra il popolare ed il mitico come galoppanti e frementi cavalli, voli di germani, paesaggi da favola, animali selvatici montani come caprioli, cervi, aquile e camosci, ma anche bufali, leoni ed elefanti. Una sua scultura a grandezza naturale che riproduce un puma ha vinto un’importante e prestigioso trofeo negli USA, dove lo scultore di Ortisei gode di una grandissima fama. Giuseppe Rumerio, da buon valligiano, risente particolarmente dalla natura che lo circonda, dove l’antico animo del cacciatore si tramuta in acutezza d’osservazione degli animali e dei vegetali, che trasforma nelle sue inimitabili opere.

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Quando ho avuto l’occasione di conoscerlo personalmente, con gli occhi che gli brillavano per l’eccitazione, volle mostrarmi una cosa. Mi aspettavo di vedere un bel camoscio scolpito, una tavola con una scena di caccia al cinghiale, una statua raffigurante un santo ed invece mi ha mostrato una piccola scultura di un capriolo maschio sdraiato su un fianco alto non più di sette – otto centimetri. Un oggetto raffinatissimo degno più dell’arte orafa che opera di uno scultore in legno. “Un cliente mi ha offerto per questo piccolo oggetto ……” e spara una grossa cifra. “ma non gliel’ho dato. L’ho regalato tanti anni fa a mia moglie e non lo venderei per niente al mondo”. Mi sono sentito in imbarazzo ed onorato per aver avuto la fortuna di toccare ed ammirare una miniatura così bella. Ecco, se proprio dobbiamo trovare un difetto al mago del mazzuolo e dello scalpello di Ortisei, è, paradossalmente, proprio l’eccessiva bellezza dei suoi lavori, perché sembra impossibile che possono essere fatti esclusivamente a mano. Date retta a me, se vi dovesse capitare di passare per la Val Gardena, fate una piccola sosta ed andate a trovare Giuseppe Rumerio. State certi che non ve ne pentirete.

Marco Benecchi

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Le Sue MOSTRE
2008 – “Il cavallo nell´arte” Abano Terme
2005 – Primo premio concorso “Monumento al cavallo cittá di Lonigo”
2004 – South Eastern Wildlife exposition Charleston South Carolina (USA)
2000-2004 – Show at the Rollins Gallery (USA)
2003 – Show for Harmon Kyllebrow Minneapolis Minesota (USA)
2000 – Tiroler Jagdschutz Innsbruck Wild und Kunst
1999-2000 – Mostra Chateau de Sully sur Loire Francia
1997 - Festival European de Langres “L`animal dans l`art” Francia selezionato da Face
1993 – Mostra personale “Selvaggina alpine” nel castello di Velturno
Nel 2011 é prevista una mostra personale in Albenga (SV) Liguria

 


GIUSEPPE RUMERIO
SCULTORE - SCULPTER
Esegue qualsiasi tipo di lavorazione artistica su legno.
Con stile classico, moderno e tradizionale.
Dalle piccole opere a quelle monumentali.
Via Rumanon, 12
39046 Ortisei – St Ulrich (BZ) - Italy
Tel. + Fax +390471797206
Cell. +393284347238
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – www.rumerio.com

 

 

Caccia in azienda: sì, ma quale?

L'ultima parte della stagione venatoria, per il cacciatore cinofilo porta con se il periodo più infausto. Le aree agricole, infatti, con fagiano, starna e pernice ormai non cacciabili, sono giustamente interdetti all'attività venatoria quasi ovunque. In molte regioni, il capodanno porta con sé addirittura la fine della caccia alla beccaccia. Per questo chi vuole continuare ad uscire con il proprio amico a quattro zampe non ha altra scelta che rivolgersi ad una delle tante aziende venatorie sparse sul nostro territorio. Già ma quale? Ci sono formule per tutti i gusti e le esigenze, sta a noi capire cosa meglio si adatta alle nostre necessità cinovenatorie e, ai nostri gusti, naturalmente. Se vogliamo semplificare, ci sono due grandi famiglie di Aziende e questo penso lo sappiano tutti. Si tratta delle Aziende Faunistico Venatorie e delle Aziende Agrituristico Venatorie. Ma che differenza passa tra le due tipologie? La prima tipologia è impresa di gestione, in cui il governo del territorio e la pianificazione del prelievo portano al mantenimento di una popolazione di fauna cacciabile stabile sul territorio. In queste aziende, insomma, la caccia viene gestita come nel territorio libero, con immissioni possibili solo nel periodo estivo e un prelievo programmato di ungulati e stanziale. In questi istituti è possibile cacciare la selvaggina migratoria sia in forma vagante che da appostamento fisso o temporaneo. Quindi sembrerebbe la soluzione migliore, selvatici stanziali “veri” e migratoria, che volere di più... Purtroppo i costi di gestione di una simile struttura sono piuttosto elevati e la legge pone un limite ben preciso, legato alla superficie aziendale, al numero di cacciatori che possono accedervi contemporaneamente. Questo fa sì che il prelievo resti corretto, ma ingenera dei costi assolutamente proibitivi per la maggior parte dei comuni mortali.

Una splendida vista della vallata che rende lidea della variabilità e validità dei suoi ambienti min min

Per questo, per la grande massa dei cacciatori, sono assolutamente più gettonate le Aziende Agrituristico Venatorie, che permettono di passare una giornata in compagnia, osservando il lavoro del proprio cane, con una spesa significativamente più modesta. Quali sono le principali differenze con una faunistico venatoria? In queste strutture è assolutamente vietato abbattere la selvaggina migratoria ed è consentito abbattere solo capi di stanziale e ungulati appositamente immessi e provenienti da allevamenti. In questa cornice, abbastanza vaga e scarna per la verità, se ne sta una grandissima abbondanza di tipologie aziendali, perché l’impostazione dell’agrituristico venatoria, può spaziare dal pollaio a qualcosa che si avvicina molto alle Faunistiche. Cogliamo l’occasione per presentarvi un'azienda con queste ultime caratteristiche, una Agrituristica di assoluta qualità, che grazie a una attenta e rigorosa gestione, permette al cacciatore cinofilo di praticare l'attività venatoria con notevole soddisfazione. Stiamo parlando dell'Azienda Turistico Venatoria La Vallata di Lajatico. Situata in uno scenario fantastico, le colline che digradano dal pittoresco borgo di Lajatico, reso celebre dal suo cittadino più illustre, il tenore Andrea Bocelli, l'Azienda si sviluppa su un’ampia superficie comprendente coltivi, pascoli e boschetti. Patron della Vallata è Carlo Giusti, che oltre a gestire magistralmente, assieme alla sua famiglia, la bellissima struttura ricettiva dell'azienda, mette a disposizione dei cacciatori la sua grande esperienza di cinofilo. E' dalla sua visione della caccia, infatti, che scaturisce l'interessante progetto dell'Azienda Naturalistica La Vallata. Già perché questa non è un'azienda come tutte le altre, qui tutto è pensato per regalare al cacciatore ospite, un'esperienza di caccia vera su selvatici di assoluta qualità in terreni appositamente pensati e gestiti. Certo la caccia avviene su selvatici immessi, ma non troverete animali pronta caccia qui. Una volta fatti i permessi, uno degli accompagnatori dell'azienda condurrà sui terreni aziendali cacciatori e ausiliari che si confronteranno con i fagiani e le starne che stabilmente popolano l'azienda. Il cuore della tenuta, il terreno che le dà il nome, è un'ampia vallata, che dalla cresta collinosa su cui sorge il borgo di cui abbiamo parlato prima scende verso il torrente Sterza. Qui i terreni sono totalmente sotto il controllo dell'azienda, che impone una ferrea rotazione delle colture, alternando di anno in anno pascoli, incolti e coltivi, in modo da rendere il territorio piacevole per la vista e accogliente per la fauna. Si è cercato, infatti, di ripristinare quell'ambiente che una volta caratterizzava la campagna Toscana plasmata dalla mezzadria, una realtà fatta di piccole proprietà con una moltitudine di colture inframezzate da siepi e boschetti. Insomma una grande biodiversità, costituita da un insieme di fasce ecotonali, in cui cacciare è davvero piacevole. Già, perché i selvatici target dell'azienda, fagiano e starna, hanno bisogno di ambienti leggermente diversi. Infatti, il primo, più rustico, si avvantaggia delle colture a perdere, delle grandi siepi, dei boschi di querce e dei gerbidi. La seconda, il galliforme più amato da chi caccia col cane da ferma, si trova perfettamente a suo agio nelle grandi estensioni di medica e nelle colline tenute a pascolo che rappresentano oltretutto uno scenario fantastico in cui cacciarle. Infatti, cacciare, almeno per il cinofilo vero, non consiste solo nell'abbattere il selvatico. Molto più importante è gustarsi il lavoro del cane, ma per riuscire a goderne appieno, dobbiamo cacciare il selvatico giusto nei terreni più adatti. E questo è il leitmotiv che Carlo Giusti ha impresso al suo progetto, curando l'ambiente nei minimi dettagli per permettere la sopravvivenza degli animali, senza perdere di vista la soddisfazione dei cacciatori.

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La vallata, è solcata da un corso d'acqua lasciato volutamente allo stato selvaggio. Si tratta di una riserva idrica che non si esaurisce in nessuna stagione, fattore molto importante perché le attività aziendali non si concludono con la fine della stagione venatoria. La qualità dei terreni e degli animali ha fatto sì che l'azienda sia scelta spesso come teatro di importanti competizioni cinofile. Ma per fare questo è necessario costruire un “patrimonio” di selvatici da mantenere stabilmente sul terreno. Quindi è d’obbligo un'attenta gestione del territorio abbinata ad animali di qualità superiore. Fortunatamente questo non rappresenta certo un problema alla Vallata, anni di attenta selezione degli allevamenti, assicurano la qualità degli animali, che vengono agevolati nella permanenza, oltre che da scelte colturali oculate, dalla presenza di corsi d'acqua e sorgenti perenni e da un sistema di beccatoie irraggiungibili dai cinghiali. L'aggiunta dei richiami per la starna, che contribuiscono a mantenere compatte le brigate, dà grande mano all'ambientamento dei selvatici.

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Delle starne, Carlo è particolarmente fiero. Questi selvatici, ormai praticamente estinti in natura, infatti, sono il sogno di ogni cinofilo di livello e riuscire, in periodo di “abbattimenti chiusi”, a reinsediare qualche brigata stabile, è sintomo della bontà del lavoro svolto. Infatti, se a caccia aperta si reimmettono periodicamente i capi prelevati, adesso, a fine gennaio, l'attenzione si sposta sull'addestramento e le prove, senza che l’attività venatoria subisca alcun tipo di rallentamento. Questo la dice lunga su due fattori, primo la crescente importanza della cinofilia e secondo il grado di successo che l’azienda riscuote tra gli appassionati. Il nostro intento con questo articolo era quello di incuriosirvi, speriamo di esserci riusciti, per questo vi suggeriamo il modo migliore per togliervi la curiosità: Andate a dare un’occhiata in “Vallata”, non ve ne pentirete.

Contatti: 
Azienda Naturalistica La Vallata
Via Provinciale per Lajatico,55
Lajatico (PI)
Siti web:

www.lavallatalajatico.it

Pagina FB:

Toscana Caccia - Lajatico Pisa

Carlo Giusti – 0587/640017 – 327 935 2257

SONO DISPONIBILI PACCHETTI WEEK END COMPRENSIVI DI PERNOTTAMENTO E PRIMA COLAZIONE PER CACCIATORI E FAMIGLIE

 

AIW: ADDIO MARSICANO! Tre orsi d’Abruzzo annegati in una vasca

Se ci voleva una prova, eccola. Inutile lanciare proclami di successo per la nascita dei cuccioli d’orso, quando è notorio per la scienza che almeno la metà muore prima di raggiungere la maturità. Era stato bello sapere che almeno due orse quest’anno avevano straordinariamente partorito tre cuccioli. Ora apprendiamo che una mamma orsa e i suoi due piccoli nei giorni scorsi sono miseramente annegati in una vasca di cemento (una fine atroce, di cui lasciamo a lettori immaginare la lunga agonia nel disperato tentativo di salvarsi, graffiando inutilmente lisce pareti a cui non hanno potuto aggrapparsi!). Ma la cosa grave è pensare ai milioni di euro spesi in inutili ricerche, trappole di cattura, DNA, radio-collari, triangolazioni satellitari, campagna antiveleno con tanto di inutili cani addestrati a trovarlo, PATOM, Area Contigua, pollai anti-orso (costati migliaia di euro!), pattuglie di pronto intervento per “orsi confidenti”, convegni e conferenze e carta stampata per dire che tuto è ok, addirittura mele biologiche per quelli in cattività; mentre nessuno ha pensato di stanziare poche migliaia di euro per fare in modo che da quella vasca si potesse uscire!
E questo DOPO che nel solo poco lontano 2010, nella stessa vasca, allo stesso tragico modo, erano già morti una femmina d’orso e il suo cucciolo! Bastava immergervi uno o due scalini fatti con gabbioni colmi di sassi e trasportali lassù con un volo di elicottero. Nessuno lo ha fatto! Si sono limitati a richiedere al proprietario una recinzione che col tempo era caduta e che gli orsi assetati avrebbero comunque potuto abbattere o superare facilmente. Eppure, ecco cosa ebbe a dire alla stampa l’allora Direttore del Parco, Vittorio Ducoli: «non vi è dubbio che quella vasca, non protetta, rappresenti un pericolo non solo per gli animali, ma anche per gli escursionisti. L’area di ritrovamento, anche se lontana dai confini del Parco, è di estrema importanza quanto a frequentazione di orsi, per cui ancora una volta si dimostra che il futuro dell’orso bruno marsicano è legato a quanto tutte le istituzioni sapranno fare per tutelare questa splendida specie. Anche al di fuori delle aree protette.» Era il 12 giugno 2010. E cosa hanno fatto le autorità del Parco d’Abruzzo che, appunto, non è una, ma, L’ISTITUZIONE PRINCIPALE, per operare in difesa di quest’animale? Nulla per quanto noto, salvo studi e ricerche.
Ora ci aspettiamo la solita sarabanda di comunicazioni, con rimpallo delle responsabilità. Ci diranno le solite trite ipotesi che gli orsi rischiano di essere uccisi durante la caccia nelle zone esterne del Parco, quando MAI è stato storicamente dimostrato che durante la regolare attività di caccia ci sia stato UN SOLO ORSO ucciso dai cacciatori! Però nessuno ha fatto nulla per rendere sicura quella vasca, lassù nei “pascoli sotto il cielo” della Serra Lunga, ad appena mille e cinquecento metri dai confini del Parco Nazionale. Quando successe il primo fatto, in tanti dissero o scrissero che quella vasca sarebbe stata messa in sicurezza: ecco il risultato, dopo 8 anni! Ora diranno che la colpa è l’esistenza di quella vasca, non di chi doveva metterla in sicurezza DOPO IL PRIMO FATTO; ma quella vasca è da quasi cento anni che esiste lassù, giustamente per abbeverare pecore e cavalli. No, i colpevoli non sono i pastori, i proprietari dei terreni, né tanto meno la vasca o ancora meno gli orsi che avevano sete: sono quelle autorità che dovevano intervenire e non lo hanno fatto! A soli 1.500 metri dai confini dell’area protetta!
Così finiamo questo 2018 con le stesse autorità che dovranno depennare dai loro elenchi di orsi vivi - con tanto di nominativi e sigle abbinate agli orsi -, almeno 5 orsi di cui è nota la morte! E’ questo il tanto decantato successo di cui solo pochi mesi or sono si è letto sulla stampa? Sì, forse siamo proprio alla fine della storia, all’Addio Orso marsicano! Prima di cominciare a pensare (qualcuno lo ha fatto, anche in alto loco del mondo scientifico!) di importare altri orsi dai Balcani, forse è il caso di pensare che sono le autorità ed i tecnici che andrebbero sostituiti.

Murialdo, 16 Novembre 2018 Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness

TOSCANA: ARCI CACCIA PISA SCRIVE ALLA REGIONE PER PROTESTARE CONTRO LE NUOVE AREE VOCATE AL CINGHIALE

Con la presente la Federazione provinciale ARCICACCIA di Pisa, come sancito anche nei nostri documenti congressuali, ritiene "il cinghiale" una risorsa. La gestione di questa specie certamente è problematica e necessita di un'azione continua,razionale e corretta. Il ruolo delle squadre "organizzate" è determinante e deve essere ben definito, con premiabilità e penalità.
La normativa regionale stabilisce aree "vocate", zone dove questa specie può convivere con il territorio e aree così dette "bianche" nelle quali la presenza del cinghiale diciamo dovrebbe essere quasi zero.
Gli indirizzi regionali hanno come obiettivo la conservazione della specie, dell'ambiente, dell'agricoltura e delle sue produzioni, della sicurezza stradale e della salvaguardia delle altre specie di selvaggina minore e tradizionale dei nostri territori.
Il Consiglio Regionale della Toscana con delibera n. 77 del 1 agosto 2018 ha approvato le nuove aree vocate per la specie cinghiale,
dopo una prima valutazione della cartografia esprimiamo la nostra perplessità circa la metodologia di individuazione usata. Analizzando le cartine delle aree vocate riguardanti il territorio della Provincia di Pisa si evidenziano diverse criticità:
- comuni di Castelfranco di Sotto e Santa Maria a Monte, le nuove aree della zona delle "Cerbaie" sono comprese in un territorio fortemente antropizzato ed attraversato da strade di grande traffico;
- Comune di Montecatini Val di Cecina,nelle nuove aree vocate sono inserite le golene e gli argini del fiume Cecina, che attraversa la omonima pianura dove vengono praticate colture agricole specializzate e di pregio;
- Comune di Peccioli, zona dove le aree vocate sono state inserite sul suo territorio per la prima volta e comprendono piccole aree frastagliate comprensive di argini e golene di torrenti, pioppete e piccoli calanchi cespugliati, ricadenti in ampi territori agricoli coltivati a cereali, foraggio di pregio e vigneti. Territorio ampiamente vocato, tra l'altro, per la piccola selvaggina stanziale.
La vocatura di queste aree evidenzia chiaramente una forzatura politica del Consiglio REGIONALE toscano, vocare il territorio per la presenza del cinghiale, magari per far contenta una piccola corporazione di cacciatori, non è una gestione razionale ma cinghializzazione del territorio.
Pertanto la federazione provinciale ARCICACCIA di Pisa, chiede cortesemente un incontro con l'Assessore Remaschi e gli uffici preposti per avere chiarimenti e delucidazioni e proporre eventuali correzioni nell'elaborazione del nuovo Piano Faunistico della Regione TOSCANA. Ringraziamo anticipatamente e nell'attesa cordialmente salutiamo.

Pontedera lì 13/11/2018 Arcicaccia Federazione Prov.le Pisa

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