Menu
RSS

facebooktwitteryoutubehuntingbook

Luca Gironi

Luca Gironi

Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

ANUU: CURIOSITÀ SUL PICCHIO ROSSO MAGGIORE

  • Pubblicato in Notizie

Il Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major) è una specie comune che solitamente vive tutto l’anno nello stesso bosco. A differenza di molte altre specie che intraprendono periodiche migrazioni più o meno lunghe, il Picchio rosso maggiore è stanziale. Una coppia necessita di un areale di 5 o 10 ettari. Per favorire lo scambio genetico e il proseguimento della specie occorre che i boschi siano vicini tra loro e se la distanza fosse esagerata la colonizzazione del nuovo territorio non può avvenire. Un caso del genere è successo in Svezia dove gli ornitologi hanno ipotizzato che l’indebolimento genetico della specie, che ne ha causato la diminuzione, è stato causato dalle situazioni d’isolamento vissute dalle differenti popolazioni. Ma questa specie appartiene ad una famiglia ornitica molto caratteristica. Il suo picchiettio ha sempre destato curiosità tra gli appassionati e molti di loro si sono chiesti come questo uccello possa attutire i colpi dati con forza alle dure parti lignee degli alberi. La risposta sta nel fatto che l’esterno del cranio dei picchi è composto da un osso denso con l’interno molto poroso. La forza impiegata per colpire viene distribuita attorno al cranio, attutita dall’apparato ioideo che, a sua volta, alleggerisce la pressione al cervello che riempie completamente la struttura scheletrica posteriore impedendo così che sbatta all’interno. Un design evolutivo naturale che ha aiutato i picchi in generale a salvaguardare la sopravvivenza della specie. (Walter Sassi)

ANUU: PUBBLICATI I DATI RELATIVI AL MONITORAGGIO DELL’AVIFAUNA NIDIFICANTE IN LOMBARDIA DAL 1992 AL 2016

Nel mese di novembre 2016 i ricercatori Luciano Bani, Massimiliano Luppi e Valerio Orioli del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DiSAT) dell’Università degli Studi di Milano Bicocca (UNIMIB) hanno pubblicato la relazione inerente il monitoraggio dell’avifauna nidificante in Lombardia analizzando i dati raccolti dal 1992 al 2016. Lo studio prevede la raccolta di dati ornitologici e ambientali in punti d’ascolto georeferenziati nell’intero territorio regionale durante il periodo di nidificazione degli uccelli. Tutto nasce nel 1992 quando la DG Agricoltura della Regione Lombardia riconosce l’utilità di uno studio quantitativo dell’avifauna sul territorio regionale durante la stagione di nidificazione, promuovendo così l’avvio di un monitoraggio a lungo termine delle popolazioni nidificanti sul territorio. Questo progetto, nonostante alcune interruzioni nei primi anni di esecuzione, rappresenta oggi il programma di monitoraggio quantitativo dell’avifauna nidificante su ampia scala più longevo d’Italia. Tale progetto, per la vastità e la diversità ambientale del territorio indagato, è in grado di fornire una valutazione approfondita ed esauriente delle dinamiche di popolazione delle diverse specie di uccelli che si riproducono sul versante meridionale delle Alpi e nella Pianura Padana. Il database faunistico utilizzato in questa ricerca comprende dati sull’avifauna nidificante in Lombardia raccolti dal 1992 al 2016 in progetti con differenti piani di campionamento, escludendo però i dati relativi agli anni 1993, 1994, 1997 e 1998 poiché troppo scarsi e/o localizzati per poter ottenere stime attendibili delle popolazioni. 75 le specie analizzate, di cui 20 mostrano un declino numerico avendo un tasso medio annuo negativo e significativo. Si tratta di: Allodola, Passera d’Italia, Nitticora, Cardellino, Verdone, Rondine, Nibbio bruno, Cutrettola, Averla piccola, Passera mattugia, Usignolo di fiume, Torcicollo, Rondone, Luì piccolo, Regolo, Balestruccio, Gallinella d’acqua, Organetto, Ballerina bianca, Storno e Scricciolo. Sempre tra le 75 specie analizzate, 28 mostrano invece una crescita significativa e 5 quasi significativa della popolazione a scala regionale, nel lungo periodo. Di queste, 10 mostrano un importante incremento, con una tasso di crescita medio annuo superiore al 5%. Sono Colombaccio, Tordo bottaccio, Fagiano comune, Tordela, Picchio rosso maggiore, Gazza, Fiorrancino e Cincia bigia. Osservando i gruppi ecologici quello più problematico, ossia con il maggior numero di specie in regresso, è rappresentato delle comunità ornitiche che si riproducono all’interno degli agro ecosistemi. Inoltre, 13 su 27 possiedono un andamento negativo a lungo termine. In ogni caso anche le comunità ornitiche urbane denotano sofferenza poiché 3 delle 5 di questo gruppo appaiono in significativo calo. Decisamente migliore la condizione delle specie che abitano in ambienti semi-naturali, come gli ambienti forestali oppure gli ambienti aperti di media e alta quota, dove la pressione antropica è minore rispetto alla pianura. Per quanto riguarda i gruppi fenologici, invece, le popolazioni con il miglior status di conservazione sono quelle relative all’avifauna residente, con ben 10 specie su 22 che mostrano un andamento positivo e soltanto 3 in regresso. Per contro, circa un terzo dei migratori a corto e lungo raggio hanno popolazioni in diminuzione significativa. Per saperne di più: http://www.regione.lombardia.it – sezione servizi e informazioni. (Walter Sassi)

LAZIO: PUBBLICATO IL CALENDARIO VENATORIO

  • Pubblicato in Notizie

La stagione venatoria nel Lazio si aprirà il prossimo 17 settembre e si concluderà il 31 gennaio 2018, con due giornate di preapertura, il 2 e il 10 settembre 2017 (dalle ore 5,40 alle ore 19,40) e dieci giornate di posticipo dall’1 al 10 febbraio 2018.

A stabilirlo è il nuovo calendario venatorio 2017/2018 con decreto del Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, in conformità con le disposizioni normative comunitarie e nazionali.
Il calendario, approvato entro i termini previsti dalla legge regionale n.17 del 1995, è il prodotto di un lavoro condiviso con le associazioni venatorie, agricole e ambientaliste rappresentate al tavolo faunistico-venatorio regionale e dell’acquisizione dei pareri dell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Il lavoro di condivisione dei soggetti interessati, ha consentito di riconoscere e indicare già a partire dal mese di giugno, anche le giornate di preapertura e posticipo che caratterizzeranno la stagione venatoria 2017/2018.

Nel dettaglio, la caccia è consentita per l’intera stagione venatoria tre giorni per ogni settimana, che il titolare della licenza può scegliere tra lunedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica.

Le specie potranno esser cacciate secondo il seguente calendario: dal 17 settembre al 30 ottobre la quaglia; dal 17 settembre al 10 dicembre la lepre europea; dal 17 settembre al 31 dicembre il coniglio selvatico e fagiano; dal 17 settembre al 31 gennaio 2018: alzavola, beccaccino, canapiglia, codone, fischione, folaga, frullino, gallinella d’acqua, germano reale, marzaiola, mestolone, moriglione, pavoncella, porciglione, volpe; dal 20 settembre al 31 dicembre il merlo; dal 1 ottobre al 30 novembre la starna; dal 1 ottobre al 31 dicembre l’allodola; dal 1 ottobre al 20 gennaio 2018: beccaccia, cesena, tordo bottaccio e tordo sassello; dal 1 ottobre al 31 gennaio 2018: colombaccio, cornacchia grigia, gazza, ghiandaia; dal 1 ottobre al 31 gennaio il cinghiale (unica caccia, sia in modalità singola che collettiva, per cui è consentito l’ausilio del cane).

Per i turdidi, l’Assessorato all’Agricoltura, Caccia e Pesca ha intenzione di predisporre un atto a parte per uniformare la chiusura a quella delle Regioni limitrofe.

L’addestramento e l’allenamento dei cani è consentito, senza possibilità di sparo, dal 26 agosto al 14 settembre 2017, con esclusione dei giorni 2 e 10 settembre, dal sorgere del sole alle ore 19.00; mentre, nelle Zone di Protezione Speciale (ZPS), è consentito dal 2 al 14 settembre.

Dal 17 settembre al 31 gennaio 2018 è vietato l’addestramento e l’uso del cane nelle giornate in cui il conduttore non è in esercizio venatorio e nelle giornate di martedì e venerdì di ciascuna settimana. L’attività è invece consentita qualora il conduttore annoti la giornata di caccia sul tesserino venatorio.

Per la caccia al cinghiale, fermo restando il numero massimo di giornate che per la stagione 2017/2018 è pari a 41, l’effettiva fruizione viene modulata: in forma collettiva in squadre autorizzate i giorni 1, 8, 15, 22, 29 di ottobre, i giorni 1, 4, 5, 11, 12, 18, 19, 25, 26, 29 di novembre, i giorni 2, 3, 6, 9, 10, 13, 16, 17, 20, 23, 27, 30, 31 di dicembre, i giorni 3, 6, 7, 10, 13, 14, 17, 20, 21, 24, 27, 28, 31 di gennaio; in forma singola, invece, è consentita nel periodo 1 novembre – 31 gennaio 2018, tre giorni per ogni settimana, fra lunedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica.

Nelle giornate di preapertura del 2 e 10 settembre, con esclusione delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), è consentita la caccia alle specie: cornacchia grigia, gazza, ghiandaia, merlo e tortora. L’esercizio venatorio è consentito solo da appostamento fisso o temporaneo, senza l’ausilio del cane.

Nelle giornate di posticipo dall’1 febbraio al 10 febbraio è consentita la caccia alla specie: colombaccio, cornacchia grigia, gazza, ghiandaia. L’esercizio venatorio è consentito solo da appostamento fisso o temporaneo, senza l’ausilio del cane.

Per la documentazione consultare il Link:
http://www.regione.lazio.it/rl_agricoltura/?vw=documentazioneDettaglio&id=41576

(www.ladeadellacaccia.it)

A BRUXELLES UNA CONFERENZA SUI PRELIEVI ILLEGALI DI FAUNA E IL RUOLO DEI CACCIATORI

Lo scorso 27 giugno presso il Parlamento Europeo a Bruxelles si è tenuta la conferenza “Prospettive per combattere le uccisioni illegali di fauna: il ruolo dei cacciatori”. Organizzata dal Deputato del Parlamento Europeo Karl Heinz Florenz, Presidente dell’Intergruppo “Biodiversità, Caccia e Attività rurali”, la conferenza ha permesso di approfondire le esperienze in diverse realtà nella lotta al bracconaggio, e le valutazioni sull’approccio della Commissione UE a questo problema.

La FIdC, invitata a presentare un intervento sulle attività di contrasto al bracconaggio nel Mediterraneo, ha presentato una relazione tenuta da Michele Sorrenti. Oltre a lui, i relatori sono stati Marita Arvela, rappresentante ufficiale della Commissione Europea della DG Ambiente; la dr.ssa Mari Pohja-Mykrä, dell’Università di Helsinki, che ha parlato della gestione dei grandi carnivori in Finlandia; la dr.ssa Julia Newth del Wildfowl and Wetland Trust, che ha presentato il progetto per la tutela del cigno minore (sottospecie Bewickii) e Johan Svalby in rappresentanza del Safari Club International, che ha esposto il ruolo dei cacciatori in Africa nel contrasto al bracconaggio.

Gli interventi sono stati interessanti in particolare per l’approccio con cui altre nazioni e anche la Commissione affrontano il problema del bracconaggio.

Ad esempio in Finlandia la relatrice dell’Università di Helsinki ha dimostrato quanto impegno è stato profuso per la comprensione delle motivazioni che portano alle uccisioni illegali di lupi e come le soluzioni trovate (ad esempio una quota annuale di lupi abbattibili) hanno sempre avuto come risultato la diminuzione degli episodi illegali e la conservazione favorevole della popolazione di questo carnivoro.

Allo stesso modo, l’esperienza sul cigno minore ha dimostrato che il dialogo con le popolazioni locali dell’area di riproduzione in Russia ha permesso una riduzione sensibile delle uccisioni illegali che avevano luogo in queste zone.

Nella sua relazione Michele Sorrenti ha esposto la partecipazione di Federcaccia al Piano Nazionale per il contrasto del Bracconaggio, le attività di sorveglianza sul territorio da parte delle Guardie volontarie, le iniziative in corso sulle specie simili, insieme al supporto e alla sorveglianza per il progetto di reintroduzione dell’Ibis eremita in collaborazione con Waldrappteam.

Anche Johan Svalby ha dimostrato che senza il ruolo e le risorse dei cacciatori in Africa non sarebbe possibile la lotta al bracconaggio, sempre più attiva in diversi Stati Africani. La posizione della Commissione Europea è vicina a questa impostazione, perché condivide il coinvolgimento di tutti i portatori d’interesse nel campo della lotta al bracconaggio e in particolare dei cacciatori, come soggetti introdotti nelle comunità locali e nel mondo rurale.

Da queste posizioni espresse emerge un segnale importante per l’Italia e per il mondo dei cacciatori: bisogna portare questo messaggio alle Istituzioni italiane, per modificare la visione “emotiva” del problema del bracconaggio e passare alle soluzioni pratiche.

Per risolvere il problema non è sufficiente inasprire le pene, ma occorre studiare il fenomeno, affrontarlo sul campo e condividere con le popolazioni locali le azioni da intraprendere.

FEDERCACCIA SICILIA PROMUOVE UN PROGETTO PER MONITORARE IL CONIGLIO SELVATICO

In passato molto più abbondante, il Coniglio selvatico è ancora abbastanza diffuso, anche se in maniera non uniforme, in tutta la Sicilia; è presente anche nelle isole minori e su piccoli scogli di pochi ettari, dove spesso raggiunge anche densità elevate. Le cause di questo declino sull’isola maggiore sono in parte da ricondurre alle modificazioni del territorio: da un lato l’aumento della boscosità nelle aree collinari ad agricoltura marginale, dall’altro la sostituzione dell’agricoltura tradizionale (parcellizzazione del territorio, ampio sviluppo delle colture non irrigue) con agricoltura intensiva e ampliamento della superficie irrigua.

Tra le malattie che hanno contribuito a ridurre numericamente la consistenza allo stato selvatico del coniglio, conosciamo la Malattia Emorragica Virale indicata con l’acronimo MEV (con le sue varianti) e la Mixomatosi. Recentemente è stato isolato un nuovo ceppo di malattia emorragica virale nominato RHDV2, ad elevata patogenicità.

Nell’ambito di un progetto di Federcaccia Sicilia per la gestione di questo selvatico, lo scorso 26 giugno, sono stati liberati nel territorio di Racalmuto 6 esemplari di Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) muniti di radio-collare. Al momento del rilascio oltre al Presidente Regionale della Federazione Italiana della Caccia Giuseppe La Russa, era presente la Dirigente della Ripartizione Faunistico Venatoria di Agrigento Dr.ssa Mariella Licata con alcuni suoi collaboratori e il Dr. Agronomo Giuseppe Vecchio, tecnico faunistico dello Studio Agrofauna.

Il progetto nasce dalla recente collaborazione tra la Ripartizione Faunistico Venatoria di Agrigento, Ufficio Fauna Stanziale della Federcaccia Nazionale, la Federazione Italiana della Caccia di Agrigento, la Sezione Comunale di Racalmuto, il Consiglio Regionale F.I.D.C. della Sicilia, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche dell’Università degli Studi di Palermo sotto la supervisione scientifica del Prof. Mario Lo Valvo, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, l’Azienda Provinciale Sanitaria di Agrigento Dipartimento Prevenzione Veterinaria e lo Studio Agrofauna.

I conigli, dopo essere vaccinati, muniti di radiocollare sono stati immessi in un’area di quarantena per poi essere liberati in un’area del Comune di Racalmuto. Tale zona sarà tabellata e preclusa alla caccia per almeno un anno. Tale divieto sarà riportato nel Calendario Venatorio 2017/2018.

Nei prossimi giorni continueranno i monitoraggi giornalieri degli individui liberati, in modo da valutare la sopravvivenza e gli spostamenti dal sito di rilascio.

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura