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Luca Gironi

Luca Gironi

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Il Parco Nazionale dell'Appennino Lucano delibera il piano di gestione del cinghiale

Il Parco Nazionale dell'Appennino Lucano segna un altro passo avanti nel contrasto all'emergenza cinghiali che coinvolge, con danni sempre più evidenti, allevatori, agricoltori e cittadini.
Nei giorni scorsi il vicepresidente Vittorio Triunfo ha deliberato il nuovo 'Piano di gestione del cinghiale' valido per il quinquennio 2018-2023 che, dato il suo carattere di urgenza, è immediatamente eseguibile.
Il provvedimento si iscrive in un contesto di forte impegno da parte dell'Ente Parco sul delicato tema del controllo della fauna selvatica, che ha visto nel mese scorso la firma del contratto con la ditta vincitrice del bando per la gestione del servizio di trasporto e utilizzo dei cinghiali abbattuti nell'area protetta e che di fatto avvia il percorso verso la tanto attesa filiera di produzione di carni dello stesso, seguendo criteri di igiene, sicurezza e controllo necessari per l'avvio della rete produttiva.
Proprio in questi giorni, poi, si è tenuto presso la sede dell'Ente il corso di formazione per 70 selecontrollori del Parco che, in seguito alla frequenza dello stesso, hanno ricevuto il titolo abilitativo allo svolgimento dell'attività di selecontrollo andando a coprire in tal modo aree che erano prive di operatori, come quelle del Camastra e dell'alto Sauro.
Formazione degli operatori e nuovo piano di gestione avviano dunque una nuova fase nell'abbattimento dei cinghiali la cui presenza è divenuta ormai un pericolo per le persone e per le coltivazioni, oltre che un onere non indifferente per l'Ente Parco costretto a risarcire con adeguato indennizzo quanti ne ricevono danni.
Il piano di abbattimento del cinghiale ha ricevutO il parere favorevole dell'Ispra e prescrive il controllo sanitario, da parte dei servizi veterinari dell'Asp, dei capi abbattuti per la ricerca delle trichine prima di essere destinati al consumo.
Una delle novità del nuovo piano è la possibilità di eseguire l'abbattimento anche attraverso la tecnica cosiddetta della 'girata', che si esegue mediante l'impiego di cani addestrati ed abilitati tramite prove ENCI e guidati da operatori appositamente formati.
Gli effetti positivi della delibera del Parco Nazionale dell'Appennino Lucano sono rafforzati e resi più efficaci anche dalla recente approvazione delle linee guida per il controllo e la sorveglianza sanitaria sui cinghiali selvatici da parte della Giunta regionale di Basilicata, con le quali si armonizzano in tema di controlli e destinazione dei capi.
"Il lavoro di sinergia che i nostri uffici hanno condotto con gli uffici della Regione -dichiara il vicepresidente del Parco Vittorio Triunfo- ha portato ad una svolta importante nel contrasto all'emergenza dei cinghiali nella nostra area protetta, consentendoci di avviare quella logica di filiera alla quale stiamo lavorando da tempo, che ci permetterà di trasformare un problema che sta diventando devastante in un'opportunità per operatori e ristoratori. La carne del cinghiale può entrare a far parte del paniere del Parco che conta già diversi prodotti che si distinguono per qualità e originalità. Infine voglio sottolineare -conclude Triunfo- l'intenso lavoro che sta dietro questo risultato da parte degli uffici dell'Ente Parco, spesso oggetto di impropri e immeritati attacchi da parte di una certa stampa. Continueremo a lavorare affinché la nostra biodiversità sia tutelata e rispettata, senza rinunciare, come in questo caso, a una programmazione rispettosa delle norme di igiene e sicurezza che le legge prescrive".

Il Coordinamento Sannita delle Associazioni Venatorie interviene sul nuovo disciplinare di caccia al cinghiale in provincia di Benevento

Con il Decreto Dirigenziale n.107 del 16 Agosto 2018 l’Unità Operativa Dirigenziale del Servizio Territoriale Provinciale di Benevento, ha annullato di fatto tutti i precedenti decreti dirigenziali, il numero 84 del 22 Giugno, il numero 99 del 11 Luglio ed il numero 102 del 18 Luglio che regolamentavano il prelievo venatorio della specie sus scrofa. Il Decreto Dirigenziale numero 107 – spiega – ha modificato integralmente la normativa inerente la disciplina dell’attività venatoria della caccia al cinghiale in Provincia di Benevento, apportando modifiche sostanziali, al passo col progresso ed in sinergia ad altre realtà nazionali, più evolute ed organizzate in materia. E’ stato reputato opportuno cogliere l’occasione per migliorare la disciplina, puntando ad una semplificazione delle procedure per una maggiore ottimizzazione dei risultati attesi. Riveduto e corretto, constatati errori di impostazione nei decreti dirigenziali in precedenza adottati che determinavano tra l’altro una limitata efficacia dell’azione da conseguirsi ed una insufficiente gestione della specie, nel rispetto della salvaguardia delle caratteristiche ecologiche e dell’assetto agroforestale del Territorio, si è puntato a ottimizzare ed a massimizzare il profitto, al fine di ridurre al minimo i danni causati dalla specie.
La dirigenza regionale territoriale della provincia di Benevento – aggiunge la nota – ha ritenuto ridefinire una disciplina più agevole ed efficace, semplificando la norma ed il dispositivo di gestione nell’integrale rispetto delle disposizioni regionali in materia e nel riconoscimento più ampio possibile del diritto alla caccia per tutti coloro che possiedono i requisiti previsti. D’altronde la dirigenza territoriale ha saputo integralmente interpretare le aspettative dei numerosi appassionati del settore, tra l’altro già prospettate nell’unico tavolo di lavoro condotto a termine il giorno 11 Giugno scorso, presso gli uffici di piazza Gramazio, nel quale avvenne un incontro propedeutico tra l’Ufficio Territoriale e le Associazioni Venatorie per la predisposizione al nuovo disciplinare di caccia al cinghiale. Gli stakeholders delle associazioni venatorie hanno inciso nel determinismo sintetico ed analitico del definitivo Disciplinare di Caccia al Cinghiale in provincia di Benevento per la prossima annata venatoria. Il nuovo decreto ha implementato sostanzialmente il numero delle aree vocate al prelievo del cinghiale che da 27 passano a 32, ha ridotto giustamente a 20 il numero minimo dei componenti per la formazione della squadra al cinghiale,ha fissato alle ore 10:00 l’inizio della battuta nei giorni previsti ed ha eliminato l’inutile timbro previsto in precedenza sul tesserino venatorio. La “conditio sine qua non” per la concessione dell’area vocata è il possesso del requisito minimo essenziale, ovvero la residenza venatoria, così come giustamente prevede la norma giuridica, oltre ovviamente al possesso dei titoli necessari alla concessione del porto d’armi e le relative tassazioni in regola. Resta da capire soltanto se la data di scadenza per le squadre di cacciatori al cinghiale al fine della presentazione delle domande di ammissione alle aree vocate sia il 27 Agosto od il 27 Settembre, in quanto sul decreto compaiono entrambe le date.
Nuovi stakeholders faranno sicuramente rammentare alla Dirigenza che all’incontro propedeutico per la predisposizione del Disciplinare di Caccia al Cinghiale furono formulate dalle Associazioni Venatorie altri due elementi importanti, da articolare nel documento di disciplina, ovvero l’utilizzo della radio ricetrasmittente per le finalità di sicurezza e nelle frequenze previste, non solo ma anche il possibile e regolare recupero dei cani da seguita sconfinanti presso le altre aree senza infrangere il territorio appartenente ad altre squadre. Nella certezza che sia stata solo una dimenticanza, si confida pertanto in un certo inserimento di questi due elementi essenziali per lo svolgimento delle battute, utili al miglioramento del disciplinare stesso.

 

ANLC: La caccia s’è desta, chiarimenti e sviluppi

Mercoledì 8 agosto il Consiglio dei Ministri ha impugnato la nuova legge piemontese sull’attività venatoria, l.r. n.5 del 12/06/18; ora toccherà alla Corte Costituzionale attestarne la legittimità.
A.N.L.C. è stata la prima associazione venatoria a darne notizia quella stessa sera, e ciò ovviamente non è un caso, ma è doveroso rimarcarlo non perché si voglia vantare un qualche primato, o ci si senta in gara in questa singolare corsa a saltare sul carro del vincitore, piuttosto perché ciò non è che l’immediata conseguenza di un lungo e tribolato percorso che ha visto la nostra associazione sempre in prima linea nella difesa dei cacciatori.

Nel caso del Piemonte è dal 2014 che l’Associazione Nazionale Libera Caccia combatte contro gli atteggiamenti penalizzanti e discriminatori della politica regionale verso i cacciatori, e l’ha fatto nei tribunali con sette diversi ricorsi al TAR, dei quali gli ultimi due sostenuti integralmente da sola, e non più insieme alle altre AAVV con le quali di norma si dividevano in egual misura i costi.
Non solo, l’iter che ha consentito al ddl 01/12/15 n.182 di trasformarsi nella legge regionale n.5, ci ha visti sempre impegnati a sollecitare “attenzioni” dalla parte politica, e ad offrire la nostra collaborazione a loro, tanto da inviare ad Assessore, Uffici Tecnici, e Consiglieri di Regione Piemonte un documento contenente le osservazioni dell’Ufficio Tecnico Legislativo Fauna Selvatica A.N.L.C.
Ciò è avvenuto lo scorso 6 aprile, e dunque in tempi più che sufficienti perché vi fosse ancora la possibilità di apportare correttivi al disegno di legge.

Nulla è accaduto però, ed ecco che la nostra decisione di promuovere, e sostenere insieme ad altri, la manifestazione dell’8 giugno a Torino, denominata “La Caccia s’è desta”, appariva più che motivata.
Quel giorno a Torino bisognava esserci, ed infatti Libera Caccia era lì, in prima fila e con il Presidente nazionale Paolo Sparvoli e il regionale Giovanni Gallinaro a rivendicare il rispetto per i diritti di cacciatori piemontesi e italiani.
Con noi c’era praticamente tutto il resto del mondo venatorio piemontese e nazionale, con l’eccezione singolare di Federcaccia nazionale, e di quella regionale che ha persino osteggiata la manifestazione sino all’ultimo; ma in quella piazza a sfilare c’erano anche numerosi politici, regionali, nazionali ed europei, che hanno poi partecipato insieme a noi all’infruttuoso incontro con il Presidente di Regione Piemonte Sergio Chiamparino, e l’Assessore alla caccia Giorgio Ferrero.

S’è subito capito che arrivati a quel punto la politica avrebbe dovuto assumersi le sue responsabilità, mentre i politici presenti a Torino l’8 giugno, invece, hanno certamente compreso le ragioni dei cacciatori piemontesi, impegnandosi proprio in quell’occasione a sostenerle nelle sedi istituzionali.
Libera Caccia ha quindi iniziato un serrato dialogo con esponenti politici vicini al Governo, e da questi, ma ovviamente solo dopo la pubblicazione della nuova legge regionale, ha ricevuta sollecitazione a fornire un nuovo supporto tecnico-legislativo che aiutasse ad individuare le debolezze insite nell’articolato, e porre in luce tutti quegli articoli, o parte di essi, che presentassero incongruenze o contrarietà a norme di leggi nazionali ed europee, e addirittura della stessa Costituzione della Repubblica Italiana.

Ai primi di luglio un’approfondita relazione, decisamente corposa nei contenuti e nei riferimenti di legge, veniva consegnata al presidente di A.N.LC. Piemonte, affinché la facesse pervenire agli uffici ministeriali competenti.
Il resto è storia nota, e da quello che ci è stato riferito da fonti molto affidabili la documentazione prodotta da Libera Caccia si è rivelata molto preziosa, se non indispensabile, per giustificare l’impugnazione della legge.

A.N.L.C. ringrazia il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e i Ministri per gli Affari Regionali Erika Stefani e dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, per l’impegno profuso a difesa della legalità e dei diritti di caccia e cacciatori, e garantisce che non farà mai mancare il suo impegno.
«La strada da fare è ancora molto lunga – hanno affermato il presidente Paolo Sparvoli, molti della presidenza e diversi consiglieri nazionali - ma noi ci siamo e, statene certi, non molleremo di certo proprio ora».
La Caccia s’è desta.

Roma 14 agosto 2018

Trentino: in attesa della sentenza, i capannisti hanno ottenuto appostamenti più ampi

I cacciatori trentini, restano in attesa della sentenza del Consiglio di Stato ma intanto, i capannisti, anche se penalizzati dal dover scegliere il capanno in forma esclusiva, incassano una vittoria: potranno costruire appostamenti più ampi e dotarli di stufa, una vittoria importante in una regione dove il clima non è certo tra i più miti.

http://www.ladige.it/popular/ambiente/2018/08/15/caccia-capanni-pi-grandi-riscaldati-stufa

 

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