Azzeccagarbugli, scienziati e lupi.
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Il cammino verso la gestione del lupo appare irto di ostacoli dovuti soprattutto all’inerzia politica che si è lasciata sopraffare dall’arrogante “espertocrazia”, causa di un’informazione pilotata il cui peso si fa sempre più determinante man mano ci si allontana dal territorio, vale a dire dalla montagna. Succede che opinioni non allineate con quelle degli “esperti” sono considerate evidenti frutto di ignoranza e pregiudizi. C’è in tutto questo un fondo di arroganza ed una notevole tendenza all’integralismo che, miope verso realtà inconfutabili è determinato ad imporre la propria volontà e la propria strategia prevaricando gli interessi e le aspettative di una parte della comunità con il solito mezzo già sperimentato diverse volte in passato: i ricorsi presso i vari tribunali (TAR o Tribunale generale dell’U.E.). Cerchiamo di andare per ordine in questo allucinante caos d’intenti.
La Convenzione di Berna ha votato per declassare il lupo da “specie rigorosamente protetta” a “specie protetta”, tuttavia questo declassamento dello status di protezione non è ancora valido dato il ricorso alla Corte di Giustizia dell’U.E. da parte di associazioni animaliste. Ha inizio, quindi, la solita sequela legale alla ricerca di cavilli, di difformità, di interpretazioni che potrebbero far supporre la necessità del coinvolgimento di meno avvocati e più di personaggi qualificati e dotati di laico pragmatismo. Il WWF Italia sostiene che la decisione della Convenzione di Berna dà seguito ai tentativi ideologici di scagliarsi contro la tutela della fauna selvatica. La gestione di questo predatore impone la progettazione di strategie volte a raggiungere due obiettivi inderogabili:
• La conservazione della specie lupo;
• La salvaguardia delle attività antropiche e della sicurezza pubblica.
Se non arriveremo a gestire queste specie in modo realistico assisteremo al crollo di ogni modello di convivenza possibile.
Ma torniamo al ricorso presso la Corte di Giustizia U.E. (causa T-634/24), presentato a dicembre 2024 e ammesso a febbraio 2025: è stato sottoscritto da altre 17 associazioni. Il punto centrale: la mancanza di fondamento giuridico e scientifico nella decisione del Consiglio UE del dicembre 2024 di declassare il lupo nella Convenzione di Berna.
In Europa nel 2021 (i dati più recenti non sono stati resi pubblici) erano presenti circa 21.000 lupi di cui 3300 in Italia. Si tratta di dati volutamente sottostimati in quanto non sono stati considerati quelli riferiti ai monitoraggi degli anni successivi.
Ad ogni modo si evince che la specie lupo non è più in pericolo d’estinzione, così da considerarla bisognevole di rigorosa protezione. E questo è il primo elemento scientifico che sarebbe il caso di prendere in considerazione.
Chissà quale supporto scientifico carente ha evidenziato il Large Carnivore Initiative for Europe unitamente ad altre centinaia di scienziati, in considerazione del fatto che il lupo è al vertice della piramide alimentare e non ha alcun antagonista. Apprendo leggendo su lastampa.it (Declassamento del lupo in Europa, gli animalisti: “Decisione senza basi scientifiche” di Ivo Albertucci del 9 aprile 2025) di un rapporto finanziato dalla Commissione Ue del 2023 nel quale si evidenzia la mancanza di questo “supporto scientifico”: credo si voglia tirare in ballo il rapporto Bianco e Sundseth del 2023, revisionato da altri “esperti”. Uno di questi è Mark Fisher dell’Università di Leeds, ricercatore onorario del Wildland Research Institute. È coautore del testo “Il lupo” contenente il capitolo: “Il caso dei lupi nel Regno Unito” nel quale si auspica la reintroduzione del predatore nell’isola di Albione. (1), Non mi pare certo uno studioso super partes, specie considerando il fatto che non ci sono lupi nel Regno Unito e che mai nessuno ha pensato di reintrodurli…chissà perché! E poi, detto per inciso, dopo la Brexit la questione dei lupi europei non dovrebbe essere più oggetto del suo affanno, come di fatto non lo è la situazione degli allevatori continentali. Non conosco gli altri scienziati che si oppongono a questo downgrade del lupo ma, ad occhio e croce, non mi sembrano così imparziali come dovrebbero essere nella considerazione che la conservazione di una specie non significa la conservazione di ogni singolo suo soggetto. Ad ogni modo le associazioni animaliste insorgono e portano la battaglia in Europa, tra ricorsi, appelli e mobilitazioni. Al solito la cosa non stupisce più, come invece stupisce l’intenzione di ISPRA, definita intelligente, di distribuire le quote di abbattimento su tutto il territorio con coerenza e con una visione nazionale, elemento che considera fondamentale. Si legge su Il Dolomiti del 20 febbraio 2025 che, in una videoconferenza con gli uffici tecnici delle amministrazioni regionali, Ispra ha illustrato le linee guida che nel 2025 consentiranno a Regioni e Province autonome di richiedere abbattimenti in deroga nei casi di lupi confidenti, pericolosi o responsabili di attacchi ripetuti agli allevamenti. L’obiettivo è chiaro: standardizzare procedure e criteri, accelerando le tempistiche di risposta di Ispra alle richieste di abbattimento ma anche porre in qualche modo un freno a conflitti in crescita fra le comunità e il grande carnivoro. Conoscendo la tempistica e la farraginosa burocrazia di questo Ente, e le insite incertezze normative vedo la gestione del predatore lontana milioni di anni luce. Mi pare di vivere nel 2025, eppure si parla di quota massima dei prelievi stabilita sul censimento nazionale 2021 che ha stimato la presenza sul territorio nazionale di circa 3300 lupi. Che cosa si è fatto negli altri tre anni? Temo aria fritta: il numero dei lupi è ulteriormente aumentato tant’è che in Piemonte è pari a quello dell’intera Francia. Le quote di prelievo definite da ISPRA sono comprese tra il 3 e il 5% della popolazione totale e corrispondono a un numero prudenziale tra 100 e 160 esemplari. Accidenti! Ci saranno soltanto più 3140 predatori in Italia! La ripartizione studiata da ISPRA prevede, ad esempio, 3-5 prelievi per il Trentino, 1-2 per l’Alto Adige, 10-17 per il Piemonte, 9-15 per l’Emilia-Romagna e 13-22 per la Toscana. Un meccanismo che entra in vigore immediatamente, nonostante il Piano d’Azione Nazionale sia fermo dal 2015. Tuttavia, si punta a riattivarlo e a portarlo all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni in tempi rapidi, certamente entro la Fine del Mondo… Pensate un po’: in Piemonte il numero dei carnivori scenderà vorticosamente da 1000 a 985 capi. Certo gli allevatori ne avranno sostanziali benefici. Sarebbe invece auspicabile che la gestione del lupo fosse devoluta alle Regioni e alle Province Autonome che possono valutare la situazione in tempo reale. Ogni Regione, infatti, ha problematiche diverse quali l’incidenza dell’allevamento, la natura del territorio (montagna), il turismo etc. In ciascuna di esse l’incremento del numero dei lupi è diverso, specie in termini di sostenibilità. Non sarebbe sbagliato quindi considerare per ogni Regione il numero di lupi per 1000 Km² del suo territorio. Ad esempio la Valle d’Aosta, con i suoi 3230 Km², ha una densità lupi /1000 Km², quasi il doppio della Bulgaria!
Il fatto è che per gestire una popolazione di selvatici, con particolare riguardo per i Grandi Carnivori, occorre uno Studio di Fattibilità a lungo termine e scevro da ogni forma di integralismo e di collezionismo…
Se questa gestione, come qualsiasi altra, fosse stata messa in atto quando il numero di Unità Riproduttive fosse stato ancora basso, gli abbattimenti necessari sarebbero stati assai meno numerosi e dolorosi. Purtroppo s’è preferito perseguire la politica da collezionismo di Grandi Carnivori (vedasi orsi in Trentino) invece di quella suggerita da chiare linee scientifiche.
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(1) ll caso dei lupi nel Regno Unito. As discussed extensively elsewhere in this volume, the recolonisation of Europe by wolves means that the UK increasingly becomes an outlier in its lack of apex predators. If the UK was not physically detached from mainland Europe, wolves would likely soon cross our borders. In this chapter we discuss the case for reintroducing wolves to the UK, and we draw on a now nearly 20-year-old paper by Charles Wilson (2004), who reviewed the case for large carnivore reintroductions to the UK. Trad.: Come ampiamente discusso altrove in questo volume (Il lupo-2023) la ricolonizzazione dell'Europa da parte dei lupi significa che il Regno Unito sta diventando sempre più un caso isolato per la mancanza di predatori al vertice della catena alimentare. Se il Regno Unito non fosse fisicamente separato dall'Europa continentale, è probabile che i lupi attraverserebbero presto i nostri confini. In questo capitolo discutiamo le argomentazioni a favore della reintroduzione dei lupi nel Regno Unito basandoci su un articolo di Charles Wilson (2004) che ha esaminato il caso delle reintroduzioni di Grandi Carnivori nel Regno Unito.
Dottore Piervittorio Stefanone
Medico Veterinario (in pensione)