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Luca Gironi

Luca Gironi

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CONSEGNATE AL PRESIDENTE DEL SENATO PIETRO GRASSO LE OLTRE 82.000 FIRME RACCOLTE DALLA COALIZIONE ITALIANA #SALVAILSUOLO

 

Oltre 82.000 cittadini italiani hanno chiesto di tutelare il suolo libero e sano, una risorsa essenziale alla produzione agricola ma che è anche il più efficace sistema di difesa da alluvioni e altri eventi catastrofici. Le recenti tragedie ci ricordano che quando non si rispetta il suolo, le pur doverose opere di difesa sono sempre insufficienti a garantire la protezione di cittadini, abitazioni e città. Ora spetta al Parlamento rispettare la volontà dei cittadini e sbloccare la legge per il contenimento del consumo di suolo e la difesa delle aree agricole.

Un contributo importante, quello dei firmatari italiani, che pesa sulle oltre 212.000 firme raccolte a livello europeo ed eccede largamente il quorum fissato per il nostro Paese dalla Commissione Europea (54.750 firme): si tratta di un dato significativo che testimonia la sensibilità presente nel nostro Paese riguardo ai troppi fenomeni di degrado a carico del suolo, ed in particolare la cementificazione che ricopre ampie parti di territorio. Secondo gli ultimi dati ISPRA, in Italia al 2016 risultano cementificati oltre 23 mila km2 (pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme), il 7,6% del territorio nazionale. Il consumo di suolo procede a un ritmo di 3 metri quadri al secondo, senza risparmiare aree di grande valore paesaggistico e naturalistico, o di estrema vulnerabilità a rischi ambientali, come alluvioni, frane e terremoti. Il tutto in mancanza di una norma efficace che regoli la demolizione degli edifici abusivi.

Il 10 Ottobre a Palazzo Madama le associazioni della coalizione italiana #salvailsuolo hanno incontrato e consegnato simbolicamente le firme al Presidente del Senato Pietro Grasso, chiedendo di varare entro la legislatura la legge per il contenimento del consumo di suolo e la difesa delle aree agricole già approvata dalla Camera nel maggio 2016 e ferma da più di 500 giorni in Senato. Un provvedimento i cui obiettivi sono fermare il consumo di suolo e incentivare da subito la rigenerazione urbana e l’edilizia di qualità.

“Se il nostro Paese appare più fragile di altri agli eventi catastrofici, le colpe non sono solo del cambiamento climatico, ma di come abbiamo trattato il territorio negli ultimi decenni – dichiara Damiano Di Simine, portavoce della coalizione italiana #Salvailsuolo – Con le firme raccolte in Italia sproniamo il Parlamento a varare entro la legislatura il disegno di legge per il contenimento del consumo di suolo e la difesa delle aree agricole, e a bloccare il ddl Falanga in approvazione, che rischia di vanificare tutti gli sforzi messi in atto per contrastare l’abusivismo edilizio.”

Le associazioni chiedono anche rigore e vigilanza per evitare che nella discussione della legge di stabilità non ci siano colpi di mano rispetto agli impegni assunti con la finanziaria dell’anno scorso: ovvero che sia del tutto ripristinato, dal 1 gennaio 2018, il vincolo alla destinazione delle risorse derivanti dagli oneri di urbanizzazione. Ciò è indispensabile da un lato per sostenere gli interventi di rigenerazione urbana, e dall’altro per evitare che nei comuni sopravviva un meccanismo perverso di incentivazione di consumi di suolo in cambio di entrate fiscali impiegabili con ampia discrezionalità per ripianare i bilanci.

Consegnate le firme gli organizzatori restano in attesa di una risposta da parte del Parlamento e del Governo, ma allo stesso tempo evidenziano la necessità di agire anche a livello europeo: fermare il degrado del suolo è un preciso target sottoscritto con l’adesione all’agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile a cui la UE ha aderito con convinzione, ma ad oggi il suolo e la sua tutela continuano ad essere temi sconosciuti per il diritto europeo. La petizione, oltre che in Italia, ha raccolto oltre 212.000 firme negli altri Paesi dell’Unione Europea, e i promotori sono determinati a far pesare questo primo risultato che testimonia di una crescente consapevolezza dei cittadini verso l’esigenza di tutelare una risorsa naturale da cui tutti dipendiamo per la produzione di cibo e benessere.

L’ORSO MARSICANO, I PAESI E LE AUTOSTRADE

Riceviamo e pubblichiamo.

Un proverbio dice che quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito. Lo si potrebbe adattare alla situazione dell’Orso marsicano, dove sembra che tutti (anche le autorità, ed è la cosa più grave!) anziché cercare di capire i motivi o le ragioni del perché la popolazione ormai sempre più sparuta di quest’animale non viva più nel suo habitat naturale di ancestrale memoria (peraltro protetto come Parco Nazionale proprio allo scopo di difenderlo) è ormai sempre più presente nei paesi, specie in quelli del circondario del Parco (quest’anno ha nuovamente più volte fatto la sua comparsa anche nella capitale dell’area protetta, Pescasseroli e addirittura è stato visto anche attraversare l’autostrada Roma-Pescara per dirigersi sempre più lontano dal Parco), si premurano tutti di richiedere provvedimenti non per far rientrare o far restare gli orsi nel Parco e nel suo range storico di sopravvivenza, ma: da una parte per richiedere ai cittadini ed ai turisti di non disturbarlo, di non avvicinarglisi per fotografarlo, di non prendersi le confidenze che la sua confidenza verso l’uomo stimolerebbe (specie agli animalisti alla Brambilla per intenderci, quelli che credono che lupi ed orsi siano come i peluche che si portano a letto i bambini!) e addirittura propongono alle autorità preposte alla gestione delle autostrade costose recinzioni che impediscano all’orso di superarle (come se l’orso fosse stupido e non finisse per seguirle fino a trovare il varco cercato, fosse anche a chilometri di distanza). E le autorità? Si limitano a fare appello agli automobilisti “a prestare molta attenzione alla guida, soprattutto all’alba e al tramonto, in quanto sono i momenti preferiti dagli orsi per attraversare le strade”: come se le migliaia di automobilisti che percorrono quell’autostrada ne fossero informati! O si finirà per pretendere un muro alla Trump che da Roma giunga fino a Pescara? In fondo in questi casi l’orso non è forse un migrante? I costi? Certamente milionari, per folli misure di ipotetico contenimento a fronte di stanziamenti ben minori e certamente risolutivi del problema come la banale semina di campi di mais.

Chissà come mai non abbiano pensato di proporre lo scavo di una galleria che dal Fucino porti fino alla Valle Peligna (ed ovviamente anche per le ferrovia Roma-Pescara, visto che anche i treni viaggiano a velocità sostenuta!) mettendo così in “sicurezza ursina” le montagne che attraversano (e non ci si dimentichi della superstrada Sora-Cassino, visto che un orso è stato segnalato sul Monte Caira, e per giungervi ha necessariamente dovuta attraversare anche questa trafficata arteria)!

Intanto ad incentivare – o seminare direttamente – terreni nelle vallate del Parco anticamente adibite all’agricoltura, non se ne parla né si propone (a parte la scrivente associazione), né si parla di “greggi pubblici” da lasciare al libero arbitrio dell’orso senza dover indennizzare i proprietari; e se se ne parla si finisce sempre per sostenere che non v’è né alcun bisogno visto che l’originario territorio abitato dall’orso è straricco di risorse naturali spontanee: vero, ma peccato che l’orso sia da millenni che cerca i prodotti dell’uomo proprio perché (l’orso non è un fesso!) più abbondanti e più appetitosi.

E così, ecco che anche quest’anno, peraltro di crisi alimentare aumentata dalla siccità, gli orsi sono sempre più spesso avvistati nottetempo aggirarsi nelle strade dei paesi, tra un orto ed un pollaio, tra un bidone di immondizia ed una conigliera. O in migrazione verso le loro “Lampedusa” oltre le strade e le autostrade, pericolose come lo sono le acque del Mediterraneo per i barconi che giungono dalle coste africane.

E il Ministero dell’Ambiente che fa? Regala automezzi al servizio di sorveglianza del Parco (di cui effettivamente c’è sempre più bisogno, visto che ormai per seguire gli orsi le povere guardie devono anche pattugliare le autostrade!) e erogano soldi per le ennesime e continue inutili ricerche di biologia, le quali finiscono ormai per servire solo più a contare gli orsi vivi e gli orsi morti; quelli vivi per munirli di radiocollari, quelli morti per recuperarli (orsi e radiocollari)! I Parchi e l’Orso marsicano in mano alla politica ed a incompetenti! (Franco Zunino – Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness)

Abruzzo: La Regione diffida l’ATC Vomano

  • Pubblicato in Notizie

In seguito alla segnalazione di Arci Caccia Abruzzo sull’allargamento delle Aree Non Vocate alla presenza del Cinghiale, la Regione Abruzzo ha provveduto a diffidare l’ATC Vomano dal continuare l’iter per l’allargamento delle stesse.

 

Toscana Remaschi replica a M5S: "Sulla caccia nessun vuoto normativo né assenza di pianificazione"

FIRENZE - "Sulla caccia nessun vuoto normativo né assenza di pianificazione. Stupisce che la consigliera Irene Galletti, che in qualità di vicepresidente della Commissione agricoltura (che comprende anche la caccia) non abbia seguito bene i lavori della Commissione né studiato attentamente la normativa". L'assessore all'agricoltura Marco Remaschi replica con tono deciso alla consigliera regionale M5S Irene Galletti, che sostiene che "la Toscana è 'fuorilegge' in materia di caccia, perché il suo piano faunistico venatorio è scaduto da due anni e la giunta Pd-Rossi non ha disposto alcuna proroga"; sull'argomento Irene Galletti annuncia anche una mozione, aggiungendo anche che la giunta avrebbe "abrogato, nel marzo 2016, l'articolo della legge regionale che teneva in piedi i piani faunistici provinciali".

"Ad oggi nessun vuoto normativo - chiarisce Remaschi - Nella legge 10 del 2016 i Piani provinciali a cui fa riferimento la consigliera Galletti sono stati prorogati. L'abrogazione dell'articolo cui fa riferimento Irene Galletti è stata in realtà accompagnata da un nuovo articolo della stessa legge, che precisa meglio e fa maggior chiarezza. C'è stato un lavoro di riscrittura e pulizia che è servito proprio a eliminare qualsiasi equivoco. Vogliamo comunque tranquillizzare la consigliera Galletti e tutti i cittadini - aggiunge l'assessore - che gli uffici regionali stanno lavorando alla nuova pianificazione dell'attività faunistico-venatoria, che ha richiesto un quadro normativo aggiornato e preciso; e un lavoro di condivisione con i territori, che consenta di avere una pianificazione corretta e condivisa col mondo venatorio, agricolo, ambientale. Un lavoro che entro fine anno - informa infine Remaschi - ci porterà all'approvazione del primo stralcio del Piano faunistico venatorio, consistente nella ridefinizione delle aree vocate al cinghiale, come previsto dalla normativa approvata".

Veneto: la Regione incontra le Associazioni Venatorie

 

Si è svolto nei giorni scorsi una riunione tecnica convocata dall’assessore regionale alla caccia – Giuseppe Pan – e le associazioni venatorie regionali.

Nel corso dell’incontro, al quale erano presenti i rappresentanti di tutte le associazioni venatorie con esclusione della Federcaccia e tutto lo staff dell’ufficio caccia regionale unitamente all’assessore, è stato comunicato lo stato dell’arte per l’approvazione del piano faunistico venatorio regionale.

A detta dell’assessorato nei prossimi giorni saranno approvate in Giunta le “linee guida” di indirizzo per la redazione del Piano che dovranno tener conto delle misure di conservazione dettate dai vincoli per le zone SIC-ZPS.

L’iter del piano prevede che via assoggettato a VINCA e che debba essere rifatta la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) laddove intervengano cambiamenti sostanziali rispetto ad PFV adottato dalla Giunta precedente.

I tecnici e l’assessore hanno comunicato la volontà di mantenere in capo alla Regione le attività in materia di caccia in quanto l’art. 2 della L.R. 30/2016 non prevede l’autonomia delle Provincie.

L’intervento dell’Arcicaccia ha fatto presente che parlare di autonomia e non riconoscere le espressioni del Consiglio Regionale in materia della titolarità della Provincia di Belluno per quanto riguarda la Zona Alpi e della Città Metropolitana di Venezia relativamente al territorio lagunare e vallivo appare quanto meno singolare rispetto al forte indirizzo di decentramento e principio di sussidiarietà che la Regione manifesta rispetto al Governo Nazionale.

Si è anche espressa la preoccupazione del rispetto dei tempi per addivenire all’approvazione dei PFV entro il termine stabilito dall’ennesima proroga (febbraio 2018). Una ulteriore proroga potrebbe mettere in forte difficoltà l’esercizio venatorio nella prossima stagione a causa di possibili ricorsi.

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