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Luca Gironi

Luca Gironi

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ENCI E REGIONE BASILICATA FORMALIZZANO L'IMPIEGO DI UNITÀ CINOFILE IN AMBITO FAUNISTICO VENATORIO

Prosegue con successo l’attività di ENCI in Basilicata, a seguito del protocollo d’intesa siglato lo scorso settembre e finalizzato alla “collaborazione nella specializzazione ed impiego di unità cinofile in ambito faunistico venatorio ed in altri ambiti di rilevanza sociale ed alla valorizzazione di aree per lo svolgimento di attività cinotecniche”.

Assieme alla Regione Toscana ed alla Regione Campania, la Basilicata è stata tra le prime a riconoscere l’importanza della cinofilia specializzata nel settore della gestione della fauna, così come la necessità di valorizzare aree di pregio per migliorare la qualità delle attività cinotecniche funzionali sia alla verifica dei soggetti più idonei agli interventi operativi sul territorio, sia a quelli più interessanti per la selezione zootecnica, indispensabile viatico per il miglioramento funzionale delle razze canine.

Soddisfazione è stata espressa più volte, pubblicamente, dall’assessore alle politiche agricole e forestali Luca Braia, per questi primi mesi di attività svolta in stretta sinergia con gli uffici ENCI e grazie alla quale è già stato possibile realizzare i primi corsi di qualificazione di conduttori di cani da limiere e da traccia e le prime sessioni di abilitazione per cani selettivi su cinghiale.

Altre regioni stanno guardando con interesse ad una intesa con Enci, sia per le attività didattiche destinate alla formazione e specializzazione delle unità cinofile, sia per il miglioramento delle prove di selezione zootecnica attraverso la valorizzazione di aree di pregio da destinare alla cinofilia di alto livello.

Sia il Consiglio Direttivo che gli Uffici ENCI sono parte attiva di questo percorso che pone tutte le strutture territoriali, nonché allevatori, addestratori e conduttori , a servizio della collettività tutta, con progetti di pubblica utilità in cui il cane è nuovamente attore protagonista.

(Il Presidente ENCI Dino Muto)

(www.ladeadellacaccia.it)

Gli ultimi giorni


Gennaio è un gran bel mese, mi piace veramente, freddo al punto giusto, ma in grado di regalare delle splendide giornate di sole. La caccia alla selvaggina stanziale, se si escludono gli ungulati è terminata. Resta solo la selvaggina migratoria a poterci regalare ancora qualche soddisfazione. Dire la selvaggina migratoria è abbastanza riduttivo, ancora c'è da divertirsi per tutti i gusti. Se la vostra regione si è organizzata per opporre dati alternativi a quelli “discutibili” dell'Ispra, potrete inseguire le ultime regine dell'anno. Non chiediamo tanto, il 31 sarebbe più che sufficiente, purtroppo invece, se va bene, chiude il 20 gennaio, e ci sono regioni in cui anche questa data è una chimera. Certo per cacciare la regina svernante ci vuole etica e metodo. Le giornate di gelo provocano concentrazioni in cui il bravo cacciatore può far divertire molto il proprio ausiliare e solo rispettando i limiti di carniere, possiamo cacciare in tranquillità senza rischiare di danneggiare la specie. I posti migliori dove insidiare le regine, in questa stagione, sono quelli riparati dal gelo, i piccoli corsi d'acqua ingombri di vegetazione ad esempio, che garantiscono protezione e pastura. I boschi costieri, ricchi di sottobosco; insomma tutti quei luoghi riparati o a clima mite che concedano riparo dai predatori e possibilità di alimentarsi anche col terreno gelato. Certo è dura, le beccacce “gennaine” sono in genere tutt'altro che facili, ma la regina resta uno dei pochi terreni calcabili dagli amanti della caccia col cane da penna. Non l'unico però. Le zone palustri, ospitano altre due categorie di animali che ben si prestano a questa forma di attività venatoria: il beccaccino e i rallidi. Il primo non ha certo bisogno di presentazioni, la saetta alata è croce e delizia di ogni cinofilo, scaltro e veloce, impegna il cane, che deve essere abilissimo nello scovarlo e il cacciatore che, molto spesso, confuso dai suoi zig-zag mette la fucilata fuori anziché dentro. I prati allagati e le marcite sono il suo ambiente naturale e in questi luoghi viene insidiato cacciando col cane oppure a rastrello. Poi vengono i rallidi, selvaggina minore e sicuramente di scarso pregio, ma che offre grandi occasioni di divertimento a quei temerari che provano a ricercarli tra boschi e prati allagati. Parliamo di folaghe, gallinelle e porciglioni, quelli che i padulini chiamano “uccelli neri”. Molto elusivi, si nascondono nel fitto dei canneti e solo un gran lavoro del vostro ausiliare può convincerli a abbandonare la sicurezza del riparo e a arrivarvi a tiro di fucile.
E chi non caccia col cane come può occupare il suo tempo? Il passo ormai è finito, i capanni tranne che in zone baciate dalla presenza di sasselli e cesene, sono chiusi fino ad ottobre e in molti luoghi la caccia vagante, in questo periodo, è fortemente limitata, rimanendo consentita solo in aree boscate e palustri. Questo per cercare di salvare lepri e fagiani e contenere lo stress, che la confusione creata dal nostro spostarci danneggi animali, cacciabili e non, già provati dalla rigidezza del clima. E allora non resta che appostarci, nel modo migliore e più accurato possibile. Già, ma dove? Come individuiamo i siti in cui colombacci, tordi e sasselli potranno essere insidiati durante l'inverno? Il leitmotiv è sempre lo stesso: casa e supermercato. Se riusciamo a scoprire dove dormono, cosa mangiano e dove i nostri amici animali potremo attenderli quando partono da casa, sul luogo di pastura, nel transito tra questi due luoghi o al rientro nei luoghi di appollo. Dove dormono questi animali? Generalmente su alberi o arbusti sempreverdi, nelle leccete, nelle pinete, nelle abetaie e nelle macchie d'alloro, insomma in tutte quelle piante, vicine ai luoghi di pastura, che garantiscano riparo da pioggia e vento e protezione dai predatori notturni. E cosa mangiano? Molte cose. Quest'anno il proliferare della mosca olearia ha fatto sì che molti piccoli proprietari e molte aziende non abbiano portato a termine o addirittura annullato la raccolta delle olive. Se questa è stata una tragedia per la nostra economia, altrettanto non si può dire in ottica faunistica, infatti, molte di queste olive, rimaste a terra o sulle piante, hanno fornito un importantissimo apporto nutritivo per questi animali.

I colombacci, inoltre possono contare su un nuovo alleato: negli ultimi anni si è diffusa la coltivazione di varietà di mais a maturazione sempre più tardiva, questo insieme al clima pazzo di quest'anno, ha portato a battiture molto ritardate, con macchine operatrici in campo fino a dopo natale. I campi di mais battuto, come quelli di tutti i cereali sono molto importanti per questi animali, per questo è veramente deprecabile la pratica dell'interramento delle stoppie che spesso segue la battitura a stretto giro di posta. Ma c'è un frutto, tipicamente invernale che li attrae tutti: l'edera, questa pianta parassita è una vera manna per gli uccelli. La maturazione dei frutti, avviene in genere in dicembre gennaio, a seconda del clima e delle latitudini. Si tratta di un periodo che non offre moltissimo dal punto di vista alimentare e questo alimento, che essendo arboreo, è disponibile anche in caso di copertura nevosa è veramente importante.

Ma come possiamo sfruttare quest'abbondanza venatoria per i nostri scopi? Semplice, un'attenta osservazione, permette di individuare i luoghi di pastura degli uccelli e noi potremo appostarci nelle vicinanze, lungo la linea di transito per cercare di intercettarli. Disturbarli direttamente sulla pastura è sempre un rischio, potremmo indurli a spostarsi perdendoli di vista per prima cosa. Inoltre, impedire l'accesso al cibo a degli animali affamati non è affatto etico.
Una volta individuato il posto è d'obbligo scegliere il posto migliore per fabbricarci un appostamento temporaneo. L'appostamento, almeno secondo me, è strettamente legato ai richiami vivi, anche se i divieti di praticare la caccia vagante lo rendono obbligatorio per anche per il rientro ai tordi. Se scegliamo di insidiare i tordi e insieme a loro i loro cugini sasselli, io consiglio vivamente di usare zirli e strisci. In questa stagione, anche ad averceli, i cantori, su uccelli ormai impaesati sono francamente superflui se non dannosi. Fondamentale è trovare un posto aperto, che consenta lo sparo al volo ma che abbia a portata di tiro una pianta alta e spoglia, che consenta la buttata agli uccelli di passata che dovessero essere attratti dai richiami. Il mimetismo in questa caccia è ovviamente necessario, ma ho sempre trovato più importante essere coperto nella direzione di arrivo dei selvatici mantenendo una buona agilità di tiro che sacrificare la comodità in nome del mimetismo. Discorso diverso se entrano in ballo i colombacci, lo sappiamo, gli uccelli grigi hanno vista d'aquila ed è fondamentale essere nascosti in modo perfetto, specie se cacciamo al campo o se cerchiamo di attirarli con le aste. Caccia in cui i perfezionisti cercano addirittura il virtuosismo di farli posare.
Comunque suggerisco sempre di godersi questi ultimi giorni. I mesi che ci separano da settembre sono lunghi e anche se il vero cacciatore è impegnato tutto l'anno, non è la stessa cosa.

 

ANLC: NESSUN CASO DI ABBATTIMENTO DI IBIS A POPULONIA

La “Paginata” a grande effetto con la quale il Tirreno annuncia una notizia che non corrisponde assolutamente a verità, mostra chiarissimo, sia a noi semplici cittadini che ai rappresentanti delle Istituzioni di Piombino e della Val di Cornia, il maldestro tentativo di strumentalizzazione operato da parte di personaggi di spicco dell’animalismo locale.
Certe notizie, che l’opinione pubblica potrebbe bere come oro colato, riguardo ad abbattimenti di Ibis Eremita sul Promontorio di Populonia non hanno fondamento. Sul nostro Promontorio non sono mai accaduti casi di questo genere e se ne possono chiamare a testimoni tutti gli Agenti preposti al controllo, dalla Polizia Provinciale, ai Carabinieri Forestali e a tutti gli altri Corpi, sia di volontariato che delle Forze dell’Ordine.
Di tutti i casi richiamati nella summenzionata “paginata”, solo in quello di San Vincenzo, di alcuni anni fa, è stato accertato trattarsi di persona con licenza di caccia, che è stata abbondantemente sanzionata e punita. L’Ibis Eremita non assomiglia a nessuna delle specie attualmente oggetto di caccia. Non essendo nemmeno un animale commestibile è da escludersi che un cacciatore, che tenga al proprio Porto d’Armi, commetta una scemenza simile, soprattutto oggi, quando attraverso la collaborazione in essere tra Progetto Waldtrapp ed Associazioni Venatorie viene raggiunto da una informazione capillare. Infatti, attraverso i vari social network ed in special modo i gruppi whatsapp di cui ormai sono dotati  gran parte dei cacciatori e sui quali vengono puntualmente segnalati gli spostamenti degli Ibis, aiutando i responsabili del Progetto di reinserimento dell’Ibis Eremita nella localizzazione dei soggetti fuori rotta o in difficoltà.
La collaborazione fra cacciatori e Progetto Waldtrapp ha portato a risultati che fanno onore al mondo venatorio Toscano e locale: gli incidenti (perché a nostro avviso solo di questo può trattarsi) sono stati ridotti al minimo, solo due in Toscana. Nel primo caso, quello di Prato, è solo stato trovato in un cassonetto il rilevatore gps del quale gli ibis sono dotati e non si può certo dire che non sia stato un bracconiere ma può essere accaduto di tutto e, quando non ci sono prove evidenti, non si può accusare nessuno. L’altro caso, accaduto nella zona di Poggio all’Agnello non ha avuto conseguenze mortali per l’esemplare di Ibis che è stato trovato ferito e anche di questo, nessuna prova a carico di chicchessia. Considerato che gli Ibis, in periodo di caccia aperta, volano sulla testa di ben 70.000 cacciatori Toscani crediamo che sia dimostrato l’irreprensibile comportamento della categoria, altro che “Istituzioni latitanti e illegittimità dilagante”.
Nel concludere, siamo perfettamente consapevoli del tentativo di strumentalizzazione messo in atto dall’Articolo de "Il Tirreno” del primo febbraio 2018: ai nemici della caccia arreca molto fastidio, anzi tanta rabbia, il fatto che gli ingiustamente accusati cacciatori del Promontorio di Piombino riescano ormai da un secolo a tutelare tutta quanta l’area in oggetto. Il Promontorio Piombino-Populonia è la dimostrazione lampante che caccia, natura e tutte le altre attività connesse all’uomo possono convivere pacificamente senza il bisogno assoluto di racchiudere il tutto sotto una campana di vetro dove tutto è proibito e dove si deve PAGARE per l’ingresso. E’ questo che infastidisce gli animalisti locali, che prendono a pretesto una lettera dei responsabili del Waldtrapp indirizzata alla Regione dove si chiede solo più controllo. Su questo, con noi si sfonda una porta aperta.
Rispediamo al mittente le accuse e, per quello che ci riguarda, continueremo a collaborare con la Dott.ssa Nicoletta Perco del Progetto Waldtrapp (contattata da noi oggi telefonicamente) e con tutti i Corpi di Viglianza nel monitorare gli Ibis in transito nella prossima migrazione. Per essere un cacciatore degli anni 2000, bisogna avere una fedina penale immacolata ed avere regolari facoltà psico-motorie, altrimenti la licenza di caccia viene negata dal Questore. Nessun’altra categoria può vantare un simile grado di pulizia morale ed irreprensibilità. Si cominci a valutare questo, quando si vedono persone col fucile a tracolla ed un canino scodinzolante ai piedi. Prima di dire altre castronerie, si pensi a collegare la tastiera ai cervelli e soprattutto a raccontare il vero, stiamo valutando, infatti, di adire a vie legali.


Presidente Regionale Associazione Nazionale Libera Caccia Toscana
Alessandro Fulcheris

Chiude la stagione, puntuali polemiche e falsità

 

Come ogni anno, al termine della stagione venatoria, puntualmente arrivano dossier vari da parte delle diverse sigle abolizioniste. Appuntamento imperdibile, quello dell’Associazione Vittime della caccia, con i suoi numeri su incidenti e disgrazie che hanno visto protagonista un’arma da caccia. E ovviamente non manca chi si presta più o meno ingenuamente a riprendere questi dati e riproporli in varie salse attraverso i media. Quest’anno, prendendone uno a caso, abbiamo scelto quello apparso su una delle pagine internet de “il fatto quotidiano” a firma di Fabio Balocco.
Non è nostra intenzione tuttavia contestare i dati dell’Associazione riportati dall’autore. Non perché li troviamo corretti, anzi. Anche se c’è da dire che negli anni, puntualmente smentiti dalle AAVV e dal CNCN, si sono fatti più accorti a “sparare” cifre abbondantemente gonfiate.
Non lo facciamo perché il problema non è quante vittime di incidenti denunciano, in quanto i morti meritano rispetto e speculare sul loro numero è vergognoso, soprattutto se lo si fa in difesa della mera ideologia animalista. Per noi, se a fine stagione ci fosse da registrare anche solo un incidente di poco conto sarebbe sempre troppo, per cui il nostro mondo vuole esprime profondo cordoglio per le vittime e, al contempo, cercare di lavorare sempre più sulla questione della sicurezza. Non è un caso che uno degli impegni maggiori delle Associazioni venatorie è proprio quello di innalzare sempre e costantemente il livello di attenzione dei praticanti, tanto che il trend degli incidenti di caccia, quelli veri, negli anni è in diminuzione.
Ci sono molti sport – a proposito Balocco: la caccia non è, come scrive lei, uno sport. È passione, tradizione, socialità, condivisione della natura! Una cosa ben diversa anche se comprendiamo lei non possa capirlo – e attività all’aria aperta che purtroppo fanno ogni anno un numero di vittime più alto e con costi sociali assai più elevati: sci, raccolta di funghi, escursionismo, alpinismo, nuoto… perfino, pensi un po’, il tennis. Per non parlare degli incidenti domestici, prima causa di morte e invalidità nel mondo.
Questa però non è una giustificazione. Semmai un motivo di riflessione sul perché di tanta attenzione a quel che succede ai cacciatori.
Quello che contestiamo dell’articolo sono le valutazioni sulla caccia come attività nel suo complesso, nessuna delle quali suffragata da un minimo di oggettività.
La caccia, Balocco, in Italia non ha mai portato all’estinzione di nessuna specie, anzi, se molte sono aumentate – parliamo di cervi, caprioli, daini, ma anche di lepri e altre specie – è proprio perché una corretta e attenta gestione anche attraverso il prelievo lo ha consentito.
Ci pare quantomeno curioso che proprio un avvocato possa scrivere che la caccia è “anche violazione della proprietà privata grazie ad un obsoleto articolo 842 del Codice Civile”. Se è un comportamento consentito dalla legge, dove sta la violazione?
Sugli equilibri ecologici causati dall’introduzione di animali da parte dei cacciatori vogliamo parlare di gabbiani e pappagallini in città, di nutrie, di scoiattolo grigio americano e altre simpatiche specie aliene che l’Europa ci chiede di eradicare e che la deriva animalista e il buonismo salottiero di questo Paese impedisce di fare? L'Italia - sempre pronta al grido di "l'Europa lo vuole" – a imporre provvedimenti restrittivi i più disparati specie in tema di attività venatoria, in questo caso chissà perché fa orecchie da mercante. Sarebbe paradossale se dopo aver paventato costosissime infrazioni europee a carico dei cittadini per "colpa" di supposti privilegi concessi ai cacciatori, mai giunte, ne arrivasse ora una vera per questa inadempienza.
Pensi, lo dice perfino l’Ispra, quell’istituto che animalisti e anticaccia citano con zelo religioso quando riduce i tempi di caccia o il prelievo di una specie, ma che improvvisamente diventa stolta e inascoltabile quando chiede di procedere con i prelievi.
La caccia e i cacciatori non alterano l’ambiente, come lei dichiara in chiusura del suo articoletto. O meglio, in certi casi riescono a farlo. Migliorandolo, recuperando aree e zone depresse e abbandonate, tenendo sotto controllo le specie opportuniste e invasive che decimano i prodotti di campi e il lavoro degli agricoltori.
Concludiamo parafrasandola: ideologia e preconcetti, un mix micidiale che altera i fatti. E uccide la verità.
Distinti saluti.

Cabina di regia unitaria del mondo venatorio - Caccia, Ambiente, Ruralità

A Roma da giorni è in atto una misteriosa moria di storni

La presenza degli storni a Roma non è una novità e porta ogni giorno decisi problemi di convivenza. Ma da qualche giorno uno strano fenomeno sta interessando la zona di Porta Pia, ogni mattina, al risveglio, i romani trovano decine di storni morti ovunque, nei giardini e nelle strade. La cosa sta creando non poco allarme, soprattutto per le implicazioni di carattere sanitario. I tecnici del comune stanno indagando per trovare le cause di questo fenomeno.

http://www.romatoday.it/cronaca/storni-morti-roma.html

 

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