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Luca Gironi

Luca Gironi

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Benelli Ethos 20

  • Pubblicato in Le Armi

L’Ethos ha un piacevole design caratterizzato da linee asciutte, snelle e slanciate, che danno un’impressione anche visiva della leggerezza del fucile, della sua estrema maneggevolezza. Questo si evince ancora meglio nel 20, particolarmente elegante grazie alle sue linee ancora più filanti, viste le minori dimensioni. Anche se come ogni buon semiautomatico è spendibile in tutte le caccie, è particolarmente adatto ad una fascia di utenza che privilegia armi più svelte, sportive e raffinate ed è ben consapevole di come nei fucili la bellezza sia legata alla leggerezza, come pure del fatto che minor peso significa minor fatica, ma anche più maneggevolezza e minore inerzia ovvero superiore rendimento del cacciatore.
Con la canna da cm 66 l’ultimo nato di casa Benelli si attesta intorno ai 2.570 grammi, peso davvero ridotto per un semiautomatico camerato 20 magnum che resta in grado di sparare qualsiasi tipo di munizione a norma CIP con un’energia cinetica a un metro dalla volata non inferiore a kgm 190 e di tollerare una dieta esclusivamente a base delle magnum più prestanti che si possano trovare sul mercato senza fare una piega.
Come ogni buon semiautomatico da caccia di casa Benelli può avere solo la chiusura geometrica a svincolo inerziale, ma il gruppo di otturazione dell’Ethos 20, come quello del suo fratello maggiore calibro 12 ha una marcia in più rispetto alla concorrenza. Infatti il sistema di chiusura innovativo già presente su Raffaello ed Ethos calibro 12 consente di accompagnare manualmente e silenziosamente il gruppo di otturazione.
L’otturatore “senza rumore” fa parte ormai del Benelli Inertial System, che come noto comprende anche gruppo di scatto a geometria variabile, grazie al quale è possibile coniugare sicurezza con caratteristiche e prevedibilità dello scatto. E il Benelli System dei nuovi Raffello/Ethos oggi comprende anche il dente di ritegno delle cartucce nel tubo serbatoio che rende più agevole il caricamento e favorisce lo scaricamento del fucile senza necessità di far passare le cartucce dalla camera. Unite il tutto a un tubo serbatoio senza la minima asperità interna e ad una molla “giusta” ed avrete anche per l’Ethos 20 la “ricetta” del fucile che si carica e scarica con grande facilità.
Ma andiamo a dare un’occhiata da vicino a questo piccolo gioiellino. Partiamo dalle canne, che su un fucile di questo pregio non potevano che essere Crio con bindella in fibra di carbonio e strozzatori Criochoke steel rated.
Le tre canne disponibili per l’Ethos 20 di cm 61, 66, 71 incorporano accorgimenti che impediscono anche il minimo spostamento dell’asse della canna, sia durante lo sparo che in seguito allo smontaggio. Le canne dell’Ethos 20 sono corredate da un nuovo mirino ad alta visibilità in fibra ottica, facilmente sostituibile e fornito in tre colori diversi (rosso, giallo e verde) compresi nel corredo del fucile. Interessante è anche il particolare disegno della guardia paragrilletto che non ostacola il dito e non crea fastidio sotto rinculo neppure con le munizioni più prestanti.
I legni sono realizzati con un bel noce europeo con trattamento woodfix che esalta le naturali venature del legnoe con pannelli zigrinati con passo di mm 1,5 che troviamo sull’asta, particolarmente snella e maneggevole e sulla pistola del calcio, concepita per far assumere alla mano una posizione naturale e confortevole per il polso e nel contempo porta il dito sul grilletto istintivamente e velocemente ma nella stessa posizione, facilitando il tiro di imbracciata.
Completa la pala del calcio, come sui fratelli di maggior calibro, il nasello intercambiabile in poliuretano speciale “stile Comfortech” che rende molto più “soffice” il contatto tra calcio e guancia e riducendo urti e vibrazioni aumenta il sollievo dell’apparato uditivo.
Proprio questa aggiunta, inusuale per un modello con calciatura in legno, abbinata al calciolo e agli altri accorgimenti del sistema Progressive Comfort, risulta essere un’importante novità che, già testata nei modelli maggiori, è stata riprogettata per l’Ethos 20 ed ottimizzata per attenuare il rinculo di qualsiasi cartuccia che ha superiore efficienza per quei caricamenti che saranno di maggiore impiego nel nuovo fucile.

 

SCHEDA TECNICA BENELLI ETHOS 20/76

Tipo fucile semiautomatico con chiusura geometrica a svincolo inerziale, otturatore rotante

Calibro 20/76, può sparare tutte le cartucce del 20 standard e magnum a norma CIP che abbiano un’energia cinetica a m 1 dalla volata non inferiore a kgm 190

Scatto pacchetto estraibile, carico compreso tra 22 e 28 N, sicura manuale a traversino reversibile,
sicura automatica contro lo sparo a raffica, sicura automatica contro lo sparo a otturatore non in completa chiusura, leva discesa cartucce che finge da avviso di cane armato

Calciatura noce europeo con trattamento woodfix; passo zigrini mm 1,5; kit variazione piega e
vantaggio; distanza calcio grilletto mm 365; sistema di riduzione del rinculo Progressive Comfort ® con calciolo in poliuretano Microcell. Disponibili come accessori kit calcio tiraggio mm 350 e kit calciolo alto con tiraggio mm 380

Peso kg 2,57 +/- 100 grammi (dipende dai legni) con canna da cm 66

Lunghezza cm 120 con canna da cm 66

Serbatoio tubolare da 4 colpi 20/70 o 3 colpi 20/76; 2 colpi standard o magnum con riduttore

Canne PowerBore Crio cm 61, 66, 71; bindella ventilata in fibra di carbonio; mirino intercambiabile in fibra ottica (rosso montato, verde e giallo nel corredo del fucile); strozzatori Criochoke steel rated (tutti) da *, **, ***, ****, *****
Confezione valigetta in polimero internamente rivestita, kit variazione pieghe, strozzatori, garanzia, libretto istruzioni

Umbria: Il contenimento del cinghiale non è attività di caccia e può essere effettuato anche nei periodi e nei giorni di chiusura. La regione chiarisce in merito alle denunce del wwf

  • Pubblicato in Notizie

(aun) – perugia, 18 gen. 018 - Tutte le attività svolte in funzione del controllo della fauna selvatica, anche tramite abbattimento, non sono configurabili come esercizio dell'attività venatoria. Pertanto le limitazioni previste per l'esercizio dell'attività venatoria, tra cui il silenzio venatorio nelle giornate di martedi e venerdi, non sono concernenti le attività di contenimento. E' quanto sostiene l'assessorato regionale alle politiche agricole ed alla caccia, in merito alla notizia, apparsa sulla stampa locale, della denuncia dal parte del WWF di 60 persone che stavano effettuando battute al cinghiale in Umbria. Tra i compiti specificatamente assegnati alle Regioni – afferma una nota dell'assessorato - vi è il controllo della fauna selvatica al fine di tutelare le produzioni zoo-agro-forestali. L'attività di controllo esercitate ai sensi dell'art. 19 della legge 157/92 non possono essere considerate attività venatoria in quanto, anche nella stessa norma, si riconosce che tali controlli possono essere effettuati pure all'interno di zone vietate alla caccia. I piani di contenimento vengono altresì attuati fuori della stagione venatoria ed in orari diversi da quelli previsti per la caccia. Ugualmente anche la legge 394/1991 "Legge quadro sulle aree protette" prevede che nei Parchi, ove l'attività venatoria è vietata, possano essere effettuati abbattimenti selettivi per ricomporre squilibri ecologici. Si evince quindi che tutte le attività svolte in funzione del controllo della fauna selvatica, anche tramite abbattimento, non possono essere considerate come esercizio dell'attività venatoria e dunque le limitazioni previste per l'esercizio dell'attività venatoria, tra cui il silenzio venatorio nelle giornate di martedì e venerdì, non sono applicabili alle attività di contenimento; tale principio è verificato ad esempio nei piani di controllo con abbattimento della specie cinghiale che vengono effettuati nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini sotto il diretto controllo dei Carabinieri Forestali e che prevedono lo svolgimento degli abbattimenti dal lunedì al venerdì. L'assessorato regionale sottolinea come questi atteggiamenti del WWF, attraverso l'attività impropria delle proprie guardie, creano soltanto terrorismo psicologico tra gli operatori impegnati nelle azioni di contenimento del cinghiale che ormai sta diventando un problema anche all'interno dei centri abitati delle città dell'Umbria, come peraltro gli stessi organi di informazione hanno evidenziato addirittura per la città di Perugia.

L'assessorato alle politiche agricole infine ha annunciato di aver richiesto un incontro urgente con il Prefetto di Perugia perché vengano prese tutte le iniziative necessarie per permettere ai cacciatori di attuare quanto disposto dalla Regione per contribuire al contenimento dei cinghiali in Umbria e svolgere dunque con tranquillità il proprio compito, osservando scrupolosamente le leggi, i regolamenti e le delibere nazionali e regionali che disciplinano il settore.

UMBRIA, PARLA BUCONI VICE PRES NAZ FIDC: “GIÙ LE MANI! QUESTI SONO CACCIATORI, NO BRACCONIERI”

 

Quanto apparso su alcuni organi di informazione [vedi link esempio a fondo notizia, n.d.r.] mi ha lasciato esterrefatto: il WWF ha denunciato 60 cacciatori “sorpresi” (ma erano nascosti?) a prelevare il cinghiale in giorno di silenzio venatorio qualificandoli di fatto come dei bracconieri. Come se non bastasse viene riportato che sono state denunciate anche tre guardie volontarie presenti al prelievo per aver omesso, secondo il WWF, di denunciare a loro volta i cacciatori.

Per i non addetti ai lavori tale vicenda è da iscriversi tra gli “effetti collaterali” della sentenza n. 139/2017 della Corte Costituzionale che ha annullato la legge della Regione Liguria n. 29 del 30/12/2015 nella parte in cui disciplina il prelievo selettivo di fauna selvatica (cinghiale in particolare) per motivo di danno alle produzioni agricole.

È da rilevare che la legge ligure in questione differisce da quella umbra solo perché non prevede il coordinamento di tali operazioni di prelievo da parte della Polizia Provinciale, cosa invece prevista nella nostra, solo che da noi, in materia di caccia, non c’è più la Polizia!

Giuristi ed Avvocati ci dicono che, avendo la sentenza della Corte annullato la legge ligure, la sua efficacia è limitata alla Regione Liguria.

Che lo affermino gli uomini di legge nulla quaestio, ma che a ciò si appellino esponenti delle istituzioni e di qualche associazione lo ritengo fatto grave, in quanto si lasciano sfuggire il pericolo di “effetti collaterali” che si stanno puntualmente verificando a danno dei cacciatori e degli imprenditori agricoli.

In detta sentenza, infatti, viene ricordato quanto previsto nell’art. 12, comma 2 e 3, art. 19, comma 2, e art 21, comma 1 lettera g, della legge 157/92 (legge sulla caccia); in detti articoli si definisce l’attività venatoria, si individuano i soggetti titolati ad effettuare i prelievi, non si consente il trasporto di armi da caccia (salvo giustificato motivo) in giorni in cui non è consentita l’attività venatoria.

Giuridicamente, afferma la Corte, in Liguria i cacciatori non possono effettuare i prelievi selettivi per danno e tali prelievi, essendo caccia, non possono essere effettuati nelle arre protette e nei giorni di silenzio venatorio.

Guarda caso come invece avviene OPPORTUNAMENTE, in base alla nostra legge Regionale, in Umbria, in quanto tale attività non è considerata caccia.

Le varie leggi regionali che si sono succedute negli anni, compresa quella umbra, hanno cercato di superare alcuni limiti oggettivi insiti nelle previsioni della legge nazionale; ora con la richiamata sentenza della Corte, per la Liguria, se ne sancisce la incostituzionalità.

Boccone ghiotto per gli anticaccia che , ben sapendo che la portata giuridica è limitata alla sola legge impugnata, tentano di far sollevare la questione di legittimità anche in Umbria ed altrove con l’unico mezzo che hanno a disposizione: denunciare i singoli cacciatori autorizzati partecipanti agli interventi di prelievo, confidando nell’ apertura di un procedimento penale a loro carico nel quale sollevare la questione di legittimità costituzionale della nostra legge regionale, e nel frattempo della definizione processuale auspicare la revoca o sospensione della licenza.

Tale atteggiamento è mistificatorio, e direi anche vigliacco: infatti si colpisce il soggetto più debole, il cacciatore appunto, definendolo di fatto come un bracconiere mentre, in realtà sta collaborando ad attuare piani di controllo autorizzati dall’ Ente pubblico, quindi sta svolgendo un servizio di pubblico interesse, ostacolando il quale si produce, tra l’altro, un forte danno all’ attività agricola esposta al danneggiamento dei selvatici, quando in soprannumero, limitata tra l’altro nei risarcimenti dalla normativa comunitaria e dalle disponibilità.

Il tutto con il risultato di un sempre più acceso conflitto tra mondo agricolo e venatorio (gli uni sempre più danneggiati e gli altri sempre più impediti ad intervenire): della serie “la guerra tra poveri è servita” e gli anti dell’uno e dell’altro se la ridono!

Di fronte a ciò l’Ente pubblico competente non può trincerarsi dietro a “definizioni giuridiche”, bensì ha l’obbligo, e l’interesse se lungimirante, a tutelare i soggetti attuatori dei propri piani: il peso e le conseguenze di questa situazione non possono essere lasciate ricadere sul singolo cacciatore!

Saluto come benvenuta l’iniziativa delle Regioni prima e del Governo poi di voler risolvere la questione proponendo una modifica della 157/92 tramite la presentazione di specifici emendamenti alla finanziaria, ma detti emendamenti non sono stati mai approvati in quanto addirittura ritirati.

A questo punto potrebbe verificarsi che i cacciatori, per “legittima difesa”, non partecipino più agli interventi di contenimento (i giorni di silenzio venatorio ed il luogo delle zone di ripopolamento sono un casus belli, sarà questione di ore e vedremo denunciato qualcuno anche in territorio libero!).

Mi auguro che la Regione assuma una forte iniziativa volta ad individuare le azioni e le soluzioni possibili magari coinvolgendo anche la Prefettura nella questione.

Che ne pensate, il tema della tutela delle produzioni agricole e dell’attività venatoria irromperà in campagna elettorale? Massimo Buconi – Vice Presidente Nazionale Federcaccia)

UN MANIFESTO PER L’ITALIA, IL PAESAGGIO, L’AMBIENTE E LA RURALITÀ

 

Il Paese sta affrontando la crisi con l’impegno straordinario dei cittadini, della forza del lavoro e i segnali di ripresa, ancorché presenti, non raggiungono ancora quegli ampi strati della popolazione così come sarebbe assolutamente necessario.

Ambiente, agricoltura, paesaggio, sono valori imprescindibili perché il percorso continui con determinazione e l’economia “verde” non sia uno slogan, ma una realtà da realizzare.

I beni comuni sono un patrimonio della collettività da preservare e valorizzare. La civiltà di questo Paese si riconosce anche dal valore dato alla fauna selvatica, proprietà indisponibile dello Stato.

La biodiversità, la sua ricchezza, sono un bene degli italiani che la politica, nel suo ruolo di governo della cosa pubblica, deve obbligatoriamente gestire nell’interesse dell’intera collettività ed in particolare di quello delle future generazioni.

Cementificazione, abusivismo, speculazione edilizia, inquinamento, dissesto idrogeologico, sono i veri nemici della natura, della vita di donne, uomini e animali, della flora, della straordinaria biodiversità di specie selvatiche conservate grazie agli agricoltori e ad una responsabile gestione della caccia. Quest’ultima può concorrere ad arricchire tali valori con un ruolo riconosciuto in tutta Europa e nel resto del mondo, a condizione di essere liberata da lacciuoli burocratici di ogni tipo e dagli ipocriti e strumentali attacchi cui è fatta oggetto.

Lo sviluppo dell’agricoltura di qualità legato alla tradizione e supportato dalle nuove tecnologie, il recupero delle aree marginali, sono una parte fondamentale della strategia di ripresa duratura dell’economia e del lavoro, anche giovanile.

L’ambiente – bene pubblico non cedibile – di questo Paese non può fare a meno di una governance sociale della fauna selvatica nell’interesse di quanti sono soggetti attivi della ruralità. La buona agricoltura non può fare a meno dell’attività venatoria, dei cacciatori al “servizio” della gestione delle specie selvatiche nelle campagne e nei boschi della nostra penisola.

La distorsione della realtà e dei ruoli, la manipolazione animalista integralista di cui sono portatrici alcune Associazioni che hanno nella lotta alla caccia la loro unica finalità da perseguire, non sono come si vorrebbe far credere un segno di civiltà, ma un grave problema per il Paese, oggi e per il suo futuro.

Le Associazioni Venatorie Nazionali Riconosciute (ANLC, ANUUMigratoristi, ARCI Caccia, Enalcaccia, Ente Produttori Selvaggina, Federazione Italiana della Caccia, Italcaccia), rappresentanti sostanzialmente l’intera totalità delle centinaia di migliaia di praticanti la caccia in Italia, e il Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN), riunite nella “Cabina di regia unitaria del mondo venatorio – Caccia, Ambiente, Ruralità” scendono in campo nell’interesse dell’Italia affinché la politica corregga attraverso una visione laica e non ideologica questa distorsione, recuperi un ruolo attivo e non si sottragga ai suoi doveri di rappresentanza degli interessi dell’intera collettività. Per contatti : Cabina di regia unitaria del mondo venatorio Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. L’attività venatoria coinvolge migliaia e migliaia di donne e uomini impegnati nelle campagne, nella gestione diretta di governo della fauna, nel controllo delle aree protette, nella vigilanza antibracconaggio.

Studi recenti dell’Università di Urbino indicano in oltre mezzo punto percentuale di PIL solo la parte di economia produttiva diretta che ruota attorno alle attività di gestione faunistica, un settore che crea lavoro e occupazione.

Credere nel futuro significa investire e non vietare o negare, tipico di una cultura integralista, ormai superata ed incapace di produrre utili risultati.

Nel rispetto degli orientamenti scientifici, conformemente alla legislazione europea applicata in Italia, chiediamo alle forze politiche di non prestarsi, nella speranza di una “caccia al voto”, ad un’azione di incivile e ignorante aggressione di questa realtà che già l’elettorato ha più volte bocciato con il voto popolare.

La legislazione italiana tutela – e convintamente – il benessere animale grazie a una normativa voluta e sostenuta dal mondo venatorio italiano. L’integralismo animalista di gruppi ristretti e comunque minoritari impedisce al popolo italiano di difendere i territori agricoli e la stessa vita umana dalla presenza di specie in sovrannumero per cause che vanno ricercate nelle modificazioni ambientali e climatiche e nella mancanza di una seria governance. Cause che, strumentalmente, si evita di affrontare per cercare capri espiatori con attribuzioni ideologiche, false e di comodo.

La “caccia” è tradizione, cultura, attività sociale, produttiva di ambiente, di vita, di fauna selvatica. I cacciatori, fortemente radicati in tutto il territorio agro silvo pastorale, sono impegnati attraverso i propri organismi ad agire per il bene comune sia nella conduzione, nella tutela e nella valorizzazione del territorio a caccia programmata – il 70% della superficie italiana – sia attraverso gli istituti privati, a loro volta fonte di economia e gestione ambientale.

La nostra richiesta è che questa realtà oggettiva trovi riconoscimento nei programmi delle coalizioni per il futuro impegno legislativo di Parlamento e Governo, anche ripristinando condizioni di pari diritto di ascolto e confronto delle Associazioni Venatorie Nazionali Riconosciute dalla legge, superando il discrimine accolto dalla “politica nazionale” accettando l’atteggiamento integralista che fa comodo a un animalismo che teme il confronto e che, lo ripetiamo, concretizza la sua ragione di esistere sostanzialmente nella lotta alla caccia.

Nel lavoro di sensibilizzazione in essere per un voto consapevole ed informato degli italiani, valuteremo i programmi delle coalizioni per i contenuti su questi temi che, auspichiamo, non contraddittori, come invece ad oggi si rappresentano.

Arci Caccia Umbria le falsità del WWF

Leggendo le dichiarazioni a mezzo stampa del presidente Regionale del WWF, il mio ruolo di Presidente Regionale dell’Arci Caccia mi impone di rispondere in difesa della categoria smentendo tutte le inaccettabili e fuorvianti inesattezze raccontate dal Sig. Presenzini.
Va innanzitutto chiarito che Il WWF è intervenuto durante interventi di contenimento sulla specie cinghiale finalizzate alla prevenzione dei danni alle colture agricole all’interno di Zone di ripopolamento e cattura della Regione Umbria, a condurre gli interventi erano cacciatori appositamente autorizzati dalla Regione Umbria ai sensi dell’art. 24 della Legge Regionale 14, tutt’ora vigente e attuati secondo le direttive impartite dall’ISPRA.
Le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del WWF sono inoltre sorprendentemente del tutto infondate anche quando ribadisce che i cacciatori stavano svolgendo una battuta di caccia nei giorni di silenzio venatorio.
L’affermazione non risponde assolutamente al vero.
Il contenimento della fauna selvatica problematica è infatti autorizzato dalle Regioni su precisi piani di abbattimento ed in qualsiasi periodo dell’anno per motivate esigenze previste dalla legge. Tale attività, come saprà o come ben dovrebbe sapere il Presidente Presenzini, non è considerata dalla legge esercizio di attività venatoria.
Nulla hanno quindi a che vedere con la suddetta attività di contenimento i giorni di silenzio venatorio, che riguardano specificamente i periodi di normale attività venatoria regolati dalla legge e dal calendario venatorio.
Quanto dichiarato dal Presidente Regionale del WWF è quindi privo di qualsivoglia fondamento e giustificazione, ed è gravemente lesivo della immagine e della onorabilità dei cacciatori in generale e delle singole persone coinvolte nella vicenda, oltre che delle Istituzioni preposte al settore.
Ritengo quindi che questa vicenda non possa restare senza una adeguata risposta nelle competenti sedi, ma sicuramente avrà delle conseguenze importanti per impedire con la necessaria fermezza e a chiunque, compreso il Presidente Presenzini, che si getti ingiustamente fango sui cacciatori e sulle Associazioni Venatorie.


Il Presidente Regionale
Bennati Emanuele

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Per completezza alleghiamo il comunicato del WWF Perugia a cui risponde il Presidente Regionale Arci Caccia:

Cacciano il cinghiale di martedì e venerdì, le Guardie WWF li denunciano.
60 cacciatori, in un colpo solo, dicono addio alla licenza di caccia.

La Legge parla chiaro senza possibilità di equivoci, di martedì e di venerdì, la caccia è sempre e comunque vietata, chi caccia durante le giornate di “silenzio venatorio” incorre in un reato specifico, che prevede l’arresto fino a 3 mesi o una salata ammenda, oltre le spese processuali, la fedina penale compromessa e il ritiro, sospensione o revoca del porto d’armi a discrezione del Questore. Durante i mesi di novembre e dicembre, alcune squadre di cinghialisti (in 3 distinte battute), una a Foligno, una a Gualdo Cattaneo e l’altra a Castiglion del Lago, sono state sorprese a cacciare nei giorni di silenzio venatorio all’interno di aree normalmente interdette alla caccia. La sorpresa da parte dei cacciatori è stata quando si sono visti arrivare le Guardie del WWF che Legge alla mano, hanno provveduto ad identificare tutti gli “attori”, i responsabili di battuta e la Guardia Giurata addetta ai controlli. Guardia che avrebbe dovuto attestarne la legittimità e la regolarità, denunciate quindi anche le tre guardie Giurate, che in concorso tra loro, in qualità di Pubblici Ufficiali non hanno impedito il fatto, omettendo di segnalare l’ipotesi di reato alla Procura competente.
Non si tratta di certo di una diversa interpretazione della norma, stante il tenore inequivoco del divieto, ma di una distorta, cosciente ed arbitraria azione di caccia, che è stata “giustificata” asserendo che, cacciando nei giorni di Martedì e di Venerdì, non si sarebbe interferito con altre forme di caccia.
Gli A.T.C. –Ambiti Territoriali di Caccia, ovvero gli organismi comprensoriali che gestiscono il territorio di caccia- allarmati per tali contestazioni da parte delle Guardie del WWF, hanno sentito immediatamente la Regione (che aveva rilasciato le autorizzazioni) e subito dopo, …hanno immediatamente sospeso le battute di caccia al cinghiale nei giorni vietati, provocando un vero e proprio terremoto politico/venatorio.
Il Coordinatore regionale delle Guardie del WWF Sauro Presenzini meravigliato da tale macroscopica e fantasiosa interpretazione riscontrata, ha spedito tutti i verbali di battuta e una dettagliata relazione, alle varie Procure competenti, le quali hanno aperto dei fascicoli d’indagine a carico dei 60 cacciatori partecipanti.
Ha inoltre dichiarato: “…le previsioni di una Legge Regionale non possono di certo contrastare con una norma di rango superiore, la Legge Statale, né possono invadere una competenza statale in tema di reati, ed infatti non è questo il caso! Nemmeno l’autorizzazione del funzionario regionale, può invadere dette competenze statali, nel caso di specie nella delibera autorizzativa non c’era di certo scritto da nessuna parte, che le battute potessero effettuarsi nei giorni di silenzio venatorio...” Ed allora!??
Sembra che ora, nessuna delle imbarazzatissime Associazioni venatorie, vogliano farsi carico della “patata bollente” circa la paternità/responsabilità di tali fatti. Non è di certo un nostro problema, commenta il Coordinatore Presenzini, saranno i cacciatori coinvolti a chiedere eventualmente conto verso i loro referenti/dirigenti per non averli informati, o per aver fornito loro una informazione distorta. Appena saranno concluse le indagini, il Coordinatore del WWF invierà la doverosa ed obbligatoria comunicazione al Questore, per la valutazione discrezionale circa la sospensione e/o revoca del porto d’armi, in capo a chi abusando della Licenza di Polizia, la usa per commette reato.

WWF Perugia

 

 

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