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Luca Gironi

Luca Gironi

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Toscana: la Cabina di Regia risponde alla CCT e chiede spiegazioni all’Assessore Saccardi sul presunto patto “Regione-CCT”

LOGO CABINA DI REGIA TOSCANANon abbiamo potuto far a meno di leggere le esternazioni di dubbio gusto del Coordinatore Provinciale senese della CCT, apparse sui social network a commento di un articolo su un recinto di ambientamento, ed in parte vogliamo attribuirle all’ondata di calore che si sta abbattendo in questi giorni sulla nostra regione. Questo signore, in modo ufficiale ci sembra, infatti si è qualificato come “Coordinatore Provinciale della CCT” ha dichiarato l’esistenza di accordi segreti tra la CCT e l’Assessorato Regionale alla Caccia, con i provvedimenti sull’attività venatoria decisi da questo gruppo ristretto, per poi coinvolgere, “ormai a cose fatte” anche le altre associazioni venatorie, gli agricoltori, ecc…

Se fosse vero, ciò sarebbe di una gravità inaudita per molti motivi: primo, la CCT come associazione non riconosciuta ai sensi della 157/92 non ha diritto a sedersi a nessun tavolo e tantomeno a prendere decisioni; secondo, perché verrebbe meno la democraticità della concertazione con le associazioni venatorie, che hanno sempre dato tutte e sottolineiamo tutte, il loro contributo propositivo alla risoluzione delle questioni in materia venatoria e al miglioramento dei provvedimenti relativi.

Unica consolazione, se questo dovesse essere vero, i cacciatori toscani adesso saprebbero a chi dare la colpa delle tante cose che non funzionano in regione sul fronte della caccia.

Per questo motivo, mentre i nostri legali esamineranno con attenzione le affermazioni, a nostro avviso diffamatorie, apparse sui social network, chiediamo alla Regione un chiarimento: esiste davvero questo tipo di accordo? A volte alcune fughe di notizie, mirate verso un solo soggetto, ci hanno portato a pensarlo, ma la nostra fiducia sulla serietà dell’istituzione non è mai venuta meno. Adesso vogliamo rassicurazioni in questo senso e la fine degli annunci dei ben informati prima della pubblicazione dei provvedimenti.

Ma vogliamo rivolgerci anche al signor Coordinatore Senese CCT e Vicepresidente dell’ATC Siena Nord chiedendogli di informarsi, prima di parlare (visto anche il ruolo che ricopre in ATC, che dovrebbe invitare alla moderazione nei commenti e fornire rappresentanza a tutti i cacciatori), su com’è nata e si sviluppa l’esperienza della Cabina di Regia Toscana, nella quale tra l’altro, sono state invitate più volte Federcaccia e Anuu che hanno declinato l’invito. La Cabina di Regia, in Toscana come a livello nazionale, è un luogo di sintesi tra posizioni anche molto diverse, nata con lo scopo di far uscire le istanze del mondo venatorio con una voce sola. Un luogo di discussione dove ogni voce ha lo stesso peso e dove le idee vengono considerate in ragione della loro validità e non del peso numerico dell’associazione che le ha espresse.

Provi questo signore a guardarsi intorno, anche molto vicino, e vedrà realtà molto diverse, dove in fondo, il “padrone” è uno solo.

Le Associazioni componenti la Cabina di Regia delle Associazioni Venatorie Toscane

SINTESI DELLO STATO DI CONSERVAZIONE DELLE SPECIE E DEGLI HABITAT

federcacciaPubblicato dall’ISPRA il volume “Rapporti Direttive Natura (2013-2018). Sintesi dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario e delle azioni di contrasto alle specie esotiche di rilevanza unionale in Italia”. Federcaccia chiede un coinvolgimento diretto dei cacciatori nella stesura dei Rapporti come raccomandato dalla Commissione Europea
Roma, 10 agosto 2021 – Per la prima volta l’ISPRA pubblica in un unico Rapporto i risultati sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario e delle azioni di contrasto alle specie esotiche di rilevanza unionale nel nostro Paese (Ercole et al., 2021). Si tratta della sintesi delle rendicontazioni che l’Italia ha già trasmesso alla Commissione Europea nel 2019 (periodo 2013-2018) in ossequio alle Direttive Habitat (92/43/CEE) e Uccelli (2009/147/CE), nonché al Regolamento UE 1143/2014 per le specie esotiche invasive.
I dati riportati sono quelli già confluiti nel Composite Report europeo (State of Nature in the EU) prodotto dall’UE ogni 6 anni, base di riferimento per le strategie europee di settore come le Direttive Natura e la Strategia Europea per la Biodiversità al 2030.
Il Rapporto è stato redatto dall’ISPRA, dal MiTE e dalla LIPU, ma i contenuti delle tre rendicontazioni che lo sostanziano sono il risultato del lavoro di molte persone esperte, di Associazioni ambientaliste, ornitologiche e di Società scientifiche.
Le Associazioni Venatorie, e Federcaccia in particolare, hanno collaborato alla versione finale del Rapporto riguardante la Direttiva Uccelli, che è stato inviato da ISPRA in una bozza quasi definitiva. Diverse parti sui fattori di minaccia e di iniziative ambientali indicate da FIdC sono state recepite nel Rapporto, tuttavia questa collaborazione non è citata nel testo. Federcaccia, pur apprezzando il coinvolgimento, chiede che in futuro, sin dall’inizio del processo di stesura dei Rapporti, sia costituito un Tavolo di Lavoro a cui partecipino anche i tecnici delle Associazioni Venatorie e delle Regioni e Province Autonome, per una gestione collegiale delle informazioni. Questa è l’indicazione della Commissione Europea e il modo migliore per ottenere condivisione.
In ogni caso, è ben noto che anche a livello europeo oltre il 40% delle informazioni dei Report prodotti per la Direttiva Habitat provengono da indagini parziali e più del 20% si basa esclusivamente sul giudizio di esperti, mentre per la Direttiva Uccelli oltre il 30% delle informazioni deriva da indagini parziali e più del 15% si basa sul giudizio di esperti (CE, 2020).
I dati italiani non sono dissimili da quelli europei ed emerge chiaramente la necessità di un maggior impegno e coordinamento nella raccolta dati per cercare di tracciare un quadro attendibile.
Il Rapporto conferma per il nostro Paese una biodiversità particolarmente ricca, con 306 specie di uccelli, 349 specie animali e vegetali (322 terrestri e delle acque interne e 27 marine) e 132 habitat (124 terrestri e delle acque interne e 8 marini) di interesse comunitario. Relativamente numerose sono però anche le specie esotiche invasive di rilevanza unionale (31), per le quali il Regolamento UE 1143/14 impone agli Stati membri l’attuazione di azioni di contrasto.
La situazione che emerge dal Rapporto, e che si ripete è relativa al periodo 2013-2018, è quella di un quadro a luci e ombre. Sono classificati in uno stato di conservazione sfavorevole il 53% della fauna terrestre e delle acque interne (considerando tutti i gruppi tassonomici, di cui il 17% in cattivo stato di conservazione), il 22% delle specie marine e l’89% degli habitat terrestri (di cui il 40% in cattivo stato di conservazione). Particolarmente significativo è quest’ultimo dato, che evidentemente condiziona pesantemente anche lo stato di conservazione delle specie animali che li frequentano.
Nell’ambiente terrestre è l’agricoltura la principale causa di deterioramento degli habitat e delle specie, cui fa seguito l’impatto delle infrastrutture e dell’urbanizzazione. Questi fattori sono ricorrenti minacce anche per la conservazione degli uccelli. In particolare si ritiene che le moderne pratiche agricole abbiano inciso in modo determinante sulla drastica diminuzione delle popolazioni di specie tipiche degli ambienti agricoli.
Il fenomeno è ben noto anche a livello europeo dove l’agricoltura e le attività ad essa collegate risultano la principale minaccia per le specie e gli habitat d’interesse comunitario. Si stima, in particolare, che il 74% delle specie di uccelli nidificanti a terra sia in declino, non solo per l’impatto diretto dell’agricoltura, ma anche perché divenuti più vulnerabili ai predatori generalisti. Nel complesso lo stato di conservazione dell'avifauna nidificante in Italia rispecchia i processi in corso nel decennio, con il 47% delle specie che presenta un incremento di popolazione o una stabilità demografica e quasi un quarto delle specie in decremento. Le specie minacciate sono comunque diminuite, essendo passate dal 30% al 26%. Tra le specie ornitiche svernanti il 61% sono in condizioni stabili o in incremento e il 23% risulta in diminuzione. È interessante notare come le più importanti popolazioni di Rapaci in migrazione sull'Italia mostrano da tempo una tendenza positiva, dopo la fase di declino di alcuni decenni or sono.
In sintesi i risultati complessivi dell’Italia appaiono in linea con quelli emersi su scala europea nell’ultimo ciclo di reporting.
Per quanto riguarda le specie esotiche invasive di interesse unionale presenti in Italia i risultati del Report, realizzato ai sensi del Regolamento UE 1143/14, evidenziano che il 35% non è stato oggetto di alcun intervento gestionale finalizzato al contrasto.
Ciò è oggettivamente grave poiché vi è una crescente mole di evidenze che ne documenta la minaccia per habitat e specie tutelati o minacciati (su circa il 12% dei siti Natura2000 e il 20,1% degli habitat). Non possiamo a tal riguardo non rilevare come una delle ragioni principali della loro progressiva diffusione quasi incontrastata nel Paese sia dovuta allo status di tutela legale accordato paradossalmente in passato anche a queste specie (ma in parte ancora oggi) e a quella che potremmo definire una sistematica indecisione/latenza delle Autorità preposte. Non dimentichiamo che su questo tema l’Italia è terza nella graduatoria tra i Paesi dell’Unione dopo la Francia e il Belgio.
In definitiva i dati esposti evidenziano l’urgente necessità di un maggiore impegno per la conservazione delle specie e degli habitat in Italia, attivando e finanziando adeguate misure di gestione e di conservazione principalmente degli habitat.

Per saperne di più:
­ CE, 2020. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. Lo Stato della Natura nell'Unione europea. Relazione sullo stato e sulle tendenze delle specie e dei tipi di habitat protetti dalle direttive Uccelli e Habitat nel periodo 2013-2018. Bruxelles, 15.10.2020 COM (2020) 635 final.
­ Ercole S., Angelini P., Carnevali L., Casella L., Giacanelli V., Grignetti A., La Mesa G., Nardelli R., Serra L., Stoch F., Tunesi L., Genovesi P. (ed.), 2021. Rapporti Direttive Natura (2013-2018). Sintesi dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario e delle azioni di contrasto alle specie esotiche di rilevanza unionale in Italia. ISPRA, Serie Rapporti 349/2021.

Ufficio Studi e Ricerche Faunistiche e Agro-Ambientali Federcaccia

Umbria: botta e risposta tra Arci Caccia e le altre associazioni sulla mancata concessione della preapertura

umbriaLa questione della preapertura alla tortora ha scatenato un duro scambio di colpi tra Arci Caccia e le altre associazioni, di cui potete leggere nei comunicati allegati:

 

Umbria: Pre apertura, non è sempre colpa della Regione

Dopo una lunga discussione e molte strumentalizzazioni da parte sia di alcuni politici, che alcune associazioni venatorie, domani la giunta regionale si appresta votare il calendario venatorio per la stagione 2021 2022, nonostante gli sforzi fatti sia dai funzionari, dai tecnici della Regione Umbria e dall’Assessore Roberto Morroni, ai quali va il nostro ringraziamento e l’apprezzamento per il lavoro svolto, i quali si sono impegnati fino all’ultimo per poter trovare una soluzione e consentire una giornata caccia alla tortora in pre apertura, per la stagione che si appresta ad iniziare.

Già si sapeva da tempo, tanto che, con nota del 22 marzo 2021, il Ministero ha comunicato alla Regione che sulla base del mancato accordo sul piano di gestione, la specie non potrà essere inclusa nei rispettivi calendari venatori.

Pertanto le strumentalizzazioni sulla questione, sono il segno evidente che si è perso di vista l’obbiettivo e si continua a cercare il colpevole per il fallimento delle politiche venatorie di alcune associazioni, le quali hanno peccato anche nel divulgare una corretta informazione verso i cacciatori.

Per fare chiarezza, in data 20 maggio la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha comunicato il parere favorevole all’accordo sul Piano di gestione della tortora a condizione che venga prevista la possibilità di esercitare il prelievo della specie in preapertura per un massimo di 3 giornate (con carniere giornaliero di 5 capi e stagionale di 15 capi), tale indicazione non è stata recepita in nessun atto ufficiale del Ministero, pertanto ad oggi non esistono gli strumenti per poter inserire in pre apertura la tortora.

Il confronto europeo sulla Tortora selvatica è iniziato con lo sviluppo di un Meccanismo di Prelievo Adattativo (Adaptive Harvest Management Mechanism-AHMM), quale strumento per assicurare che il prelievo venatorio sia sostenibile e in pieno accordo con i dettami della Direttiva.

Il successo di questi Piani dipende dall’impegno degli Stati membri, che sono in ultima analisi responsabili per le decisioni sulla caccia in accordo con le loro legislazioni nazionali.

Data la fenologia della specie il modello viene sviluppato per le due rotte di migrazione principali (Flyway occidentale che comprende la penisola iberica, la Francia e due regioni italiane, Piemonte e Liguria e la Flyway orientale, con tutta l’Europa centrale, i Balcani e le restanti regioni italiane).

Per entrambe le Flyway si è svolto un approfondito dibattito sulle migliori scelte gestionali, fra cui la proposta di moratoria temporanea della caccia e l’opzione sostenuta dall’Italia di consentire un prelievo rigidamente controllato, a condizione che siano attuate misure per il miglioramento ambientale, una efficace vigilanza del prelievo e un costante monitoraggio dei carnieri, senza questi requisisti non è ipotizzabile nessun meccanismo di prelievo

I workshop che si sono svolti hanno portato alla conclusione che per le due Flyway andranno valutati in termini di rilevanza territoriale i miglioramenti ambientali, la consistenza dei carnieri e le misura di vigilanza e controllo; in particolare per la Flyway orientale, più rilevante per l’Italia, l’orientamento è stato proposto lo scenario che prevede una riduzione dei carnieri di caccia del 50% rispetto a quanto riportato dagli Stati membri. A questo scopo il prelievo venatorio andrà subordinato alla preventiva realizzazione delle tre citate condizioni. Anche per la Flyway occidentale, nel caso di attività venatoria, si prevedono le medesime pre-condizioni.

Pertanto al fine di poter proseguire con il prelievo della tortora seppur in forma limitata dovremmo comunque rispondere alla richiesta della Comunità Europea, facendo riferimento alla situazione di oggi, rispondendo alle tre condizioni di base per poter continuare il prelievo venatorio, miglioramenti ambientali, vigilanza e monitoraggio dei carnieri.

Una politica venatoria corretta deve saper costruire le basi per il futuro, lavorando in accordo con le istituzioni per l’applicazione del piano di gestione e per l’applicazione di corretta gestione ambientale.

Non perdiamo ancora una volta l’occasione per giungere ad una corretta gestione delle specie oggetto di caccia, iniziamo a lavorare fin da subito con Regione ed ATC i quali tornino ad essere il centro vitale della gestione e non l’oggetto di strumentalizzazioni, per mettere in campo tutte quelle azioni necessarie compresi i miglioramenti ambientali, che sono la partita più importante da giocare per il mondo venatorio e che saranno sicuramente utili anche per altre specie, riprendiamo da subito il dialogo con la Regione perché venga ripristinata la vigilanza venatoria ed informiamo correttamente i cacciatori sull’utilizzo del tesserino venatorio e l’importanza che esso riveste.

Solo se sapremo cogliere le occasioni che ci vengono poste e non solamente subire limitazioni, potremmo difendere la caccia di domani. Le politiche Europee sono anni che oramai sono orientate verso la conservazione di Habitat ed ecosistemi e fauna mettendo a disposizione degli stati membri risorse economiche importanti, solamente mediante un’azione sinergica che veda uniti tutti i portatori d’interesse potremmo dare un futuro alla caccia.

Noi ci siamo!

Arci Caccia Umbria

Comunicato stampa congiunto Federcaccia, Liberacaccia, Enalcaccia ed ANUU migratoristi:

Arcicaccia contro i cacciatori, con quale fine?


Non ci piace infierire e non avremmo mai voluto scrivere contro una nostra sorella di passione, ma visto che la provocazione è forte e diretta a questo punto non è possibile tacere davanti alle affermazioni del presidente regionale dell’Arcicaccia Bennati.
Abbiamo taciuto il fatto che si sia presentato in consulta venatoria affermando che non conosceva la questione dei valichi, sulla quale istituzione non si è opposto insieme a noi. Abbiamo taciuto che sempre lui era apertamente per il rispetto del regolamento e quindi per il pagamento dei danni da cinghiale da parte dei cacciatori. Avremmo taciuto che pure nella consulta venatoria del 2 agosto di fatto il presidente regionale ARCICACCIA ha accettato di buon grado sia la chiusura dei tre valichi che la bocciatura della preapertura. Ma che poi Bennati si spinga ad attaccare le altre associazioni lo riteniamo comico.
Nessuna delle scriventi Associazioni venatorie ha fatto falsa informazione, non è nostro interesse strumentalizzare né tantomeno farne una battaglia politica, abbiamo congiuntamente chiarito le nostre posizioni da subito con documenti condivisi dopo la prima bozza della Regione. Precisiamo che poi, in data 23 luglio 2021, tutte le associazioni venatorie nazionali, compresa Arcicaccia, hanno inviato a tutti gli uffici caccia regionali, compresa l’Umbria, la richiesta chiarissima di introdurre la specie tortora in calendario, con riduzione di prelievo in base alla media degli abbattimenti degli ultimi anni, insieme a una riduzione delle giornate di caccia. Una lettera pervenuta per conoscenza a tutte le Associazioni regionali con tanto di firma dell’Arcicaccia nazionale.
Ora, dopo che gran parte delle regioni italiane stanno introducendo la tortora nei calendari grazie a queste indicazioni nazionali, emerge ciò che alcune associazioni hanno sollecitato da svariati mesi, ossia che i tesserini venatori umbri non vengono letti da anni quindi non ci sono dati. Per non parlare del ritardo dei tesserini di anno scorso.
E’ molto grave che si cerchi di scaricare sui cacciatori e sulle AV questa colpa e che la Regione Umbria non abbia letto i tesserini venatori, nonostante che le associazioni venatorie hanno distribuito, raccolto, conservato e reso disponibili i tesserini compilati, il tutto in maniera totalmente gratuita.
Tutte le associazioni erano assolutamente in accordo per la tortora e contro la chiusura dei valichi, ad eccezione dell’ARCI, ma risulta altrettanto innegabile che tra le motivazioni, per cui la possibilità di inserire la tortora è preclusa, sono inadempimenti della Regione Umbria.
Senza cercare colpevoli che ormai a poco serve, ci sembra opportuno avviare da subito un percorso che risolva queste mancanze e che ci porti prima possibile a riacquisire la tortora tra le specie cacciabili, con particolare attenzione ai piani colturali agricoli consoni alla sua alimentazione che sappiamo essere prevalente di girasoli.
Così si aiutano gli animali selvatici e chi li preleva in maniera equilibrata e non con posizioni contrarie alla caccia e ad una parte dei cacciatori, della quale purtroppo Bennati pare addirittura si vanti, con quale fine e mirando a quale futuro?

 

Umbria: il Presidente Bennati risponde alle esternazioni dei Presidenti delle altre associazioni venatorie

Replico alle Associazioni venatorie che mi accusano di essere contro i cacciatori, ricordando a loro che si ergono a paladini della caccia, che le stesse nelle consulte faunistiche hanno acconsentito che in assenza del piano di gestione nazionale della tortora non era opportuno procedere con la pre apertura per non mettere a rischio il calendario venatorio.

Allora mi chiedo se ha senso strumentalizzare certe questioni, Arci Caccia si è sempre resa disponibile al confronto, se poi non ci siamo trovati in accordo perché evidentemente il populismo venatorio non ci interessa, noi abbiamo cercato di spiegare correttamente ai cacciatori, fin dal mese di marzo quale era lo stato dell’arte, dicendo chiaramente che eravamo d’accordo ad inserire la tortora in pre apertura se prima dell’approvazione fosse stato emanato il piano di gestione nazionale, come dimostrano anche i documenti inviati alla Regione, ma che in assenza del piano nazionale non sarebbe stato opportuno esporre il calendario venatorio ad eventuali ricorsi che sicuramente avremmo perso.

Chiedere una stagione venatoria che abbia solide certezze non credo che significhi avere posizioni contro i cacciatori, anzi a noi interessa che i cacciatori abbiano la certezza del diritto e non l’incertezza.

Non è certo Arci Caccia che intende togliere la possibilità di prelevare la tortora ai cacciatori umbri, noi crediamo la caccia si difende con scelte concrete e non strumentali, la tortora per essere cacciata, come tutte le altre specie cacciabili, ha bisogno di una corretta gestione che dovrebbe essere la base di partenza per farsi, che il prelievo possa proseguire anche nei prossimi anni.

Sappiamo benissimo tutti, che le indicazioni della cabina di regia nazionale non trovano applicazione uniforme in tutte le Regione d’Italia, in Umbria non esistono ripristini ambientali, in quanto non si è mai dato seguito all’applicazione del Piano Faunistico Venatorio Regionale 2019-2023, con l’abolizione delle Province è scomparsa la vigilanza venatoria, sicuramente per mancanza della Regione non abbiamo le letture dei tesserini venatori per stabilire il contingente prelevabile, la presenza di questi tre requisiti avrebbe consentito l’inserimento della tortora in pre apertura per mezza giornata, di fronte a tutto questo chi si sarebbe dovuto assumere la responsabilità di inserire la tortora nel calendario venatorio?

Il ruolo della Associazioni venatorie, in questo caso mi riferisco ai rispettivi comitati nazionali dovrebbe essere quello di fare pressione verso il Ministero della Transizione ecologica per l’approvazione dei piani di gestione delle specie in declino, che ricordiamo oltre la tortora ci sono anche pavoncella e moriglione e una volta emanati vigilare per la loro corretta applicazione, ne abbiamo bisogno come mondo venatorio e non solo, non certo la vendita della tessera associativa sottocosto se provieni da un’altra associazione.

Ricordo ai Presidenti delle Associazioni venatorie che nel lontano 2015, ci siamo opposti al regolamento che prevedeva il pagamento dei danni causati dai cinghiali ai cacciatori iscritti alle squadre.

Ci siamo opposti al commissariamento degli ATC perché la questione era puramente strumentale, in quell’occasione avremmo dovuto agire nei confronti della Regione, per giungere alla modifica del regolamento N.5, non certo nei confronti dell’ATC, i quali per delega Regionale si ritrovano a dover applicare un regolamento sciagurato, capisco che le promesse ricevute in campagna elettorale e non mantenute dal politico turno, più volte richiamate anche durante le consulte faunistiche da alcuni dirigenti, hanno portato scontento nelle stesse associazioni che oggi si trovano smarrite.

Circa la questione dei valichi montani, i presidenti hanno la memoria corta, perché ho sottoscritto la lettera insieme a loro, concordando che era inopportuno inserire i valichi montani solo nella parte Umbra, riguardo la mia ammissione riportata nella nota stampa, è vero non ero al corrente che la regione negli anni 2011-2017 aveva realizzato il monitoraggio dei valichi montani come previsto dalla Legge 157/92, mi sembra evidente che sia sfuggito anche ai miei attentissimi colleghi, in quanto lo studio è riportato nel Piano Faunistico approvato nel 2019 e non mi risulta che siano state presentate osservazioni in merito se non al momento in cui la Regione ha dato attuazione al Piano Faunistico, credo che non sia qualificante per certi dirigenti venatori motivare l’opposizione ai valichi montani dicendo che “non potrà più mangiare salsicce in quei luoghi”, è questo il modo in cui si intende difendere la caccia? è questo il modo di difendere i cacciatori? Cosi le Associazioni venatorie che mi accusano, vogliono recuperare il loro ruolo? Chiedo per un amico.

Se la nota è stata recepita come una provocazione, significa che ha sortito l’effetto sperato, sperando che la stessa sia recepita come l’inizio di un percorso costruttivo, abbandonando i populismi e aprire una stagione di riforme che servono realmente alla caccia e ai cacciatori, lo dobbiamo ai cacciatori, cosi riaffermeremo anche il ruolo politico che ci spetta.

Continuiamo ad essere disponibili al dialogo con l’idea che la caccia di domani sia sostenibile e compatibile con le esigenze di conservazione della fauna selvatica e che la stessa venga percepita dalla società come una attività utile al paese, in grado di salvaguardare la fauna e l’ambiente.

 

Emanuele Bennati

Presidente Regionale Arci Caccia Umbria

Umbria: il punto di vista di Arci Caccia sui chiusini e la selezione al cinghiale

arcicaccia logo co1IL PUNTO DI VISTA DI ARCI CACCIA UMBRIA SUI CHIUSINI E LA SELEZIONE AL CINGHIALE……..

In questi ultimi 10 anni, abbiamo cercato di dare un contributo fondato sulle le nostre idee di gestione in merito alla questione Ungulati in generale ed particolare sul Cinghiale, lo abbiamo fatto con la passata amministrazione e abbiamo continuato a farlo con l’attuale.

Un caso, che non chiameremo “Problema”, perché già da tempo sosteniamo che il cinghiale si può trasformare da problema risorsa per i territori sia dal punto di vista economico che dal punto di vista alimentare.

Al contrario di ciò che con grande ipocrisia oggi fanno vari soggetti che ancora una volta scorgono l’opportunità di trarne vantaggio per pochi a scapito di tutti, riempendosi la bocca, in maniera populistica, gridando al lupo al lupo, salgono alla ribalta dei media con la bandiera del problema Cinghiale, solo oggi se ne accorgono?

Noi diciamo BASTA …!!! Basta con gli spot, basta con i personalismi, basta cercare sempre qualcuno a cui addossare delle responsabilità per scelte che si sarebbero potute fare tutti insieme anni indietro, ma nessuno ha avuto il coraggio di decidere..

Che saremmo arrivati a questo punto, già lo si sapeva da oltre 10 anni… sarebbe stato sufficiente guardare ed analizzare i dati, scientifici – biologici e storici di questa specie, che ha visto l’aumento enorme del proprio areale boschivo e marginale, lo spopolamento della medio alta collina, il continuo taglio dei boschi che in parte riducono la presenza di frutti all’interno dei boschi stessi, le variazioni climatiche con l’aumento delle temperature, e il cambiamento delle tecniche agricole, ha creato condizioni estremamente favorevoli a questa specie, in più agevolata da una “inesistente Pianificazione Territoriale e Gestionale” sia del Governo centrale che regionale, spesso lasciata alle decisioni del politico di turno, ignaro ed ignorante, suo malgrado degli effetti che tali scelte avrebbero potuto causare.

Non vogliamo neanche dimenticare lo stato di incuria ed “abbandono” in cui vertono le zone limitrofe ai centri abitati, senza manutenzione alcuna, complici anche azioni totalmente sbagliate di cittadini ignari che continuano a foraggiare gli animali selvatici.

Ecco questi FATTI, ed altri ancora.. che come ripetiamo, più e più volte abbiamo portato nei tavoli istituzionali, senza essere mai presi in considerazione, in quanto associazioni più grandi che si sarebbero dovute assumere la responsabilità di gestire hanno fatto spallucce voltando le spalle ad un problema che oggi è diventato una emergenza sociale.

Ancora una volta, senza abbandonare la speranza che le cose possono cambiare, vogliamo portare ancora una volta il nostro contributo al tavolo della discussione per imboccare la finalmente la strada che ci porti ad una gestione corretta della specie cinghiale.

Frutto di un confronto costante tramite con specialisti, tecnici, zoologi, unici esperti in materia ed insieme ai cacciatori tutti che operano sul territorio, si è giunti alla conclusione che solo una vera gestione e la programmazione di una serie di interventi da attuare nell’immediato, ed altri nel medio e lungo termine, possono porre rimedio alla continua espansione del cinghiale, avendo bene a mente che il solo fucile non può risolvere il problema.

Non ci siamo fermati alle parole, ma abbiamo fornito una concreta di gestione dei conflitti faunistici la quale giace dimentica nei cassetti della Regione, la quale non mai stata portata sui tavoli di discussione. Sicuramente non la soluzione, ma un punto da cui partire difronte al nulla assoluto.

Non vogliamo inutilmente fare una polemica, ma abbiamo il dovere di dire che quanto messo in campo frettolosamente, (su pressioni specifiche delle associazioni agricole … ed in parte a ragione .. e non solo) dalle Istituzioni, ci lascia nuovamente perplessi, sia come cacciatori.

Come Associazione che più volte abbiamo tentato di coinvolgere sia le associazioni agricole che venatorie e anche ambientaliste, alle quali rimproveriamo di non aver voluto dialogare e di essersi disinteressate nel mettere in campo azioni che magari oggi avrebbero già dato risultati tangibili.

In quest’ultimo periodo, la Regione ha messo in campo frettolosamente una serie di azioni a partire dalla caccia di selezione, l’utilizzo di trappole e recinti di cattura, interventi immediati degli agricoltori dopo quattro ore dalla segnalazione del danno, in maniera del tutto disarticolata, senza una pianificazione precisa, provvedimenti spot che molto spesso vanno in contrasto con norme e regolamenti.

L’introduzione della caccia di selezione o l’utilizzo di gabbie chiusini non sono l’unica soluzione al problema se non si ha bene a mente quale è l’obbiettivo da raggiungere.

La gestione deve essere composta di tante azioni da mettere in sinergia e per ognuna delle quali occorre definire quale è il fine.

La caccia di selezione dovrebbe avere la funzione di ricondurre la popolazione entro un corretto rapporto di classi di sesso e classi di età.

Le gabbie e i chiusini dovrebbero avere la funzione di rimuovere parte della popolazione in tutte quelle aree dove la stessa ha raggiunto livelli insostenibile per l’ambiente, in particolare nelle aree protette e in tutte quelle aree dove la specie dovrebbe essere eradicata cosi come previsto dai vari piani,

Il contenimento della specie ai sensi dell’art.19 della 157 dovrebbe avere la funzione di controllare la popolazione e di intervenire quando si presentano situazioni di conflitto con le attività agricole.

Una serie di provvedimenti messi in campo senza pianificazione che in lasciano molti interrogativi aperti alimentando polemiche e critiche, ci sono aspetti fondamentali che riguardano l’utilizzo delle gabbie e dei chiusini, sul come devono essere realizzati, con che materiali, che dimensioni, chi li controlla, come vengono stabulati, come devono essere abbattuti, come devono essere trasportati e dove, chi può vendere vendere, il privato oppure è la Regione, essendo la fauna patrimonio indisponibile dello stato?

In tutto ciò non si è mai affrontato nei tavoli di discussione il tema fondamentale della prevenzione e la protezione delle colture agricole, le quali nelle zone dove si riscontrano maggiori danni è oramai dopo anni di dati raccolti lo sappiamo benissimo, devono essere protette con l’utilizzo di recinzioni elettriche, dissuasori, utilizzo di repellenti nella semina, il tutto affinchè il conflitto venga prevenuto anziche cercare di rimuoverlo. Sono mancanti tutta una serie di interventi ambientali e gestionali del territorio, interventi mirati e necessari a rimuovere zone di rifugio nelle aree dove non è prevista la presenza del cinghiale, ripristinare habitat e realizzare colture a perdere lontane dalle aree a coltivazione intensiva nella media e alta collina.

Tutte domande importanti che oggi sono senza risposta e rischiano con l’ennesima azione messa in campo in fretta e furia, senza una pianificazione e programmazione gestionale a lungo termine, di fallire miseramente, facendo apparire tutti quanti incapaci ed incompetenti in una materia. La gestione del cinghiale non può essere lasciato nelle mani di apprendisti stregoni, ma deve essere affrontato con serietà, al fine di conseguire un risultato.

La Regione non si può sottrarre alle proprie responsabilità delegando compiti e funzioni che le spettano per legge, la cabina di regia deve essere l’osservatorio faunistico, in una partita cosi delicata non è più pensabile che si scarichino colpe e responsabilità sugli ATC.

Proprio per il rispetto che la nostra associazione nutre per gli agricoltori e per l’ambiente, siamo a chiedere di rivedere tutto l’impianto normativo regionale e soprattutto, non trovarsi tra un anno a discutere sempre del solito cinghiale, allora si sarà un vero problema, perché vedrà i cacciatori vessati e disamorati, non più disponibili, naturalmente con il fallimento completo della Politica e della gestione, fallire nuovamente, significa mettere in crisi l’intero sistema caccia.

Ripartiamo da subito con un dialogo serio tra tutte le parti e quando diciamo tute le parti intendiamo, la regione capofila, le associazioni venatorie ed agricole, ma anche quelle ambientaliste che non possono solo rimanere a margine e criticare ogni azione messa in campo, ma che loro si rendano disponibili con proposte attuabili, nell’elaborazione di un vero piano di gestione che sia lungimirante

 

QUESTO E’ IL NOSTRO PUNTO DI VISTA

CALABRIA. LA POSIZIONE DI FIDC SUL CALENDARIO VENATORIO

federcacciaNella seduta della Consulta Faunistico-Venatoria del 6 Agosto è stato illustrato il calendario venatorio per la imminente stagione, che andrà in approvazione nella seduta di G.R. del prossimo 11 Agosto. In attesa di conoscere il testo ufficiale della Delibera, le prime osservazioni di Federcaccia Calabria al Calendario ed alla Vinca Reggio Calabria, 7 agosto 2021 – Nella giornata di ieri, 6 Agosto, si è riunita la Consulta Faunistico-Venatoria, con all’Ordine del giorno la definizione del Calendario Venatorio per la stagione 2021/22.

In attesa dell’approvazione da parte della Giunta Regionale – che dovrebbe, come riferito dall’Assessore Gallo, avvenire il prossimo 11 Agosto – Federcaccia Calabria, al netto di alcune inopinate limitazioni su alcune aree ZSC della Rete Natura 2000, ritiene nel complesso quello illustrato un ottimo Calendario, per alcuni aspetti anche migliorativo rispetto a quello dello scorso anno, in linea con quanto proposto in sede di Consulta da Federcaccia unitariamente alle altre Associazioni Venatorie Calabresi (Libera Caccia, Enalcaccia, ArciCaccia, ANUUMigratoristi, Italcaccia). Si sottolinea positivamente infatti, come il calendario ricalchi sostanzialmente la proposta abbondantemente discussa e analizzata in sede di Consulta Faunistico-Venatoria.
In particolare si segnalano; le 5 giornate di preapertura, fissate nei giorni 1, 4, 5, 11 e 12 settembre, che vedranno consentita nelle prime due il prelievo della tortora per mezza giornata (in linea con le ultime disposizioni nazionali e comunitarie) e la possibilità dell'utilizzo dei cani da riporto per il recupero dei capi abbattuti in tutte e 5 le giornate. Il prelievo della quaglia anticipato nelle giornate dell’11 e 12 settembre con l’ausilio per quelle giornate del cane da ferma e cerca oltre che da
riporto. L’apertura generale fissata al 19 di settembre e la chiusura il 10 febbraio 2022. Il mantenimento fra le specie cacciabili della pavoncella.
Per quanto riguarda l’addestramento e allenamento cani questo sarà consentito già dall’approvazione del calendario fino al 12 settembre, eccezion fatta, come è ovvio, nelle giornate di preapertura sopra richiamate.
In riferimento alla VINCA, con effetto sulle Aree della Rete Natura 2000, si stigmatizza un approccio sproporzionato e ingiustificato nell’inibire alla caccia ben 15 ZSC sul territorio regionale:
5 in provincia di Cosenza, 2 in provincia di Crotone, 1 in provincia di Vibo, 5 in provincia di Reggio Calabria, cui si aggiungono in provincia di Catanzaro i Laghi La Vota, che si trovano peraltro in stato di inquinamento per mancanza di ricambio idrico e per questo verificheremo le attività poste in essere dall’Ente o soggetto gestore.
Il divieto assoluto di caccia in aree ZSC non trova giustificazione, considerando che tali zone sono designate ai sensi della direttiva Habitat, che non riguarda gli uccelli, e non sono riportate nelle motivazioni quali influenze negative avrebbe l’attività venatoria sugli habitat o sulle specie animali diverse dagli uccelli. Anche l’analisi dell’elenco delle ZSC inibite non riporta elementi tecnici che supportino il divieto di caccia, mentre troviamo singolare la prescrizione di divieto di caccia alla tortora, considerando che le decisioni a livello europeo non hanno dato alcuna indicazione in tal senso, ma la riduzione del prelievo.
Sulla inibizione di queste aree e su qualche altra limitazione a nostro giudizio altrettanto ingiustificata, abbiamo chiesto che l’Assessorato e il Dipartimento alla caccia garantiscano l’approvazione del Calendario e al contempo provvedano a chiedere un riesame del procedimento di Valutazione di incidenza ambientale al fine di recuperare in tutto o in parte le inibizioni e/o limitazioni, operate dal Dipartimento Ambiente.
Federcaccia sul punto, come propria opera costante, farà pervenire ulteriori osservazioni e/o proposte di soluzione alla problematica.
Al netto delle comunque limitate inibizioni, si preannuncia quindi un calendario sostanzialmente equilibrato, che risponde alle attese generali e che soprattutto ha tenuto conto dei risultati scaturiti dai tavoli di confronto e concertazione.
Rimandiamo una più dettagliata disamina dei diversi articoli in un commento a ufficializzazione avvenuta.


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