VALICHI LOMBARDI (e non solo): MALA TEMPORA CURRUNT!
- Scritto da Marco Fiore
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Ieri 2 maggio il Tar di Milano ha pubblicato la sentenza sul ricorso presentato da un’associazione animalista in merito ai valichi lombardi intimando a Regione Lombardia di inibire a tutta l’attività venatoria 475 valichi “presenti” sul territorio.
Significativo, data l’importanza del tema, che a questa causa tutte le Associazioni Venatorie lombarde abbiano partecipato “ad opponendum” con propri legali.
Le conseguenze di questa sentenza sono oltremodo pesanti perché coinvolgono tutte le forme di caccia e non solo. Infatti, non potranno neppure essere effettuati censimenti stagionali perdendo una parte di conoscenza del territorio e delle specie.
E non solo, perché l’attività di contenimento/ eradicazione del cinghiale a fronte della PSA non potrà essere praticata.
Non bastasse questo, la sentenza costituisce un precedente che potrà essere applicato anche ad altre regioni come, ad esempio, il Veneto che ha già un ricorso pendente.
La sentenza può essere definita abnorme per il numero di siti censiti in una sola regione!
È anche significativo che non si sia tenuto conto che le normative europee, tanto care agli animalisti nostrani, non contemplano restrizioni per i valichi (sono applicate solo in Italia) per non dimenticare che i limiti di carniere giornaliero previsti dai calendari venatori regionali impediscono le “stragi” anche dove passassero migliaia di uccelli: infatti non c’è differenza tra 20 tordi cacciati in un valico o in pianura!
È inoltre corretto segnalare che dal lontano 1993 l’Ispra ha sempre negato, con documenti ufficiali, di avere dati utili per identificare i valichi presenti nelle varie regioni, limitandosi a “supporre” che, al di sopra di una certa altitudine, dove ci fosse un appostamento di caccia, o storicamente un roccolo, potesse essere considerato valico.
Una breve storia della questione
La vertenza ha posto all’attenzione dei giudici su un quesito che si trascinava da oltre vent’anni, per riconoscere ed inibire alla caccia quei valichi interessati da grandi flussi migratori, come previsto dalla legge quadro 157/92 (e prima ancora dalla 968), che impone il divieto assoluto di caccia per un raggio di mille metri dal punto di valico identificato.
Il Tribunale Amministrativo, nella sua fase iniziale, aveva accolto il ricorso dopo che Regione Lombardia in una sua delibera aveva riconosciuto 42 valichi da interdire all’attività venatoria, ritenuti non sufficienti dai ricorrenti, che lamentavano la mancanza di un’altra decina di siti. Complessivamente veniva richiesto ai giudici di riconoscere complessivamente 53 valichi interessati dai flussi migratori.
Per dirimere la questione il Tar affidava ad un commissario ad acta il compito di eseguire tutti gli studi scientifici necessari per definire in primis le caratteristiche di un valico e successivamente localizzare tutti quei punti incriminati.
La scelta del commissario ad acta è caduta su un dirigente di Ispra che ha coordinato un lavoro di un gruppo di tecnici, durato sei mesi, che ha prodotto una corposa raccolta di dati da cui sembrava potessero essere individuati 475 siti. La relazione finale che accompagnava questo studio concretamente riconosceva 19 valichi che senza alcun dubbio avevano le caratteristiche per essere chiusi, più altri 15 su cui investigare nei successivi due anni per valutare la reale consistenza del passo dei migratori.
La sintesi redatta dal commissario ad acta, consegnata ai giudici, e che avrebbe dovuto spiegare adeguatamente il motivo per cui “solo” 34 valichi (19 + 15) e non 475 avrebbero dovuto essere riconosciuti, è risultata per nulla convincente, al punto che, attraverso reclami successivi inoltrati al Tar, l’associazione animalista disconosceva l’operato del commissario ad acta e formalizzava la richiesta di inibire alla caccia, dagli iniziali 53, tutti i 475 luoghi individuati dallo studio.
Per dare un’idea di come si ridurrà il territorio venabile a seguito di questa decisione, a fianco si riporta la cartina di una parte della provincia di Lecco in cui le aree viola evidenziano tutte le zone in cui non sarà più possibile dalla stagione venatoria 2025/26 praticare ogni forma di caccia
Due parole sul documento, definito con grande coraggio “scientifico”, redatto dai tecnici Ispra. Il lavoro si fonda esclusivamente su fonti bibliografiche, lavori e studi che cercano di dare elementi di valutazione sulle direzioni dei flussi migratori; vengono citati testi datati dal 1931 al 2024, il 50% di queste “fonti” ha un’età media di 39 anni. Sorprendente poi che non ci sia un solo dato quantitativo che indichi il numero di soggetti che transita anche in unico valico!
L’analisi definisce valico un’area di altitudine pari o superiore a 600 mt, in cui insiste, in una cella di 5 km quadrati, anche un solo capanno
Tant’è che la giustizia amministrativa ha ritenuto questo lavoro sufficiente ad inibire alla caccia un numero esorbitante di località.
Cosa succederà ora?
Auspicabile il ricorso da parte di Regione Lombardia al Consiglio di Stato, con tempi certamente non brevi, e con il ragionevole dubbio che ci siano elementi per annullare la sentenza del Tar Lombardo.
Un’altra opzione, che viene ipotizzata, sarebbe un intervento del Governo (che ancora qualcuno continua a definire “amico”) per cancellare l’articolo della 157/92, anche in questo caso di non breve risoluzione.
Una riflessione finale: a questo punto, non sarebbe forse meglio, con il contributo di tutte le forze politiche, mettere mano in maniera organica ad una revisione completa della 157/92, anziché insistere con modifiche spot?