Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

Luca Gironi

Luca Gironi

Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Toscana: la Consulta conferma l'impostazione dei provvedimenti della Regione sulla deroga dello storno e sul controllo degli ungulati nelle aree protette

toscana log territorioControllo ungulati, la Consulta conferma: impostazione regionale elemento di tutela

La Corte Costituzionale conferma l'impostazione legislativa della Regione Toscana sugli interventi di controllo degli ungulati nelle aree protette e sul prelievo dello storno in deroga per la salvaguardia delle colture agricole come olivi, viti e frutta.

"C’è un doppio motivo di soddisfazione – commenta la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi - per questa decisione dei giudici costituzionali. Prima di tutto perché sarà possibile in questo modo continuare ad assicurare risposte puntuali al mondo agricolo toscano, particolarmente colpito dalla crisi economica causata dalla pandemia. E poi anche per i risvolti positivi che la sentenza potrà avere a livello nazionale, ponendo la Toscana come regione capofila nel cercare di risolvere criticità legate alla fauna e all'impatto che questa ha sull'agricoltura e sull'ambiente".

Il governo nazionale aveva sollevato la questione di legittimità degli articoli 24 e 30 della legge 61 della Regione Toscana15 luglio 2020 "Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994" adducendo obiezioni di incostituzionalità nella parti inerenti al controllo degli ungulati nelle aree protette, in quanto norma invasiva della competenza statale esclusiva in materia di tutela ambientale. La Regione Toscana con la modifica di legge aveva infatti previsto che nei parchi regionali e nelle aree protette il soggetto gestore adottasse piani di controllo degli ungulati che dovevano tenere conto delle densità sostenibili e degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofi ai propri confini e ai boschi. In caso di inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la Giunta regionale interveniva ai sensi dell’articolo 37 della legge 61

La legge era sta impugnata anche nella parte in cui la Regione Toscana specificava che il limite al prelievo delle specie in deroga, come ad esempio lo storno, non si cumula con il numero totale di altri capi di fauna migratoria.
La Corte Costituzionale ha riconosciuto invece che il controllo degli ungulati nelle aree protette non comporta un abbassamento del livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale, ponendosi, anzi, in un’ottica di maggiore garanzia della conservazione degli equilibri complessivi dell’area protetta che includono la presenza dell’uomo.
Inoltre, a fronte dell’inadempienza del soggetto gestore del parco relativamente all’attività di controllo degli ungulati, ha osservato che il legislatore regionale è opportunamente intervenuto, tutelando così sia gli equilibri ecologici all’interno delle aree protette, sia le produzioni agricole nelle aree limitrofe, gli uni e le altre compromesse dall’eccessiva proliferazione dei cinghiali.

La Consulta ha chiarito infine anche la non cumulabilità delle specie in deroga con il carniere giornaliero delle altre specie migratrici.

 

Arci Caccia fa quattro chiacchiere con Renata Briano, neopresidente del Comitato Scientifico di Fondazione Una

Fondazione Una rinnova i suoi organismi e al vertice del suo Comitato Scientifico troviamo con piacere una vecchia conoscenza del mondo venatorio: Renata Briano, dottoressa in Scienze Naturali, ex Assessore alla Caccia della Regione Liguria, ex Parlamentare Europeo, sempre molto attenta alle istanze di tutto il mondo rurale, fino a svolgere il ruolo di Vicepresidente dell’Intergruppo Biodiversità, ruralità e attività venatoria del Parlamento Europeo. L’abbiamo raggiunta telefonicamente e le abbiamo rivolto alcune domande, utili a capire meglio cosa farà da ora in avanti la Fondazione:

Buonasera Renata, finalmente una donna ai vertici di un’importante fondazione legata al mondo rurale. Cosa cambierà in Fondazione Una con il tuo arrivo?

Fondazione Una, indipendentemente dalla mia figura, ha deciso di rafforzarsi in questa fase del suo cammino. Dopo un primo periodo di crescita e di lancio di progetti che hanno dato risultati positivi ha deciso di cambiare puntando molto sul Comitato Scientifico, organismo composto da persone di grandissima professionalità e, cosa molto interessante, provenienti da mondi diversi tra di loro che dobbiamo portare a collaborare. Abbiamo esperti di natura, che lavorano nei parchi o fanno ricerca in università, esperti di economia che possono aiutare a capire qual è l’impatto dell’attività venatoria sul tessuto produttivo ed esperti di alimentazione, in larga parte provenienti da Slow Food. Quindi, quello che sicuramente in qualche modo cambia è il ruolo del Comitato Scientifico. Io ci metterò tutto quello che posso della mia esperienza, sia a livello politico che scientifico, visto che, il lavoro che ho fatto prima della politica era un lavoro di ricercatore universitario in ambito faunistico. Perché il messaggio che Una vuole portare avanti è essenzialmente politico, dove in qualche modo la natura e la difesa della biodiversità sono al centro e in questo, l’attività venatoria ha un ruolo fondamentale. Ovviamente, quella praticata dal “cacciatore gestore” moderno, proiettato verso il futuro. Il Comitato scientifico dovrà creare anche nuovi rapporti, farsi conoscere, aiutato dal vicepresidente Veneziano e dai delegati territoriali e per raggiungere questo risultato verranno coinvolti ATC e CA che dovranno farci da portavoce dove la nostra penetrazione risulta più debole. Per fare questo, ci sono stati degli innesti importanti, tra cui giovani che dovranno occuparsi di molte cose, tra cui la comunicazione, che una delle parti più importanti del progetto.

Fondazione Una portava avanti numerosi progetti che, purtroppo, in questi due anni, come il resto del mondo, hanno dovuto fermarsi. Come avverrà o sta avvenendo la ripartenza?

L’idea è quella di ripartire con i progetti in modo anche più attivo di prima, perché, per esempio, tutto il lavoro sulla filiera del cinghiale fatto in provincia di Bergamo, con la collaborazione dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha bisogno di essere esteso secondo le indicazioni del nostro referente Barbero. Questo processo, però, ha bisogno di riunioni in presenza e confronto, così come altre iniziative, ad esempio quelle che impegnano i cacciatori nel recupero degli ambienti e nella pulitura di boschi e sentieri. Speriamo che le vaccinazioni ci aiutino a ripartire con le iniziative e le fiere. A settembre, pandemia permettendo, parteciperemo a Futura, la grande fiera dell’economia circolare che si svolgerà a Brescia. Un’occasione per portare il nostro messaggio fuori dal mondo venatorio.

La Fondazione ha un compito davvero arduo, fare il proprio lavoro di associazione di tutela ambientale e al contempo far emergere il ruolo di gestore del mondo venatorio nella società civile. Come si può riuscire a portare a casa questo risultato?

Ci si può riuscire, ad esempio, cercando di sviluppare al meglio la comunicazione perché io credo che nel passato, forse, il cacciatore si è un po’ parlato addosso e adesso è ora di cambiare. Occorre uscire dai soliti luoghi fisici e virtuali e parlare su altri palcoscenici che sono più comuni al mondo animalista a cui è dato sempre molto, forse troppo, spazio. Qualche giorno fa ho parlato a una radio con un target che parla ai giovani. Mi hanno intervistato due giornaliste, una che conosceva la caccia di selezione e la sostenibilità ambientale di questa attività; l’altra, invece, era vegetariana e quindi di fatto già un po’ contraria. Abbiamo fatto insieme un ragionamento e, pur riconoscendo che “è meglio mangiare un cinghiale che un maiale di allevamento intensivo”, a loro detta per chi è vegetariano continua ad essere meglio avere una dieta vegetale. A questo ho risposto che, proprio l’agricoltura, che produce le verdure, è in profonda crisi per la presenza del cinghiale che ancora non è gestito in modo sufficiente; il tutto cercando di far loro capire anche queste contraddizioni. È stato un modo per parlare ad altri mondi, perché occorre pubblicizzare tutte le azioni positive che i cacciatori fanno per l’ambiente, come primi difensori della biodiversità e avversari del bracconaggio. Perché non ci scordiamo che l’Europa dice che la perdita di biodiversità ha molte cause, principalmente l’agricoltura intensiva, la cementificazione e l’inquinamento, ma non la caccia, perché questa è regolata in modo da essere sostenibile. Infatti, il prelievo su una specie viene fatto se è in salute, mentre se è in crisi la si chiude. Inoltre, il mondo venatorio deve essere netto nella condanna del bracconaggio, senza timidezze, e occorre evitare di spettacolarizzare il carniere. Mi ricordo che mio padre, ex cacciatore, trovava soddisfazione nel lavoro del cane, nel contatto con la natura, mentre l’abbattimento della preda per lui era l’ultima cosa.

In questa prima parte dell’anno, alcune associazioni semisconosciute hanno avviato campagne referendarie contro la caccia. Cosa ne pensi?

Briano Fondazione UnaSono sicuramente contraria allo svolgimento di referendum pro o contro la caccia, perché si tratta di una materia molto complessa, su cui è necessario ragionare e confrontarsi, cosa che non può riuscire dicendo si o no a un quesito. Penso, inoltre, che noi abbiamo una legge sulla caccia che è stata costruita con grande abilità, cercando di mettere insieme e far collaborare tutti gli attori, garantendo una grande democrazia nella gestione di questa attività. E’ chiaro che sia una legge che si può migliorare ma, piuttosto che abrogarla, o modificarla in modo sbagliato, sicuramente è meglio lasciarla com’è. Credo che questi referendum, tra l’altro, abbiano scopi diversi dall’abolizione della caccia, scopi più politici, tanto che molte associazioni ambientaliste nazionali ne hanno preso le distanze.

La Fondazione è un luogo di sintesi a cui contribuiscono portatori di interesse molto diversi tra loro. Non sarebbe auspicabile arrivare ad un confronto permanente tra i mondi venatorio, agricolo e ambientalista?

Sarebbe importantissimo e bisogna creare un percorso che arrivi a questo risultato. Occorre fare azioni comuni, concordate anche con quella parte di mondo che magari non è così favorevole alla caccia e bisogna fare tutto con molta umiltà. Occorre far capire ad agricoltori ed ambientalisti che i cacciatori sono fondamentali se si vuole fare la gestione di molte specie ma anche se vogliamo tenere un po’ di attività nell’entroterra. Come ci dice Cioppi, l’esperto economico del Comitato Scientifico, dietro la caccia c’è un’economia che rafforza alcuni territori che per me sono fondamentali e che non sono le città ma nelle aree marginali. E caccia, pesca e raccolta dei funghi portano persone, e quindi economia, nelle trattorie, nei ristoranti, nelle affittacamere di luoghi dove c’è un gran bisogno di lavorare. Inoltre, vanno affrontati e risolti nodi divisivi come il bracconaggio, ma anche il problema causato dall’esubero numerico di alcune specie. E ciò va affrontato con coraggio da tutti, compresa la politica, che spesso su temi divisivi come la caccia tende a svicolare.

Arci Caccia, a settembre, celebrerà il suo Congresso Nazionale e ha prodotto un corposo documento tecnico politico. So che hai avuto modo di leggerlo, che ne pensi?

Direi che il vostro più che un documento è un manifesto. Il manifesto del cacciatore paladino dell’ambiente, quello che poi, diciamolo, è l’obiettivo e il motto della Fondazione Una. La vostra visione è decisamente avanti e credo che ci sia voluto coraggio per parlare ai cacciatori in questo modo perché, forse, non tutti sono ancora pronti a ricevere questo tipo di visione. Io sono assolutamente d’accordo con tutti i punti contenuti nel testo, scritto, tra l’altro, molto bene, con grande equilibrio, che trovo assolutamente in linea con il pensiero portato avanti dalla Fondazione. Questo fa ben sperare che la collaborazione possa continuare non solo con Arci Caccia ma anche con le altre associazioni. Perché credo che ci sia bisogno di un forte dialogo con tutte le categorie ma anche tra le associazioni venatorie perché, comunque, la caccia è un settore che sta perdendo numeri e, l’ultima cosa, di cui c’è bisogno sono le guerre intestine.

Toscana: il Presidente di Arci Caccia Bussolotti scrive ai colleghi delle Associazioni Venatorie, “Parliamo di unità partendo dai contenuti”

arcicaccia logo co1Il Presidente Regionale Arci Caccia Sirio Bussolotti prova a dare il la ad uno sblocco dei rapporti tra associazioni venatorie in Toscana (e non solo) e lo fa con questa lettera inviata agli altri Presidenti Regionali delle Associazioni Venatorie Toscane. Arci Caccia ha fatto il primo passo, adesso si aspetta la risposta delle altre associazioni a queste proposte che è impossibile non condividere.

Ai Presidenti

delle Associazioni Venatorie riconosciute

della Regione Toscana

 

Gentili Presidenti,

ci rivolgiamo a voi e vostro tramite agli associati che rappresentate e sono patrimonio molto ricco di idee, emozioni, passione e ragione.

Ancorchè in diminuzione, i cacciatori svolgono, e meglio possono farlo, un ruolo importante e significativo in Toscana. Valorizzare e rivisitare nella nostra terra di antiche, radicate e qualificate tradizioni rurali, l’attività di gestione faunistica degli ATC, degli Istituti, delle Aree Protette è una sfida che è possibile ancora vincere conquistando attenzione ed interesse degli imprenditori agricoli e dei cittadini avendo uno sguardo attento alle nuove generazioni.

Occorrerebbe aprire una riflessione comune per cercare insieme i contenuti unitari sui quali aprire il confronto con le altre rappresentanze. Una “costituente” che sia radicata nel dibattito, aperta tra i cacciatori e che sappia ascoltare quanto, in tema di gestione, si agita nella società civile.

Forse occorrerà insieme, prendere atto della sterilità di una discussione autoreferenziale sulle Associazioni venatorie, sul loro ruolo, su modelli che con sincerità tutti, hanno dimostrato pur con diverse sigle, di essere strumentali sia in Toscana, in Emilia siano CCT, FENAVERI ma anche la Cabina di Regia al mantenimento delle Associazioni che a quanto si muove nella Società.

Proviamo a partire dai contenuti, sarà più faticoso ma indispensabile premessa alla scelta di un modello associativo, organizzativo confacente alla prospettiva e alla concretizzazione del progetto che rilanci l’immagine, l’identità del cacciatore definendo, modificando, integrando funzioni e compiti degli Enti, gli ATC, cui la legge ha affidato la realizzazione delle politiche faunistico venatorie e la gestione del bene di tutti, del patrimonio faunistico.

Ripartire dai contenuti può essere un buon “antidoto” alla tentazione di mettere l’interesse delle Associazioni nazionali esistenti, così come organizzate prima della stessa caccia, della conservazione degli spazi e delle aree ove praticarla e della gratificazione dei praticanti che, di quei territori, sono custodi, oggi con gli ATC che con le luci e le ombre, sono la rete di presenza da cui partire insieme ai Circoli, alle Sezioni delle Associazioni Venatorie.

Noi stiamo svolgendo il nostro Congresso che è pronto ad aprirsi senza nostalgie e retropensieri ad una rifondazione, rigenerazione, a qualsivoglia costituente. Chiunque ha voglia, sensibilità di battere un colpo sarà benvenuto…

Il Presidente Regionale

Sirio Bussolotti

Campania: è arrivata la resa dei conti sul Calendario Venatorio

 assoc campania

 

REDDE RATIONEM
Si è giunti, infine, alla resa dei conti, al redde rationem, in merito all’adozione del calendario venatorio, caratterizzato da un iter che definire tormentato è poco, soprattutto a causa di decisioni ondivaghe e, purtroppo, lontane da quei dati, tecnici, scientifici e giuridici, che pure le scriventi Associazioni si erano premunite di fornire alla Regione Campania. Non va sottaciuto, e tanto va ribadito con forza, che la corposa produzione documentale, sin dalla prima seduta del CTFVR, era nella disponibilità della Regione Campania, che avrebbe potuto farne buon uso e, pertanto, trasmettere all’ISPRA, ai fini dell’acquisizione del previsto parere, un calendario venatorio che ricomprendesse pure la preapertura.
Ma, con ogni evidenza, purtroppo, così non è stato!
Traspare, in maniera evidente, che le determinazioni assunte dalla Giunta Regionale della Campania, e per essa dal competente Assessorato, con riferimento alla mancata previsione della cd. “preapertura”, ovvero della possibilità di anticipare il prelievo ad alcune specie a far data dall’1° settembre, prevista dall’art. 19, comma 2, L. 157/1992, costituisce una graziosa concessione al mondo animalista.
Desta non poca preoccupazione tale inopinata, quanto divisiva, scelta; a fronte delle reiterate e legittime argomentazioni sostenute dalle Associazioni venatorie ed agricole, confortate, si è detto, da incontrovertibili dati, tecnici, scientifici e giuridici, si è preferito, ricorrendo a discettazioni di pura e chiara matrice ideologica, privilegiare coloro che, a prescindere da tutto e da tutti, sono contrari all’attività venatoria.
Si comprende come l’infelice scelta operata dalla Regione Campania (che non è la prima e, si teme, non sarà nemmeno l’ultima!!!), defraudando i cacciatori campani di alcune giornate di caccia, di fatto, elimina dalle specie cacciabili la tortora, specie migratoria che, notoriamente, abbandona i lidi italici nei primissimi giorni di settembre.
Ma l’Assessorato, imperterrito, va oltre; la sua, improvvida, scelta, oltre che quelle provenienti dalle associazioni venatorie, ha disatteso le richieste provenienti dal mondo agricolo laddove, da più parti, veniva palesata l’esigenza di contenere le specie cd. opportuniste, anzi problematiche, per non urtare la sensibilità degli animalisti radical chic, cosi cari alla politica.
Non possiamo non dare atto alla Regione Campania che, almeno sotto un punto vista (uno solo!), è stata coerente: la sua politica venatoria ha scontentato tutti, ma proprio tutti: i cacciatori, ma anche gli agricoltori che, per il futile compiacimento dell’animalismo più cieco, vedranno, così, vanificato il loro duro lavoro.
Né l’assoluta irricevibilità della posizione assunta dall’Assessorato può, in qualche modo, essere mitigata dalla circostanza che, finalmente, il calendario venatoria reintroduce, in parte, il concetto di apertura generale alla terza domenica di settembre, laddove consente il prelievo di 17 specie di fauna migratoria, rispetto alle 3/4 consentite negli ultimi anni (sic!), o prolunga il periodo della specie “quaglia” fino al 29 novembre. Si ribadisce, con forza, che quanto previsto dalla Regione Campania, oltre che alla L. 157/92, risulta essere conforme a quella serie di dati, tecnici, scientifici e giuridici, da tempo, forniti alla politica e da questa, inopinatamente, ignorati. Pertanto, con ogni evidenza, l’attuale calendario venatorio elimina odiose distonie che, negli anni, avevano caratterizzato la politica venatoria campana, tutt’ora sussistenti per talune specie (ex multis, beccaccino e frullino) laddove, in maniera incomprensibile e tautologica, viene anticipato il termine ultimo di prelievo rispetto alla data del 31 gennaio, prevista dalla L. 157/92.
Ebbene, innegabilmente, l’unica cura dell’Assessorato era quello di assecondare, ricevendone, così, il pubblico plauso, per non aver consentito la cd. preapertura, i desiderata di uno sparuto gruppo di “amici” appartenenti al mondo animalista, eletti con percentuali di voto irrisorie (pochi decimali!).
Con ogni evidenza, la politica non ha voluto e/o saputo valorizzare il serrato confronto dialettico che ha caratterizzato gli ultimi mesi, laddove, anche alla presenza dei competenti Uffici Regionali, adducendo inoppugnabili dati scientifici e chiarissime argomentazioni tecnico-giuridiche, si è avuto modo di confutare e sconfessare tutte le motivazioni “asseritamente” ostative alla concessione della caccia in periodo di pre-apertura.
All’unisono, le scriventi AA.VV. ribadiscono la più ampia disponibilità a calendarizzare incontri periodici finalizzati alla loro partecipazione e coinvolgimento, anche in termini di consulenza, nei processi decisionali riguardanti l’attività venatoria, stante l’assoluta inadeguatezza, dei competenti Uffici della Regione Campania basta da ultimo evidenziare le evidenti e palesi contraddizioni inserite nella delibera di approvazione del calendario dove da un lato si autorizza la caccia alla specie colombaccio dalla terza domenica di settembre 2021 al 31 gennaio 2022 e dall’altro se ne autorizza il prelievo solo da appostamento fisso e con carniere giornaliero massimo di cinque capi dal primo gennaio 2022 al 10 febbraio 2022 o l’inspiegabile divieto di addestramento cani dal 01 settembre al 15 settembre 2021!!.
Si chiede, con forza, che le future decisioni in materia siano improntate ad una maggiore sensibilità ed apertura alle esigenze del mondo venatorio, poiché quelle attuali, caratterizzate da un chiaro stampo politico-burocratico, appaiono non condivisibili ed irricevibili
Intanto, redde rationem, la Regione vieta la preapertura ai cacciatori campani.

Toscana: continua la battaglia di Arci Caccia contro la limitazione di accesso dei cacciatori all’Area Contigua del Padule di Fucecchio

germano reale 3

Continua l’Azione di Arci Caccia per riportare equità nella possibilità di accesso dei cacciatori nell’Area Contigua del Padule di Fucecchio. L'ufficio legale dell'associazione, capeggiato dall’Avvocato Andrea Biagioni, ha stilato questa lettera che è già stata inviata agli Assessori competenti in modo da chiedere che sia consentita, nel rispetto di tempi e distanze, la caccia da appostamento temporaneo anche nelle prime due ore della giornata. In modo da ridare la possibilità di vivere questa importante area umida anche ai non titolari di appostamento fisso.

Lettera Regolamento Padule di Fucecchio page 0001 724x1024Lettera Regolamento Padule di Fucecchio page 0002 724x1024

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura